Anime & Manga > Bleach
Segui la storia  |       
Autore: Benkei    10/09/2011    2 recensioni
La guerra si avvicina: gli Shinigami della Soul Society contro gli Arrancar del ryoka Sousuke Aizen. Tuttavia il confine apparentemente netto che separa una fazione dall’altra non è mai stato tanto sottile. Fra le mura di Las Noches, infatti, casa delle dieci spade di Aizen, luogo dove cameratismo e solidarietà sono inesistenti e provare sentimenti è vergognoso segno di debolezza, qualcosa cambierà inaspettatamente fra Grimmjow Jeagerjacques e Neliel Tu Oderschvank: non solo la percezione della propria realtà, un’insopportabile destino di solitudine e sottomissione, ma anche quella del rapporto che li lega. Crescerà fra loro un amore imprevisto, maturo ma profondo, che porterà i due Espada a mescolare le parti in gioco nella guerra, all’inseguimento di una libertà mai avuta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Neliel Tu Oderschvank
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

War


Neliel si lasciò alle spalle il Senkaimon, ostentando una sicurezza che non era più certa di possedere. Si sentiva estremamente a disagio nel trovarsi circondata da persone che aveva sempre reputato sue nemiche, contro cui era stata sempre preparata a combattere per uccidere. Scoccò un’occhiata alla sua destra, incrociando lo sguardo impassibile e tagliente di Grimmjow, che camminava accanto a lei senza perderla un attimo, le mani cacciate in fondo alle tasche. Se era preoccupato o inquieto, non lo lasciava trapelare: il suo portamento mostrava la sua solita orgogliosa alterità, gli occhi erano attenti, appannati leggermente da un velo di cautela. In fondo, non poteva dargli torto.
Si stavano inoltrando nella tana del leone.
Neliel si appiattì convulsamente l’orlo della gonna: oltretutto quei vestiti non aiutavano. Non aiutavano proprio. Non le avevano consentito di indossare i propri abiti, perché ancora incrostati di sangue, il suo e quello di Grimmjow, e inzaccherati ma soprattutto perché avrebbero attirato l’attenzione. L’avevano costretta ad infilarsi un vestito corto scomodissimo, nero dai bordi orlati di merletto bianco e le avevano allungato un cappello in tinta per coprire la sua maschera: per nasconderla doveva calcarlo sul viso così tanto che quasi non vedeva dove andava. Aggiungendo la spada appesa scomodamente alle sue spalle, Neliel sperava di non dover venire alle mani o si sarebbe trovata molto in svantaggio.
«Come se così non fossi appariscente…», sbottò piano, contrariata. Le labbra di Grimmjow si incresparono in un sorriso beffardo. Forse a lui il cambiamento non dispiaceva così tanto.
Senza fare commenti, la affiancò e insieme seguirono Ichigo e Abarai Renji, seguiti da Toshiro Hitsugaya che incedeva da solo, Orihime, Rukia Kuchiki e Rangiku Matsumoto, entrando nel primo distretto del Rukongai, il Junrinan.
Neliel e Grimmjow dovettero schermarsi gli occhi con le mani, nonostante fossero già abituati al paesaggio della terra. Il Junrinan era lambito da raggi di luce solare abbacinanti, limpidi e chiari a tal punto che era possibile intravedere i granelli di pulviscolo svolazzare nella scia luminosa - nello stesso modo in cui le bolle fluttuano nell’acqua – come l’impronta lucente di una stella cometa. Il cielo era una tersa distesa di un azzurro sereno e cristallino, un oceano al posto del cielo, ornato qua e là da lievi sbuffi madreperlacei, come schiuma bianca tra le onde tumultuose.
Neliel sorrise. Com’era possibile non sentirsi meglio, guardando tutto ciò? Quasi come se la quiete e la pace di quel cielo chiaro, sgombro di tenebre ed eterni cicli di luna, potesse insinuarsi un po’ anche dentro di lei.
Sgravati un po’ di più dal peso dell’inquietudine, si addentrarono nel Rukongai i primi Arrancar ad aver messo piede nella Soul Society.
 
 
Gli occhi di Ichigo saettavano da Neliel e Grimmjow a Orihime, indeciso se scagliarsi su di loro o prima proteggere la ragazza. Immediatamente allungò un braccio, spingendo Orihime contro il muro.
«Stai indietro, Inoue», disse con fermezza. «Non ho idea di cosa ci facciano questi Arrancar in casa tua, anzi…», scoccò un’occhiata gelida a Grimmjow. «… questi Espada, suppongo».
Grimmjow gli rispose con un ghigno sprezzante.
«Né voglio sapere perché li stavi nascondendo… per ora», Ichigo estrasse dalla tasca un emblema raffigurante un teschio avvolto dalle fiamme e se lo premette sul petto; il suo corpo cadde a terra, subito afferrato con fatica da Orihime, che evitava lo sguardo del ragazzo con espressione contrita e apparve lo spirito di Ichigo nelle scure vesti di Shinigami.
«Ha!», esclamò Grimmjow. Si rassettò l’hakama, noncurante di essere a petto nudo e scostò pure lui Neliel, chiaramente intenzionato ad affrontare Ichigo da solo, come per dimostrare che quello scontro era una faccenda fra uomini. «Principessa, ti fai proprio comandare a bacchetta, eh?».
Orihime abbassò lo sguardo, arrossendo di vergogna.
«Indietro donne», sibilò Grimmjow, sghignazzando. «Questo Shinigami pel di carota ed io abbiamo un conto in sospeso».
Tuttavia Neliel non aveva intenzione di essere esclusa: ignorando le parole del compagno, si fece avanti, fissando lo Shinigami negli occhi. Non erano ancora in condizioni di combattere contro qualcuno, specialmente Grimmjow. E lo Shinigami era forte, percepiva la sua vibrante reiatsu.
