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Autore: Electra_Gaunt    13/09/2011    2 recensioni
“Cadere non è mai facile: non sai come si inizia né quando si finisce.”
“Perché dici così?”
“Perché io non ho ancora toccato il suolo.”
[Terza Classificata al Contest "A song for Darkness", indetto da LoLLy_DeAdGirL]
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note alla fine^^ 
 


Lost
 


 

Crawling in my skin
These wounds
They will not heal
Fear I how I fall
Confusing what is real
 
Mi sembra di cadere in un buco nero. Continuo a precipitare nel buio, così profondo e totalizzante. Gli occhi persistono nel fissare il fosco paesaggio che mi avvolge la mente, senza potervi scorgere alcunché. In vero non vi è nulla da fissare, se non la magnanimità che si cela in quell’immenso candore.
L’Oscurità è dolce e fredda come una nuvola, si arriccia attorno all’Essere inesorabilmente. Non scompare nel silenzio, non si dissolve nel sangue. È lì, si nasconde nella parte più remota dell’universo, attendendo pazientemente il momento opportuno per agire. Se non fosse così deleteria, potrei quasi apprezzarne la costanza. Ma la sua comparsa mi provoca troppo dolore, da poter essere ignorato.
Il sogno in cui mi trovo è chiaro, nonostante non riesca a vedere come vorrei. C’è qualcuno che mi chiama a sé, ma di cui non conosco né l’esistenza né la provenienza. Un punto di domanda inarrivabile, un quesito senza risposta. Vuole me, più di ogni altra cosa al mondo.
Sono stanca ed ho paura di provare altro dolore. Continuo ad agitarmi nell’oscurità, muovo le mani tendendole al cielo nero, mentre le gambe si distendono in posizioni inumane. C’è qualcosa di profondamente sbagliato nella situazione in cui mi ritrovo. La bocca si contorce, pronta ad emettere parole senza consistenza, ma sfortunatamente non esce nemmeno una sillaba, neppure un rantolo di sconforto.
Mi sento legata a questo Nulla, così austero e crudele da lasciarmi senza fiato. Vorrei piangere, mostrare apertamente il mio sconforto, ma purtroppo non c’è nessuno che mi guarda. Nel buco nero in cui sono precipitata, sono l’unico essere vivente. Sempre che io mi possa reputare ancora viva.
L’incoscienza sta incominciando a mischiarsi con la realtà ed io non ho punti fermi cui fare affidamento. Morirò, forse?
 
There’s something inside me that pulls beneath the surface
Consuming
Confusing
This lack of self control I fear is never ending
Controlling
 
Nella devastante immensità che mi avvolge, come fosse una seconda pelle, d’improvviso vedo una figura. È sfocata, leggiadra, instabile nella forma: svanisce davanti ai miei occhi increduli per poi ricomporsi. Si avvicina lentamente al mio corpo stremato ed impaurito, scosso da un turbamento profondo ed insondabile. L’agitazione cresce, si evolve, nelle membra ed il sangue pare bollire nelle vene. Vorrei potermi muovere solo per avere la percezione di autonomia. Ma il corpo non mi appartiene più.
La figura ride della mia anima logora, delicata e massacrata. Ha capelli lucenti e bianchi come la luna, che si intrecciano in complicati arabeschi e filamenti di ragnatele. Porta una veste sporca e stracciata in più punti, color panna; mentre ai piedi non indossa assolutamente nulla. La ragazza (è abbastanza vicina da poter apprendere almeno quello) ha una camminata instabile, cadente. Il suo viso non ha una forma precisa ed i lineamenti, prettamente femminili, sono impossibili da descrivere.
 
To find myself again
my walls are closing in
(without a sense of confidence and i'm convinced that there's just too much pressure to take)
i've felt this way before
so insecure

 
 

“Cadere non è mai facile: non sai come si inizia né quando si finisce.”
“Perché dici così?”
“Perché io non ho ancora toccato il suolo.”
 
