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Autore: martozza    13/09/2011    5 recensioni
In un burrascoso pomeriggio un litigio tra vecchi amici avrà dei risvolti.. inaspettati.
Riuscirà la nostra Bulma, rimasta sola.. a superare anche questa avversità?
“Non dovresti fumare in gravidanza, Bulma.”
La donna ghignò, guardandolo. “Ma come.. non lo volevi morto?”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come si dice.. chi non muore si rivede!!
Lo so, faccio avanti e dietro, ma alla fine torno sempre qui per pubblicare fiction :)
Sono martozza, immagino mi conosciate in pochi.. un tempo pubblicavo storie tutti i giorni =P
Questa è la mia storia, mi è venuta in mente così, da un momento all'altro.. ho appena finito di scriverla.. non vedo l'ora di sapere se vi piace :D
Se potete commentate!! Mi fareste molto felice.. spero sia di vostro gradimento =) 

Buona lettura!


Raggio di sole.


Non capisco chi diavolo te l'ha fatta fare!”
Le urla di Yamcha avevano l'effetto di appuntiti coltelli contro il fianco. Bulma se l'era aspettata quella reazione. Come suo solito cercava di mantenere i nervi saldi, anche se era difficile. Era seduta comodamente sul divano e guardava l'uomo davanti a lei che, con espressione turbata, avanzava per la camera in modo circolare.

Dico, sei impazzita? Come ti è venuto in mente? E' assurdo, è tutto sbagliato.. inconcepibile..!!” continuava a blaterare l'uomo, girando a vuoto per la stanza. Era sudato e tremava per l'agitazione, Nel complesso non era uno spettacolo gradevole.
Bulma, dal canto suo, cercò di distrarsi rifugiando lo sguardo altrove. Guardò attraverso le grandi finestre che regalavano una vista mozzafiato sul giardino
 di casa.
Era un giorno di pioggia e di fulmini. Di sottofondo alle grida dell'amico c'era il ticchettio continuo della pioggia che si scontrava contro il vetro. Ogni tanto venivano interrotti dal boato di qualche fulmine in lontananza.
Era gradevole quanto il tuono arrivava. La stanza si riempiva di una luce intensa, prima di ricadere nel buio. E poco dopo arrivava il suono. Bulma lo trovava confortante, come una melodia. Sempre meglio dei borbottii che l'amico stava emettendo da circa trenta minuti.

Diavolo Bulma.. ti ha dato davvero di volta il cervello!”
Alzò gli occhi blu al soffitto, la donna. Cercare di calmarlo era tempo perso. Ci aveva provato per dieci minuti dopo il 'grande annuncio', ma non era servito a molto. Anzi, aveva ampliato ancora di più il discorso.

Io non capisco! Io e te eravamo una coppia formidabile, così affiatati.. eppure mi hai lasciato. E va bene, lo accetto, ci passo avanti.. ma ora, cosa mi costringi a sopportare? E' meglio lui di me? Cosa ti è saltato in mente??”
Yamcha si era fermato, in quel momento. Vibrava per la tensione.. lo sguardo era arcigno con una nota di delusione. Bulma rimpianse di essersi confidata con l'amico. A quanto pare sarebbe stato meglio dirlo a Crilin.. o magari a Gohan.. che nonostante un bambino sembrava molto più maturo dell'uomo che si stava agitando davanti a lei.

Non ti avrà costretta?”
Quella frase fu la goccia che fa traboccare il vaso. L'ira che Bulma stava tenendo a freno esplose in lei e successivamente dalle sue labbra. Anche la voce venne alterata dalla rabbia.

Come ti permetti, Yamcha? Costretta? Non mi ha violentata, se ci tieni a saperlo!! Come fai a pensare una cosa del genere?”
Anche Yamcha aveva perso la pazienza. Era una scena quasi comica, vista dall'esterno. Lui che si agitava, pugni stretti e occhi da pazzo, lei dalle nocche livide di rabbia che si mordeva il labbro inferiore, arenata sul divano di pelle, troppo pesante ormai per alzarsi. Se avesse potuto, se fosse stata 'peso forma' si sarebbe lanciata sull'uomo e con ogni possibilità l'avrebbe sbranato.

