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Autore: Psychedelic    10/09/2011    0 recensioni
"Sentivo le sensazioni sotto pelle, come se le stessi vivendo, come se non fosse un ricordo quello che stavo vivendo, ma la realtà. Eppure sapevo che non poteva essere così, quella non era più la mia vita da ben otto anni e sicuramente non poteva tornare tutto come prima in un batter d’occhio. Quella era la mia vecchia vita e vecchia doveva rimanere.
Con le cuffie nelle orecchie e la musica che ad alto volume non mi permetteva di sentire null’altro fuorchè le note di quella canzone, chiusi gli occhi e mi abbandonai ai ricordi più lontani. Ricordi che per anni avevo cercato di rimuovere dalla testa e che ora tiravo fuori di mia spontanea volontà.
Ma niente era più limpido di quella sera, di quelle sensazioni che provavo, quelle che mi fecero capire che la mia vita stava nuovamente avendo una svolta. Positiva o negativa non sapevo, sapevo che sarebbe stato particolarmente difficoltoso ritrovarsi faccia a faccia con i propri ricordi."
Spero vivamente che vi piaccia!
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ la prima storia che scrivo su questi cinque ragazzi che tutti noi conosciamo come Avenged Sevenfold, ma non è la prima storia che scrivo in generale. Avevo un altro account qualche tempo fa, ma l’ho eliminato quando mi sono resa conto che ciò che scrivevo era pietoso. Questa storia è scritta con attenzione, spero che vi piaccia!
Sappiate che ho scritto questa storia non è scritta per mancare di rispetto e/o offendere nessuno dei ragazzi che io personalmente adoro, e inoltre ho deciso di inventare tutti i personaggi che ruotano intorno agli Avenged. Quindi anche le ragazze celebri, i fratelli/sorelle, gli amici arrivano tutti dalla mia fantasia.
Ah, un ultima cosa, i ragazzi della band non sono di mia proprietà e non li conosco, quindi i loro caratteri sono invenzione della mia mente alquanto bacata.
 
Ora parliamo dei personaggi, che non compariranno tutti allo stesso momento, ma che pian piano potrete conoscere. Generalmente possiamo dire che le protagoniste sono tre e i loro nomi sono: Audrey, Nicole e Brigitta.
Come potete ben notare due di esse sono di origine americana, e l’ultima è di origini italiane. Per avere un esempio dei loro volti, almeno nella mia mente, ho impersonificato: Audrey in Evan Rachel Wood, Nicole in Ashley Greene e Brigitta ( Proprio perché è italiana! ) in Michela Quattrociocche.
 
Spero di ricevere dei pareri già da questo primo capitolo, che poi sarebbe il prologo. Buona lettura.
 

Psychedelic


Back In The Memories - Prologue

Mi diressi in ufficio con la solita nonchalance che mi accompagnava tutte le mattina, odiavo correre in macchina tra il traffico italiano e quindi, mi svegliavo sempre prima e come tutte le mattine arrivavo a lavoro in anticipo.
-Dovrei smetterla di partire dieci minuti in anticipo, ora che sono tutti in vacanza in città non c’è più nessuno- pensai a voce alta, mentre schiacciavo il tasto che avrebbe richiamato l’ascensore al mio piano.
Arrivò poco dopo ed entrai tenendo ben saldamente la cartellina con tutti i miei fogli tra le mani, alzai lo sguardo da terra appena sentì le porte chiudersi dietro di me. Odiavo stare a ristretto contatto con persone che non conoscevo e con cui non dovevo stabilire un rapporto e anche se lavoraro in quel palazzo da quasi cinque anni, l’immensità di quel posto mi portava a scorgere sempre facce nuove e vedere improvvisamente alcune facce abituali scomparire da un momento all’altro. Come per esempio la settimana prima quando una mattina come le altre, appena entrai in sede notai con riluttanza che la receptionist, nonché mia amica, era drasticamente cambiata. Nei giorni seguenti avevo sperato che fu solo un cambiamento temporaneo, magari Dorothea stava male, ma dopo una settimana la situazione non era ancora ritornata quella di prima e così capii che forse Doro non sarebbe più tornata.
Persa nei miei pensieri, stavo svogliatamente fissando la mia figura allo specchio. Non c’era niente di sorprendente in me quella mattina, magari i capelli leggermente più arruffati del solito, ma per il resto era tutto normale. I capelli neri, leggermente mossi per la poca voglia che avevo stamane di renderli lisci come il solito, gli occhi verdi e le labbra leggermente carnose era ciò che più risaltava all’occhio. Per il resto avevo la pelle chiara e leggermente rosata in alcuni punti, sembrava avessi costantamente il phard sugli zigomi. Sorrisi al notare quel piccolo particolare che mia madre aveva sempre ripudiato:  l’anellino al naso, color nero metallica, luccicava sotto il neon dell’ascensore con fierezza. Non l’avevo mai tolto da quando avevo sedici anni e mettendo in conto che adesso ne avevo ben venticinque, si può dire che sia un tempo abbastanza lungo.
 
