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Autore: Kim_HyunA    09/09/2011    7 recensioni
Pensi che non mi sia accorto di come mi parli o di come mi guardi? Pensi che non abbia visto come ti irrigidisci quando ti tocco o come arrossisci quando ti faccio un complimento o di come mi stringi la mano e ti tranquillizzi quando sei spaventato e ti abbraccio?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Io e Jonghyun eravamo migliori amici da molti anni. Eravamo cresciuti insieme ed eravamo sempre pronti ad aiutarci l’un l’altro quando qualcuno di noi aveva bisogno di aiuto o di sostegno.
Jonghyun era sempre stato attento e premuroso nei miei confronti, pieno di gesti di affetto verso di me. Ma non si comportava così solo con me: imparando a conoscerlo nel tempo, mi accorsi che la sua mania di toccare e accarezzare i suoi amici era quasi come un bisogno vitale, non ne poteva fare a meno. Per lui era indispensabile quanto respirare.
Eppure, nonostante questo, era da alcuni mesi che avevo iniziato a considerare i suoi gesti in modo diverso, quasi come se quelli rivolti a me avessero un significato speciale. Mi ritrovavo a sperare intensamente in una sua carezza, in una sua parola gentile, illudendomi che tra di noi potesse esserci qualcosa di più.
Non che mi sforzassi di illudermi, i suoi atteggiamenti potevano essere facilmente fraintesi. Amava tenermi per mano quando camminavamo fianco a fianco, accarezzarmi il volto o soffermarsi a pochi centimetri da me e guardarmi attento negli occhi. Pensai di averci fatto l’abitudine, ma non era così. Era da un po’ di tempo ormai che sentivo il cuore battermi forte ogni volta che era vicino a me. Mi toglieva il respiro.

Quel giorno, dopo scuola, io e Jonghyun avevamo fatto la strada insieme, tenendoci per mano. Mi accompagnò fino a casa e gli chiesi se voleva fermarsi per un po’ poiché entrambi eravamo liberi da impegni.
Seduti sul divano, davanti la televisione, aveva avvolto un braccio intorno alla mia spalla, obbligandomi, così, ad appoggiarmi con il mio corpo contro il suo. Aveva iniziato a far scorrere una mano tra i miei capelli, accarezzandoli, scivolando poi verso il mio collo, sfiorandomelo con le dita. Mi irrigidii sotto il suo tocco.
-Puoi respirare sai- interruppe il silenzio con un tono divertito
Non era certo facile. Deglutii a fatica, cercando di riguadagnare il controllo su me stesso.
-Vado a prendere un bicchiere d’acqua- mi sciolsi dalla sua stretta, allontanandomi da lui.
Senza che me ne accorgessi, mentre prendevo un bicchiere dalla credenza della cucina, Jonghyun mi aveva seguito e mi abbracciò da dietro, poggiando il suo mento sulla mia spalla. Rischiai di far cadere per terra il bicchiere in mille frammenti.
-Anch’io ho sete- si lamentò, gonfiando le guance. Feci per prendere un altro bicchiere, quando sentii le sue mani cingermi i fianchi, facendomi poi girare e trovandomi così faccia a faccia con lui. Arrossii.
-I-il tuo bicchiere- balbettai, trovandomi improvvisamente con la gola secca
-Grazie- sussurrò, più alle mie labbra che a me.
Distolsi lo sguardo e mi liberai dal suo abbraccio, dirigendomi a prendere una bottiglia d’acqua.

Quando tornammo di là, non passò molto prima che tornasse a concentrare la sua attenzione su di me. Seduto a gambe incrociate sul divano, si girò completamente verso di me, ignorando il programma trasmesso alla televisione. Portò una mano al mio orecchio, iniziando a massaggiarne il lobo con una concentrazione tale che mi chiesi cosa ci fosse di così interessante. Cercavo di fare l’indifferente, fingendo di seguire quello che stavano mandando in onda, ma in realtà il mio sguardo fissava il vuoto. Dedicò poi la sua attenzione al mio collo. Le sue mani mi toccavano con una tale leggerezza, che sentivo i brividi lungo tutto il corpo. Mi girai verso di lui, come per domandargli spiegazione di quello che stava facendo, ma non ci fece caso. Iniziò, anzi, a far scorrere le sue dita sulle mie guance come se non le avesse mai viste o toccate prima. Aveva uno sguardo così assorto. Sollevò il mio volto verso il suo e con il pollice mi accarezzò ripetutamente la bocca, tracciandone il contorno.
