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Autore: screaming_underneath    12/09/2011    6 recensioni
[3a classificata al contest indetto da (SummerRain) "Second Chance"]
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Il nervosismo e la tensione vibrano tra i corpi dei lupi, si propagano da individuo ad individuo; fremono, uggiolando sommessamente, i muscoli tesi. La caccia è un gioco di momenti, esatti e sbagliati. Ci vuole tempismo e lungimiranza per poter mettere qualcosa sotto i denti: quello è il momento sbagliato per muoversi, e quello giusto per rimanere in ascolto, cercando di capire i movimenti del singolo e del collettivo. È il momento di adocchiare i soggetti giusti, di trovare il punto debole dell'avversario, proprio come nei giochi di rito che si svolgono sotto la Grande Quercia, alla tana. Ogni movimento fatto, ogni mossa imparata dai lupi fin dal primo mese di vita, tutto è in funzione di quel momento, il momento perfetto, quello dove un cervo smetterà di essere cervo e il lupo invece ritroverà se stesso, sotto la luce pallida della luna.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Secondo dì


"La notte è il secondo dì:
la luna è il suo sole,
il blu è il suo cielo azzurro,
il canto del lupo la sua voce."



 

Il fresco della sera li risveglia.

Escono silenziosi, uno a uno, scrollandosi dal mantello il torpore caldo del sonno; pian piano i sensi tornano attivi,  percependo i suoni notturni del bosco.
Da qualche parte ancora fischietta un merlo, senza arrendersi al buio che cala, al freddo che arriva. Altrove, un cervo bramisce in risposta, raggiunto anche dall'alto grido d'una civetta. Un velo di nebbia cala, anch'esso placido, con la sua dose di gocce gelide.
È quasi Novembre, quasi inverno. Gli alberi – già spolti delle loro foglie – tremano sotto il peso degli scoiattoli frettolosi, impegnati nella raccolta delle ultime provviste, nella luce morente del giorno.
Lentamente, senza nessuna fretta, il bosco si veste del suo manto serale.

Umidità riluce sulle pellicce degli Alfa quando i cuccioli, spronati dalla Giovane Lupa, escono dalla tana guaendo eccitati. Sono svegli già da un po', pieni di concitazione. Forse quella notte sarà la loro.
Lei si avvicina rispettosamente, per prima. In una figliata numerosa come quella di cui fa parte, farsi vedere intraprendenti è tutto. I cuccioli deboli o malati vengono scacciati, o addirittura uccisi. Il branco non vuole soggetti deboli, non se li può permettere, non durante i duri mesi di freddo.
I convenevoli quella sera non vanno per le lunghe. I grandi hanno fame, tutti scalpitano, aspettando che il sole tramonti del tutto. Sua madre le  da' un colpetto con il naso sul muso, una specie di buffetto, guardandola fissa negli occhi: è un attimo, poi Lei è libera di svincolare via, sotto lo sguardo attento del capobranco, orgoglioso nella sua alterigia dei piccoli di quell'anno.
Lei si accoccola poco lontano, sotto una vecchia quercia spaccata da innumerevoli temporali e fulmini, muta vigilante di chissà quante cucciolate prima della sua. Davanti ai suoi occhi, la femmina Alfa dona la sua benedizione a sei dei suoi fratelli, che la raggiungono sculettando sulle zampe ancora un poco malferme.
Solo uno – il più piccolo, quello che la Giovane Lupa incaricata di vigilarli quel giorno aveva cercato inutilmente di convincere a mangiare – rimane, tremante e impaurito, sotto lo sguardo dei genitori, dopo essere pencolato fuori dalla tana. Lei sa che sta accadendo ciò da cui la sua piccola sorellina dal muso bianco, quella che a malapena riusciva a rimanere in piedi da sola, è già passata.
Anche quel rito, come il resto, dura poco. Gli Alfa non hanno tempo da perdere, quella notte. È notte di caccia, notte di grandi mandrie in movimento. Un cucciolo disappetente è l'ultimo dei problemi, per il branco numeroso che sono. Verrà cacciato, lasciato a morire di fame lontano dai Loro territori: non è ancora in grado di procurarsi da solo del cibo, né sembra intenzionato a farlo. La legge della Natura si è già espressa.
Lei vede il cucciolo tremante essere sospinto via con fermezza da un vecchio lupo dal pelo grigionero, senza tante storie, e lo saluta con un guaito al quale l'altro non risponde, troppo debole anche solo per un gemito. In un attimo, gli altri lo hanno già dimenticato.

Inizia una nuova sera, una nuova notte.
La notte dei lupi.


