Timeline: è
ambientata dopo la 2x18, ma siccome l’ho scritta prima di vederla e fantasticando
ai tempi solo sui promo, Klaus ha lasciato il corpo di Alaric alla fine della
festa – e non vi è stato alcuno scontro tra Klaus e Bonnie.
Praticamente avevo stravolto tutto, ma la fantasia serve a questo no?
Challenge:
─ Prompt Alaric/Elena - "La parola Bella è nata insieme
a lei." (Bella - Notre Dame De Paris)
Note: questa
shot l’ho scritta prima che il TVG iniziasse, non mi convinceva per
niente (e non mi convince tutt’ora) solo che alcune trolle
*coff* Anna e Joy *coff* del tvg
mi hanno consigliato – costretta xD – a pubblicare perciò
ecco qui!
Disclaimer: I personaggi di “The vampire diaries” non mi
appartengono (ma se lo fossero sarei taaaanto felice, sì :D).
La parola Bella è nata
insieme a lei
Il profilo di Elena era illuminato dalla fioca luce della Luna, che
filtrava dietro le tende della camera. La luce dell’abat-jour era accesa,
come capitava sempre più spesso. In qualsiasi stanza si addormentasse c’era
sempre una piccola luce accesa – la paura di un altro attacco da
chissà quale vampiro equivaleva perfettamente alla paura del buio.
Alaric Saltzman, appoggiato allo stipite della porta, la osservava
dormire; si agitava, nel sonno, preda di un incubo. Lui non si mosse, si
limitò a fissare Stefan superarlo velocemente e sistemarsi al fianco
della ragazza. Le accarezzò morbidamente i capelli e le sussurrò
qualcosa all’orecchio, per calmarla. Un forte bruciore alla bocca dello
stomaco lo costrinse a deglutire il vuoto e ad usare un tono di voce strozzato,
apatico.
«Un altro incubo?»
«Sogna ancora la morte di Isobel e ciò che è
successo l’altra sera.» rispose Stefan, una ruga di preoccupazione
si dipinse sulla sua fronte, «Devo chiederti un favore.»
«Dimmi pure.» Alaric vide il vampiro adagiare la testa di
Elena sul cuscino, cercando di cullarla.
«Io devo vedermi con Damon… abbiamo delle faccende da
sbrigare con Bonnie.» iniziò a spiegare, volgendo lo sguardo dal
volto agitato di Elena a quello confuso di Alaric, «So che per te
è un problema stare qui… dopo quello che è successo con
Jenna, ma devo chiederti di rimanere con Elena.»
Alaric scosse la testa, «Se Jenna tornasse…»
iniziò con una nota preoccupata nel tono di voce.
«Per favore.» lo bloccò Stefan, gli occhi puntati
in quelli dell’uomo, «Non posso lasciarla da sola. Non è
prudente.»
«Non è prudente neanche lasciarla da sola con uno che
è stato posseduto da Klaus in persona.» fece notare
l’insegnante, sempre più sconcertato che Stefan avesse davvero
intenzione di mollare la sua ragazza con lui. Alla luce degli ultimi
avvenimenti era un atto incosciente.
«Mi fido di te.» disse solo Stefan. Tentennò, ma lo
sguardo del vampiro era così deciso che si ritrovò ad annuire, «Jeremy
dovrebbe rientrare tra poco e Jenna non dovrebbe essere a casa prima di
mezzanotte.» lo informò, essendo a conoscenza di ogni spostamento
dei membri della famiglia Gilbert.
«E John?»
Stefan spostò nuovamente lo sguardo da Elena ad Alaric, con un sorriso
divertito in volto, «Damon ti direbbe che sei autorizzato a tirargli un
altro pugno. Personalmente penso che tu non debba dargli corda.»
«Non ti assicuro niente.» sorrise Alaric.
