Sangue
di Adone
[STORIA PARTECIPANTE AL MAHJONG CONTEST INDETTO DA MY PRIDE E CLASSIFICATASI PRIMA]
Autore: MusaTalia
Titolo
della storia:
Sangue
di Adone
Fandom: FullMetal
Alchemist
Pacchetto: TESSERA FIORE:
Calendula; COPPIA HET: Maggiore Miles / General Maggiore Olivier Milla
Armstrong; CITAZIONE: “È per me difficile credere
che un fiore abbia virtù
profetiche”, Charles Monroe Schulz.
Rating: Arancione
Genere: Generale,
Introspettivo
Tipologia: One shot
Avvertimenti: Het
Introduzione: “Da un po’
aveva cominciato ad accorgersi di quei sentimenti così poco
militareschi nei
confronti del suo superiore. Ma non vi aveva mai dato peso. Era un uomo
adulto
e come tale affrontava la situazione: la ignorava. Se non sai come
superare un
problema, aggiralo; finché ovviamente il problema non decide
che è stufo di
essere ignorato e quindi inizia a farti una corte piuttosto invadente.
Ed era questo il
caso.”
Note
dell'autore:
Vorrei
innanzitutto ringraziare la giudice del contest che mi ha dato
l’opportunità di
approfondire, fino ad arrivare ad apprezzare questi due personaggi, che
fino a
questo momento ho praticamente trascurato. Una menzione speciale va
anche alla
mia amabile genitrice ed ai suoi libroni di botanica. Inutilmente ha
cercato di
iniziarmi a quest’arte, ma è un’impresa
impossibile convertire chi è stato
dotato dal fato di pollice killer, come la sottoscritta. Dopo queste
note folk
loriche passiamo ai discorsi seri. Nella storia è presente
un sacco di
sottoriferimenti che credo sia il caso di chiarire. A partire dal
titolo.
Secondo il mito antico la calendula sbocciò quando il
terreno fu bagnato dalle
lacrime di Afrodite, addolorata per la morte di Adone. In altre
versioni è dal
sangue di Adone stesso che sbocciano i fiori. Anche per questo motivo
nel linguaggio
dei fiori la calendula significa: dolore, dispiacere, pene
d’amore (tutte cose
che spero di essere riuscita a inserire in questa fic). Inoltre sono
ben note
(e qui la mamma docet!) le sue proprietà officinali.
Infatti, la crema di
calendula, (occultamente citata nella storia), può
considerarsi una sorta di
panacea e per questo in casa mia non manca mai! Infine, secondo la
tradizione,
se i fiori di calendula di mattino rimangono chiusi, probabilmente
pioverà.
Tutti questi elementi sono presenti all’interno della fic e
si possono leggere
come elementi di una “profezia” che si realizza
durante tutto il corso della
one shot. Ultima nota di cronaca assolutamente inutile: con mio sommo
orrore mi
sono resa conto di essermi involontariamente ispirata a Nievo per la
caratterizzazione
dei personaggi.
E come volevasi
dimostrare, al mio solito, mi è scappata la mano sulle
note…
Il giudizio della giudice si trova nelle recensioni.
DESCALIRMER: FullMetal Alchemist e tutti i suoi personaggi appartengono a Mamma Mucca Hiromu Arakawa. Io mi limito a prenderli e rendere la loro vita un'inferno.
“È per me
difficile credere che un fiore abbia virtù
profetiche”, Charles
Monroe Schulz.
Era ben noto a
tutti che il Maggiore Miles di Briggs fosse un uomo dal temperamento
piuttosto
mite, incredibilmente simile a quelle giornate di azzurro e silenzio
proprie
della montagna in cui prestava servizio. Proprio per questo motivo
bisognava
temere i suoi cambi d’umore, come bisogna temere le
variazioni di tempo in
montagna, perché da glaciale e tranquillo quale lui era, ci
metteva poco ad
infiammarsi. Non che alzasse la voce o diventasse violento,
semplicemente i
suoi occhi, quelle due braci sopite, si riaccendevano e cominciavano a
bruciare. Questo era un particolare che a molti sfuggiva,
poiché il Maggiore
perseverava nell’indossare i suoi occhiali dalle lenti scure
per celare le
iridi rosse, e poco importava che fuori ci fosse il più
splendente e caldo sole
estivo o la più bigia e lattiginosa nebbia tardo autunnale.
Al General
Maggiore Olivier Milla Armstrong era immediatamente piaciuto quel
carattere
così mite e falsamente sottomesso. Se c’era da
parlare o controbattere qualche
decisione, Miles era il primo a farsi avanti per esprimersi, sempre in
maniera
straordinariamente equilibrata. Proprio per questo motivo il Generale
lo aveva
scelto come suo braccio destro: quell’uomo era il contrappeso
perfetto per
bilanciare quel suo carattere così burrascoso e poco incline
a cedere di fronte
agli altri.
Queste erano le
considerazioni che tutti i soldati della zona di East facevano, quando
per la
prima volta si trovavano ad ammirare la fortezza di Briggs, in
occasione delle
esercitazioni congiunte e dunque inevitabilmente facevano la conoscenza
della
signora della fortezza e del suo cavalier servente.