 

Improvvisamente, sento delle voci nella testa. Potrei giurare di conoscere a memoria quelle brevi conversazioni ma, ormai, non mi fido più della mente.
 
 

“Promettimi, Clarisse, promettimi che non commetterai i miei stessi errori …”
“Io non so cosa tu abbia fatto. Come potrei non fare ciò che non so?”
“Tu promettilo e basta.”
 

 
Clarisse sono io, di questo sono certa. Ed in quel breve ricordo, io sono ancora una bambina dalla carnagione pallida e smunta. Gli occhi innocenti di chi non sa vedere se non col cuore.
 
 

“Io non resisterò ancora per molto tempo, bambina mia. Presto, troppo presto, dovrai imparare a cavartela da sola. Tutta sola in questo mondo d’inferno …”
“Tu dove andrai?”
“E’ meglio che tu non lo sappia …”
“Perché?”
“E’ un segreto … non posso dirtelo.”
“Ma, mamma, io so tenere un segreto!”

 

Lentamente l’alone nero si fa meno intenso, più accessibile. Ed io acquisto maggior consapevolezza. Le mani incominciano a percepire, sotto il loro tocco assente, un tessuto fresco e morbido, grezzamente lavorato in cotone economico.

Mi chiedo dove io mi trovi, ma so che questa domanda non porterà nulla di buono. È come una consapevolezza indiretta, la conseguenza ad una mia azione sbagliata. Eppure non posso far a meno di fermare la mia curiosità, opprimente e fastidiosa.

Sento ancora quelle voci, come una condanna che non ho mai desiderato scontare.
I ricordi di mia madre sono pochi,sfuocati, ed io li serbo in un piccolo cantuccio proprio per non dovermene rammentare. È rimasto talmente poco, di lei, da non dovermi sentire obbligata a provare dolore per la sua scomparsa.
In effetti, io la odio.
 

“Perché?! Perché mi hai lasciato qui?!”
Urla strazianti in un mare di pioggia.
“Perché?”
Sussurro rivolto ad una bara nera.
Poi, silenzio.
 

La consapevolezza di dovermi liberare dell’oscurità, si propaga in maniera distinta. La strada che ho preso, che sto percorrendo proprio in questo momento, mi ha reso fragile.
Uscire da se stessi non è semplice.
Devo riuscirci, comunque, da sola.
L’immagine di quella donna (non mi sento in obbligo di chiamarla “madre”), stravolta dai peccati dell’uomo e dalla lussuria, mi fa vomitare. Non voglio più vederla.

Mai più.
 

La luce mi acceca, come per magia.
“Si è svegliata, finalmente. Eravamo preoccupati per lei, signorina.”
Spalanco gli occhi.
Vedo bianco, unicamente bianco.
“Faccia un cenno d’assenso se è cosciente. Un piccolo movimento, di qualsiasi genere.”
Chiudo le palpebre per poi riaprirle.
“Sono contenta che si sia ripresa. Vado subito a informare il dottor Roberts.”
“C-cosa ..?”
“Non si sforzi a parlare, cerchi di riposare. Ha avuto un grosso trauma: è stata vittima di un incidente. La sua macchina ha sbandato ed è uscita di strada, andando a scontrarsi contro abete, vicino al cimitero. Ma ora riposi, la prego.”
La voce è impercettibile, soffusa.
Melliflua, come il sibilo d’un serpente.
Ed io, frastornata da tutta quella ritrovata umanità, mi perdo tra le corti calde del letto d’ospedale.
 

Against my will i stand beside my own reflection
it's haunting how i can't seem …

 
 
FINE






Note dell'autrice:

Allora, eccomi con un'altra storia^^ Questa ha partecipato al "A song for Darkness" indetto da Lolly_Deadgirl che ringrazio tanto per l'accurato giudizio e per il meraviglioso banner^^

Fatemi sapere cosa ne pensate!


Saluti


_Electra_ 
 

  
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