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Autore: Free air    09/05/2006    1 recensioni
La storia di una ragazza come tutte, ma forse un pò diversa, o forse solo un pò migliore...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia di una fanciulla di un posto lontano C’ era una volta, in una terra lontana solcata dai mari e dai venti, una meravigliosa fanciulla, che amava tanto passeggiare e andare sui motorini. Il suo nome era ignoto, perché non c’ era una parola degna di portare cotanta bellezza. In realtà la fanciulla così bella non era, era più la sua anima ad essere meravigliosa e da riverire. Questa stupenda creatura, come le altre di quel lontano paese, andava ogni giorno in un posto divertente e salutare chiamato scuola. Là poteva imparare tante cose, e vedere i suoi amici che in realtà tanto amici non erano perché non li sopportava. Quando non andava a scuola, in un periodo chiamato estate, la fanciulla andava spesso al mare, dove vedeva i suoi veri grandi amici. Al mare ci si poteva divertire molto, anche se pure lì i suoi compagni di classe le davano fastidio di continuo. La fanciulla però ci andava lo stesso, perché era un modo come un altro per svagarsi. Un giorno un grazioso fanciullo amico della ragazza, mentre stavano facendo colazione, le chiese perché non aveva un nome. La fanciulla rimase molto scioccata dalla domanda : era naturale che lei non avesse un nome, non era come tutti i comuni mortali. E intanto alcuni degli amici della fanciulla iniziavano a evitarla, perché era un po’ diversa, perché si credeva superiore, si, ed era un po’ insopportabile. L’ estate non finiva ma continuava con le sue giornate lunghe e calde, quando i raggi del sole, la cosa che illuminava il posto lontano da un altro posto molto lontano, accarezzavano i delicati lineamenti della fanciulla. Era rimasta sola, da un po’ di tempo, e le rimaneva solo la compagnia di quelle ore afose. Nessuno voleva più parlare con lei, solo perché nessuno capiva più quello che diceva. Lei non parlava delle cose di cui parlavano tutti. A lei non importavano affatto i pettegolezzi o le dicerie, ma preferiva le ricerche e i libri. Lei non amava proprio per niente la televisione, che è un aggeggio strano che molto lontano viene usato per vedere le immagini, ma preferiva volare con la fantasia. Così col tempo nessuno capiva più il suo linguaggio, e la poverina si sentiva isolata. Persino i bambini le passavano accanto senza neanche guardarla, per non parlare dei suoi amici, i suoi amici veri, con i quali una volta trascorreva moltissimo tempo. Neanche loro si facevano più sentire, ma anche se l’ avessero fatto, la fanciulla senza nome non li avrebbe ascoltati, perché se loro dicevano di non capire il suo linguaggio, perché lei doveva sforzarsi a capire quello degli altri? Così, pur non avendo nessun conforto umano, la fanciulla non demordeva : le rimaneva la compagnia dei suoi libri, che erano la cosa più preziosa ormai, ma che però non riuscivano a darle tutto il sentimento capace di trasmettere una creatura. E allora la fanciulla decise che essendo in minoranza, doveva essere lei a cambiare, e a diventare un po’ più simile alle altre creature. Ma non era affatto facile, improvvisamente, cambiare modo di vestire, e ridere anche alle battute più stupide, e interessarsi di cose inutili e frivole. Ma la fanciulla doveva farlo per forza, perché molto lontano se si è diversi dagli altri, che di solito sono tutti uguali, non sempre si viene accettati. Quindi la fanciulla non apriva più un libro, e non volava più con la fantasia, e aveva accantonato tutti i suoi vecchi interessi, le sue speranze e i suoi sogni. In apparenza, tutto sembrava procedere bene : la fanciulla aveva ritrovato i suoi vecchi amici, e insieme a loro, si divertiva. O almeno, loro si divertivano, lei non tanto perché non capiva cosa ci fosse di tanto divertente nel prendere in giro le altre creature o nel parlare male di qualcuno alle sue spalle. E i giorni passavano, e l’ estate era agli sgoccioli, e c’erano ancora molti giorni caldi, e la fanciulla era ancora come gli altri. Piano piano, neanche la chiamavano più la fanciulla, perché ormai era come tutti, e quindi anche lei poteva avere un nome. La chiamarono J, perché era una lettera bella, le dissero. Alla fanciulla non piaceva il suo nuovo nome, e non capiva perché se tutti dovevano avere un nome con tante lettere lei doveva accontentarsi di una sola. Però gli altri non la ascoltavano, perché molto lontano, oltre ad essere tutti