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Autore: Deilantha    11/09/2011    7 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 3

 





L’imbarazzo che mi colse fu innaturale: non sapevo cosa dire sentendo quegli occhi su di me e vedendo la preoccupazione sul volto di Stè, poi vidi Emile passare davanti a noi con quella donna, senza degnarci di uno sguardo e tornai in me. 

Brutto arrogante, poteva almeno fare un cenno di saluto!  

Mi ero proprio arrabbiata: avevo trascorso gli ultimi tre giorni sempre col suo volto nei miei pensieri, salutarmi era il minimo che potesse fare! E il fatto che probabilmente non mi aveva notato la sera prima al Dada e di certo non poteva sapere che l’avevo sognato, erano particolari insignificanti, rispetto al malumore che mi stava causando da troppo tempo ormai!

La mia dignità offesa però dovette cedere momentaneamente il passo ad una realtà più immediata, perché Simona era andata dall’ortopedico e Stè era una maschera di preoccupazione:  

«Pasi, mi vuoi dire cosa è successo?»

Il fatto che mi chiamasse per nome era indice della sua serietà: Stè era innamorato di Simona da tempo immemore, ma non aveva mai trovato il coraggio di confessarglielo. Lei era più grande di tre anni, sempre così seria e compita e incuteva un certo timore: di sicuro Testa di Paglia temeva di risultare un bimbo sciocco e inetto davanti agli occhi di mia sorella. Se molte cose della vita, Stè le prendeva con leggerezza e filosofia, quando si parlava di Simona era totalmente insicuro e tragico! Aveva avuto le sue storie e credo che alcune delle sue ex ragazze le avesse amate in qualche modo, ma nessuna era riuscita mai a distoglierlo da mia sorella.

Cosa ci trovasse in lei era un mistero per me! Eravamo quasi due estranee, io non capivo lei e lei non capiva me e nessuna delle due sembrava intenzionata a cambiare le cose: era così fredda e distaccata, sempre pronta a parlare di doveri e mai di piaceri…non ricordo una sola volta in cui fossimo uscite insieme a divertirci! Come poteva Stè, il giullare del nostro gruppo, essere travolto così tanto da una persona che era il suo esatto contrario?

In quel momento però il suddetto giullare aveva tutt’altro aspetto e se non mi fossi decisa a parlare, sarebbe imploso per l’ansia e me lo sarei portato sulla coscienza per tutta la vita.

«Stai tranquillo Testa di Paglia, non è niente di grave» o almeno lo speravo: eravamo in attesa che Simona uscisse col verdetto dell’ortopedico, «Simo sta bene, è solo terrorizzata al pensiero di dirlo ai nostri genitori!»

A quel punto mi scappò una risatina, che Stè non gradì affatto: che brutto effetto gli faceva mia sorella, era irriconoscibile!

«E dai Stè! Non fare quella faccia! Cosa vuoi che sia una piccola caduta dalle scale, che non ha nemmeno provocato lei, davanti alla sua perfezione? Mamma e papà non le diranno nulla, anzi la coccoleranno e le cadranno ai piedi servendo e riverendo la loro figlia prediletta!»

Stavo iniziando a parlare in modo maligno e acido, in quel pronto soccorso si erano concentrate troppe persone irritanti e se non mi zittivo subito, avrei potuto dire qualche cattiveria di troppo.

«Scusa Stè... lo so che sei preoccupato per Simona ed io sono una perfetta imbecille, ma è che ho dormito male e poi non ho fatto colazione e sono venuta qui di corsa e c’era anche quello lì…»

«Quello lì chi?» disse Stè con l’aria più sorpresa del mondo; evidentemente preso dalla preoccupazione, non aveva notato la presenza di Emile nemmeno quando gli era passato accanto.

 «Uff, quello lì, Emile, il cantante! Quello di ieri e dell’altro ieri e.. di oggi! È diventato un incubo, lo ritrovo ovunque io vada!»  anche nei sogni,  aggiunsi mentalmente.

 «Ah sì? E che ci faceva qui?»

«E cosa vuoi che ne sappia!?» Risposi stizzita: non c’era nulla da fare, quel tipo tirava fuori il peggio di me! 

«Ti ha detto qualcosa? Ti ha riconosciuto?»

«Credo di no, l’ho visto da lontano e poi è passato dietro di te quando sei arrivato, senza degnarci di uno sguardo!»

Parlandone, tornò a riassalirmi la rabbia per quel comportamento che dal mio punto di vista del momento, era decisamente poco educato.

