Perché siamo a 41
Immortale
Il flash inghiottì, improvviso, la manciata di attimi precedenti al tramonto; ingabbiò su carta il porpora scolorito dell’ennesimo pomeriggio accartocciato.
Il venticello tiepido, intanto, continuava la disperata maratona contro l‘ostile immobilità dello specchio d’acqua limpida, increspandone piccole porzioni di superficie e qualche pennuto indisponente gracchiava in modo stridulo, scontento della velocità con cui lo stupido orologio in ottone seguitava a macinare i secondi e ad uccidere i colori.
Colin sorrise soddisfatto, si tirò in piedi e salutò il giorno invecchiato ancora troppo in fretta. Trotterellò via, canticchiando.
La sua ragione, tutta la felicità inscatolata e legata al collo.
Lo aveva fatto, ancora. Lo aveva salvato.
Perché lì, appiccicato alle pareti della sua camerata ancora viveva, il giorno.
Bruciava di un intenso color porpora, si gonfiava del piacevole venticello tiepido e respirava. Respirava, sì: la vita.
Sospeso, regolare, attento.
Esattamente al limite; lì, ad un passo dalla fine.
Ma viveva, ancora.
Immortale.