Sentì il solito e tipico suono dell’ascensore, ciò significava che finalmente ero arrivata in redazione e così iniziava un'altra faticosa giornata di lavoro. Entrai con tranquillità al piano, con la mia cartellina e il mio caffè nel bicchiere, il mio buon umore oggi era abbastanza evidente e quindi, oggi sarebbe stata sicuramente una bella giornata. Guardai la scritta Re-Volver sul muro, sorridendo appena; lavoravo come adetta alla sezione delle news musicali da ben cinque anni e per quanto a volte potesse essere faticoso, era un lavoro che amavo con tutto il cuore. Certamente non era il lavoro per cui avevo accuratamente studiato fino a tre anni fa, ma sicuramente mi andava bene anche così.
Venni improvvisamente urtata da qualcuno e ritornando tra i vivi notai con disappunto che era il mio collega Marco, scossi appena la testa e mi guardai intorno. L’agitazione sembrava sovrana e immediatamente capì che qualcosa non andava, la gente che correva di qua e di là, il caposezione che parlava al telefono camminando su e giù abbastanza nervoso, Emily che scriveva indaffarata al suo computer senza nemmeno essere seduta. Qualcosa era successo sta notte, qualcosa capace di mettere sotto sopra tutti gli adetti della sezione musica del mensile Re-volver, a quanto pare.
Purtroppo però, per come conosco le cose in questo posto, ciò non significava nulla di buono. Per un strano gioco del destino le notizie a far scalpore non erano mai le più belle… e anche quella volta sarebbe stato così.
La mia attenzione venne improvvisamente attirata dallo schermo del computer di Emily che si era allontanata per parlare con Marco, che era per l’esatezza appena tornato da un ufficio adiacente, ma poco m’importava. La frase scritta in color rosso e a grandezza moderata sul monitor del computer di Emilly erano troppo sconvolgenti per poter pensare ad altro.
“Tragedia ad Hungton Beach”
Infondo, erano due semplici parole che potevano significare qualsiasi cosa, eppure il groppo in gola cresceva sempre più doloroso e la mia presa sulla tazza di caffè vacillò per qualche secondo. Ora avevo seriamente paura di cosa potesse essere successo in quella notte ad Hungton Beach, perché me lo sentivo sotto pelle, qualsiasi cosa era successa mi avrebbe devastato.
Vidi Emily tornare alla sua postazione e sedersi sulla sedia nera, approfittai del momento per avvicinarmi a lei, per quanto una parte di me gridava di non chiedere spiegazioni, l’altra parte ne voleva fin troppe per colmare quella straziante curiosità che da quando sono piccola mi contraddistingue.
-Emily, cosa succede? Come mai tutto quest’agitazione in sala?- chiedo avvicinandomi a lei e appoggiandomi con entrambe le mani allo schienale della sua sedia guardandola scrivere velocemente.
-E’ morto il batterista degli Avenged Sevenfold, sta notte.- dice freddamente, mentre continua a scrivere trafelata mentre la mia presa sul caffè vacilla di nuovo, ma più violentemente, così da farlo finire a terra. Lei, come nessun altro qui dentro, non conosceva la mia situazione e quindi capivo perfettamente la tranquillità e la  poca importanza con cui aveva rivelato la notizia. Emily era una ragazza professionale e seria sul campo lavorativo, la vidi voltarsi e guardarmi allibita. Peccato che non era la sola, la maggior parte del personale del reparto aveva bloccato tutto ciò che stava facendo per guardare me, che anche con un solo bicchiere di caffè avevo già scompigliato troppi programmi.
Vedo Emily chinarsi insieme a me per raccogliere il bicchiere, ma prima di alzarsi mi guarda negli occhi e mi sussura di essere indifferente e professionale, per quanto potessi essere una loro fan. Non aspettandosi una mia risposta si rialzò con il bicchiere vuoto in mano e lasciando la sua postazione andò a prendere della carta per riparare al mio disastro. Ripensai alle sue parole e scossi la testa in disaccordo con le sue parole, non era quello il motivo per il quale ero rimasta sconvolta, non era quello il motivo per il quale avevo sentito le forze abbandonarmi. Ma come poteva sapere? Come potevano, tutti loro, sapere?