«Non c’è bisogno di…», cominciò.
Una grossa lama nera le fu davanti in un attimo.
Un ringhio le esplose nelle orecchie ma Neliel si abbassò in tempo: non era un fendente particolarmente rapido, era facile da evitare. Eppure sentì uno strano suono, carne che cozza contro altra carne e alzò lo sguardo. Grimmjow la sovrastava: ghermiva la mano di Ichigo in cui era stretta l’elsa di quella strana spada simile ad un coltello, il volto contratto dalla rabbia a pochi centimetri dal suo. Le labbra si tesero per scoprire i denti e dalla gola proruppe un ringhio selvaggio. La presa si strinse, pareva che Grimmjow si stesse trattenendo dal strappargli il braccio.
«Non osare…», mormorò con la voce che tremava di collera. Senza preavviso gli assestò una ginocchiata nello stomaco e Ichigo si accasciò leggermente, tossendo senza fiato. Grimmjow ne approfittò per strappargli la spada e gettarla per terra. «Non osare toccarla, Shinigami!»
Ichigo sembrava confuso da quell’affermazione, così l’Espada gli passò una mano attorno al collo e sollevandolo da terra senza sforzo, lo sbatté con violenza contro il muro alle sue spalle, scatenando una pioggia di polvere bianca.
«Kurosaki- kun!», gridò Orihime.
Ichigo circondò con le mani il braccio di Grimmjow, stringendo per costringerlo a lasciarlo andare, mentre nel suo sguardo limpido ardeva un rogo di odio e furia. Ma l’Espada fisicamente era più forte: i muscoli sul suo braccio erano gonfi di sforzo e tesi, ma nemmeno per un istante allentò la presa sulla gola dello Shinigami, il cui viso perdeva velocemente colore e assumeva sfumature violacee.
Orihime non riuscì a muoversi, inorridita e atterrita; lanciò a Neliel un’occhiata disperata. «Neliel- san!», urlò terrorizzata. «Lo fermi, la prego! Kurosaki- kun… lo ucciderà!»
Neliel annuì e si scagliò su Grimmjow, afferrandogli la spalla nel tentativo di fargli sciogliere la stretta sul collo dello Shinigami. «Lascialo», esclamò.
Ma Grimmjow sembrava intenzionato ad andare fino in fondo.
Ichigo rantolò e una mano scivolò dal braccio di Grimmjow, ricadendo inerte.
Anche Neliel era impallidita. «Lascialo subito, Grimmjow!», sibilò, ora stringendo il suo polso. Gli occhi dello Shinigami si rovesciarono. «Subito!», gridò.
Grimmjow alzò svogliatamente gli occhi al cielo, come se gli avesse appena ordinato di accompagnarla a fare shopping, e dopo un’ultima esitazione lasciò di scatto la gola di Ichigo, che si accasciò al suolo tossendo, il volto livido. Orihime si inginocchiò immediatamente di fianco a lui con le mani che tremavano.
Neliel spinse Grimmjow lontano da loro, gridando: «Ora basta! Non siamo qui per saltargli alla gola, né per aggredire nessuno!», lui parve voler ribattere, ma un’occhiata furente della ragazza lo zittì. «Giusto, Grimmjow?», ringhiò.
Lui evitò il suo sguardo. Poi annuì con poca convinzione.
Ichigo si massaggiava il collo, su cui erano rimasti i segni rossastri e ben evidenti delle dita di Grimmjow. «Mi pare un po’ tardi per questa dichiarazione», ringhiò, la voce rauca.
«Sì…», ammise Neliel. «Bè, sì, ma a Grimmjow dispiace», mentì. «Vero?»
Si levò un borbottio indistinto dalla direzione di Grimmjow.
«Inoue…», mormorò Ichigo, con rabbia. Orihime si sporse verso di lui, pronta a soccorrerlo. «Dimmi perché ospitavi due Espada. E voi», accennò a Neliel e Grimmjow. «Che diavolo ci fate qui a Karakura Town, se non per combattere? Tutte le altre volte che gli Arrancar sono comparsi, non hanno fatto altro che tentare di uccidere me e i miei amici. Compreso quello psicopatico dai capelli azzurri», indicò Grimmjow.
Grimmjow sbuffò forte. Neliel lo costrinse a sedersi in un angolo, dove incrociò le braccia scoccando occhiate torve a Ichigo e Orihime.
«Kurosaki… san», disse piano Neliel. Attraversò la stanza e si fermò davanti a lui. «Noi siamo due Espada fuggitivi. Non obbediamo più agli ordini di Aizen- sama… di Aizen».
Ichigo sussultò, stupefatto, ma non disse nulla. Chiaramente era ancora sospettoso.
Neliel cominciò a spiegare: «Vedi… per motivi che terrò per me, sono stata rinchiusa su ordine di Aizen in una cella di blocco della reiatsu per una settimana, una prigione che assorbe l’energia spirituale, e probabilmente quel luogo sarebbe diventata la mia tomba se Grimmjow non avesse fatto irruzione, aiutandomi ad evadere», disse Neliel brevemente. «Tuttavia, appena libera Ulquiorra Shiffer, la Tercera Espada ci ha attaccati, e Grimmjow… di nuovo ha combattuto al mio posto, salvandomi da un attacco mortale che ha colpito lui in pieno. Immagino vi ricordiate Ulquiorra».
Ichigo annuì, attento ad ogni parola e anche Orihime assentì silenziosamente, rabbrividendo.
Grimmjow ora guardava ostinatamente il pavimento.