 All’improvviso si interruppe.
-Mi fai un massaggio?- chiese di punto in bianco
Quella domanda mi colse di sorpresa e fece fare un salto al mio stomaco. Senza aspettare una mia risposta, si girò dalla parte opposta, in modo che la sua schiena fosse rivolta verso di me. Dopo un attimo di esitazione, avvicinai lentamente le mie mani a lui ed iniziai a massaggiargli le spalle.
-Ahhh mi sento già meglio-
Dalle spalle, scesi verso la schiena, muovendomi con movimenti circolari.
-Aspetta, mi tolgo la felpa, così riesci meglio-
-N-non hai freddo poi?-
Si girò verso di me.
-E perché dovrei, ci sei tu che mi scaldi-
Doveva smetterla di parlarmi in quel modo a pochi centimetri dal mio volto e con quell’espressione soddisfatta sul viso. Forse lo sapeva che le sue parole avevano un certo effetto su di me, che poteva controllarmi come voleva. Doveva decisamente smetterla.
Si tolse la felpa, rimanendo con una larga canottiera nera. Non era la prima volta che lo vedevo così, ma penso non mi sarei mai abituato alla vista delle sue braccia così muscolose e ben definite. Rimase in silenzio per alcuni minuti, mentre lo massaggiavo, evitando accuratamente di toccare direttamente la sua pelle. Poi, ad un tratto, dopo aver guardato l’orologio attaccato alla parete, disse
-Devo andare, mi aspettano a casa- si alzò e si girò verso di me sorridendomi -Peccato, mi piaceva-
Lo accompagnai verso la porta.
Stavo prendendo la sua giacca dall’appendiabiti all’ingresso, quando lo sentii piazzarsi dietro di me.
-Non mi ero mai accorto che avessi un così buon odore-
Appoggiò la punta del naso sul mio collo, facendola scorrere sulla mia pelle. Rabbrividii all’istante.
-Vaniglia- sussurrò. Il suo fiato caldo su di me.
Cercai di scostarmi, ma aveva intrecciato le sue braccia intorno alla mia vita. Aveva una presa sicura, ma non forte, se solo ci avessi provato con più impegno, mi sarei potuto liberare dalla sua stretta.
Sentii le sue labbra sul mio collo. A quel contatto trattenni il respiro. Il mio stomaco fece un salto all’indietro. Iniziò a percorrere di leggeri e veloci baci quel tratto. Inconsapevolmente avevo teso il collo dalla parte opposta, come a lasciargli più spazio. Avevo chiuso gli occhi.
Volevo che la smettesse, ma non avevo la forza di sottrarmi.
-Cosa stai facendo? Smettila- la voce rotta dall’emozione
-Ti dà fastidio?- c’era una punta di divertimento nella sua voce, riuscivo ad immaginarmi la sua espressione in quel momento. Sempre tenendomi per la vita, mi fece girare verso di lui. Mi prese una ciocca di capelli tra le mani, facendola scorrere tra due dita, vicinissimo al mio volto. Potevo sentire il suo respiro su di me.
-Hm? Ti dà fastidio?- ripeté, sistemandomi i capelli dietro ad un orecchio e sfiorandomi il lobo con le dita.
Non riuscivo a guardarlo, tenevo lo sguardo puntato a terra.
Approfittò della mia mancanza di reazioni per tornare a sfiorarmi il collo con le labbra. Avevo le guance in fiamme. Arrivò fino al mio viso, ma quando si avvicinò troppo alla mia bocca, scostai il volto e mi sciolsi dalla sua presa.
-La tua giacca- gli dissi, tendendogli la sua giacca ed evitando accuratamente i suoi occhi. Se la infilò, senza mai cancellare quel sorriso compiaciuto dal volto.
-A domani allora- mormorò, sulla porta di casa, prima di darmi un bacio su una guancia.
Rimasi immobile per qualche istante, mentre lo guardavo andarsene. La mia mente era incapace di formulare qualsiasi pensiero.

Cosa gli era passato per la testa? Si stava solo divertendo a provocarmi, non c’erano dubbi. Gli piaceva comportarsi così e avere la situazione sotto controllo, ma non si rendeva conto di quanto mi facesse stare male.