~
 

Lei sta annusando la traccia del fratellino cacciato quando Lui le salta addosso, alle spalle. Concentrata sulla pista, il naso lucido a mezzo palmo da terra, annaspa, cadendo in avanti, tramortita dal quel colpo sferrato all'improvviso. I dentini del compagno di cucciolata le perforano la pelle morbida del collo, la stessa dove la Giovane Lupa o l'Anziana sono solita prenderla per portarla alla tana, con tutta la delicatezza del mondo.
Si lascia sfuggire un guaito di dolore, poi si gira di scatto, cercando la gola dell'avversario: ormai la lotta è iniziata. Ruzzolano a quel modo per un po', con schiocchi e ringhi acuti di cucciolo, imitando i grandi che poco lontano fanno lo stesso, per aggiudicarsi un posto più elevato nella gerarchia interna del branco, i lunghi canini scoperti e ululati ben più minacciosi che risuonano nelle loro gole. 
Eppure è tutta scena e Lei, come ogni lupo, lo sa benissimo. Con un balzo, piomba sul fratellino, sedendosi sopra la sua schiena. L'altro, sconfitto, rimane lì, guardando i Grandi poco lontani iniziare i loro giochi.
Due lupi si fanno avanti, un giovane dal bel pelo bianco screziato di marrone e uno ben più piccolo, malaticcio. L'omega, il soggetto più debole nella scala delle gerarchie. Lei mugugna, come per incoraggiarlo. È un suo Fratello, lo riconosce per la macchia bianca sul petto che anche sua madre possiede. Sa bene che perderà la sfida, ma che non per questo se ne andrà, lasciando il branco. Nell'istinto del lupo c'è il bisogno di avere una famiglia, qualcuno cui appoggiarsi. Un soggetto solo, a meno che non sia un Alfa in grado di creare un nuovo branco con un territorio suo, è condannato alla fame, e alla morte.
Il lupo marrone è il primo a balzare in avanti: sfodera i denti, ringhiando un poco: è il segnale. 
L'omega, timoroso ma comunque deciso a battersi, rizza il pelo, girando in tondo; tiene fissi gli occhi in quelli dell'altro. È un gioco di sguardi, di mugolii, di ululati. Ognuno deve cercare di sembrare più forte dell'altro, più scaltro. I lupi devono essere furbi, se vogliono mettere qualcosa in pancia. 
Il Marrone fa un passo avanti, l'Omega un passo indietro. Poi, di nuovo, e viceversa. Le zanne non vanno a segno sulla schiena dell'avversario ma rimangono scoperte, per intimidire. Il pelo sulla schiena, più scuro, cangiante a seconda della luce che vi passa attraverso, è ritto, minaccioso. L'Omega prova un affondo ringhiando sonoramente e Lei, impaurita dall'improvviso scatto, si rifugia tra le zampe di Lui, con uggiolio. Ma il lupo debole non arriva a nulla, costretto di nuovo ad indietreggiare. È inchiodato, da un lato ha il resto del branco che guarda, rispettoso, dall'altra la grossa quercia amica dei Piccoli. Si acquatta, silenzioso, lasciando che il Marrone gli giri intorno, sempre più minaccioso.
Alla fine, il lupo giovane semplicemente lo lascia perdere.
Il rito per quella sera è finito; l'Omega si accuccia in un angolo, ferito – certo – ma solo nell'orgoglio. Non è raro che venga tiranneggiato da coloro che invano sfida, sperando nella vittoria, ma quella sera la lite è scoppiata solo per svago, nella ricerca di uno sfogo per la tensione ormai palpabile prima della caccia. Nessuno sembra intenzionato a fare le cose seriamente.

Ora che i cuccioli si sono messi di nuovo a giocare, correndo qui e là eccitati, è notte.


~

 

Sono gli Alfa e i loro sottoposti a muoversi per primi, aprendo un varco tra il cerchio dei lupi; Lei intravede sua madre venire nella loro direzione, ed è di nuovo eccitazione. Quella sera, forse per la prima volta, li lasceranno cacciare.
Lancia un guaito ai fratelli, fremente, poi, incrociando lo sguardo del padre, cerca un contegno diverso, pacato. Deve essere una Grande per poter far parte dei Grandi. Ma la sua coda la tradisce, come sempre; spazza la fredda aria di Novembre con vigore, piena di vita, proprio come Lei.
Vuole cacciare, si sente pronta.
Gli Alfa le passano davanti senza fermarsi, alzando il però il muso, un tacito benestare. Lei e i suoi fratelli, quella notte, diventeranno adulti.


