Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Platypillar    11/09/2011    0 recensioni
Non aveva mai amato nessuno e non la poteva sentire.
Non poteva sentire la pugnalata, dolorosa e avvelenata, che si conficcava nello stomaco della ragazza. Non poteva vedere il sangue sporcarle il vestito nuovo, comprato per l'occasione, né le lacrime che persino lei stessa si impediva di versare a causa del mascara, che negli occhi bruciava come l'inferno.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You're in ruins

Do you know what’s worth fighting for,
When it’s not worth dying for?
Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating?
Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide?
Did someone break your heart inside?
You’re in ruins
(Green Day-21 Guns)

 

Non aveva mai amato nessuno e non la poteva sentire.
Non poteva sentire la pugnalata, dolorosa e avvelenata, che si conficcava nello stomaco della ragazza. Non poteva vedere il sangue sporcarle il vestito nuovo, comprato per l'occasione, né le lacrime che persino lei stessa si impediva di versare a causa del mascara, che negli occhi bruciava come l'inferno. Però poteva vederla accasciata a terra, quasi morta dentro, troppo viva fuori.
Poteva, ovviamente, sentire i singhiozzi strozzati, poteva vedere i pugni stretti e le unghie nere conficcate nella carne candida delle mani, sottili e aggraziate.
Da quanto ne sapeva, George amava quelle mani.
Poteva vedere tutto ciò che era effettivo. Tangibile.
George era morto. Un brutto incidente, tanto sangue. Una serata in discoteca finita male, questo avrebbero detto i titoli dei giornali il giorno seguente. Ma finita male era un eufemismo, per Joey, che non si alzava da terra né accennava a smettere di tremare.
Quando le aveva fatto notare che, insieme a George, sarebbe potuta morire anche lei e che quello sarebbe stato davvero un pessimo finale non si era nemmeno sforzata di fulminarla con quei suoi occhi ghiacciati da squalo. Non aveva nemmeno alzato lo sguardo dal pavimento.
Forse non l'aveva neppure sentita. Il fantasma del suo ragazzo le tappava occhi e orecchie con quella dolcezza che riusciva a possedere solo lui.
Mary non aveva mai amato nessuno e non poteva capire quanto dolore stesse provando Joey in quel momento, sebbene cercasse di figurarselo in qualche modo.
Mary aveva lasciato sgorgare liberamente le lacrime, perché George era un buon amico e suonava la chitarra, quando lei cantava. Aveva pianto perché qualcuno, un bastardo, uno spericolato figlio di puttana, le aveva ucciso un pezzo di musica. L'unica cosa che era riuscita a salvarla, in qualche modo. Aveva pianto, Mary, l'insensibile e fredda Mary, perché sapeva che il suo dolore era puro egoismo e non riusciva a tirare fuori da sé qualcosa di meglio.
-Andiamo a casa, Jo.- dolce. Non voleva essere dolce, voleva essere come al solito. Non voleva distruggere Josephine con la dolcezza che resta dopo la morte alle persone care.
Sapeva che non sarebbe riuscita a sopportarlo. Nessuna delle due sarebbe riuscita a sopportarlo.
-Devo aspettare George. È ancora dentro, ma fra poco esce. Cielo, quanto mi sono spaventata, per fortuna che nessuno s'è fatto male! Io aspetto George. Resti anche tu?-
E il cuore di Mary, che non si era mai spezzato, quella volta lo fece.
Si voltò velocemente, fuggendo via da tutta quella insopportabile sofferenza che la stava soffocando come un'orribile malattia.
La gente muore. Questo Mary lo sapeva. La gente muore. È biologico, naturale, non sempre ma comunque dovrebbe essere così.
George era morto, però non era stata per niente una cosa naturale.
George era stato ucciso da un fottutissimo pirata della strada.
George era morto e Joey era impazzita.
Impazzita perché amava George troppo per lasciarlo andare. Lo amava così tanto che era disposta ad inventarselo, pur di tenerlo con sé. Lo amava così tanto che era disposta a credere che si fosse trasferito, che l'avesse mollata, pur di non pensare al suo effettivo decesso.
Se non ti uccide l'amore ti fa diventare pazza, o almeno così diceva Joey, che ci azzeccava anche quando non avrebbe voluto.
Mary piangeva e gridava di rabbia. Rabbia verso quello sconosciuto ubriaco che era fuggito senza lasciare traccia e rabbia verso l'amore che aveva ucciso e fatto ammalare milioni di persone.
-Mary.- un sussurro. Una voce conosciuta. Appoggiò la testa al muro sporco del parcheggio sotterraneo. -Che ci fai qui?-
-Piango la morte di un amico.-
-George non era tuo amico.- stronzo, avrebbe voluto aggiungere.
-Nemmeno tuo, se vogliamo essere precisi.- puntiglioso come sempre. Cam, senza cuore e senz'anima per tutti, senza cervello per lei.
Avrebbe voluto, avrebbe dovuto ringraziarlo, per quella spiacevole distrazione dalla morte che aveva preso con sé il ragazzo della sua migliore, anzi unica, fottuta amica.
-George suonava la chitarra quando cantavo.- disse in un sussurro, senza voltarsi verso quella presenza ingombrante e gelida, che per qualche strano motivo era sempre riuscita a farle perdere il filo del discorso.
-George suonava la chitarra in genere.- precisò. Puntiglioso.
-Non canto senza la sua chitarra da tre anni.-
-Canteresti per me?- una risata fuoriuscì dalle sue labbra pallide, cupa, e si spense un secondo dopo. -Sai suonare la chitarra?- sciocca, sconclusionata Mary, che domande fai, in un giorno come questo? Sciocca.
-Sì.-
-Suonala quando canto.- sciocca, sconclusionata Mary. Che richieste bizzarre, in un giorno di pioggia e di morte come questo.
-Oggi?-
-Ogni giorno.- ogni giorno perché questo e quello che faceva George.
Ogni giorno perché Mary cantava sempre, ma non senza la chitarra di George ad accompagnarla.
Ogni giorno perché George era unico, e il suono di qualsiasi altra chitarra l' avrebbe aiutata a ricordare che era morto e non sarebbe più tornato indietro, nonostante lei lo desiderasse intensamente.
Ogni giorno perché quello era stato il tempo in cui aveva abilmente celato agli altri e soprattutto a sé stessa i sentimenti che provava per quel ragazzo troppo sorridente e troppo felice, con uno strumento musicale in mano.
Il dolore la travolse come un fiume in piena, piegandola in due davanti agli occhi sorpresi di Cam.
Che ne sapeva, lei, che l'amore faceva così male?
Che ne sapeva lei, che l'amore faceva impazzire?
-Mary, stai bene?- il ragazzo le si era avvicinato, inginocchiandosi di fianco a lei.
-Suoneresti per me un ultima volta, George?- parlava con il vuoto. Parlava con Cam, forse, mentre le lacrime sgorgavano, nere di matita e di mascara e le bruciavano gli occhi.
Suona per me George, perché se Joey dice che sei vivo allora forse lo sei davvero.
Suona per me, Cam, ti chiamo George perché vorrei tanto dimenticare ma tu devi evitarlo.
Suona per me un ultima volta, quello che vuoi, non ha importanza: io canterò.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Platypillar