I due si salutarono e l’uomo afferrò la sedia della
scrivania, posizionandola accanto al letto della ragazza; Elena strinse il
lenzuolo in un pugno, stringendo gli occhi, «Isobel…»
sussurrò, con voce debole e stanca. Alaric si morse un labbro e chiuse
gli occhi, passandosi una mano dietro la nuca: vederla in quello stato non era
un bello spettacolo, considerato tutto ciò che era successo in quegli
ultimi giorni. Ancora non riusciva a credere alle spiegazioni di Stefan, quando
Klaus aveva abbandonato finalmente il suo corpo. Gli aveva raccontato tutto
quello che era successo: dalla morte di Isobel a come aveva tentato di uccidere
Elena. Lo sguardo pieno di terrore che Elena gli aveva rivolto non appena Klaus
l’aveva liberato gli scavava ancora in profondità. Era caduto
stremato a terra, non sopportando quegli occhi pieni di paura verso di lui. Non
riusciva tuttavia a spiegarsi ciò che era successo subito dopo. I passi
di Elena erano risuonati stanchi e lenti sul pavimento dell’aula, era
chiaro che stesse scappando da lui; si era dovuto ricredere, quando la ragazza
si era inginocchiata accanto a lui e gli aveva accarezzato i capelli.
«Tranquillo,
sei di nuovo qui. Lui se n’è andato.»
L’aveva abbracciato, superando ogni paura e mormorando quelle
parole con decisione, per calmarlo.
«Non volevo
farti del male…»
«Lo so.»
«Alaric!»
Sobbalzò, tornando drasticamente alla realtà: Elena si
agitava più di prima, mormorando parole come “torna in te” e “non
sei Klaus, ti prego”. Le stesse che gli aveva rivolto quella sera che
Klaus ancora faceva parte del suo spirito. La mosse per una spalla, tentando di
svegliarla, «Elena! Elena, svegliati!»
La ragazza sobbalzò e scattò a sedere, guardando davanti
a lei come se ci fosse il vuoto; il respiro irregolare e gli occhi sgranati
fecero preoccupare non poco Alaric.
«Stavi facendo un incubo…» sussurrò.
Elena si voltò verso di lui, «Stefan dov’è?»
ansimò.
«Doveva vedersi con Damon e Bonnie. Ci sono io.»
Lo fissò a lungo, muovendo la testa in un cenno di assenso e
muta comprensione. Cercando di regolare il respiro e i battiti accelerati
– dovuti all’incubo – del suo cuore, si portò le mani
tra i capelli castani. Alaric la osservò riprendere fiato e calmarsi,
con un nodo all’altezza dello stomaco. Aveva la gola secca ed ogni parola
veniva macerata nei sensi di colpa: voleva chiederle scusa, ma lo aveva
già fatto troppe volte in quei giorni. Voleva confidarsi e farle capire
che tutto ciò di cui aveva bisogno ora era che lei stesse bene. Che non
temeva l’arrivo di Jenna, perché Elena era importante. Forse
più di chiunque altro.
Si maledisse per quei pensieri e tentò di scacciarli,
chiedendosi perché ogni cosa e ogni persona girasse intorno ad Elena;
era il centro di uno strano meccanismo, volto ad attirare tutti a lei. Contro di lei. Persino lui era rimasto
vittima di quell’incantesimo e non riusciva a perdonarselo.
«Tieni, bevi.» le porse un bicchiere d’acqua fresca
che Stefan aveva posato sul comodino prima di andarsene, «Stefan pensava
che non fosse prudente lasciarti da sola, Jeremy comunque dovrebbe essere qui a
momenti.» spiegò mentre Elena prendeva il bicchiere – le
loro dita si sfiorarono con una certa gioia mista a comprensione e
rassegnazione di Alaric – e ne beveva un lungo sorso.
Era successo tutto troppo naturalmente, per i suoi gusti. Ancora non
riusciva a spiegarsi quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, quel
bruciore nel vederla sempre più coinvolta in pericoli di ogni tipo. Quella
voglia disarmante di proteggerla.
«Si preoccupano sempre, di tutto ciò che mi riguarda.»
mormorò Elena, appoggiando il bicchiere sul comodino e stringendo poi le
ginocchia al petto, «A volte penso che dovrei essere l’unica a
pagare le conseguenze del mio destino.»