«E beh, cosa volevi che ti dicesse? Sicuramente era preoccupato per qualcuno se si trovava qui e non credo che si ricordi di te. Anche se quando avete discusso hai dato il meglio delle tue capacità… Io mi ricorderei certamente di quella tua testolina calda!» Così dicendo mi appoggiò una mano sulla testa ed io sconsolata l’abbracciai.

Ho sempre adorato gli abbracci, generano calore e creano un’intima comunicazione tra due persone; credo che riescano a trasmettere affetto e conforto molto più di tante parole e considerato che la mia famiglia era un tantinello rigida e fredda, ogni volta che potevo abbracciare Stè o qualcun altro dei miei amici, ne coglievo l’occasione al volo. Loro erano la mia vera famiglia, il mio porto sicuro, le persone care che avevo scelto io e non una stupida linea di sangue, che finora mi aveva portato solo rogne e incomprensioni!

Mentre ero lì a bearmi del caldo abbraccio di Stè, sentii  un rumore dietro di me e un attimo dopo Testa di Paglia era accanto ad Emile che cercava di sorreggere la signora accanto a lui, che aveva avuto un mancamento:

«Facciamola sedere qui.», disse Stè, facendo accomodare la signora sulle sedie che erano accanto a noi.

«Ti ringrazio.» fu la lapidaria e formale risposta di Emile che le si accomodò accanto: «Ti sei affaticata troppo vero? Riposa un po’ qui.»

Parlava a quella donna con una voce dolcissima, non smetteva di proteggerla con il suo abbraccio e di accarezzarle il viso; com’era diverso dal ragazzo spocchioso e velenoso che avevo visto due giorni fa, diverso anche dal cantante che mi aveva causato quegli stupidi sogni... ma quante personalità aveva questo tipo?! Quella però, era una domanda che non aveva la benché minima importanza, ero troppo intenta ad osservare quella scena che mi lasciò dentro una sensazione troppo complessa per poterla sviscerare in quel momento.

«Posso dare una mano? Vado a prendere del tè freddo o un po’ d’acqua?» disse Stè, sempre pronto ad aiutare il prossimo.

«Non preoccuparti, grazie, ci andrò io appena si sentirà meglio» fu la risposta di Emile, di nuovo sintetico, cortese e freddo come il polo Nord!

«Tranquillo, non è un disturbo, dimmi solo cosa prendere: è meglio l’acqua o le serve un po’ di zucchero?» Emile alzò lo sguardo su Stè come se stesse valutando la serietà delle sue parole e mi accorsi per la prima volta che aveva degli occhi chiarissimi, di un grigio quasi evanescente.

«Del tè è meglio, grazie.» disse con un lieve sorriso di cortesia.

 «V...vado io Stè, tu resta qui in caso esca Simona, non sei ancora riuscito a vederla ed io ho bisogno di fare due passi.»

Così dicendo andai via di corsa in cerca di un distributore automatico o di un bar che avesse il tè più zuccheroso del mondo e che fosse lontano abbastanza da farmi mettere ordine nei miei pensieri. Ero in subbuglio, ero rimasta ferma come un’ebete ad osservare tutta la scena e questo non era da me! Normalmente ci sarebbero stati dei tafferugli tra le due Teste di Fuoco su chi dovesse prestare aiuto per primo, invece stavolta, ero stata totalmente inutile e inattiva.

Cosa diavolo mi stava accadendo?!

Perché in presenza di Emile, non riuscivo più ad articolare parola?

Eppure due giorni prima gliene avevo dette di cose!

E non ero di certo una che si teneva i propri pensieri per sé!

Arrivai al distributore automatico, presi il tè e feci un bel respiro profondo come mi aveva insegnato Sofia e ripresi la padronanza di me (o almeno ci speravo), decisa a non comportarmi più come una perfetta imbecille. Quando li raggiunsi, i due ragazzi stavano parlando e la signora si era svegliata: porsi il tè ad Emile, che mi ringraziò con la solita gentilezza formale e fredda e delicatamente lo fece bere alla sua compagna. Guardando i loro visi così vicini, mi accorsi che si somigliavano moltissimo: la signora aveva i capelli castani, lievemente mossi e  lasciati lunghi sulle spalle, ma i lineamenti del viso erano la fotocopia di quelli di Emile, gli occhi in particolare erano gli stessi, anche se quella donna non aveva luce in essi e non lessi alcuna emozione su quel viso.  