uguali, hanno anche tutti la stesa opinione. Quindi a nessuno importava di ciò che la deliziosa fanciulla voleva o no, ma contava solo ciò che voleva il gruppo. E quindi, la povera fanciulla, o J, se preferite, doveva avere un nome che non amava, doveva fingere di divertirsi e doveva anche essere cattiva, qualche volta. Un giorno, mentre la fanciulla camminava per la strada riflettendo ( anche se non poteva farlo molto, perché tra gli altri era vietato) si imbatté in un fanciullo un po’ più alto di lei, che sembrava però molto diverso dagli altri. Il fanciullo, immerso com’ era nei suoi pensieri, non la vide e la urtò. La fanciulla cadde a terra, ma non era triste. La creatura allora porse la mano alla fanciulla, e disse qualcosa. Scioccata, la fanciulla si accorse di non aver capito la lingua di quel bel fanciullo misterioso, che in realtà tanto bello non era, ma era brillante e intelligente, e neanche brutto. Allora la fanciulla scappò via, e si mise a piangere, e pianse per lungo tempo, perché si era resa conto di essere cambiata. Ma ormai era troppo tardi, non riusciva più a tornare indietro. Gli altri, quelli che erano stati gli artefici del suo cambiamento, si erano stancati di lei, e anche se ora era come loro, nessuno le parlava più e nessuno le prestava la minimia attenzione. La fanciulla, però, non cui faceva molto caso. Pensava sola a quella bella creatura con la quale si era scontrata, e cercava di immaginare cosa poteva aver detto. Un bel giorno, rientrando in casa, la fanciulla si rese conto che sui sui libri c’ era la polvere, una cosa fastidiosa e grigiastra che si forma quando qualcosa è lasciato e non più toccato molto lontano. Era molto preoccupata e triste, così decise di fare una passeggiata. Salì sul suo motorino, che in realtà non era un motorino, ma una bicicletta, ma che però alla fanciulla sembrava avere un motore, l’ ultima volta che l’ aveva usata. Però quel giorno la bicicletta sembrava proprio una bicicletta, e la fanciulla si accorse che era anche faticoso portarla. Comunque, sudando e stancandosi, arrivò fino ad un’ altra città di molto lontano, vicina ma molto diversa dalla sua. In quella città , infatti, tutti parlavano una lingua diversa, eppure tutti sembravano capirsi alla perfezione. E ognuna delle creature indossava un abito di un modello o di un colore differente, ma nessuno pareva farci caso. No, apparivano davvero molto felici, sorridevano tutti, non come gli altri, che anche quando ridevano sembravano farlo apposta. Alla meravigliosa fanciulla veniva anche un po’ da piangere, ora, anche se si era resa conto che ogni minuto che restava capiva un lingua diversa. Con un po’ di tempo di quel pomeriggio di fine estate la fanciulla capiva tutti, e si avvicinò ad uno di loro per fare conversazione. Era una creatura anziana, sicuramente saggia. Salutò la fanciulla con un sorriso, e lei le raccontò tutte le sue sventure e tutte le usanze della sua città. L’ anziana la ascoltò pazientemente, e una volta che ebbe finito le disse che non doveva affatto preoccuparsi. Si, la fanciulla aveva sbagliato a cambiare, ma presto, se lo voleva, sarebbe tornata normale. La fanciulla allora era un po’ più allegra, e ringraziata la anziana rimontò sulla sua bicicletta, che già non sembrava più una bicicletta, ma neanche un motorino. Ora era un monopattino elettrico. La fanciulla arrivò alla sua casa, e indovinate chi incontrò? Si, proprio lui, il bel fanciullo misterioso e anche timido, si accorse la fanciulla,perché era arrossito. Allora lo salutò, sperando che capisse la sua lingua, e poi si sedettero e parlarono per lungo tempo. Quando si salutarono di nuovo era già calata la sera, e le stelle erano già tutte in cielo. Proprio guardandole la fanciulla si accorse che erano tutte diverse, e anche i fiori, e anche i colori, e le nuvole, pensò. Si accorse che tutte le cose belle non erano uguali, e subito le venne una voglia incredibile di aprire i suoi libri, e leggere. Così, col passare dei giorni, erano sempre più numerose le conversazioni intelligenti che faceva con il bel fanciullo, le storie che la facevano sognare e i ragionamenti anche complicati. Piano piano, era tornata proprio come prima, e infatti non capiva più il linguaggio degli altri. Ma non era triste, affatto. Anzi, era così felice quando il bel fanciullo la baciò una sera, e le disse che lei era diversa, che ognuno era diverso, perché in fondo era unico. E la fanciulla capì di essere unica. Fine
  
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