Beh scusa se da un criminale omicida pazzo non mi aspetto un lato amorevole e romantico!!”
La donna sbuffò. “Sei il solito sciocco, Yamcha. Ero consenziente.” il tono era inacidito, gli occhi emettevano saette. Si passò la mano sul ventre rigonfio con un sospiro. Cosa doveva sopportare. Yamcha fece un lungo respiro, con il vano tentativo di calmarsi.

E se uscirà un mostro come lui? Che farai? Mi spieghi perchè non hai eliminato il problema alla radice, invece di finire in questa situazione?”
Le successive parole dell'uomo non fecero altro che aggravare la situazione. La vena sulla fronte della donna prese a pulsare. Il volto si fece paonazzo, gli occhi ridotti a due fessure glaciali.

Come diavolo ti permetti? Eliminato alla radice? Mio figlio non sarà un mostro né tanto meno ho mai pensare di poter abortire! Mi chiedo come puoi pensarlo tu! Sei tu il mostro, non mio figlio, razza di imbecille!”
Urlava. Quasi le veniva da piangere mentre si stringeva il ventre con fare protettivo. Dal giorno in cui aveva scoperto di essere incinta non aveva mai pensato, nemmeno lontanamente, di poter abortire. No, non era concepibile. Quel bambino era parte di lei, era suo figlio. L'avrebbe dato alla luce sarebbe stata un'ottima madre per lui.

E poi mio figlio non sarà un mostro!” ribadì con toni alti, continuando ad accarezzarsi il pancione. Lo sentiva, quel bambino al suo interno. Ogni tanto il piccolo si agitava, era piuttosto agitato con bambino. Più volte sentiva piccoli calci contro la parete interna del ventre. Non stava un attimo fermo. E in quel momento era decisamente agitato.
Cosa ne sai? Dopotutto il padre è una bestia!”
E allora..? Anche Goku ha un figlio, non mi sembra un mostro! Anzi, è il ragazzino più gentile che conosca!”
Si era sorpresa più sere a pensare a come sarebbe stato il bambino.. chissà se le fosse assomigliato, chissà che tempra avrebbe avuto. A cosa si sarebbe interessato. Erano le solite domande che una 'quasi' mamma si rivolge, cercando di crearsi un immagine anticipata del bambino al suo interno.

Non c'entra, Goku è buono..!”
Goku ha solo sbattuto la testa da bambino.. sarebbe stato come lui e come ogni altro Saiyan! E lo sai bene!” sbottò irritata. Prese la borsetta accanto a lei e vi frugò all'interno.
Velocemente prese tra le labbra una sigaretta e vi avvicinò la fiamma dell'accendino.
La prima nuvola di fumo uscì prepotente dalle labbra della donna, seguita da un sospiro.
L'uomo si guardò intorno, sconsolato, prima di lasciarsi cadere su una poltrona in pelle, davanti alla donna. “Ancora non riesco a crederci.. ma lui ora dov'è?”
Chiese quella domanda con un accenno di timore. Non volevo certo trovarselo dietro, quello sbruffone, con quel solito sorrisetto beffardo. La donna lo guardò per qualche istante, poi abbassò lo sguardo, prendendo un'altra boccata di fumo.

Non so, non ne ho idea. E' andato via mesi fa.. per allenarsi da solo, ha detto.”
Allenarsi da solo..? Cioè.. ti ha lasciata da sola? E del bambino??”
Oh.. non credo ne sia molto interessato.”
Disse con tranquillità. Erano mesi che lui era fuggito. Era abituata al pensiero di dover crescere quel bambino da sola. In realtà non aveva mai pensato in nove mesi, di poter crescere il piccolo assieme a lui, come una perfetta famiglia amorevole. E se dapprima l'idea le lasciava un forte bruciore alla bocca dello stomaco, ora ne era del tutto indifferente. Almeno, così si dichiarava di essere.
Tra i due calò il silenzio. La sigaretta era stretta saldamente tra le dita affusolate della donna, mentre il fumo saliva lento, verso il soffitto.
Un altro tuono rimbombò nell'aria, alterando la luce all'interno della stanza.