In quel momento arrivò Simona su una sedia a rotelle con la caviglia ingessata:  Stè corse da lei, sostituendosi immediatamente all’infermiere che spingeva la sedia. Rendendomi conto che in quel momento Testa di Paglia poteva offrire a mia sorella un conforto migliore del mio, restai dov’ero e facendomi forza per non perdere l’attimo, mi rivolsi ad Emile:

«Va meglio?»

Ero in piedi, appoggiata al muro e alla mia destra erano seduti la fonte di tutti i miei ultimi disagi e quella che doveva essere sua madre.

«Sì grazie, basta un po’ di zucchero per farla star meglio»

Incoraggiata da quella risposta così “logorroica”, osai porre un’altra domanda:

«Capita spesso?»

«Ogni volta che sta troppo tempo fuori di casa.» Emile abbassò lo sguardo su quel volto così simile al suo, tornando a dargli una dolcissima carezza; sua madre doveva essere davvero molto malata.

«Non c’è una cura? Conosco tante persone che sono riuscite a guarire con la chemio, nonostante la sofferenza che pro…»

«Mia madre non ha il tumore, in quel caso forse ci sarebbe stata una speranza! Ma per la sua depressione non c’è cura che tenga!» Il suo tono si fece d’improvviso amaro e rabbioso e capii di aver toccato un tasto dolente che era meglio evitare.

Depressione! Come avevo fatto a non accorgermene?!

Nella comunità dove lavorava Fede c’erano alcuni residenti che ne erano affetti e conoscevo i sintomi, eppure non li avevo riconosciuti guardando lo stato in cui versava la signora… Pensandoci bene, non avevo mai visto qualche vittima della depressione in quelle condizioni!

«Sc- scusami, non dovevo impicciarmi così...»

«Non fa nulla, anzi, vi ringrazio per essere stati così gentili. Ora dobbiamo andare, ringrazia il tuo amico da parte mia.» aiutò sua madre ad alzarsi e si allontanò dandomi le spalle, mentre Stè e Simona arrivavano accanto a me.

 

*****

 

Mia sorella se l’era cavata con poco: uno stiramento del tendine, ovvero ingessatura per un paio di settimane alla caviglia e poi riabilitazione senza alcun bisogno di operare. Dubitavo che avrebbe scatenato un’ira funesta nei miei genitori anche se si fosse davvero rotta un osso quindi, non mi preoccupai minimamente della loro reazione… anche perché al momento la mia mente era troppo occupata a liberare la matassa di emozioni che si accalcavano caotiche in me.  Quella mattina mi ero svegliata con istinti omicidi verso Emile, in tumulto tra la rabbia di due giorni prima e l’adorazione (tutta da confermare!) per la sua esibizione della sera precedente e dopo quella mattina in ospedale, ci si metteva anche una sensazione dolorosa di commozione e tristezza che non mi lasciava più! Se fossi andata avanti di questo passo, sarei finita al manicomio! Quante emozioni può gestire contemporaneamente un essere umano?! Personalmente, ne stavo provando già troppe!

 

*****

 

Come previsto, i miei genitori non furono particolarmente duri con Simona: erano palesemente contrariati per l’inconveniente, ma la preoccupazione ebbe la meglio su quell’irritante imprevisto che avrebbe rimandato di due settimane i programmi di studio di mia sorella.

Un pomeriggio ero diretta in camera mia prima di andare in comunità, quando passando davanti la camera di Simona, la sentii piangere: non riuscivo a credere alle mie orecchie! Appoggiai la testa alla porta della stanza  per sentire meglio e dovetti confermare ciò che avevo udito: la donna di ghiaccio piangeva! Restai stupita dalla rivelazione che mia sorella fosse più umana di quanto pensassi e in uno slancio improvviso di affetto entrai in camera sua.

«Posso entrare Simo?»

Era seduta davanti alla sua scrivania, ma mi dava le spalle e scorsi un movimento repentino delle mani dal viso verso una tasca, di sicuro stava celando un fazzoletto:

«Ormai sei entrata, che cosa vuoi? E non chiamarmi Simo, lo sai che mi dà fastidio quando accorci il mio nome!»

Il mio momento di affetto fraterno stava per fare un bel retro front, quando mi dissi di provare ancora a capire il motivo di quel comportamento. Ero troppo curiosa di sapere cosa fosse successo per rendere Simona in quello stato, poteva mai essere dovuto tutto al fatto che avrebbe rallentato i suoi studi di due settimane?! Non osavo pensarlo, al suo posto avrei fatto i salti di gioia per quel motivo!

«C’è qualcosa che ti turba? Ho avuto l’impressione che fossi triste…»

«Non ho niente! Sto bene.»