Neliel si rattristò. «Grimmjow è quasi morto… per me», lo sguardo allibito di Ichigo saettò verso Grimmjow, come aspettando una conferma. «Dovevo aiutarlo, ma Ulquiorra aveva tutte le intenzioni di uccidermi. Ero debole… ma è successo qualcosa… che non ho compreso neppure io…», mormorò sovrappensiero. Indicò la propria spada, posata contro il muro insieme a quella di Grimmjow. «Voi sapete che ogni Arrancar per liberare tutto il suo potere, che risiede nella sua katana, deve rilasciare la spada pronunciando il suo nome. Ogni Arrancar ha una propria spada, che appartiene solo a lui. Tuttavia, io sono riuscita a rilasciare la katana di Grimmjow, ottenendo delle capacità ibride, a metà fra le sue e le mie. Solo così ho sconfitto Ulquiorra Shiffer».
Grimmjow si raddrizzò, sconcertato. «Tu… cosa?»
Neliel sorrise, incerta. «Non so perché sia successo, né perché io l’abbia fatto. Non credo neppure che funzionerebbe per qualcun altro all’infuori di noi».
L’Espada sembrava troppo sbigottito per pronunciare un’altra parola, ma un lieve rossore gli tinse le guance. Ricacciò le mani in tasca e mise il broncio.
«Hai sconfitto Ulquiorra?», mormorò Ichigo, la voce velata da strane emozioni. Sorpresa, forse un pizzico di rispetto, ma anche qualcosa che sembrava… invidia. Assomigliava a Grimmjow più di quanto credesse. «Ma come hai fatto a raggiungere la terra?», aggiunse, senza attendere la risposta.
«Ho aperto il Garganta, il portale. O meglio, qualcuno l’ha aperto per me».
«Chi?», sbottò Grimmjow dal suo angolino buio.
Neliel esitò. «Gin Ichimaru».
Contemporaneamente, Ichigo, Grimmjow e Orihime sobbalzarono, come percorsi da una scossa elettrica.
«Quello Shinigami kitsune?», ringhiò Grimmjow. Le sue dita artigliarono il vuoto, rabbiosamente.
«L’ex capitano della Terza Compagnia?», sussurrò Orihime.
«Quel sadico dagli occhi chiusi?», esclamò Ichigo.
Non era una persona molto amata neppure nella Soul Society, a quanto pareva.
Neliel annuì. «Ha aperto le porte del Garganta per tutto il tempo necessario che ho impiegato ad attraversarlo e sono certa che non abbia detto nulla ad Aizen, né l’abbia fatto dietro suo ordine», sospirò. «Non penso sia cattivo, né sadico».
Tre paia di occhi la fissavano con lo stesso misto di sbigottimento e compassione con cui si guardano i malati di mente. Grimmjow si alzò di scatto.
«Sei forse impazzita Nel?», ruggì, sbalordito. «Ichimaru Gin? Quel cinico bastardo che ti ha torturata fino all’esaurimento nella cella di blocco della reiatsu?»
La ragazza scrollò le spalle. «Non lo so. Io…»
«Tu cosa?»
«Mi ero sbagliata, ecco».
L’Espada rimase senza parole. Sembrava non riuscire ad elaborare quelle parole. Poi imprecò così volgarmente che Ichigo trattenne una risata.
«E se fosse stata una trappola, eh?», gridò furente. «E se avesse qualche secondo fine?»
Neliel si gettò i capelli alle spalle. «Tu sei vivo grazie al suo aiuto e questo mi basta per essergli grata», dichiarò. Poi aggiunse, assai poco saggiamente: «Piantala di fare il geloso».
Grimmjow aprì e richiuse la bocca un paio di volte, all’apparenza troppo furioso per emettere qualche suono, il colorito del viso a metà fra il violaceo e lo scarlatto. Orihime dovette trattenersi dal ridere, mentre Ichigo osservava entrambi con sguardo stupefatto, un lieve sorriso di scherno stampato sulle labbra. Era la stessa persona che l’aveva pestato a sangue, solo poco tempo prima? La presenza della ragazza sembrava averlo profondamente cambiato perché, nonostante l’inconfondibile carattere beffardo e irascibile, non corrispondeva affatto all’idea che si era fatto di lui. Però, tutto questo faceva bruciare meno la sconfitta subita e smorzava la vergogna provata, come se il suo comportamento più… umano rendesse più accettabile quello smacco. «Però, Arrancar…», sghignazzò con aria vendicativa. «Anche tu ti lasci comandare per bene dalla tua ragazza».
Grimmjow si voltò verso di lui con sguardo assassino.
Orihime intervenne per la prima volta. «O… ok, cerchiamo di non aggredirci a vicenda…», bisbigliò timidamente, mentre Neliel afferrava Grimmjow per il braccio, impedendogli di sfogare la sua rabbia omicida su Ichigo. «Ma ora cosa avete intenzione di fare, Neliel- san?».
«Voglio togliere di mezzo Aizen», disse Grimmjow, senza tanti giri di parole. Si rigirava fra le dita l’estremità di una benda, lacerandola in sottili strisce. La scrutava con odio, come se fosse stata il suo peggior nemico. «Se lo ammazzerò, oltre che ottenere una vittoria personale, sarò…», incrociò lo sguardo di Neliel. «… saremo liberi, senza più padroni o regole». 
Ichigo sbuffò. «Come pensi di riuscirci? Immagino sia costantemente attorniato dai suoi tirapiedi e oltretutto lui stesso è molto potente. Quando mi sono scontrato con lui, è riuscito a fermare la mia lama in modalità Bankai solamente con un dito».
I denti di Grimmjow scintillarono fra le tenebre. «Ma la mia forza non è insignificante come la tua…», mormorò dolcemente. «Non mi paragonare a te solo per un patetico tentativo di sentirti alla mia altezza».
