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Autore: chiuchiu    13/09/2011    2 recensioni
La storia di due vecchie amiche.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘’vieni andiamo a giocare!’’
‘’no, non ho voglia!’’
‘’Dai, è una bellissima giornata!’’
La ragazza ti costringe ad alzarti e ti guida nei campi, dove solitamente giocavate quando abitavate ancora in campagna.
Sei felice, sai di essere felice, nonostante lei ti abbia sottratto alle tue letture.
Eravate ancora amiche, all’epoca, e sembrava che niente sarebbe mai dovuto finire.
L’aria estiva era calda, entrambe stavate correndo ed era tutto bellissimo.
Non vi erano altre parole per descriverlo: bellissimo, splendido, ogni altro termine sarebbe stato inutile.
Ad un certo punto senti un suono, apri gli occhi.
Era solo un sogno, come tutti quelli che hai fatto da sei anni a questa parte.
Sai che Sachiko non tornerà indietro, eppure continui a sognarla, e ti risvegli con le lacrime agli occhi, ricordando il sorriso della tua migliore amica quando eravate ancora bambine.
Quando eravate piccole, te lo ricordi ancora, vi sdraiavate in giardino e osservavate le nuvole, ogni tanto appariva un piccolo velivolo, nonostante pochie sorvolavssero quella zona, e immancabilmente si lasciava dietro di sé una lunga scia di condensazione che sarebbe svanita a breve.
Le avevi trovate sempre molto tristi, quelle, era come se volessero imitare una nuvola, ma erano destinate ad andarsene: lo avevi confidato a lei, questo tuo pensiero, ma ti aveva soltanto guardato sorridendo, scuotendo la testa, ma era comprensibile, con un nome come il suo, con un significato tanto legato alla felicità, non ti saresti aspettata che si curasse di faccende tanto tristi.
Te ne saresti accorta solo molto tempo dopo di quando, in realtà, il significato dei nomi avesse ben poco a che fare con la vera natura della gente.
Quando avevate dodici anni, entrambe vi trasferiste in città, ogni giorno andavate a scuola assieme, nel bene e nel male, con il sole e con la pioggia: certo, non era come quando vi trovavate in campagna e l’aria fresca vi carezzava il viso ogni volta, ma eravate insieme, e sentivi che entrambe sareste state felici.
Inoltre, durante le vacanze estive, andavate ancora al vostro vecchio paese: ci sarebbe stato ancora tempo per guardare le nuvole assieme, ancora tempo per giocare nei campi e sorridere.
Forse ti saresti dovuta accorgere di Sachiko, di quanto lei fosse come spenta, sorrideva di meno, ed era sempre un sorriso forzato, malinconico, avresti quasi potuto dire triste.
Ma no, in quel periodo eri felice, felice di come la tua vita stava andando, dei tuoi buoni voti a scuola, delle tue nuove amicizie con le compagne di classe, delle tue prime cotte che, seppure non fossero ricambiate, ti scaldavano il cuore.
Ma lei no, lei non provava nulla di tutto questo, ogni giorno sedeva sola in fondo alla classe e guardava fuori dalla finestra: non sapevi bene cosa, ma ogni tanto la sentivi fischiettare una canzone tra sé e sé.
Nel complesso, tuttavia, lei ti sembrava normale, perfettamente a posto, probabilmente perché ti curavi più di te stessa che di lei, ma probabilmente molti, nei tuoi panni, avrebbero fatto proprio come te.
Fu un grandissimo shock, quindi, quando lei iniziò a non venire più a scuola.
Avevate quindici anni allora, esattamente sei anni fa.
Inizialmente, pensasti fosse malata, ma quando andasti a casa sua tua madre rispose in modo stranamente evasivo.
Passarono i giorni, le settimane, dopo due non ce la facesti più e andasti da lei.
Vedesti sua madre sospirare e accompagnarti in camera sua, dove tu la ritrovasti: aveva oscurato le finestre con dei pezzetti di carta e stava seduta in ginocchio sul pavimento, osservando dritta davanti a sé.
Sollevò appena lo sguardo quando ti vide, mentre sua madre ti faceva cenno di entrare, chiudendo la porta dietro di te.
Fu allora che capisti: la tua migliore amica, quella che da piccola era sempre felice, era diventata una hikikomori.
Sapevi che molta gente li considerava dei rifiuti, scarti della società, e forse proprio per questo sua madre aveva evitato di parlarne a scuola, ma come era possibile che quella ragazza venisse considerata una cosa del genere?
Inizialmente provasti a convincerla con la forza ad uscire, ma poi ti arresi e iniziasti semplicemente a visitarla ogni giorno, parlandole del più e del meno in quella stanza piccola e buia, mentre lei ti osservava senza dire una parola, sempre inginocchiata con le spalle alla porta e lo sguardo fisso verso la finestra oscurata.
Andasti avanti così a lungo, portandole in seguito anche i saluti dei vostri compagni di classe, che la invitavano a tornare, ma che lei rifiutò, scostandoli con la mano: probabilmente la consideravano una reietta, un essere inutile, e quei biglietti erano semplicemente una finzione, un obbligo.
Ma a te non importava, sapevi che tra non molto ci sarebbero state le vacanze estive e lei sarebbe di sicuro uscita per andare al vostro paese natale, ne eri certa: sareste tornate a ridere, giocare e lei sarebbe tornata a scuola dopo le vacanze, non vi era altra soluzione.
Ma lei non venne in vacanza, si limitò a rimanere seduta in camera sua, mentre sua madre piangeva in cucina.
Tu ti offristi di rimanere lì con lei: magari saresti riuscita a farla uscire, in qualche modo.
Così, per un po’ di tempo, tu, sua madre e lei, viveste insieme: tu eri sempre accanto a lei, in camera, te ne andavi nella stanza di suo fratello, che in quel momento era via, solamente per dormire.
Fu un mese lunghissimo e interminabile, ogni giorno sentivi come un fardello sulle tue spalle che si faceva via via più pesante, ma volevi farcela, era per lei e volevi assolutamente salvarla.
Poi, un giorno, dopo esserti svegliata, decidesti di andare in camera sua.
Lei non c’era.
La carta dalla finestra, che ora era aperta, era stata tolta del tutto e al di là si vedevano delle bellissime nuvole bianche in un cielo estivo di un azzurro intenso.
Vi era una lettera bianca, posata sulla scrivania, con scritto in rosso sulla busta ‘’Per Midori’’.
La apristi mentre le mani ti tremavano visibilmente, sperando che, nonostante quella che ti trasmetteva fosse una sensazione tutt’altro che piacevole, il contenuto della lettere fosse una splendida notizia.
 
