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Autore: _eco    11/09/2011    9 recensioni
{Elena/Stefan}
« Tu c’eri? », balbettò la ragazza, prendendo posto accanto a Stefan.
Gli occhi verde-castano del vampiro si riempirono di frammenti nitidi, contrariamente ai ricordi appena accennati di Elena.
« Io ci vivevo », rispose infine, lo sguardo vitreo ancora puntato sul foglio di carta sottile, nonostante sembrasse che non stesse davvero guardando qualcosa.
« Sulle “Torri Gemelle”? », trillò lei, non riuscendo a frenare quell’acuto di sorpresa.
Stefan annuì sommessamente, pinzando fra pollice e indice il bordo della pagina di giornale, con l’intenzione di voltarla.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Elena/Stefan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Per non dimenticare
Personaggi: Stefan Salvatore, Elena Gilbert.
Ambientazione:
1 Settembre 2011
Genere: Malinconico, Triste, Sentimentale.
Note: Oneshot.
Altro: Non è mia intenzione, con questa shot, prendermi gioco di un evento tanto triste quanto catastrofico come la caduta delle Torri Gemelle, ma solo un maldestro tentativo di ricordare quel giorno insieme a voi. Lo so, è molto campata in aria ma, dopo aver visto Remember Me (grazie a Simple), sono riuscita a sfornare soltanto questo.

Per non dimenticare le innumerevoli vittime di questo disastro.


 

Per non dimenticare
 

Se questa storia cominciasse con una profumata cioccolata calda, un fuocherello scoppiettante, e una catasta di soffici plaid, l’effetto sarebbe di sicuro migliore.
Ma quel giorno di Settembre faceva ancora troppo caldo per preparare un infuso bollente, o per coprirsi sino al mento con una coperta morbida e tiepida.
Elena gironzolava per casa, i piedi nudi a contatto con il pavimento e i capelli legati in una frettolosa coda di cavallo, nel disperato tentativo di sentire meno caldo.
Stefan, seduto al tavolo della cucina, la testa china sul quotidiano che profumava d’inchiostro appena stampato, spiava di sottecchi l’irrefrenabile muoversi della ragazza.
Per una volta, sulla carta macchiata di inchiostro nero non venivano riportate le informazioni di truci assassinii da parte di misteriose creature selvagge.
La prima pagina era interamente dedicata ad un argomento in particolare.
Uno di quelli ritenuto tanto importante da farne una vera e propria ricorrenza.