Non riuscivo a capire Jonghyun. Le sue attenzioni nei miei confronti da cosa erano dettate? Per lui ero solo un oggetto su cui sfogare la sua mania di toccare ed accarezzare gli altri? Ero come tutti gli altri quindi, niente mi distingueva da loro, ero solo io che avevo mal interpretato le sue carezze, i suoi abbracci, la sua vicinanza. A Jonghyun piacevano le ragazze, era sempre stato così, su questo non c’era da discutere. Mi sentivo uno stupido. Come avevo solo potuto pensare che provasse qualcosa nei miei confronti? Più ci pensavo, più mi rendevo conto di quanto suonasse assurdo.
All’improvviso mi venne una gran voglia di piangere.

Il giorno dopo, alla mensa della scuola, ero seduto al tavolo insieme a Jonghyun. Per tutto il tempo non avevo aperto bocca. Non se ne rendeva minimamente conto, ma mi faceva stare male; era come se ogni cosa che facesse avesse un effetto su di me che non riuscivo a controllare. Aveva tra le sue mani il potere di rendermi felice o disperato, di farmi sentire in paradiso o all’inferno. E il fatto che non ne fosse consapevole, rendeva questo suo potere ancora più pericoloso nei miei confronti.
-Bumie~- Jonghyun gonfiò le guance -Cos’hai oggi? Non mi piace vederti triste. Sei così bello quando sorridi, lo sai?-
Appoggiò una mano sulla mia, come per richiamare la mia attenzione, ma io continuavo a tenere lo sguardo fisso verso il basso e ritrassi la mano, quasi scosso. Volevo evitare qualsiasi contatto.
-Non rendere le cose ancora più difficili… ti prego- mormorai con un filo di voce
-Cosa?- Jonghyun non capiva. E come poteva? Non sarebbe mai riuscito a comprendere come mi sentivo in sua presenza, come il mio cuore batteva quando mi teneva per mano.
Mi alzai dal tavolo e me ne andai senza dire una parola.
 
* JONGHYUN’S POV
Se ne andò senza una parola di spiegazione, lasciandomi confuso. Mi chiesi se avessi detto o fatto qualcosa fuori luogo. Decisi di seguirlo, volevo scoprire il motivo per il quale non mi aveva rivolto la parola per tutta la mattinata.
Uscii dalla mensa, quasi correndo, scansando le persone che incontravo nel mio tragitto ed urtandone alcune.
L’avevo perso di vista, non sapevo in che direzione fosse andato. Iniziai a cercarlo in alcune classi vuote di quel piano e nei bagni. Niente. Mi misi a chiedere in giro se qualcuno lo avesse visto, alcuni mi risposero che lo avevano notato poco prima salire per le scale, in direzione della terrazza.
Feci tre piani di scale di corsa, arrivando a destinazione senza fiato.
Guardando dalla porta a vetri mi accorsi che Kibum era effettivamente là fuori, rannicchiato per terra, la schiena appoggiata al muro, con le ginocchia contro il petto ed il viso nascosto. Lo raggiunsi, una folata di vento mi fece gelare.
-Bumie, vieni dentro, fa freddo, rischi di ammalarti-
Nessuna risposta.
-Bumie- lo richiamai, esitando
Mi faceva male vederlo così e non saperne il motivo. Non potevo fare nulla per aiutarlo se non si confidava con me.
-Non devi preoccuparti per me- sollevò il volto, era solcato da lacrime.
Ne rimasi sorpreso, poi mi misi seduto accanto a lui.
-Si che mi preoccupo invece, il mio migliore amico è qui fuori che piange e io dovrei fare come se nulla fosse?-
Lo strinsi tra le mie braccia. Il suo corpo era rigido, ma dopo qualche istante lo sentii rilassarsi e abbandonarsi nell’abbraccio, e, stringendo la mia felpa tra le sue mani, iniziò a piangere più forte. Gli passai una mano tra i capelli.
-Quando vorrai parlare, io ci sono. Ricordatelo, sarò sempre qui quando ti servirà il mio aiuto, non scordartelo- cercai di infondergli coraggio, non sapevo come comportarmi in una situazione del genere, non l’avevo mai visto piangere in quel modo. Sembrava così disperato.
Gli sollevai il viso poggiando due dita sotto il suo mento, costringendolo a guardarmi negli occhi. Passai il pollice sulle sue guance per asciugargli le lacrime e tenni il suo volto tra le mie mani, accarezzandolo. Si tranquillizzò, o per lo meno, smise di piangere.
-Ehi me lo fai un sorriso adesso o no?- gli soffiai a pochi centimetri dal volto, guardandolo.
Tirò su con il naso.
