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Autore: Vulpix    12/09/2011    8 recensioni
La ditta Vulpix&BNikki SPaU
(Sister Pronte a Uccidere [con la nostra ff])
È lieta di presentarvi la prima FF di Efp Castle scritta a 4 mani....
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FF NON COMPLETA... e non so se la completeremo mai...
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Vincitrice al 6° Turno dei CSA, 1° posto nella categoria SAD
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Questa ff inizia da Knockout (3x24) quindi SPOILER fin dal primo capitolo! (stiamo assumendo che sia spoiler fino a che l’episodio non viene trasmesso dalla Rai) Per l’esattezza il primo capitolo riprende la scena dell’hangar e da lì si sviluppano i capitoli successivi integrando le scene che si vedono nell’episodio con scene di nostra fantasia e proseguendo lungo una strada immaginaria attraverso una nostra versione dell’inizio della 4 stagione.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler! | Contesto: Terza stagione, Quarta stagione
Capitoli:
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La notte era scesa su New York in un battito di palpebre.
L’hangar, pervaso da un intenso e pungente odore di carburante, era buio ma si potevano distinguere le pareti bianche all’interno e la sagoma dell’elicottero e degli altri velivoli grazie alla grande parete scorrevole, aperta sul piazzale rischiarato da alcuni riflettori.
Roy Montgomery ascoltava il silenzio, l’unico suono era il suo respiro scandito dal ritmo dei battiti del suo cuore.
L'ansia e la tensione che provava aleggiavano nell'aria mentre stringeva la pistola carica in attesa dell'inevitabile.
Aveva paura, ma la decisione era presa ormai: sapeva che quella era la cosa giusta da fare.
Sarebbero arrivati a momenti e finalmente avrebbe potuto liberarsi di quel peso che gli opprimeva il cuore da ormai troppo tempo. La verità era un boccone amaro, ma sapeva che lei avrebbe avuto la forza di mandarlo giù. E la sua famiglia, sua moglie, le sue amate bambine, avrebbero capito. Prima o poi avrebbero capito.
Improvvisamente la linea dei suoi pensieri fu interrotta da un rumore di passi in lontananza.
Sussultò, ma poi la vide entrare nell’hangar: era lei.
“Capitano?” La voce di Kate Beckett lo cercava, amplificata dallo spazio vuoto. Dalla zona d’ombra in cui si trovava la guardò aggirare la coda dell’elicottero e guardarsi intorno alla ricerca del volto amico del suo capo. Le aveva chiesto di incontrarla lì con il pretesto di una possibile nuova pista per il caso che tanto le stava a cuore e che tanto la coinvolgeva: l’omicidio della madre. Tra qualche momento le avrebbe rivelato il segreto che aveva portato con sé a logorargli l’anima per 19 anni.
“Capitano?” lo chiamò di nuovo.
Montgomery fece un passo avanti rivelandosi alla luce del riflettore.
“Sono qui”
Beckett lo vide e cominciò ad avvinarsi con l’espressione distesa di chi non ha niente da temere. Qualche passo e il suo telefono trillò per l’arrivo di un messaggio. Rallentò infilando automaticamente la mano nella tasca e chinando lo sguardo per leggere il testo:

Il terzo poliziotto è Montgomery!