«Ignoralo», esordì Neliel. «Ringhia come una pantera ma in fondo non è altro che un micio rabbioso», lo schernì, mettendosi una mano davanti alle labbra per frenare le risa. Nella stanza esplose il suono di numerose risate soffocate, mentre Grimmjow pareva costantemente sull’orlo di fare una strage. «Comunque Kurosaki- san ha ragione, Grimmjow», disse Neliel, quando riuscì a trovare di nuovo il fiato per parlare. «Aizen- sama… Aizen, è più forte di noi due e ha la costante protezione degli altri otto Espada, un’infinità di Arrancar, e i suoi due compagni Shinigami».
«Ma noi abbiamo il vantaggio di conoscere Las Noches e sapendo come muoverci, possiamo arrivare fino a lui». 
«Intendi ucciderlo segretamente? Assassinarlo come un sicario?», domandò Ichigo.
Grimmjow esplose in una risata cattiva. «Ti sembra il mio stile? No, prima ammazzerei lui, poi approfitterei dello scompiglio per togliere di mezzo gli altri. Dovessi morire, li porterò dal primo all’ultimo con me nella tomba».
Calò un silenzio attonito. Neliel scuoteva la testa, le labbra strette.
«Ma a te cosa interessano i nostri progetti, Shinigami?», domandò con sprezzo Grimmjow.
«Non mi chiamo “Shinigami”. Il mio nome è Kurosaki Ichigo», ribatté lui.
Le labbra di Grimmjow si incresparono in un ghigno sardonico. «Bene, allora… A te cosa importa dei nostri progetti, Ichin-ko?».
Ichigo parve molto offeso. «Che razza di soprannome volgare sarebbe?», ringhiò. «Vuoi che cominci a chiamarti koneko- chan?».
L’altro rise. «Miao», mormorò, un sorriso beffardo stampato in faccia. «Ne è valsa la pena. Ma ora rispondi».
Lo Shinigami scrollò le spalle, ancora irritato. «L’obbiettivo della Soul Society, e il mio, è di sconfiggere Aizen. Direi che abbiamo un intento comune».
Neliel improvvisamente abbandonò la sua postazione al fianco di Grimmjow e sotto gli occhi di tutti attraversò la stanza, fermandosi al centro, sorridente. Raccolse la propria spada e la sorresse in una mano, come per soppesarla. «Sai cosa si dice, Kurosaki- san?», mormorò con leggerezza. «Che gli interessi comuni siano alla base delle alleanze». 

* Una piccola parentesi sui soprannomi. Il suddetto soprannome volgare di Grimmjow mescola il nome “Ichigo” con la parola “chinko”, che vorrebbe dire… bè sì una cosa un po’ volgare. Diciamo in termini scientifici: “L’organo riproduttivo maschile”. Invece koneko- chan vuole semplicemente dire “gattino, micetto”.  

I giorni successivi erano stati molto difficili. A giudicare dal costante rischio che Grimmjow perdesse il controllo durante una conversazione con Ichigo, conversazioni solitamente basate su insulti e minacce vuote, che terminavano con l’intervento di Neliel, ormai più simile alla bambinaia di due poppanti particolarmente vivaci più che ad una ragazza che tenta di tenere a bada il carattere irascibile del compagno, le ferite erano guarite e l’inesistente convalescenza poteva dirsi conclusa. Il vero problema era stato accogliere la proposta di un’alleanza avanzata da Neliel. L’idea non si poteva escludere, poiché avrebbe dato un enorme aiuto ad entrambi, ma ciò che rendeva più difficili i possibili contatti era la mancanza di fiducia che gli Shinigami riponevano negli Arrancar e viceversa. Grimmjow e Neliel si trovarono ad affrontare la diffidenza degli Shinigami presenti a Karakura Town, inviati sulla terra come rinforzi. Per attuare il progetto era fondamentale entrare in contatto con i piani alti della Soul Society, ma prima dovevano dimostrare di essere degni di fiducia agli occhi dei pesci più piccoli o non avrebbero visto neppure l’ombra del Seireitei.
Una mattina si presentarono a casa di Orihime, che si era offerta di continuare ad ospitare i due Arrancar, il terzo e il quinto seggio dell’undicesima compagnia, Ikkaku Madarame e Yumichika Ayasegawa, i luogotenenti della tredicesima, della decima e della sesta compagnia, Kuchiki Rukia, Rangiku Matsumoto e Abarai Renji e il capitano della decima compagnia, Toshiro Hitsugaya. Varcarono la soglia con diffidenza, scrutandoli con circospezione. Neliel dovette assestare parecchie gomitate al fianco del compagno, per impedirgli di beffeggiare l’aspetto stravagante di alcuni Shinigami, tanto che alla fine dell’incontro, Grimmjow non era l’unico a cui doleva una parte del corpo. Infine, dopo un paio di inconvenienti – Neliel non riuscì ad impedire a Grimmjow di apostrofare il Capitano Hitsugaya con il soprannome di “Mr. Freeze” - il gruppo di Shinigami acconsentì perché i due Arrancar fossero ammessi nella Soul Society per incontrare il Comandante Generale, Shigekuni Genryūsai Yamamoto.
 
 Neliel socchiuse lentamente gli occhi, tentando di scorgere qualche figura nelle tenebre che invadevano la stanza. Le imposte appena accostate oltre la finestra lasciavano penetrare timidi raggi della luna che proiettavano lunghe scie luminose attraverso la stanza, contendendo il loro predominio con l’oscurità che aveva già inghiottito con le sue fauci di tenebra i profili e la consistenza di ogni cosa. Gli occhi assonnati di Neliel si persero nella contemplazione della luce lunare, così tenue e delicata da far sembrare tutto ciò che lambiva con il suo chiarore, in bilico fra il mondo umano e una dimensione ultraterrena, che le ricordava così tanto l’Hueco Mundo, la sua casa e nello stesso istante le dava la certezza di essere sulla terra.