Rassegnata, fu l’unica parola che ad Alaric venne in mente. Elena era
combattiva, fiera… non avrebbe permesso a nessuno di fare del male alle
persone a cui teneva, non dopo averne perse così tante e rischiato di
perderne altrettante. Ma un velo di rassegnazione era piombato su di lei, come
un macigno pesante da portare da sola. Sapeva che tutto ciò che era
successo a Mystic Falls era dovuto completamente alla sua esistenza, alla sua nascita.
«Andrà tutto bene, troveremo una soluzione.» Elena
sorrise debolmente alle parole incoraggianti di Alaric. Si rese conto che
suonavano troppo pesanti e prive di ogni sorta di speranza.
«Per un momento ci ho quasi creduto.» sospirò
pesantemente e ripiombò tra le lenzuola, soffocando la frustrazione nel
cuscino.
«Forse non dovresti dormire così presto dopo un
incubo…» mormorò dopo qualche secondo passato in silenzio.
Elena si voltò verso di lui, confusa: sentiva la stanchezza sulle
palpebre e l’affermazione di Alaric la confondeva, «Ho sentito che
mi nominavi… per questo ti ho svegliata. Stavi ricordando l’altra
sera.»
Elena rimase un attimo in silenzio, soppesando le parole da usare, per
poi rimettersi seduta. Gli sorrise, «Non ce l’ho con te, se
è questo che pensi. So che non volevi farmi del male, lo so io e lo
sanno anche gli altri.» si strinse nelle spalle, «Non sentirti in
colpa… era Klaus che parlava e agiva, non te.»
«Avrei potuto farti del male.» la guardò arrabbiato
con se stesso.
«Ma siamo entrambi qui e stiamo bene, se non sbaglio.» lo
contraddisse prontamente, «Forse non sono l’unica ad avere gli
incubi, vero?» domandò, notando solo in quel momento i segni scuri
sotto gli occhi del suo insegnante. Alaric non rispose, per evitare ai pensieri
di poco prima di far breccia di nuovo nella sua testa.
In quel momento la porta di sotto sbattè e i due tesero le
orecchie, allarmati.
«Elena, sono a casa!»
Sospirarono di sollievo nel riconoscere la voce di Jeremy e i passi
familiari del ragazzo risuonare lungo le scale. Si affacciò sulla porta
e fece un cenno ad Alaric, «Come stai?» domandò alla
sorella.
«Meglio.»
«Ho preso delle pizze, preferisci mangiare in cucina o in
camera?»
«No, ora… ora scendo.» lo tranquillizzò
Elena, apprezzando la gentilezza del fratello. Scesero tutti di sotto e mentre
Jeremy si avviava in cucina, Elena accompagnò alla porta Alaric, «Sicuro
di non voler rimanere?»
«Non voglio che Jenna mi veda.» rispose Alaric.
“Non voglio
mentirle di nuovo, davanti a te.”
«Grazie, comunque.» sorrise Elena. Si alzò in punta
di piedi e lo abbracciò velocemente. Lo sentii ricambiare impacciato
l’abbraccio, «Cerca di dormire… e non sentirti in colpa, ok?»
«Ci proverò.» mormorò Alaric, lasciandola
andare.
Uscì di casa e quando Elena chiuse la porta si lasciò
andare ad un lungo sospiro liberatorio.
Non poteva mentire a Jenna di nuovo, davanti a lei. Anche
perché non avrebbe più mentito su Isobel, ma sui propri
sentimenti. Mentire davanti ad Elena su ciò che provava nei confronti di
sua zia non poteva sopportarlo; sentiva di amare
Jenna, ma non poteva spiegarle che quel sentimento si stava assopendo per
via delle liti e delle bugie. Con Elena non era costretto a mentire, lei
conosceva quei segreti che a Jenna erano vietati; i sensi di colpa che quella
notte avrebbero popolato i suoi incubi non sarebbero stati legati a ciò
che aveva fatto, piuttosto a ciò che stava iniziando a provare.
Quando si svegliò, nel cuore della notte, si maledì
mentalmente.
L’incubo corrispondeva alla realtà.
“Lei
Che passa come la bellezza più profana
Lei porta il peso di un'atroce croce umana.”