Ad un tratto mi resi conto che quell’atteggiamento mi ricordava quello di Emile all’ospedale, prima che acconsentisse a farsi aiutare (nel frattempo evitai come la peste di soffermarmi sul  pensiero del rossino in quel frangente): probabilmente mia sorella stava valutando quanto fossi sincera, ed iniziai a percepirla sotto una luce nuova.

«Simo, cioè no, Simona, se c’è qualcosa che ti turba... insomma... dopotutto siamo sorelle.»

«E te lo ricordi solo ora che puoi bearti della mia sconfitta vero! Sei venuta qui col pretesto di fare la buona sorellina per vedere con i tuoi occhi la mia disperazione e gioirne! Che soddisfazione dev’essere per te vedermi criticata da mamma e papà, per una volta non sei tu l’oggetto dei loro dispiaceri!»

Ero esterefatta! Quali dispiaceri aveva visto? E di quale sconfitta stava parlando?

«Dispiaceri?! Quello lo chiami dispiacere?! Ma se a mala pena ti hanno detto qualcosa! Non ho visto nemmeno l’ombra di un’arrabbiatura sui loro volti, erano semplicemente infastiditi, quello non era un dispiacere!»  Ed io lo sapevo benissimo, visto che tante volte mi avevano riempito la testa con la frase:  “Quanti dispiaceri ci causerai ancora?!”

«Oh Pasifae smettila! Tu non capirai mai come mi sento, è inutile parlare con te!»A questo punto il retro front era lì che scalpitava per farsi sentire e cedetti all’istinto:

«Scusami tanto se per una volta ho pensato di essere una sorella per te! Io potrò non capirti, ma nemmeno tu hai mai fatto un minimo sforzo per capire me! Non preoccuparti, non ti disturberò più, ora andrò a gongolarmi in giro perché mia sorella starà per due settimane a casa con una caviglia ingessata e ne sarò felice, perché sono una sorella menefreghista e maligna!»

Chiusi con rabbia la porta di camera sua e andai da Federico furiosa.

 

*****

 

Era giunto il giorno in cui il gruppo di Emile si sarebbe esibito al  Soapbox, un locale a qualche chilometro di distanza e da tempo io e Stè avevamo progettato di andarci. Testa di Paglia come ogni pomeriggio dall’incidente, venne a trovare me passando sempre, guarda caso, negli orari in cui poteva trovare Simona libera dai suoi studi casalinghi: l’ingessatura aveva rallentato le ricerche per la tesi, ma la scrittura e la revisione, nonché i libri di testo per il test d’ingresso alla Scuola di Specializzazione erano lì a portata di mano!

Stè aveva appena finito la sua “casuale” conversazione quotidiana con mia sorella e venne in camera mia per organizzare l’uscita per quella sera:

«Testarossa, che ne pensi se chiamiamo anche gli altri?»

«E tu pensi che vengano? A sentire Emile? Ti rendi conto che l’ultima volta in cui siamo stati tutti insieme, rossino compreso, non si sono sentiti proprio a loro agio?!»

«E vabbè, ma quello ormai è passato, non siete riusciti a parlare in modo civile l’altro giorno? E poi non andiamo lì per parlare con lui, ma per stare insieme e ascoltarlo mentre canta, non avrà modo di interagire col nostro gruppo! E poi… stavo pensando di chiedere anche a Simona di venire con noi…»

«ASSOLUTAMENTE NO!»

Ecco  il motivo di quella trovata! Sapeva benissimo che era improbabile che qualcuno dei nostri amici uscisse con noi durante la settimana, era solo un pretesto per depistarmi e non farmi focalizzare sul vero motivo: portare Simona!

«Io con quella non ci esco! Non ho mai avuto una sorella e ora più che mai non la ritengo tale e non voglio rovinarmi la serata con la compagnia sgradevole di un’estranea!»

Dal giorno della nostra discussione, io e Simona non ci eravamo più rivolte nemmeno una parola, tra noi si era stipulato un patto silenzioso: io non interpellavo lei e lei non interpellava me, ci ignoravamo cordialmente durante tutto l’arco della giornata.

«Pasi sei troppo dura con lei, è la prima volta che si trova in una situazione simi...»

«Proprio per questo ero andata a darle sostegno! Perché io la conosco fin troppo bene la situazione in cui è lei, anzi, conosco situazioni ben peggiori! E il risultato della mia attenzione è stato di sentirmi dare della meschina e di voler gongolare della sua sconfitta!»

«Tu non la capisci Pasi...» ancora questa storia?

