Sapete,
c'era un tempo in cui credevo senza alcuna ombra di dubbio che gli
angeli vegliassero su di me e proteggessero me, la mia mamma ed il
mio papà, ovunque lui fosse e chiunque fosse.
C'è
stato un tempo in cui credevo che il bene avrebbe sconfitto sempre e
comunque il male e per farmi sorridere bastava un grosso cono gelato
al cioccolato, con cui immancabilmente mi sporcavo da capo a piedi.
C'è
stato un tempo in cui la mia maggiore preoccupazione era se salire o
no su quel ramo rischiando di cadere, così come da grande la mia
massima aspirazione era andare a vivere nella foresta proprio come
Tarzan, ma lo si sa, tutte le cose belle hanno una fine.
Ma
prima permettete che mi presenti, io sono Jane Watson Winchester, si
sono proprio quella bambina con i capelli lunghi ed arruffati con le
braccia che le pendono dal ramo più altro di quel albero del parco,
che sta pigramente schiacciando un pisolino, senza far caso ai tre,
quattro metri che la separano dal suolo e questa è la mia storia
prima che tutto cambiasse.
Bei
tempi, veramente bei tempi, anche allora non facevo molto caso al mio
abbigliamento, di solito indossavo dei jeans strappati in più punti,
non perché fossero di moda, ma semplicemente perché li strappavo in
continuazione nelle mie lunghe giornate di gioco, una canottiera se
era estate, altrimenti una felpa leggera ed ai piedi rigorosamente
nulla in tutte le stagioni del anno, infatti, come potete ben vedere,
il sotto dei miei piedi è totalmente nero e pieno di calli da
somigliare molto alla pianta del piede 'un orco e non di una
bambina... sono la selvaggia della mia ridente cittadina (nome
cittadina USA).
Ho
anche un chiodo fisso nella mia vita trovare il mio papà, che voglio
conoscere a tutti i costi, la mia mamma s'è inventata un mucchio di
storie su mio padre, prima era nel aviazione, poi nel esercito, poi
era un pescatore, poi in fine era morto, ma anche per una bambina di
10 anni è evidente che sono tutte bugie e che il mio papà è
qualcun altro.
Per
questo vado di tanto in tanto a giro per la città a chiedere a tutti
gli uomini che incontro dove erano undici anni fa e se conoscevano
una certa Elise Watson, mia madre.
Solo
da adulta mi renderò conto della bontà della mia mamma, che mi ha
sempre permesso d'essere quella che sono senza costrizioni di alcun
genere, tranne forse qualche d'una come non ruttare a tavola, ma
quelle sono regole di bon ton.
Di
amici ne ho molti e nessuno, dato che passo la maggior parte del
tempo ad esplorare luoghi che agli altri fanno paura, oppure
dormicchiare qua e la, possibilmente in un luogo molto alto.
La
mia mamma s'è arresa al fatto che non sarò mai come tutte le altre
bambine della mia età a scuotendo la testa mentre ride tra se e se
dice che ho preso tutto da mio padre, allora m'inorgoglisco di più.
Oggi
è una giornata di quelle che sono partite molto bene, anzi, troppo
bene, che quasi spereresti che finissero così come sono cominciate.
Mi sono svegliata alle cinque del mattino o poco prima, il sole non era ancora sorto, così ne ho approfittato per fare un incursione alla casa che tutti dicono infestata dai fantasmi, ma sinceramente io non ne ho mai visto nessuno, poi mi sono intrufolata nel bosco per poter osservare gli animali notturni, che ormai devono aver capito che non sono una minaccia per loro, poi quando è sorto il sole mi sono messa su di un albero a fare un pisolino, poi altre escursioni nel parco ed infine il pranzo... poi tutto il giorno a giocare con i miei amici, fino a quando il sole inizia a tramontare, il segnale che devo tornare a casa ed anche il più velocemente possibile, quella è una delle poche regole che mia madre mi ha dato e sulla quale non tra... tra... insomma, vuole che la rispetti, se no sono dolori.
Davanti
alla mia casa c'è parcheggiata un auto nera, che sa di selvaggio e
di cattivo ragazzo... c'è scritto scevrolet... bah, che strano nome
per un auto.
Ad
un certo punto dalla porta accostata sento un rumore... come di vetri
infranti, quindi impugno il mio fedele bastone da passeggio ed entro
in casa, il rumore proviene dalla cucina, quindi corro lì.
Un
uomo, alto molto alto, con una faccia da bravo ragazzo, due occhi
verdi innocenti ed un espressione serafica, avvolto nel suo completo
elegante d'un giallo strano se ne sta in piedi al centro della
stanza, mentre il tavolo è stato scaraventato contro una parete e
s'è rotto.