11 Settembre 2001- 11 Settembre 2011
 

Il titolo era semplice e piuttosto immediato, scritto in grassetto proprio al centro, appena sotto la solita presentazione: “Quotidiano di Mystic Falls”.
Un’ampia immagine in bianco e nero troneggiava al centro della pagina. Due immense torri sovrastavano un’intera città in pieno movimento. Era mattina. E due semplici aerei erano bastati per gettare all’aria milioni di vite, di sogni, speranze e aspettative per il futuro.
« Cosa leggi? », irruppe Elena, sporgendo la testa oltre la spalla del vampiro e puntando lo sguardo sulla larga pagina.
Il cervello aveva già tentato di impedire alla bocca di formulare quella sciocca domanda, quando gli occhi di Elena incrociarono l’immagine devastante stampata in prima pagina.
Di quel giorno ricordava ben poco. Soltanto piccoli particolari sfumati che, messi insieme, raggiungevano vagamente un ricordo di senso compiuto.
Aveva sette anni compiuti da poco, i capelli legati in due adorabili trecce e una finestrella fra i denti, dal momento che ne erano già caduti due da latte. Il cartone animato che tanto aveva atteso per tutto il pomeriggio si era interrotto bruscamente, cedendo la scena ad un telegiornale dall’aria triste e noiosa. Era tutto grigio, per la piccola Elena. E non c’era da darle torto. Le immagini proiettate sullo schermo non erano altro che fotogrammi nei quali l’unico vero protagonista era il fumo. Grigio.
« Tu c’eri? », balbettò la ragazza, prendendo posto accanto a Stefan.
Gli occhi verde-castano del vampiro si riempirono di frammenti nitidi, contrariamente ai ricordi appena accennati di Elena.
« Io ci vivevo », rispose infine, lo sguardo vitreo ancora puntato sul foglio di carta sottile, nonostante sembrasse che non stesse davvero guardando qualcosa.
« Sulle “Torri Gemelle”? », trillò lei, non riuscendo a frenare quell’acuto di sorpresa.
Stefan annuì sommessamente, pinzando fra pollice e indice il bordo della pagina di giornale, con l’intenzione di voltarla.
« Solo un mese, non di più. Mi ero lasciato trascinare dall’entusiasmo di poter vivere in un vero e proprio grattacielo. E, non appena entrai in quell’appartamento, mi precipitai alla finestra. C’era una vista da far paura. Spettacolare », confessò mantenendo basso il tono della voce.
Le labbra si piegarono nell’abbozzo di un sorriso.
A Stefan era parso possibile poter “grattare il cielo”, ogni qualvolta si affacciava e stendeva le dita, sicuro di poter sfiorare una nuvola apparentemente poco lontana.
Ma il cielo lo imbrogliava sempre, costringendolo a ritirare il tocco dopo pochi tentativi falliti.
« Ed eri in casa tua quando… », insisté la ragazza, sistemandosi una ciocca bruna dietro l’orecchio.
« Ero in casa, sì. E ho sentito tutto prima che qualcuno potesse accorgersene. Percepivo il rumore degli aerei avvicinarsi ancora prima che tutto cominciasse, sentivo i terroristi complottare a bassa voce, e… », Stefan s’interruppe, le nocche totalmente bianche per la forza esercitata dalle dita, «…gli ultimi respiri della gente che mi stava intorno. Ogni respiro lo sentivo forte e chiaro. Ogni parola sussurrata era come un rimprovero per me, che dopo tutto quello mi sarei svegliato con qualche taglietto che presto si sarebbe rimarginato ».
Elena intrecciò le dita a quelle del ragazzo, massaggiandone il dorso con il pollice.
Lo sguardo di Stefan vagò per la stanza, percorrendo disperatamente le pareti color panna, nella speranza di potersi aggrappare a qualcosa, camuffando la nebbiolina che aveva velato i suoi occhi.
Appeso al muro, accanto alla porta, c’era un quadretto con una buffa cornice colorata di giallo e arancione. Al suo interno, giaceva un foglio di carta lucida leggermente impolverato e raffigurante una bambina dal sorriso smagliante e bucherellato qua e là.
« C’era una bambina nel mio stesso pianerottolo. Una bellissima bambina piena di fantasia e desiderio di conoscere ogni cosa. E quando dico ogni cosa – Stefan accennò un sorriso – intendo ogni.singola.cosa.le.capiti.sotto.al.naso. Una volta volle persino sapere perché avessi un anello così vecchio e brutto intorno al dito – sollevò l’indice, squadrando l’antico cimelio – e allora dovetti inventare una storia di sana pianta. Le dissi che era un prezioso dono di un vecchio zio, e che rinunciarvi mi dispiaceva davvero molto. ».
Elena strozzò una risata.
Il pensiero di una figura minuta che sparava a raffiche domande ad uno Stefan più confuso che altro, non poteva far altro che spingerla a sorridere. Ma poi, come un fulmine a ciel sereno, arrivava l’amara realtà, il dubbio che non appena Stefan aveva pronunciato la parola “bambina”, si era fatto spazio nella mente di Elena.
« E lei? », sussurrò impercettibilmente.
« Fu l’unica persona che riuscii a salvare », ammise il ragazzo, alzando lo sguardo per ancorarlo a quello color cioccolato di lei.
« Oh », fece Elena, senza parole sensate da dire.
Tirò un sospiro di sollievo al pensiero di quella bambina che, grazie a Stefan, era già divenuta una ragazza, presto donna, o madre.
« Dovetti cancellarle la memoria: la notizia di un uomo che porta in salvo una bambina prima ancora che la catastrofe si abbattesse sulle Torri sarebbe stato un rischio troppo alto per me », continuò Stefan, passandosi il dorso della mano libera sul viso.
La ragazza gli scompigliò teneramente i capelli, percorrendo con delicatezza i tratti marcati del suo immutabile viso di cera.
Con un solo gesto sfilò il giornale dalle mani di lui, piegandolo malamente e riponendolo in un angolo del tavolo.
« Le avrai pur cancellato la memoria, ma quella bambina ricorda ancora il suo eroe », assicurò con tono deciso.
« Ne sono certo », concordò lui, poggiandole un bacio sulla fronte.
Elena premette i palmi sul tavolo e si alzò, scivolando in silenzio verso gli stipetti di legno noce, aprendone uno a caso.
« Cioccolata? », propose brandendo una scatoletta di cacao in polvere.
« Ma ci sono quaranta gradi! », protestò Stefan.
A niente valsero le valide contrapposizioni del ragazzo, dal momento che Elena aveva già acceso i fornelli, preparato due belle tazze di latte e cominciato a miscelare il tutto pazientemente.
Stefan lanciò un ultimo sguardo al quotidiano abbandonato sul tavolo.
Anche quell’undici Settembre faceva caldo, e la temperatura si era alzata ancora di più quando le fiamme avevano avvolto tutto.
E i respiri – quei dannati respiri – non facevano che riscaldare l’aria, appesantendola di condanne irremovibili.
Stefan sarebbe guarito. Si sarebbe accasciato a terra, privo di forze. Ma sarebbe guarito. E quando avrebbe ripreso coscienza, intorno a lui non sarebbe rimasto altro che un cumulo di vita ancora da spazzare via.
Un tocco delicato sui capelli lo trascinò con forza alla realtà.
« Cioccolata calda per il mio eroe », annunciò Elena, sfoggiando un amabile sorriso.
La ragazza poggiò le labbra su quelle di Stefan, prima di sedersi accanto a lui e sorseggiare la cioccolata, mentre la fronte s’imperlava di trasparenti goccioline di sudore.
C’era ancora troppo caldo per bere qualcosa del genere.
Ma, se non altro, era quella cioccolata troppo calda, a ricordare a Stefan che era ora di voltare pagina, e nascondere in tasca quella ingiallita e sgualcita che narrava la catastrofe del lontano undici Settembre duemilauno, per darle un’occhiata, ogni tanto, per ricordare che una vita era riuscito a salvarla.
Per non dimenticare coloro che, la vita, l’avevano persa.

  
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