Prima fu il rifiuto, la negazione.... Kate Beckett si rifiutava di comprendere, di accettare l’implicazione logica di quella rivelazione: il suo Capitano, che per anni l’aveva sostenuta e accompagnata, che le aveva insegnato ad essere un detective con la scorza dura, ma anche a lasciare sempre che le proprie azioni fossero guidate dalla compassione umana... lui, Roy Montgomery, l’aveva tradita.
No! Non poteva essere, non poteva concepirlo.
Quando alzò lo sguardo su di lui e vide la pistola che le stava mostrando carica, seppe che era la verità.
E poi fu la paura... Ingoiò la saliva che sentiva amara in bocca e lentamente, d’istinto, come era stata addestrata a fare, portò la mano vicino al fianco dove teneva la sua arma e ne sfiorò il calcio, pronta ad estrarla.
“Metta via quella pistola Roy” la voce le uscì ferma come neanche lei stessa si sarebbe aspettata.
“Kate, non andrò in prigione, la mia famiglia non deve sapere tutto questo!” disse Montgomery abbassando l’arma, ma senza smettere di stringerla nella mano.
Beckett poteva vedere la disperazione nei suoi occhi anche nella penombra. Si avvicinò ancora di un passo:
“Perché?” chiese con forza. Doveva sapere! Voleva la verità, finalmente la verità.
“Ero una matricola all’epoca, Kate... Raglan e McCallister per me erano degli eroi e io credevo in quello che stavamo facendo” rispose il Capitano avanzando di qualche metro verso di lei.
“Dovevamo solo rapire Pulgatti quella notte, Bob Armen non doveva nemmeno essere lì”.
Ancora un passo. “Armen cercò di togliermi la pistola e fu in quel momento che sentii lo sparo. Capii che era stata la mia pistola a sparare solo quando vidi Armen andare giù” continuò avvicinandosi ancora a lei.
“Poi McCallister mi tirò dentro al furgone. Ricordo che mi disse ‘E’ tutto a posto, ragazzo, non è colpa tua. Succede tutti i giorni in questa città’. McCallister e Raglan cercarono di seppellire la cosa, ma non io. Misi tutto nel lavoro, Kate. Diventai il miglior poliziotto che potevo essere. E poi quando sei arrivata al dodicesimo distretto ho sentito che era la mano di Dio”.
Montgomery sorrise allargando le braccia al ricordo dell’emozione che aveva provato la prima volta che aveva visto Beckett.
“Capii che Lui mi stava dando un’altra possibilità e pensai ’se solo potessi proteggerti come avrei dovuto proteggere lei’...”.
Beckett guardò dritto negli occhi il suo Capitano ora fermo a due metri da lei. Un groviglio di emozioni le stringeva la gola, ma doveva fargli quella domanda:
“Ha ucciso lei mia madre?” chiese con uno sguardo di fuoco.
“No! Quello è stato anni dopo, ma è morta a causa di quello che abbiamo fatto quella sera.” rispose Montgomery sentendosi ancora una volta stringere il cuore dal senso di colpa.
“E allora chi l’ha uccisa?”
“Non so come, ma in qualche modo lui ha scoperto quello che abbiamo fatto. Avrebbe potuto denunciarci, invece chiese un riscatto. Ha preso quel denaro per diventare quello che è, e... Dio mi perdoni, ma questo è il mio peggior peccato”.
“Mi dica il nome... me lo deve, Roy!” lo incalzò Beckett avvicinandosi di qualche passo per fronteggiarlo.
“No, Kate. Ti conosco, se ti dico quel nome tu vai dritta da lui... e allora sarebbe molto meglio se ti sparassi qui adesso”.
“E’ per questo che mi ha fatto venire qui, non è vero? Per uccidermi?” gli chiese lei con un’impronta di amarezza nella voce. L’aveva tradita, sì l’aveva tradita e adesso l’avrebbe uccisa ed era così profondamente delusa che non riusciva nemmeno ad avere paura.
“No, ti ho portata qui per tender loro una trappola”.
Beckett lo fissò incredula. Sentiva di stare perdendo il controllo delle proprie emozioni, tutto questo era semplicemente troppo: il racconto degli eventi che avevano portato alla morte di sua madre, il tradimento da parte dell’uomo che considerava come un secondo padre. Cosa diavolo aveva in mente Montgomery? La stava usando come esca per attirare Lockwood, ma come non pensare che il suo intento fosse anche quello di farla cadere nella stessa rete? Poteva ancora fidarsi di lui? All’improvviso, come mai le era accaduto prima, si sentì sola.
“Mi ha usata come esca?” chiese e la sua voce si incrinò.
Montgomery annuì lanciando uno sguardo oltre l’entrata dell’hangar : “E ora stanno arrivando”.