Improvvisamente la sensazione di essere osservata che l’aveva destata dal suo sonno, ritornò. La ragazza voltò la testa per controllare che nessuno la guardasse, quando l’occhio le cadde sul futon di Grimmjow, preparato dall’altra parte della stanza per mantenere la facciata di pudore, completamente intatto. Si voltò, lanciando un’occhiata alle proprie spalle e vide Grimmjow, seduto accanto al muro a braccia conserte contro il petto nudo, che la scrutava attraverso le tenebre con lo sguardo corrucciato, gli occhi azzurri che balenavano nel buio in cui era immerso. Perfino con la scarsa visibilità che offriva la notte, si scorgeva il profilo dei muscoli addominali e si delineavano i fasci di muscoli sotto la pelle abbronzata degli avambracci. Neliel non disse nulla, incerta sulla reazione da avere, se essere lusingata o a disagio, ma sentendosi senza alcun dubbio completamente sveglia.
Scostò le lenzuola bianche, il suo sguardo che la seguiva in ogni suo gesto, si alzò, passandosi le dita fra i capelli arruffati e attraversò silenziosamente la stanza. Indugiò nel procedere quando vide l’impalpabile luce della luna accarezzarle la pelle e la veste leggera, scrutando la sua figura nel buio, che la chiamava con silenziosa soavità. Le parve di intravederlo alzare gli occhi, esasperato, ma avrebbe potuto essere un’impressione. Si sedette a terra, posando le spalle contro il muro, e a sorpresa sentì il suo braccio circondarle la vita, la mano sfiorarle leggermente il fianco, attirandola piano verso di sé. Neliel posò la testa sulla sua spalla e Grimmjow inclinò leggermente il capo per accostare la guancia ai suoi capelli. La ragazza, sorprendendo perfino se stessa, soffocò una risata.
«Perché ridi?», la sua voce emerse finalmente dalle sue labbra, con una strana intonazione: sembrava essere un po’ offeso, come se ritenesse che fosse stato il suo gesto inusuale a divertirla.
Neliel sospirò. «Sei sempre tanto spavaldo e disinvolto, ma certe cose riesci a farle solo con il beneficio delle tenebre», sussurrò e le sue parole avevano il sapore di un sorriso.
Grimmjow non rispose, limitandosi a sbuffare.
«Trascorri così tutte le tue notti?», domandò all’improvviso Neliel.
Grimmjow assentì con un grugnito poco definito. Gli piaceva guardarla dormire. Sentire il suo respiro regolare, i battiti del suo cuore, osservare le onde in cui si scioglievano i suoi capelli nell’unico momento in cui la sua mano pronta non poteva rassettarli. Guardarla illuminata dalla luce della luna, invece che dal sole, che la rendeva così eterea nella sua espressione serena, il suo aspetto indifeso. Immaginare cosa sognava.  «Non è un brutto modo di passare il tempo. Non mi pesa la mancanza di sonno», si limitò a dire.
«Io preferisco dormire. E sognare».
«Si può sognare anche senza doversi addormentare», mormorò lui, dopo un’esitazione. Sentì Neliel alzare lo sguardo verso di lui. «E tu cosa sogni allora?»
«Che vada tutto bene. Che vada come voglio», si corresse immediatamente. «A cosa faremo dopo».
«E se non ci riuscissimo?», incalzò Neliel. Dalla sua voce Grimmjow intuì che ci stava pensando da parecchio. «Se non fossimo in grado di uccidere Aizen? Abbiamo una sola possibilità… se falliamo, voglio avere un piano di riserva».
Neliel credeva che Grimmjow avrebbe ribattuto di essere superiore ad Aizen, di poterlo uccidere quando voleva. Invece, lui rispose: «Cosa intendi?»
«Voglio trovare un altro modo per escluderci da questa ridicola battaglia, che non ci interessa, in cui non centriamo più nulla. Un modo per vivere come vogliamo anche con Aizen ancora in circolazione», mormorò lei. Sì, era da molto tempo che ci rifletteva. Quella guerra era instabile, imprevedibile, nessuna mossa aveva la certezza di essere quella giusta e la vittoria non era di Aizen tanto quanto non lo era della Soul Society, poiché nessuno dei due scopriva mai del tutto le sue carte. Tentare la sorte era avventato, oltre che incredibilmente stupido.
«Se Aizen venisse a sapere che siamo alleati della Soul Society, e lo verrà a sapere quando irromperemo a Las Noches con un manipolo di Shinigami, il suo scopo sarà toglierci di mezzo. Dubito ci consentirebbe di vivere tranquillamente, senza neppure partecipare alla battaglia», ribatté l’Espada con voce dura.
«Dobbiamo ancora stringere l’alleanza», gli ricordò la ragazza. La partenza per la Soul Society era prevista per il giorno dopo. «Ma ci deve essere un modo».
Grimmjow esplose in una bassa risata rauca. «Certo», esclamò. «Quando saremo definitivamente morti ci lascerà stare. A meno che non inventi con il suo giocattolo una nuova razza di Hollow resuscitata».
Neliel capì cosa intendeva. La morte non pareva quasi mai costituire un freno: loro erano morti da tempo, il loro spirito umano era svanito completamente, eppure ciò non aveva impedito loro di evolversi come Hollow, Menos, Adjuchas e non aveva fermato Aizen dal dargli nuova vita come Arrancar e poi Espada. «Forse è proprio questa la soluzione».
«Che cazzo stai dicendo?», ringhiò d’un tratto Grimmjow. Lo scatto d’ira fece sobbalzare Neliel che si divincolò dal suo abbraccio, sorpresa.
«Cosa ti prende?», sussurrò, concitata e un po’ infastidita dal repentino cambiamento.