«Oh beh, tu si invece, vero?! Tu che sei così simile a lei, vi comprendete a menadito ormai, siete pappa e ciccia! Esci con lei visto che siete diventati così amici!»

Mi stavo spingendo troppo oltre, stavo per toccare il suo punto debole, ma non riuscivo a fermarmi e temevo ora di aver combinato un casino!

«Non è caduta dalle scale.»

«Cosa?»

Restai interdetta dalla sua risposta, mi aspettavo un’esplosione d’ira di quelle terrificanti (mai arrivare a far arrabbiare le persone allegre e gioviali, si scatena l’Apocalisse!) e invece Stè si limitò a tirare un sospiro prima di darmi quella risposta a bruciapelo.

«Di che stai parlando? Cosa? Chi? Che significa?»

«Simona non è caduta dalle scale, si è fatta male cadendo dalla moto.»

Di tutte le cause improbabili che potevano esserci, questa era una di quelle che meno mi aspettavo. La moto! E quando mai Simona aveva guidato una moto? Quando mai aveva manifestato interesse per una moto! I miei genitori le disprezzavano perché per loro erano solo fonte di guai e ovviamente, anche lei si era allineata al pensiero di casa ed ora venivo a scoprire che non ne era poi così convinta…

«Ma come è potuto accadere?! Lei odia le moto.»

«In verità no, non le odia. Non le preferisce e credo che non ne userà mai una a prescindere da quello che le è accaduto, ma quel giorno aveva voglia di farsi un giro, voleva staccare per un momento dalla monotonia delle sue giornate e non le era sembrato un peccato così grave, così è andata a farsi un giro con  un suo collega di facoltà…»

In quel momento mi tornarono in mente le parole di Simona “gli altri se ne sono andati”.

«…ma hanno avuto un piccolo incidente e sono caduti entrambi, il suo collega non si è fatto nulla di grave, invece lei ne ha pagato le conseguenze…»

E il vigliacco del suo esimio collega, ha ben pensato di filarsela dal pronto soccorso prima di incappare nelle ire dei miei!

«…ed ora non riesce a darsi pace, perché si sente una stupida, per una volta che si è lasciata andare ha finito anche col rimetterci. Pasi tua sorella ha vissuto sempre all’ombra dei vostri genitori, cercando di compiacerli in ogni campo della sua vita, per non vedere mai sul loro volto l’espressione di disappunto che mostrano a te. Lei t’invidia, perché tu sei forte, perché li contrasti e vivi a modo tuo senza sentire il peso della loro considerazione su di te.»

«Ma questo non è vero Stè! E tu lo sai quante volte sono corsa a sfogarmi da te!»

«Io sì, ma tua sorella no. Lei ha sempre visto che li affrontavi a viso aperto e non ti curavi di loro e segretamente avrebbe voluto avere la tua stessa capacità di controbattere alla loro volontà, ma ha sempre avuto paura di farlo.»

Ora sì che vedevo Simona sotto un’altra luce!

Non era affatto la donna di ghiaccio che sembrava, anzi, era piena di paure che nascondeva vergognandosi come una ladra. Quindi probabilmente, anche lei aveva voglia di viversi qualche piacere, qualche benedetta futilità per alleggerirsi le giornate piene di doveri e sacrifici, sacrifici e doveri!

«Ok, chiediglielo pure, io provo a vedere se gli altri fanno il miracolo!» iniziavo a vedere Simona sotto un altro aspetto, ma la rabbia non mi era ancora passata abbastanza da parlarle direttamente.

 

 

*****

Come volevasi dimostrare, il gruppo non si riunì al completo, ciononostante andammo al Sandbox in quattro: Simona aveva acconsentito alla proposta di Stè e anche Fede aveva detto di sì. Riuniti in quell’improbabile quartetto, andammo incontro ad una serata che si prospettava interessante.

















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NDA
Stavolta il capitolo è un pò più lungo: ho unito quelli che originariamente erano 3° e 4° perchè a distanza di tempo mi sono resa conto che erano terribilmente corti e spezzavano il discorso (dovevo essere in stato allucinogeno quando ho fatto la divisione! xD ).
Spero che anche questo terzo capitolo vi sia piaciuto, intanto continuo a ringraziarvi tesore mie perché mi seguite e m'incoraggiate ad andare avanti: è una gioia scrivere, ma è una felicità ancora più grande sapere che ciò che creo piace a chi la legge.
Grazie alla mia beta-tomodachi Iloveworld, alla mia Cicci, e alle mie sisters speciali: Apina, Vale, Ana-chan e Saretta; grazie di cuore ^ ^
   
 
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