Non dovresti fumare in gravidanza, Bulma.”
La donna ghignò, guardandolo. “Ma come.. non lo volevi morto?”

Non ho mai detto una cosa del genere.. dico che potevi stare attenta.. usare delle protezioni ad esemp.. Bulma?”
Il discorso dell' uomo si interruppe di botto alla vista della donna che si piegava, stringendosi il pancione, con una smorfia di dolore muto sul volto. La sigaretta continuava a fumare sulla moquette verdognola. Si avvicinò alla donna con un balzo, posandole una mano sul capo, tra i capelli turchini. “Cosa succede?”

I-il.. bambino. Sta per.. ugh!”

La corsa in ospedale fu difficile, complicata dal traffico e dalla pioggia. Erano in taxi, Bulma aveva la testa sulle gambe dell'amico e emetteva gemiti di dolore. Yamcha cercava di rassicurarla, sostenendole la testa e carezzandole la fronte sudata.
Fai respiri profondi Bulma.. non si potrebbe andare più veloce?” chiese poi all'autista che fumava il suo sigaro, avanti. Questi si voltò, posando due occhioni neri su di lui. “E mi dice lei come faccio? Cosa crede, nemmeno io voglio che scodelli il bambino qui nel mio taxi!” sbottò, voltandosi nuovamente a guardare la strada.
Ma tu guarda...!” sbuffò Yamcha. Bulma dal canto suo aveva la fronte imperlata di sudore e balbettava parole e frasi sconnesse tra loro.
Non.. non posso averlo.. non so fare la mamma.. io sono sola.. io..”
Shh.. Bulma, non sei sola.”
La donna dal canto suo stava pensando ad una cosa. A lui. Lui che l'aveva rapita e sedotta quella fatidica notte. Che dopo aver 'consumato' si era voltato di schiena e aveva iniziato a dormire. Che non le rivolgeva mai parola e se lo faceva era solo per chiedere del cibo. Lui che se n'era andato, lasciandola sola con un pancione già gonfio, per allenarsi sui monti. Lui e solamente lui, che aveva rivoluzionato la sua vita.
E che le mancava terribilmente.

Arrivarono all'ospedale dopo venti minuti. Le contrazioni erano forti, Bulma respirava a fatica. Sentiva che il bambino stava soffrendo, voleva uscire, lei voleva abbracciarlo. Non era più lucida, sentiva voci intorno a lei, domande. Una mano possente stringeva la sua, trasmettendole calore necessario.
Qualcuno la stese su un lettino, sentiva voci intorno a lei ma erano come.. ovattate. Tutto era offuscato. “Tranquilla, Bulma..” una voce raggiunse le sue orecchie.. apparteneva alla mano che stringeva la sua con forza e vigore. Si voltò verso l'origine della voce, vedeva sfocato.. il dolore che provava era lancinante. 

"V..Vegeta...
Poi tutto divenne scuro.

Dove.. cosa...?”
La donna si portò una mano davanti agli occhi, flebilmente, per ripararsi dalla luce nella stanza. Si guardò intorno, mentre tutto acquistava forma. La stanza era illuminata da una lampada centrale rotonda. Fuori ancora pioveva, poteva sentire il ticchettio della pioggia contro il vetro. Tutto era bianco, le pareti della stanza, il letto sul quale era adagiata, le lenzuola, il suo camicie.
Accanto a lei c'era Yamcha, seduto su una sedia (anch'essa bianca), che la guardava. “Ben svegliata...” fece un piccolo sorriso alla donna. Era buffa così, ma sempre bella. I capelli erano arruffati, di quel blu chiaro particolare della donna. La pelle era candida, un po' pallida. “Come ti senti..?”