Grimmjow la fissava, tanto intensamente da metterla a disagio. «Vuoi crepare? O lasciarti ammazzare?», sibilò furiosamente. Il suo sguardo rancoroso era talmente penetrante, che ad un certo punto la ragazza credette di percepirlo più come una presenza fisica piuttosto di una sensazione spiacevole. Ma rimase per qualche istante ad osservarlo a sua volta, sbigottita.
Era la prima volta che si trovavano in un luogo in cui poter parlare fra loro liberamente, per quanto tempo volessero. Eppure era stanca di discutere su ciò che li aspettava. Voleva chiacchierare di cose futili, non aveva voglia di preoccuparsi.
Tuttavia, invece di ripetere ad alta voce questi pensieri, si costrinse a dire, tutt’altro che rassicurante: «Io dicevo sul serio, ma non nel modo che credi. Pensi che dopo quanto abbia faticato per sopravvivere, per raggiungere la terra ed essere finalmente al sicuro, abbia voglia di buttare tutto in questo modo, per paura, codardia?».
«Pensi che abbia permesso a quell’idiota di Ulquiorra di uccidermi per poi vederti morta?», replicò Grimmjow con stizza. «Non fare cazzate senza avvertirmi, chiaro?».
Neliel trattenne un sorriso. Si sedette davanti a lui, che ora evitava i suoi occhi guardando di lato, come un bambino che ha combinato un grosso guaio, e gli prese il viso fra le mani, con delicatezza, temendo che potesse scostarla bruscamente. Grimmjow non lo fece, e invece si voltò verso di lei, puntando gli occhi nei suoi, un velo di preoccupazione oltre le iridi azzurre.
«Fidati di me», sussurrò lei. «Non tenterò mai di salvarti, sacrificandomi o altro, sono diventata troppo egoista. Non mi basta che tu… stia bene, voglio esserci anch’io con te».
Grimmjow socchiuse gli occhi, ma la rabbia sembrava svanita. «L’ultima volta non mi pare tu ci abbia pensato».
«Neppure tu», ribatté Neliel.
«Non ho mai detto di pensarla come te. Ma mi sembra che le mie azioni abbiano già dimostrato come reagirei io in una situazione di pericolo. Forse in modo più stupido, ma meno egoistico».
«Abbiamo così poco tempo», mormorò Neliel. Erano così vicini da sentire l’uno il respiro dell’altro sul viso. «Rischiamo di morire ogni giorno. E’ così sbagliato desiderare di non dover più temere di perdere tutto da un momento all’altro?».
Grimmjow osservò la ragazza, il profilo morbido delle sue labbra, il taglio dolce degli occhi. «Non esiterei a rifare quello che ho fatto, sappilo. E il tuo commento non mi piace affatto, perché so che non è detto a caso. Tu hai in mente qualcosa», la accusò.
Neliel scosse la testa. «E’ l’unico modo. Adesso non posso dirti ogni cosa, ma tu devi fidarti di me».
«Non se ne parla», dichiarò lui con un ringhio. «Non voglio metterti in pericolo. E ho come la sensazione che la tua brillante idea lo sia».
«Ma lo faremo insieme».
«No. No… non mi importa», si intestardì. Neliel sentì contrarsi la sua mascella fra le dita e Grimmjow scosse la testa, senza guardarla.
«Grimmjow…»
Lui digrignò i denti, le spalle irrigidite dal nervosismo. Le sue mani si contrassero, con uno spasmo.
«Fidati…».
Si guardarono per qualche lungo istante. Nonostante lo sguardo implorante, e dannatamente sincero, di lei, Grimmjow non ne voleva sapere. Sapeva quanto era forte e determinata: sapeva cosa sarebbe stata in grado di combinare, se solo le avesse lasciato carta bianca. Era del tutto irrilevante il fatto che anche lui avrebbe partecipato alla misteriosa impresa, non si curava di se stesso; era sempre la solita storia, in cui lei finiva sempre per incastrarsi, la solita situazione rischiosa in cui si trovavano intrappolati e dove ognuno di loro provava a sopraffare l’altro, nel tentativo di proteggerlo. 
Infine Grimmjow rilassò le dita e strinse le labbra. Era visibilmente contrariato ma Neliel capì che, almeno in parte, aveva acconsentito alla sua richiesta di fiducia.
Improvvisamente, sentì il cuore palpitare quando si rese conto di essersi arrischiata ad avvicinarsi a lui più di quanto avesse mai fatto di sua iniziativa. Appoggiata al suo ampio petto, teneva ancora le mani mollemente posate sul suo volto: sentì una vampata di calore arderle le guance.
La ignorò. Era stanca di queste reazioni da scolaretta. Ormai il loro… legame aveva valicato la semplice relazione fra compagni, o meglio di due combattenti che per cause di forza maggiore si trovano casualmente a far parte della stessa fazione e ciò non doveva essere motivo di imbarazzo.
Subito l’ansia svanì e il cuore si calmò.
Grimmjow la guardava incuriosito, come se i pensieri di Neliel fossero scritti nei suoi occhi e lui si divertisse a leggerli uno per uno semplicemente fissandola. Lei alzò il mento e le sue intenzioni improvvisamente chiare forse trapelarono davvero dal suo sguardo, perché lui le restituì un’occhiata altrettanto seria, priva di sarcasmo o rabbia per la prima volta da molto tempo. Neliel sentì la sua mano calda scivolarle lungo il fianco e raggiungere la schiena, dove premette piano le dita sulla sua pelle per attirarla un po’ di più verso di sé. Lei affondò le mani nel suo volto, con delicatezza, colmando lentamente lo spazio fra loro.
Una nuvola passeggera oscurò il fioco globo lunare.
