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Autore: julies    10/09/2011    3 recensioni
Mello si mise in piedi di fronte a lui, ergendosi in tutta la sua altezza, in attesa di una mossa dell’altro.
Rimasero così per attimi interminabili, fin quando gli occhi scuri di Near non si incatenarono a quelli cerulei del rivale. Mello ebbe un sussulto a causa di quell’improvviso contatto visivo, e strinse i pugni mordendosi il labbro.
“Tu…”
L’albino lo guardò, in attesa che continuasse. Il suo sguardo non tradiva nessuna emozione, come al solito. Dio, perché doveva sempre essere così insofferente?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Coppie: Mello/Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Snowflake

 

Mello odiava Near.

Tutti lo sapevano alla Wammy’s House.

Near era sempre il numero uno, in tutto, e sempre lo sarebbe stato.

Ma quella sua impassibilità, quel volto che mai una volta aveva mostrato un’emozione al mondo… Non parlava mai con nessuno. Se ne stava sempre seduto in disparte con quella sua strana posa, quella gamba rannicchiata contro il petto, e trascorreva il giorno facendo puzzle e giocando con stupidi aggeggi. Mello si chiedeva come diamine facesse ad avere sempre i voti così alti, sebbene non l’avesse mai visto studiare in tantissimi anni che lo conosceva. Come potesse essere sempre così apatico, anche quando tutti si congratulavano con lui. Quel suo tono sempre monocorde, freddo, mai il volto illuminato da un sorriso. Tutti alla Wammy’s ci avevano fatto l’abitudine. Ma lui no. E lo odiava proprio per questo.

Ma c’era anche dell’altro, un qualcosa che Mello non avrebbe mai ammesso. Nemmeno a sé stesso.

 

Quella notte la neve era scesa, coprendo col suo manto bianco tutto il grosso cortile.  Ed il mattino seguente tutti i bambini erano usciti a giocare, tirandosi addosso le palle di neve e costruendo stupidi pupazzi. Mello odiava la neve, era così fredda e si infilava dappertutto. Tutto quel bianco gli dava fastidio.

E quel mattino aveva convinto il suo amico Matt a rimanere dentro, con la scusa di avere un fortissimo mal di pancia. Così, stavano seduti davanti ad un camino nella sala comune.  Matt parlava da minuti interminabili, ma il biondo non lo ascoltava. Era perso nel suo mondo, lo sguardo che vagava da una parte all’altra della saletta accogliente, mentre addentava con decisione una tavoletta di cioccolata. Un giorno troppo calmo, troppo strano. Mello si sentiva che stava per accadere qualcosa che avrebbe rivoluzionato la sua vita. Non sapeva perché. Se lo sentiva e basta.

D’un tratto, vide un guizzo candido nel corridoio. Un piccolo corpo avvolto in un pigiama bianco davvero troppo grande per lui che camminava lento, con quell’andatura incerta.

I suoi pensieri vennero totalmente catturati da quell’ esile figura, che avrebbe riconosciuto anche in una piazza gremita di gente. 

Lo fissava quasi come ammaliato, una tigre che segue i movimenti della sua preda.

Si sentì scuotere per la spalla, e si ritrovò a fissare un volto contorto da una smorfia imprecisa.

“Mello, che cazzo! Smettila di pensare a Near e dammi retta per un momento!”

Il biondo assunse un’espressione come se gli avessero buttato addosso un secchio d’acqua gelida in prima mattina, per poi alzarsi profondamente irritato e rosso di vergogna.

“Ma te li sai fare i cazzi tuoi per una buona volta?! Va’, corri fuori a giocare!”

Piantò la tavoletta a metà sul divano e uscì dalla sala con passi svelti, le gambe avvolte in un paio di pantaloni decisamente troppo lunghi, sentendosi addosso lo sguardo incredulo dell’amico.

Per colpa di quello stupido aveva persino perso di vista Near…

Si accigliò per i suoi stessi pensieri. Davvero a volte faticava a capirsi da solo.

Lui odiava Near con tutto sé stesso, era la cosa che più odiava al mondo. Eppure…

Eppure gli importava di lui, in un certo senso. Quando, quasi quotidianamente, si trovava ad urlargli contro, si sentiva infastidito e ferito dal fatto che l’albino non lo degnasse mai di un’attenzione. Non importava cosa gli stesse dicendo, se lo stesse insultando per il puro gusto di farlo o se gli stesse parlando seriamente. Near si limitava solamente ad arricciarsi una ciocca di capelli attorno all’indice ed a guardare in basso, oppure seguitava a giocare come se nulla fosse.

Era questo ciò che più feriva l’orgoglio di Mello. 

Tutti, alla Wammy’s, interpretavano quel comportamento come profonda timidezza, ma lui sapeva che non era così. Near si comportava in quel modo per il puro gusto di vederlo infuriato, ecco tutto.

Si ritrovò a camminare spedito su per le scale, verso una porticina di legno.

La mansarda. Era anni che non andava lì.

Nemmeno sapeva perché fosse andato proprio in quella meta, eppure dentro di sé sentiva che il suo nemico numero uno si trovasse proprio lì.

Ed infatti eccolo,  accovacciato fra gli scatoloni pieni di roba vecchia e polverosa, intento a guardare fuori dalla finestra.

Si soffermò un solo istante a guardare quel corpicino magro, chiedendosi se anch’esso fosse freddo e rigido come l’anima che ospitava.