-Ma cos’è che vuoi da me?- sospirò, la sua voce sembrava così stanca, amareggiata.
-Che la smetti di piangere e torni a sorridere. Che tu sia felice-
-No, cosa vuoi veramente?-
 Mi sorprese la sua domanda, non la capivo. Per me era uguale a quella precedente. Cosa volevo da lui?
-Lo vedi, sono solo come tutti gli altri. Per te non fa differenza che si tratti di me o di qualcun altro, a te importa solo avere qualcuno su cui sfogare la tua voglia di contatto. E io che avevo anche pensato…- concluse la frase diminuendo il tono di voce, quasi come se non stesse più parlando con me ma con se stesso.
Si sciolse dal mio abbraccio e si rialzò. Lo seguii subito, afferrandolo, dopo qualche passo, per un polso, impedendogli di andare via e di lasciarmi nuovamente. Accorciai la distanza che c’era tra di noi. Evitava il mio sguardo, guardava per terra, di lato.
-Che cosa avevi pensato?- stavo iniziando a capire. Il mio tono era diventato certamente più deciso, quasi provocatorio
-Sono stanco, lasciami andare- mi spaventò: il suo sguardo sembrava vuoto e il suo corpo esausto. Lasciai andare il suo polso. Era come se si fosse arreso.
-Bumie- lo richiamai. Non si voltò, se ne andò a testa bassa-*

Perché non lo capiva? Perché non riusciva a capire quello che provavo? Io non l’avrei mai potuto ammettere davanti a lui. Ma poteva interpretare certi segnali, mi sembravano chiari. No, per lui non lo erano, era troppo preso dal suo mondo per accorgersi dei miei sentimenti. Ma certi suoi comportamenti non li avevo certo immaginati. Mi aveva quasi baciato il giorno precedente, o no? Me l’ero sognato? Faceva sempre parte del suo desiderio di toccare le persone? Fino a che punto si poteva spingere? Avevo milioni di domande che mi circolavano in testa, senza avere la risposta per nessuna.

Mi trascinavo come un peso morto, quasi non guardavo nemmeno dove andavo. Non sapevo più cosa fare con lui.
-Kibum!- sentii chiamare il mio nome. Riconobbi subito la sua voce forte e sicura. Non avevo voglia di affrontarlo nuovamente. Accelerai il passo, ma non abbastanza da correre, e anche se l’avessi fatto, sarebbe stato ugualmente inutile: Jonghyun era molto più atletico ed allenato di me, mi avrebbe raggiunto in ogni modo. Per la seconda volta in pochi minuti, mi sentii afferrare ancora una volta il braccio.
Questa volta la presa era molto più salda, tanto che fui costretto a girarmi verso di lui. Mi fece arretrare fino a che la mia schiena non fu premuta contro il muro del giro scala.
-Vuoi fermarti o no?- la voce ancora rotta dalla corsa che aveva fatto per raggiungermi. Aveva le braccia tese, le mani ai lati del mio volto.
-Smettila di scappare e affronta la realtà. Come puoi risolvere il tuo problema se non fai che nasconderti? Sto cercando di aiutarti e tu cosa fai? Scappi? Pensavo di contare qualcosa per te, ma forse mi sbagliavo-
Non so come, riuscii a sostenere il suo sguardo.
-Cosa dovrei dire io? Mi tratti come se fossi un oggetto di tua proprietà su cui sfogare le tue crisi affettive; forse non ti è passato per la mente che potessi avere dei sentimenti, vero? Già… gli oggetti non provano nulla- gli sbottai con rabbia quello che pensavo. Cercai di cacciare indietro le lacrime che si erano affacciate ai miei occhi. Volevo andarmene da lì, non volevo vedere i suoi occhi che mi scrutavano attenti vicino al mio viso o sentire il suo respiro caldo sulla mia pelle.
Tentai di staccare una sua mano dal muro per poter passare ma fece forza contraria e, non avendo i suoi muscoli, non riuscii nell’intento. Decisi allora di passare sotto un braccio, ma anche questa volta me lo impedì.
-Non vai da nessuna parte- disse con tono risoluto, con una mano premeva sulla mia spalla, trattenendomi. Nel punto in cui la sua mano era a contatto con il mio corpo, sentii d’un tratto un forte senso di calore.
-Quindi è questo quello che pensi di me, Kibum?- soffiò il mio nome sulle mie labbra.
Perché doveva stare così maledettamente vicino al mio volto? Non aveva ancora capito l’effetto che aveva su di me?