Beckett guardò nella stessa direzione e vide una macchina a non più di cento metri avvicinarsi lentamente e fermarsi in fondo al piazzale con i fari spenti.
“Voglio che tu te ne vada” continuò Montgomery con ansia crescente “Stanno venendo per ucciderti e non lo permetterò. Metterò fine a tutto questo.”
Beckett sentì il cuore precipitarle in fondo allo stomaco. Le stava offrendo una via di uscita, dunque c’era ancora del buono in lui. Ma Roy aveva intenzione di affrontare da solo quegli assassini? Lei non glielo avrebbe permesso.
“Signore... non me ne andrò”. Beckett aveva parlato con appena un filo di voce, ma lui riconobbe comunque nel suo tono la determinazione che la contraddistingueva. In ogni caso non c’era altro tempo da perdere, rischiava di metterla in pericolo:
“Sì, te ne andrai!” Montgomery volse rapidamente lo sguardo verso l’interno dell’hangar e chiamò sapendo che avrebbe avuto risposta: “Castle! Portala via da qui!”.
Rick Castle fece qualche passo avanti mostrandosi alla luce. Era nell’hangar da qualche minuto ed era rimasto in silenzio nell’ombra ad ascoltare, come Montgomery gli aveva chiesto di fare.
“Capitano, io...” disse esitante.
Beckett si girò a guardarlo aggiungendo lo stupore all’insieme indistinto delle emozioni che le dipingevano il volto.
Tu, qui? In un attimo le passarono nella mente i flash del loro ultimo incontro, il giorno precedente, quando si era presentato alla sua porta per convincerla che no, non avrebbe vinto questa guerra e che avrebbe fatto meglio a ritirarsi. Ma ora era lì e improvvisamente le fu chiaro quanto disperatamente lui stesse cercando di proteggerla.
“Non discuta! La porti via, adesso! L’ho chiamata per questo!” la voce di Montgomery si inasprì mentre con lo sguardo controllava di nuovo la posizione dell’auto. Sapeva che Lockwood e i suoi tenevano d’occhio l’hangar e che entro pochi istanti si sarebbero avvicinati.
“Kate...” Castle la chiamò dolcemente mettendole una mano sulla spalla, ma lei lo allontanò con un gesto. Kate Beckett non aveva alcuna intenzione di lasciarsi portare fuori da lì.
“Capitano, per favore.” lo incalzò avvicinandosi a lui per guardarlo con uno sguardo supplicante “Mi ascolti. Non deve farlo per forza.”
Castle le sfiorò di nuovo la spalla:
“Kate...”
“No, per favore! No,” disse Beckett ribellandosi di nuovo a quel tocco “Signore... la perdono. Io la perdono.” disse a Montgomery scandendo ogni sillaba con una scintilla di fuoco negli occhi.
Montgomery chiuse per un attimo gli occhi. Per quanto avesse desiderato quel perdono non c’era tempo per esitare ancora:
“E' il mio posto, Kate. E' qui che devo restare.” le disse dolcemente.
Kate sentì il cuore caderle in un pozzo senza fondo “No...”, la voce le tremava.
Montgomery lanciò un’altra occhiata all’auto: si stava avvicinando.
“Castle...”
“No, no, signore, per favore. Mi ascolti. Non deve farlo per forza.”
Castle si girò sentendo il motore dell’auto, erano così vicini...
Montgomery esplose: ”Castle, portala via, SUBITO!”
Castle scattò come guidato da un’istinto primordiale. Cinse Beckett con le braccia e la sollevò di peso. Doveva portarla via da lì, doveva portarla al sicuro, in fretta.
“No! Dio, Castle, lasciami andare! Per favore! No!”. Castle corse verso la porta laterale dell’hangar e la attraversò portando via quel piccolo corpo, leggero come quello di una bambina, ma che dentro celava la forza di una pantera nera. Quella forza era piegata in quel momento. Beckett gridava e scalciava, ma se solo avesse potuto non si sarebbe liberata mettendolo a terra con una sola mossa?
“Ti prego. Ti prego.”
L’angoscia aveva spento la sua forza e ora era compito di Castle proteggerla.




SPaU commento…

Eccoci qua… questo è il nostro angolo!
Volevamo solo ringraziare voi che avete letto il primo capitolo e ancora state leggendo questo angolo..
Grazie a tutti quelli che ci faranno sapere cosa ne pensano di questa pazzia…
Un Grazie particolare va alle nostre β e γ Rachel&Monica e un megagigante thanks alla nostra Grafica di fiducia che ci legge in anteprima e ha realizzato le icon della FF :** FedeRica!!!!
E che dire… speriamo di vedervi nei prossimi capitoli e nelle recensioni.
Sperando di uscirne ancora intere :P
A lunedì con il secondo capitolo di Solo grazie a te !!
Vulpix & BNikki
   
 
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