Near, dal canto suo, non si volse all’entrata del biondo e nemmeno quando lo udì avvicinarsi a passi svelti nella propria direzione. In un certo senso, si aspettava che lo seguisse.

Mello si mise in piedi di fronte a lui, ergendosi in tutta la sua altezza, in attesa di una mossa dell’altro.

Rimasero così per attimi interminabili, fin quando gli occhi scuri di Near non si incatenarono a quelli cerulei del rivale. Mello ebbe un sussulto a causa di quell’improvviso contatto visivo, e strinse i pugni mordendosi il labbro.

“Tu…”

L’albino lo guardò, in attesa che continuasse. Il suo sguardo non tradiva nessuna emozione, come al solito. Dio, perché doveva sempre essere così insofferente?

Mello già lo stava picchiando mentalmente, e fece un enorme sforzo per contenersi. Digrignò i denti e prese a mordersi il labbro con ancora più forza. Una goccia scarlatta fuggita dal taglietto formatosi attirò l’attenzione di Near, che si interessò particolarmente alle labbra del rivale.

Quando si accorse di essere fissato in modo troppo ossessivo da Mello, il piccolo spostò rapidamente lo sguardo, di colpo intimidito.

Il biondo non capiva questo suo strano comportamento, e si irritò ancora di più. Prese il ragazzino per il colletto della larga camicia, sollevandolo da terra di una manciata di centimetri, per costringerlo a fissarlo di nuovo negli occhi. Sputava le parole con rabbia, sibilandole.

“Tu… tutto questo… è solo colpa tua!”

Near non capiva, ma rimase a fissarlo come incantato. “Perché sei così impassibile… come fai a non provare nemmeno una fottutissima emozione?! Tu… non sei umano!”

Un impercettibile cambiamento nella voce di Mello, una nota quasi dolorosa. Near si perse in quegli occhi di un azzurro cupo che pareva il cielo dell’inferno, tanto limpido e bello da lasciare senza fiato. Provò a capire le emozioni del più grande, attraverso quegli occhi bui, a coglierne ogni singola sfumatura. Mello, l’unico mistero che ancora non era stato in grado di svelare.

Prese a scuoterlo con violenza, ferito da quella totale assenza di emozioni.

“Io ti odio! Ti vorrei vedere morto!”

Poi, fece un gesto che nessuno dei due si aspettava. Un gesto estremo, forse anche disperato.

Premette con forza le labbra su quelle del più piccolo, che ebbe un sussulto, per poi profanarle con la lingua. Dopo qualche attimo di resistenza, Near si arrese e si lasciò andare su di lui con un sospiro. Non si immaginava certo che il suo primo bacio lo avesse avuto dal suo peggior nemico, né che avesse il sapore del cioccolato. E del sangue.

Il biondo lo baciava con urgenza, mettendogli le mani fra i capelli e sorprendendosi di quanto fossero morbidi. Le sue labbra erano calde e umide, e così anche il suo corpo, non l’avrebbe mai detto.

A lui l’albino sembrava figlio dell’inverno, con tutto quel candore. Sempre vestito di bianco, i capelli chiari e soffici come una nuvola. Di essa sembrava fatto, così freddo, così impassibile. Un piccolo fiocco di neve.

E Mello odiava la neve. La odiava, perché gli ricordava lui.

Un sottile filo di saliva univa ancora le loro lingue quando Mello si staccò di scatto, il volto arrossato ed il respiro affannato. Nemmeno un bacio così intenso aveva turbato Near, l’unica cosa diversa era un’insolito rossore sulle guance. Impassibile, fissava il rivale negli occhi.

Arretrando in maniera scomposta, il biondo inciampò in vari scatoloni, rovesciandone alcuni. Gli occhi sbarrati, puro sgomento dipinto sul volto. Le sue labbra ancora gonfie sibilavano un no appena udibile.

Delusione, ecco cosa c’era nei suoi occhi. Ecco cosa c’era sempre stata, quando fissava Near. L’albino se ne accorse solo in quel momento, quando vide l’altro correre fuori dalla piccola stanza tirandosi dietro un grosso pupazzo rotto, che cadde a terra con un tonfo sordo.

Anche dentro di sé, da qualche parte, qualcosa era caduto a terra con un tonfo sordo.

“…Mello…” sussurrò appena il giovane detective.

 

Quella notte, un piccolo fantasma bianco girava per i corridoi. Aveva appena ricevuto la triste notizia,  la voleva comunicare anche a Mello. L era morto, e aveva lasciato detto che loro due avrebbero dovuto prendere il suo posto insieme, e collaborare.

Esitò, con la mano sul pomello di quella porta, poi entrò.

Lo accolse una stanza vuota, spoglia. Si guardò intorno, e poi andò a stendersi sul letto con un sospiro. Si rannicchiò sul cuscino che ancora profumava di cioccolata, che ancora odorava di Mello.

Ma era freddo, tutto in quella stanza era freddo come il ghiaccio.

Con un sussulto che proveniva direttamente dal cuore, realizzò l’accaduto.

Non l’avrebbe più rivisto.

Perché Mihael Keehl se n’era andato.

Per sempre.

 

 

 

***

 

Spero che questa breve one-shot sia di vostro gradimento, fan della NearXMello :D

Mi sono divertita a scriverla, è strano immedesimarsi nei pensieri di una persona che è del sesso opposto al tuo…

 

P.S.: Per chi seguisse l’altra mia storia, A Midsummer Night’s Dream, prometto di pubblicare al più presto. Scusate ancora per il ritardo e grazie a tutti.

 

   
 
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