-Allora, non rispondi?- aveva abbassato il tono della voce, inclinando la testa di lato.
Quella vicinanza aveva completamente svuotato la mia mente, potevo sentire il suo profumo inebriarmi. Spostò la mano al mio collo, sfiorandolo con le dita prima di raggiungere il mio mento. Lo sollevò in modo che i nostri occhi si incontrassero.
-Pensavo di averti dimostrato quanto tengo a te, ma forse...- passò il pollice sulle mie labbra, concentrando su quest’ultime il suo sguardo. Mi fece inclinare il volto e si avvicinò ancora di più. Mi accorsi che stavo tremando. I nostri nasi si sfiorarono. Guardai le sue labbra, rosa ed invitanti, avevano le estremità piegate verso l’alto a formare un sorriso.
-…non te l’ho mai dimostrato abbastanza- concluse sussurrando, le sue labbra quasi sulle mie, al punto che potevo percepirne il calore. Chiusi gli occhi in attesa di sentirle su di me.
Ma aspettai invano. Quando mi accorsi che nulla stava succedendo, aprii gli occhi, per scoprire che si era allontanato da me, cominciando a camminare verso la rampa successiva.
Non ci potevo credere.
Dopo tutto quello che gli avevo detto, continuava a prendermi in giro come se niente fosse. Gli corsi dietro con l’intenzione di tirargli un pugno, invece mi trattenni e lo chiamai semplicemente
-Hey!- si fermò un istante, senza voltarsi, per poi riprendere a camminare, con passo più lento
-Ti ho chiamato, potresti almeno rispondermi- gli dissi indignato, ma senza urlare
-Vieni a fermarmi allora- non si girò nemmeno, continuavo a vedere solo la sua schiena
-Dopo quello che ti ho appena detto, continui a comportarti in questo modo? Lo vedi che avevo ragione a dire che sono solo un passatempo? A che gioco stai giocando?- lo tempestai di domande, una dopo l’altra, raggiungendolo nel frattempo.
-Ad un gioco che si fa in due. Sto solo aspettando che tu mi dia il via. Se non sei tu a chiedermelo, Bumie, non inizio- le sue parole arrivarono dritte al mio stomaco, il quale fece un doppio salto all’indietro.
Guardai i suoi occhi, non sapevo quale luce vi brillasse. Sfida? Provocazione?
Mi guardava con quell’espressione soddisfatta, come di qualcuno che sa che può ottenere tutto ciò che vuole. Stava aspettando una mia mossa. E io? Cosa stavo aspettando io?
Scesi ancora di qualche gradino, in modo da arrivare al piano. Sperai mi seguisse. Quando mi girai, costatai con sollievo che era lì, a pochi centimetri da me.
Mi avvicinai a lui e, senza pensarci, posai le mie labbra sulle sue. Il mio corpo fu pervaso da qualcosa di simile ad una scarica elettrica. Mi staccai leggermente da lui dopo qualche istante.
-Finalmente- mormorò, ancora sulle mie labbra.
Riaccorciò le distanze tra di noi, questa volta era lui che aveva in mano la situazione.
Mi spinse contro il muro e mi mise una mano dietro il collo. Le sue labbra accarezzavano le mie senza sosta. Sentii qualcosa di umido premere contro di me, schiusi leggermente la bocca per permettere alle nostre lingue di incontrarsi. Assaporai il suo gusto per la prima volta. Mi sentivo bene.
Aveva portato l’altra mano sul mio volto, accarezzandolo lentamente. Tutto ciò non fece che farmi rabbrividire ancor di più.
-Ce ne hai messo di tempo eh?- disse, con il sorriso sulle labbra
-Ma quindi, avevi capito tutto?- gli chiesi con esitazione
-Pensi che non mi sia accorto di come mi parli o di come mi guardi? Pensi che non abbia visto come ti irrigidisci quando ti tocco o come arrossisci quando ti faccio un complimento o di come mi stringi la mano e ti tranquillizzi quando sei spaventato e ti abbraccio? Mi ritieni così stupido Bumie? Non ti ho mai trattato come un oggetto e mai lo farò. Speravo che con il mio comportamento ti saresti deciso a fare il primo passo. Ci hai messo tanto, ma ce l’hai fatta alla fine-
Allora non mi ero immaginato nulla, non avevo frainteso i suoi gesti nei miei confronti. Teneva realmente a me.
-Allora, adesso me lo fai o no un sorriso?-

  
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