 
 Le porte del Seireitei si spalancarono, dischiudendo la visuale della Corte delle Anime Pure. Questa zona della Soul Society era completamente diversa dal Rukongai: strette vie circondate da alte mura, che frammentavano le Divisioni degli Shinigami fra loro, palazzi ampi e piccole torri bianchi. E, in lontananza, un’imponente costruzione circondata da torri e vegetazione rigogliosa, stagliata contro la sagoma dell’orizzonte azzurro. Una vista appropriata all’immagine degli Shinigami, almeno secondo il punto di vista degli Arrancar.
Neliel e Grimmjow seguirono i loro compagni, sfuggendo alle occhiate che lanciavano al loro indirizzo i manipoli di Shinigami che vagavano di pattuglia, per altre commissioni professionali o meno. Sguardi perlopiù incuriositi per il loro aspetto così diverso da quello degli Dei della Morte e l’abbigliamento, composto da tutt’altro che kimono nero ma perfino sguardi di apprezzamento verso quella ragazza sconosciuta, distolti frettolosamente a causa delle occhiate in cagnesco del ragazzo al suo fianco.
Dopo quasi un quarto d’ora di cammino fra le vie del Seireitei, giunsero alla base della Prima Divisione, dove furono accolti con molta riluttanza dal luogotenente Chōjirō Sasakibe. Si presentò con aria severa e squadrò i due Arrancar con occhio critico.
«Loro chi sarebbero, Hitsugaya- san?», domandò in tono composto e cortese, rivolgendosi alla persona del gruppo con il grado più alto.
«Alleati», rispose brevemente l’interessato. «Vorrebbero incontrare il Comandante Generale, hanno alcune informazioni sul ryoka Sousuke Aizen e i suoi complici Gin Ichimaru e Kaname Tosen».
Sasakibe rimase un istante in silenzio. «Non è così semplice», avvertì. «Non sappiamo chi sono. Non sono Shinigami e, nonostante assomiglino agli umani, non credo lo siano».
Neliel mantenne un’espressione ferma. Grimmjow sembrava più disinvolto che mai, quasi aspettasse con ansia di essere scoperto per poter mettere le cose in chiaro.
«Non sono pericolosi, lo confermo personalmente. La mia parola varrà qualcosa, in quanto Capitano», dichiarò Hitsugaya, accigliandosi ma mantenendo il dovuto rispetto.
Il luogotenente parve soppesare l’affermazione. Alle spalle di Neliel, l’irriverente Matsumoto sbuffò. Infine annuì e disse di aspettare un attimo, varcando la soglia che portava alla stanza principale per avvertire il suo Capitano. Dopo qualche minuto, fece loro segno di entrare.
Il folto gruppo valicò l’entrata, accedendo ad una lunga stanza rivestita di pannelli in legno: all’estremità era seduto un vecchio, in una postura estremamente fiera e dignitosa, nonostante l’età piuttosto avanzata e la semplice posizione, accomodato per terra su un cuscino. Squadrava Grimmjow e Neliel, le mani grinzose posate su un nodoso bastone, un haori bianco posato sulle spalle: a dispetto della sua apparenza, dalla manica del kimono nero si intravedeva un avambraccio robusto e muscoloso quasi quanto quello di Grimmjow. Fu lui ad attirare maggiormente l’attenzione e a suscitare la curiosità di Neliel, più di tutti i paesaggi e le persone scorte fino a quel momento nella Soul Society. Ogni cosa in lui sembrava trapelare di vigore e dagli occhi scuri infossati sotto le folte sopracciglia traspariva una notevole forza d’animo, che faceva passare totalmente in secondo piano le rughe e l’aspetto antico. Lunghe cicatrici frastagliate gli screziavano la fronte e il cranio - come venature sul tronco di un albero - segno di tutte le battaglie cui aveva partecipato prima di sedere in quel luogo. Sembrava così saggio e forte da incutere soggezione, e Neliel si domandò quanto sciocco e presuntuoso fosse Aizen per credere di essergli tanto superiore da non doverlo temere. L’autorità del Comandante Generale era completamente diversa dalla sua: era priva di orpelli superflui, di falsità celata oltre un velo di incrollabile credibilità, di crudeltà e distacco nei confronti dei sottoposti.
Neliel improvvisamente si domandò cosa sarebbe accaduto se il suo spirito umano non fosse divenuto un Hollow, ma fosse giunto nella Soul Society: forse sarebbe diventata uno Shinigami, sarebbe stata un subordinato di Yamamoto, invece che di Aizen. Forse avrebbe fatto carriera, sarebbe diventata un luogotenente o un capitano e avrebbe combattuto gli Arrancar da Shinigami, non da traditrice. Non l’avrebbe mai saputo. Per l’ennesima volta di chiese che tipo di persona fosse stata in vita, quando era ancora umana e quali azioni avesse compiuto per covare tanta rabbia e rancore da divenire un Hollow.
Immersa fra i suoi pensieri, percepì su di sé lo sguardo burbero ma controllato del Comandante Generale. Attendeva che si presentassero.
Hitsugaya capì di dover fare da portavoce, in quanto Capitano e fece un passo avanti. «Comandante Generale…», cominciò a dire, in tono distaccato. «Questi…»
«Toshiro», lo interruppe Yamamoto. La sua voce era profonda, leggermente rauca ma dal timbro tenace e inflessibile, appropriata alla sua figura di Shinigami più potente della Soul Society. «Perché hai condotto da me questi due Arrancar?»
Un silenzio attonito percorse la sala.
Sasakibe, all’udire della parola “Arrancar” era scattato in avanti, la mano stretta sull’elsa della katana. «Arrancar?», ripeté, agitato. «Hitsugaya- san ma cosa…?», per un attimo parve senza parole. Ma poi si riebbe ed esclamò: «Dobbiamo catturarli!»