~

 

La luna rischiara la radura illuminandola a giorno e Lei a quella visione è come galvanizzata, improvvisamente piena di energie sconosciute che non sapeva di possedere. Si agita, nervosa, nella sua postazione tra l'erba alta e secca, fastidiosamente pungente. L'odore della preda la manda su di giri, vorrebbe correre e correre, balzare nel mezzo della mandria, azzannare le zampe di quello che riconosce come cibo. Eppure non si muove.
La Vecchia è stata fin troppo chiara, con il suo ringhio truce, la prima volta che ha provato a strisciare in avanti: deve rimanere lì, silenziosa e ferma, fino a quando il lupo Beta non darà il suo benestare.
Il nervosismo e la tensione vibrano tra i corpi dei lupi, si propagano da individuo ad individuo; fremono, uggiolando sommessamente, i muscoli tesi. La caccia è un gioco di momenti, esatti e sbagliati. Ci vuole tempismo e lungimiranza per poter mettere qualcosa sotto i denti: quello è il momento sbagliato per muoversi, e quello giusto per rimanere in ascolto, cercando di capire i movimenti del singolo e del collettivo. È il momento di adocchiare i soggetti giusti, di trovare il punto debole dell'avversario, proprio come nei giochi di rito che si svolgono sotto la Grande Quercia, alla tana. Ogni movimento fatto, ogni mossa imparata dai lupi fin dal primo mese di vita, tutto è in funzione di quel momento, il momento perfetto, quello dove un cervo smetterà di essere cervo e il lupo invece ritroverà se stesso, sotto la luce pallida della luna.
Passano i minuti, le ore.
Gli erbivori, a qualche centinaia di metri di distanza dal branco, continuano a mangiare, placidi e perfettamente inconsapevoli dei predatori sottovento, sempre più vicini e letali.
Lei è distratta quando infine vede il lupo Beta scattare in avanti, in un punto imprecisato alla sua destra. Ipnotizzata da quel momento, dove solo il respiro di Loro e degli Altri risuona nella notte e tutto il resto è un'isola di pace e silenzio interrotto solo dai piccoli esseri notturni – un riccio poco lontano che mangia una melina selvatica ritrovata chissà dove, un topo che cerca di nascondersi da una grossa serpe, una civetta con le penne gonfie impegnata in una lotta di conquista di un albero contro un grosso barbagianni, un altro branco di lupi, lontani, che ululano alla luna la loro fame – non riesce a scattare subito. I muscoli, dopo ore di appostamento senza cambiare posizione, le si sono addormentati, le zampe sono insensibili al terreno dove poggiano.
Balza in piedi, con un gemito di rabbia verso sé stessa per essersi permessa di distrarsi. Corre, macinando le ultime centinaia di metri che la separano dalla sua cena, dalla tenera, calda e pulsante carne di cervo con la quale è cresciuta. Vede i suoi fratelli, pieni di gioia ed eccitazione, guadagnare terreno ripiegando verso sinistra e Lei capisce che deve seguirli. Devono accerchiare il pascolo, stringendosi sempre di più verso il fondo di esso, dove i piccoli e le madri brucano l'erba, ancora ignari.
Ed ecco il momento, quello giusto, come sempre con il tempismo giusto. Dal cerchio esterno nella quale si ritrova, Lei può vedere distintamente i due Alfa attaccare, contemporaneamente, un cerbiatto magrolino dalla lunghe zampe. Nello stesso istante, altri tre lupi balzano addosso alla madre del cucciolo, visibilmente impedita nei movimenti dalla grossa pancia di femmina gravida. Ad ondate, altri membri del branco arrivano, dando man forte, con ringhi e sciocchi di mascelle. Il daino e il suo piccolo cadono a terra pesantemente, smettendo di scalciare. I denti dei lupi non perdonano neppure questa volta.
Lei si avvicina, rinvigorita dalla corsa, dalla meravigliosa sensazione di aver fatto veramente parte per almeno un momento del gruppo cui appartiene. Non è soddisfatta, questo no, ma sa bene che prima che la loro madre li faccia avvicinare alla cacciagione passeranno ancora settimane, durante le quali verranno addestrati, fatti gareggiare tra di loro e abituati alla riflessione, al saper cogliere il momento giusto. Le sue zampe, adesso deboli e prive della forza bruta che tanto Lei si è ritrovata ad ammirare in quelle dei Grandi, per quel giorno saranno pronte, i suoi denti e le sue mascelle potenziate, forti ed infine mortali.
Lei si avvicina alla preda baldanzosa, assieme ai fratelli. Sa che la madre farà loro spazio come sempre per farli mangiare, perciò allunga il muso tranquilla, aprendo le fauci per strappare un pezzo del petto della femmina catturata. Non si aspetta il ringhio cupo che sale dalla gola del lupo Alfa, o da quella di sua madre. Non si aspetta che i Grandi, con sguardo cattivo, la releghino in seconda fila ad aspettare.
Lei non capisce, mugola disperata. Ha fame, hanno tutti fame. I suoi fratelli, tentato qualche movimento in direzione della carne, vengono ricacciati indietro con gli stessi ringhi rochi, l'avvertimento di chi protegge ciò che si è conquistato con la propria forza. 
Le ci vuole un po' a comprendere che non sono più considerati cuccioli, dopo quella sera, seppure non abbiano davvero partecipato alla caccia, e non siano senza fiato, stanchi come i Grandi che hanno lottato contro i cervi, cercando di farli cadere.
Disperata da quella nuova condizione, Lei si siede dietro all'Anziana, sempre così gentile e premurosa, guaendo piano. Non capisce: non ha contribuito alla caccia, eppure la lasciano mangiare lo stesso, anche se è vecchia e può benissimo saziarsi con gli scarti. L'Anziana non risponde, neppure la degna del suo sguardo. In piedi sulle ossa doloranti, mangia assieme a chi la preda l'ha guadagnata.
Lei non sa ancora bene come funzioni la gerarchia nel suo branco, ma capisce che adesso ne fa parte anche lei, piccola Adulta con un ruolo che deve trovare una funzione; non c'è altra scelta se vorrà mangiare, se vorrà vivere. Sconsolata, allunga il muso verso il cielo, cercando un sostegno in quella palla argentea sopra la sua testa, da sempre così misteriosa e così affascinante.
Non si rende conto di quando inizia ad ululare, piena di angoscia; sa solo che dura a lungo, e che è rivolta alla luna, lassù. Il mondo scompare, rimane solo la musica della sua voce. 
Solo il blu infinito della notte, della sua notte, continua ad esistere e così il suo sole, pallido e tetro.
Quando i Grandi, finito di mangiare, lasciano il posto ai lupi di gerarchia minore e ai cuccioli, Lei non si unisce. Rimane ferma immobile tra le sterpaglie della radura, con il suo canto alla luna, frastornata.
 