‘’Cara Midori,
Se stai leggendo questa lettera, significa che ho deciso di andarmene.
Una volta, mi ricordo, mi dicesti che le scie di condensazione degli aerei ti parevano molto tristi: quella frase mi ha colpita molto.
Da quando ci siamo trasferite, non ho fatto altro che sentirmi così, semplicemente destinata a scomparire da un momento all’altro, senza una spiegazione specifica.
Non chiedermi il perché di questa azione, era una serie di sensazioni che non posso e non voglio spiegare.
Sai, è strano che con un nome come il mio, io sia stata destinata a una sorte tutt’altro che felice, certe volte ti invidio: con un nome neutro come il tuo, forse mi sarei sentita meno sotto pressione.
Mi ricordo che da piccole ridevamo sempre quando tua madre ti costringeva a vestirti di verde, dato che le piaceva tanto.
Mi dispiace molto non essere voluta venire con te quest’estate, ma sentivo che sarebbe dovuto finire qui.
Spero che, un giorno, ci torneremo ancora, insieme, anche se, probabilmente, non sarà in questo mondo.
Sei stata la mia migliore amica e lo sarai sempre.
Sachi.
 
Ps. La canzone che fischietto sempre, è hikouki gumo, so che te la ricorderai perché, ogni volta che tua madre ne vedeva una, si metteva a cantare.’’
 
Ti portasti una mano alla bocca.
Hikouki gumo, quella canzone: no, non erano affatto buone notizie.
Le lacrime cominciavano già a sgorgarti dagli angoli degli occhi: in quella canzone, che tua madre cantava sempre, la protagonista si suicidava, gettandosi da un edificio.
Ti avvicinasti lentamente alla finestra, le gambe che tremavano, e guardasti di sotto.
Sachiko era morta.
Lanciasti un urlo e cadesti in ginocchio, gli occhi sbarrati da cui continuavano a uscire lacrime su lacrime, tenevi la lettera ancora stretta tra le tue mani.
Sentisti i passi di sua madre affrettarsi su per le scale, poi più nulla.
Non ti ricordi quasi niente di ciò che accadde dopo, sai che il caso fu chiuso come suicidio e sai che la tua vita andò avanti per altri sei anni, in cui tu tornasti a vivere nel tuo paese, senza fare più parola con nessuno dell’accaduto.
La tua vita andò avanti più o meno serena, le amicizie e gli amori superficiali non mancavano, ma sentivi sempre un vuoto dentro di te.
E,  ancora oggi, continui a svegliarti nel cuore della notte, piangendo, mentre ricordi il volto sorridente della tua amica.
Sono quelli i momenti in cui ti alzi e vai a guardare fuori dalla finestra.
Tiri fuori la lettera di Sachiko e la leggi, la sai a memoria, ormai, conosci ogni singolo solco.
‘’Ci incontreremo ancora, un giorno.’’ Mormori appena, come se stessi parlando con lei.
Sai che sarà così.
Perché, nonostante tutto, sai che lei ora è felice e ti sta aspettando.
E un giorno, ancora più in alto delle nubi, del cielo e di tutte le scie di condensazioni e gli aerei del mondo, voi vi ritroverete.
Ma sai che tu devi percorrere un cammino ancora lungo e, nonostante tutto, pazienterai: prima o poi, anche tu sarai destinata a svanire.

note
Il nome Sachiko, letteralmente, significa 'Felicità' o 'Figlia della felicità', mentre il nome Midori significa 'verde'.
Per quanto riguarda il fenomeno Hikikomori, penso che Wikipedia sia più adatta di me a spiegare ciò di cui si tratta: http://it.wikipedia.org/wiki/Hikikomori
La canzone a cui fa riferimento il racconto è ''Hikouki Gumo'' di Yumi Arai, il cui titolo significa appunto 'scia di condensazione'.
Questa è la prima fan fiction che pubblico, spero non sia così orribile e non vi siano troppi errori, se vi fossero critiche le accetto più che volentieri, dopo tutto sono qui solo per migliorarmi, grazie mille.
  
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