Neliel e Grimmjow si videro circondati in un attimo. Nessuno degli Shinigami che li accompagnava osò difenderli, o forse semplicemente non vedeva il motivo per farlo. Solo Orihime trattenne il respiro, preoccupata e Ichigo si fece avanti, nonostante gli sguardi di Rukia che gli intimavano silenziosamente di stare al suo posto, esclamando: «Yamamoto- san, li fermi! Non sono qui per combattere, non attaccheranno nessuno. Che senso avrebbe gettarsi fra le braccia del nemico?», lanciò un’occhiata eloquente al drappello di Shinigami, in evidente soprannumero, che tuttavia non dava segno di voler abbassare le armi, puntante prontamente alla gola degli Espada. Grimmjow digrignò i denti e allungò la mano dietro di sé, pronto ad afferrare la spada appesa alla propria schiena; Neliel non reagì.
Uno Shinigami estrasse la spada e con un ringhio si preparò ad affondare la lama nel fianco della ragazza.
Il Comandante Generale improvvisamente sbatté la punta del bastone al suolo, con un fragore assordante e tuonò: «Fermatevi».
Quella semplice parola echeggiò nella stanza, congelando ogni Shinigami accorso per catturare gli Arrancar, che non osò disobbedire. La sua autorità era indiscussa.
«Ma come l’ha…?», si lasciò sfuggire Grimmjow in un sibilo ben udibile. Yamamoto alzò un sopracciglio e dichiarò: «Per quanto trattenuta, la vostra reiatsu è ben percepibile da chi ha sensi affinati dall’esperienza. Al contrario di te, marmocchio, non sono nato ieri».
Grimmjow arricciò il naso in una smorfia di disprezzo. Con un gesto improvviso, si strappò la sciarpa che portava al collo per nascondere la propria maschera da Hollow, tanto violentemente che le sue dita affondarono nella stoffa come artigli, lacerandola in lunghi strappi ed esibì con arroganza la mascella in osso posta sulla sua guancia destra. Neliel esitò, ma alla fine lo imitò, sollevando dal proprio capo il cappello scuro, per mostrare la maschera a forma di teschio.
Yamamoto si alzò con invidiabile agilità. «Datemi un buon motivo perché non dovrei farvi uccidere dai miei subordinati, qui e adesso».
Grimmjow fece per aprire bocca, infastidito, ma Neliel lo precedette. «Abbiamo abbandonato l’Hueco Mundo, i nostri compagni e Aizen. Non siamo più suoi sottoposti e vogliamo allearci con voi, perché sappiamo di potervi essere d’aiuto. Conosciamo molte cose che voi ignorate», affermò brevemente.
Yamamoto parve molto riluttante. «Traditori, eh?», borbottò ad un tratto. Neliel si irrigidì, ma annuì. Il Comandante non parve vederla di buon occhio. «Ammetto che molto probabilmente siate a conoscenza di molte informazioni di cui noi siamo all’oscuro. Ma non vedo perché dovrei fidarmi della vostra parola. Chi siete?», domandò senza mezzi termini, con voce tonante. La lunga barba bianca ondeggiò, illuminata dai caldi raggi del sole che filtravano dalle finestre. «Per quale motivo siete qui, alla mercé di coloro che sono sempre stati i vostri nemici? Rispondete sinceramente e forse prenderò in considerazione la vostra proposta di diventare alleati della Soul Society», concluse. Rilassò le mani, prima contratte sul bastone e attese, la fronte corrugata tanto che le rughe e le cicatrici parevano solchi.
Per qualche istante calò il silenzio più assoluto, carico di tensione e aspettativa.  
Poi Grimmjow distese le labbra in un ghigno. «Quinta Espada, Grimmjow Jeagerjacques», dichiarò, accennando con aria di scherno un breve inchino. Gli Shinigami attorno a loro si irrigidirono e indietreggiarono prudentemente di un passo.
«Cuarta Espada, Neliel Tu Oderschvank», esclamò a sua volta Neliel, in tono meno minaccioso.
Yamamoto la squadrò attentamente, un barlume sorpreso negli occhi. Cuarta e Quinta Espada. Tutti i presenti impallidirono, eccetto Ichigo e Orihime, ormai a conoscenza della loro forza e abituati alla loro presenza. Poi Grimmjow e Neliel si rilassarono, sciolsero i muscoli contratti dallo sforzo e distesero il viso, lasciando finalmente libera la loro reiatsu, senza più costringerla in catene, imprigionata nei recessi del loro spirito.
L’atmosfera parve distorcersi. L’aria pulsò come un essere vivente e una cappa soffocante calò sulla sala, schiacciando le guardie che li circondavano. Gli Shinigami crollarono a terra senza neppure un gemito, gli occhi vitrei, sbarrati che fissavano il vuoto, come se stessero assistendo a delle scene atroci, le mani premute sul petto, le dita affondate nelle gole, nel tentativo di strappare via quella sensazione di soffocamento. Gli Espada avanzarono simultaneamente verso il centro della stanza, perfettamente in sincrono, come se le loro menti fossero collegate. Alle loro spalle, perfino il Capitano Hitsugaya sudava freddo.
Solo il Comandante Generale rimase impassibile.
«Noi», sogghignò Grimmjow, beffardo. Il viso distorto dal ghigno era una maschera di folle contentezza. «Vogliamo dichiarare guerra ad Aizen, Sotaicho- san». 

Note:
Beeeh… poche cose da dire.  Vi prego di sorvolare i soprannomi idioti, tipo Mr. Freeze (quello di Batman ahaha). Maaa maaa... qui c'è ancora qualcuno che segue questa storia? No perché non commenta più nessuno O.o Comunque si avvicina la conclusione della storia, ci saranno altri tre, massimo quattro capitoli.
Ce la faranno i nostri eroi a farsi accettare dal vecchio Yamamoto?
Vinceranno il signore del male, alias Aizen?
Scopritelo nella prossima puntata!
Arigatou gozaimasu!  


 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: Benkei