In silenzio tombale mi diressi alla mia scrivania, mentre cercavo di dare poco conto a tutte le occhiate confuse che mi sentivo addosso, il flusso di pensieri che mi faceva rimbombare le pareti della calotta cranica non mi permetta neanche di alzare lo sguardo verso i miei colleghi. Perché dovrei fare conto dei loro sguardi?
Con calma estenuante mi sedetti alla scrivania e incapace di dire altro o fare qualsiasi altra cosa, rimasi immobile a fissare un altro monitor di quella sala, il mio. Improvvisamente la mia curiosità prese il pieno possesso di me e frettolosamente accesi il computer. Io dovevo sapere cos’era successo, dovevo sapere il motivo per il quale era morto, ma non trovai nessuna informazione che desse pane alla mia curiosità. Il nervoso stava prendendo il pieno possesso di me, mi chinai sul tavolino e mi portai la testa tra le mani, stringendo appena i capelli tra le mani. Cosa speravo? Che dopo neanche ventiquattro ore ci fossero già informazioni sulla morte di un personaggio pubblico? Molto probabilmente era già tanto se lo sapevano loro.
Sentì il mio telefono spingere contro il fianco e per alleviare il dolore, lo tirai fuori dalla tasca con un gesto frettoloso e poco curato, lo posai sul tavolino affianco al computer irrequieta. Nella mia testa balenò l’idea di fare una telefonata, facendola avrei saputo tutto ciò che si poteva sapere, anche perché nessuno conosceva la mia attuale situazione. Almeno, non là.
Con calma atroce e decisamente titubante prendo il telofono tra le mani, ma torno immediatamente a guardare il mio computer indecisa sul da farsi. Sospirai, ma anche i polmoni tremavano. Volevo chiamare uno di loro e chiedergli più spiegazioni possibili sull’accaduto, ma tornare così. Tutti i ricordi che in otto anni avevo seppelito sotto metri e metri di macerie ora sembravano scalpitare per uscire e io ero impotente dinnanzi alla loro sovraumana forza, ciò non andava bene.
Abbassai lo sguardo, quel telefono mi stava richiamando facendo bruciare la pelle del palmo. Lo sbloccai e andai nella rubrica, passandomi una mano sul viso selezionai la lettera “M” e in pochi secondi i miei occhi si bloccarono a fissare quelle quattro lettere con attenzione, sperando che da un momento all’altro incominciassero a parlare per dare pace ai miei smisurati dubbi. A quanto pare, però, quella non era la mia giornata fortunata visto che nessun dubbio venne risolto e dopo aver bloccato nuovamente il telefono, decisi che era meglio concentrarsi il più possibile sul suo lavoro.
 
Sentivo le sensazioni sotto pelle, come se le stessi vivendo, come se non fosse un ricordo quello che stavo vivendo, ma la realtà. Eppure sapevo che non poteva essere così, quella non era più la mia vita da ben otto anni e sicuramente non poteva tornare tutto come prima in un batter d’occhio. Quella era la mia vecchia vita e vecchia doveva rimanere.
Con le cuffie nelle orecchie e la musica che ad alto volume non mi permetteva di sentire null’altro fuorchè le note di quella canzone, chiusi gli occhi e mi abbandonai ai ricordi più lontani. Ricordi che per anni avevo cercato di rimuovere dalla testa e che ora tiravo fuori di mia spontanea volontà.
Ma niente era più limpido di quella sera, di quelle sensazioni che provavo, quelle che mi fecero capire che la mia vita stava nuovamente avendo una svolta. Positiva o negativa non sapevo, sapevo che sarebbe stato particolarmente difficoltoso ritrovarsi faccia a faccia con i propri ricordi.

  
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