Cos'è successo?” chiese lei di rimando, del tutto indifferente alle parole dell'amico. Si guardava intorno, agitata. Poi abbassò lo sguardo, sgranando gli occhi.
Yamcha il bambino!! Dov'è?? Come sta? Sta bene vero..?” Agitatissima voleva quasi alzarsi dal lettino, ma le forze mancavano. Yamcha si alzò e si avvicinò al letto.
Sta calma.. hai avuto un parto cesareo, il bambino era attorcigliato alla sua... beh, coda. Hanno dovuto operare subito.”
E lui come sta?”
L'uomo spinse verso di lei un carrello dalle pareti in plastica. Al suo interno, avvolto in un caldo asciugamano, dormicchiava una creaturina dai capelli lilla. L'uomo lo prese con cura tra le braccia e lo portò verso la donna.

E' qui, sta bene..” sorrise alla donna. Bulma dal canto suo non aveva occhi che per quel bambino. Era così piccolo e indifeso, con quelle braccine paffute. Aprì gli occhi il neonato, posizionandoli sulla madre. Li aveva azzurro ghiaccio. La donna ebbe una fitta al cuore osservando il volto del piccolo.. quell'espressione..
Tutto un tratto smise di piovere, e in qualche minuto il sole fece capolino dalle nuvole, iniziando a riscaldare l'atmosfera.

Beh, Bulma io vado a casa.. vi lascio soli.” Si avvicinò e baciò l'amica sulla fronte, con dolcezza. Poi osservò il bambino. Non riusciva ad avere simpatia per l'erede di quel mostro.. ma si sforzò di sorridere. “Ciao piccolino..!”
Per tutta risposta il bambino si limitò a fissarlo, con un espressione quasi intensa. L'uomo si strinse nelle spalle e si avviò verso la porta. Posò la mano sulla maniglia, ma ripensandoci si voltò. La donna alzò lo sguardo interrogativa.

Vedi Bulma.. prima, in corridoio... mi hai chiamato Vegeta.”
Il silenziò calò regnante nella stanza. La donna arrossì violentemente e abbassò lo sguardo, verso il suo bambino.

Ci vediamo.” sbuffò il ragazzo dai capelli neri, chiudendosi la porta alle spalle.
Bulma osservò il bambino. Era sveglio e vigile. L'espressione era degna del padre. Se non fosse stato per il colore dei capelli e per quello degli occhi, avrebbe avuto tra le braccia la miniatura del principe dei Saiyan. Sorrise.

Mi ricordi così tanto lui...”
Sussurrò al piccolo che continuava a guardarla. La donna si fece forza e si alzò dal letto, tenendolo stretto tra le braccia. Era così soffice.
Con piccoli passi traballanti si avvicinò alla finestra.
Da lì si poteva osservare la città del Nord, immersa come sempre nella sua confusione. Un uccellino cinguettava la sua dolce melodia da un albero vicino. Il sole splendeva nel cielo, lontano ormai dalle nubi che lo avevano circondato per tutta la giornata. I suoi raggi colpivano dolcemente la finestra dalla quale i due si erano affacciati, illuminando con luce dorata il piccolo.
Il suo piccolo raggio di sole.
Bulma sorrise. “Questa è la terra, piccolo mio. Sono sicura che tra qualche anno anche tu sarai lì fuori a proteggerla.. da degno figlio di tuo pad...!” si bloccò a metà discorso affacciandosi dalla finestra. Aveva visto una strana ombra di fronte a lei anche se lontana. Qualcuno di familiare.. eppure ora, guardandosi intorno, non vedeva nessuno. Sospirò.

la mamma inizia a dare i numeri, piccolo mio.. vede papà dappertutto..” Si voltò, dando le spalle alla finestra, curandosi solo di quel piccolo fagotto che stringeva tra le braccia.
Nello stesso momento, sul tetto dell'edificio c'era uno strano individuo. Il nero dei suoi capelli non faceva onore a quello dei suoi occhi.
L'aveva visto, aveva visto il bambino. Aveva notato l'espressione del viso, gli occhi intelligenti, la coda. Aveva visto il principe dei Saiyan.
L'uomo volò via, lontano; doveva tornare sui monti per allenarsi. Mentre volava veloce, sul volto del Sayan apparve un piccolo sorriso..

Aveva visto suo figlio.


  
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