~


Il sole sale lentamente. Una nuova giornata inizia per il resto del mondo, del tutto estranea a quella che invece finisce nel bosco.
I lupi sonnecchiano con la pancia piena, aspettando la sera; Lei è ancora nella radura, da sola, quando la luce del giorno la sorprende.
Non ha mangiato, troppo fuori di sé per ingoiare anche un solo piccolo boccone. Non è più una cucciola, questo no, è vero. Ma non è neppure Grande. Cos'è, allora? Non capisce. Non ha nessuno in cui identificarsi, troppo distante da entrambi i mondi che conosce per capire veramente di quale fa parte.
Il sole la rilassa, sciogliendole i muscoli rimasti irrigiditi nel freddo della notte, ma ancora non si sente pronta a tornare dal resto del branco, dai suoi fratelli. Deve ancora trovare qualcosa che la soddisfi, qualcosa che riempia il piccolo vuoto formatosi all'altezza del suo petto.
La luna, in un angolo di cielo, ammicca ancora nella sua direzione. Lei, strabiliata, rimane a fissarla, piccola e bianca contro la luce arancione e rossa del cielo mattutino invernale. Una strana euforia la cattura, mentre per l'ultima volta di quel giorno ulula alla Musa di tutti i lupi un ringraziamento, rivolto a colei che dall'alto li protegge e guida nel momento del bisogno dalla Notte dei Tempi.

Ha trovato ciò che cercava.


~

 

Per tutta la giornata, la Luna non si muove dal suo angolo di cielo, come per ribadire che anche lei esiste, che non è stata spazzata via, e che quella sera arriverà puntuale al suo appuntamento con la notte.
È un giorno dentro il giorno e Lei, adesso, si sente proprio così.
Un giorno dentro un giorno, una vita dentro un'altra vita. Non è più la cucciola che lottava assieme ai fratelli piena di innocenza, ma neppure una dei Grandi, dei lupi che cacciano e si guadagnano il loro posto nel branco. È come la luna, lassù, piccola piccola affianco al sole. 
Cucciola inesperta e Giovane Adulta. È perfetta. È completa, finalmente.

Lei sonnecchia, tranquilla, mentre il sole si alza sempre più alto, annacquato dal freddo Novembre.
Ogni tanto, quando nel sonno cambia posizione, apre un occhio, per controllare. Dentro sé sa che fin quando la palla rotonda e bianca rimarrà nel cielo, come vigile compagna nel sole del giorno, non avrà tentennamenti. Sa benissimo chi è, in quale realtà vive.
È un secondo dì, un giorno racchiuso in un altro.
Piccola e Grande. Una Luna dentro un Sole.






Due parole
Ringrazio infinitamente mogliA Aniasolary per il banner e giudicia (SummerRain) per le belle parole che mi ha dedicato.
Questa storia rimarrà sempre una delle mie preferite e avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, perché sono un po' una lupa pure io, dentro, chissà.

   
 
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