Il
mio sguardo vaga alla ricerca di mia madre, che si tiene un fianco
che le sanguina copiosamente, mentre un uomo con i capelli biondo
scuro ed una giacchetta di pelle marrone l'aiuta a stare su e dice al
uomo -Sammy, ti sei già ribellato a lui una volta, puoi farlo di
nuovo!-
Sul
volto del uomo che deve chiamarsi Sam, compare un sorriso tra il
compiaciuto ed il beffardo -Dean, tuo fratello è morto nel
momento stesso in cui si è gettato nella gabbia ed ha trascinato con
se mio fratello.-
L'uomo
che deve chiamarsi per forza Dean dice arrabbiato -Lasciala
andare, lei non c'entra nulla in questa storia!-
C'è
poca luce nei suoi occhi quando dice quelle parole, come se non
riuscisse, pardon, non volesse vivere ancora un singolo giorno in
più.
Ma
l'altro uomo scuote la testa e dice -Come al solito non sai nulla,
devo uccidere tutti i tramiti di Michael... Jane, perché non vieni a
salutare il tuo paparino?-
Dean
sbianca e, guardando nella stessa direzione del diavolo mi vede, ma
io non so che cosa fare, quindi rimango immobile bloccata sul posto e
guardo la mia mamma alla ricerca di una qualche spiegazione.
Il
signore strano, che per me è un po' frocio... si si sta per alzare
la sua mano su di me, quando Dean riesce fa un balzo e lo placca
urlandomi di scappare ed io faccio così.
Corro
a perdifiato nel mio bosco, lui mi proteggerà, ne sono sicura, lui è
il mio migliore amico ed il mio alleato, sicuramente sarà dalla mia
parte.
Allora
non lo potevo sapere, ma avevo incontrato il diavolo in persona,
anche se più debole a causa della sua fuga dalla gabbia, anche se di
li a poco si sarebbe ripreso del tutto.
Anche
se ero soltanto una bambina, avevo di già un coraggio da leoni, o
forse era solo tanta incoscienza... perché....
No,
la mia mamma non è morta, ne sono sicura e, quel signore, ha detto
che Dean è il mio papà e lui è un uomo tosto e resistente, quindi
sicuramente sarà vivo anche lui, no, nessuno è morto.
Tento
di dirmi così, perché se anche solo ammettessi la possibilità che
loro sono morti, allora non avrei altro scopo nella vita.
Loro...
lei è il mio mondo intero e nonostante sembri molto indipendente le
voglio un mondo di bene e non saprei che fare senza di lei, per di
più lì c'è anche il mio papà che ho tanto cercato e finalmente
saremo una famiglia come tante.
Rientro
titubante a casa, con una vocina interiore che mi dice che sono morti
entrambi e che io non dovrei essere lì.
La
prima cosa che sento è l'odore dolciastro del sangue, che mi fa
quasi vomitare, poi piano piano mi rendo conto che sto camminando su
qualcosa di bagnato ed abbassando lo sguardo vedo un mare di sangue e
lì do di stomaco accasciandomi su me stessa, come priva d'energia,
ma mi rialzo traballante sui miei piedi e riesco a trovare i corpi
del mio papà e della mia mamma, ormai freddi.
Incapace
di pensare, incapace d'urlare o di fare qualsiasi altra azione, mi
sdraio accanto al mio papà e lì m'addormento, anche se stranamente
l'unico odore che sento è quello della sua giacchetta di pelle.
E'
così che mi troveranno i soccorsi, intervenuti parecchio tempo dopo,
a causa del fatto che il diavolo con un suo incantesimo era riuscito
a non far udire nessun rumore.
Dovete
sapere che mia madre all'epoca dei fatti aveva due lavori per poter
mantenere sia lei che me, così quando i vicini non l'hanno vista
uscire per il turno di notte al negozio, si sono preoccupati ed hanno
provato a suonare e non sentendo nessuna risposta hanno chiamato la
polizia, che al inizio mi credeva morta, dato che anche io ero zuppa
di sangue, ma quando hanno visto che mi muovevo... beh, per loro sono
stata un piccolo miracolo... la piccola sopravvissuta.
Dal
mio diario vi risparmio tutta la parte noiosa e le varie famiglie
affidatarie che ho cambiato in un mese o poco più, vi dirò che in
quel periodo volevo solo capire perché i miei genitori erano morti.
Fu
l'incontro con un idiota in trench a chiarirmi tutta la situazione.