Stranamente,
quell’anno, le forze del Generale Grumman -che sempre
riusciva a trovare una
scusa per defilarsi e delegare il tutto al fidato Colonnello Mustang e
agli
altri Generali di East- stavano dando del filo da torcere ai soldati
addestrati personalmente dalla regina della Parete Nord.
Questo
imprevisto stava facendo innervosire il General Maggior, che se ne
stava seduta
rigida sulla sua sedia nella postazione sopraelevata, lo sguardo truce
e la
mano stretta intorno alla sua spada. Il Maggiore Miles, al suo fianco,
teneva
le braccia incrociate al petto, mentre tamburellava con le dita di una
mano,
sintomo del fatto che anche lui si stava infastidendo.
Il Generale
allungò una mano verso il suo assistente, sempre tenendo lo
sguardo fisso
davanti a sé. Un tacito ordine che significava: passami
immediatamente un
maledetto binocolo!
Subito il
Maggiore le allungò quello che teneva appeso al collo.
Lei guardò
appena mezzo secondo, come se più che altro cercasse una
conferma a qualcosa; dopodiché
lanciò l’aggeggio dietro di sé,
recuperato da un sempre pronto Maggiore Miles, e,
afferrata la spada, cominciò a borbottare tra i denti,
«Che branco d’inutili
idioti! Farsi battere da quelli dell’Est. Che vergogna!
Bisogna riportare la
situazione a nostro vantaggio. Miles!» chiamò
perentoria alzandosi dal suo
posto, «Tu resta qui mentre io vado a ricordare a quelli
lì cosa significa essere
un soldato del Nord!».
Stava per
buttarsi nella mischia, quando uno degli alti gradi dell’Est
intervenne,
«Signora, le ricordo che ai comandanti ed ai supervisori non
è consentito
intromettersi. Se lei intervenisse, lo scopo
dell’esercitazione risulterebbe
vano. Pertanto la invito a limitarsi ad osservare». Era un
uomo assolutamente
anonimo; tanto anonimo che veniva spontaneo chiedersi come diavolo
avesse fatto
a guadagnarsi le mostrine da Generale di Brigata.
«Mentre io le
ricordo che nelle guerre, quelle vere, comandanti e supervisori se ne
stanno in
prima linea, con i loro soldati. Non seduti comodamente a sorseggiare
tè e
lamentarsi delle proprie mogli, limitandosi ad osservare»
replicò lapidaria,
per poi voltare le spalle ai colleghi e scendere sul campo.
In poche rapide
e grandi falcate raggiunse il Capitano Buccaneer e cominciò
ad esporgli il
nuovo assetto che avrebbero dovuto assumere le varie squadre.
In pochi secondi
tutti i soldati si erano schierati secondo le nuove direttive. Davanti
a tutti
stava lei, il Generale di Briggs, che con pochi gesti decisi diede
l’ordine di
attaccare. In breve le distanze tra uno schieramento è
l’altro si annullarono.
Ora gli uomini del Nord potevano benissimo guardare in faccia i nemici
fasulli.
Questo comportò che i movimenti e le azioni diventassero
più frenetiche, meno
controllate, essenzialmente legate all’istinto di
sopravvivenza. La legge della
forza di Briggs veniva applicata nel pieno del suo significato.
Fu proprio in
questo frangente di confusione ed istintività che il General
Maggiore venne
colpita, scaraventata a terra ed in parte calpestata dagli uomini
dell’est, che
tentavano di riguadagnare il terreno perduto.
Miles, che osservava
dall’alto, non appena vide la scena, si fiondò sul
campo per interrompere
qualunque azione. La priorità, ora, era recuperare il suo
superiore e portarlo
nell’infermeria della fortezza, pur ben sapendo che il
Generale si sarebbe
molto arrabbiata. Certo, lei era una vera e propria montagna, difficile
da
scalfire; ma allo stesso tempo era anche un essere umano. Un essere
umano con
annesse e connesse tutte le sue fragilità. Per questo era
difficile mettere a
tacere lo stato d’apprensione che aveva colto il Maggiore.
Quella donna non
tollerava di essere trattata come se fosse stata debole, come se fosse
stata…
una donna, appunto, questo perché più di chiunque
altro lei non rientrava nella
categoria della povera e indifesa donzella bisognosa di aiuto e
protezione.
Nel frattempo
anche gli altri Generali e supervisori si erano attivati per far
cessare il
putiferio che si era scatenato. Tuttavia il Maggiore Miles fu il primo
a
raggiungere il Generale Armstrong e l’avrebbe pure presa in
braccio se solo non
fosse stato più che certo che lei l’avrebbe
trapassato con il suo fioretto se
solo avesse anche provato ad accennare a compiere un simile gesto.
Perciò le
tese solo una mano per aiutarla ad alzarsi e, nello stesso istante in
cui lei
fu in piedi, sebbene leggermente barcollante, la stessa
cominciò a sbraitare e
a ordinare che le operazioni non fossero interrotte.
Giusto una
manciata di minuti dopo il Capitano Buccaneer aveva riordinato le fila
e
ripreso in mano la situazione sul fittizio campo di battaglia; Olivier
Milla
Armstrong era stata costretta ad affidarsi alle cure di un ufficiale
medico,
mentre il Maggiore Miles era tornato a quella maledetta piccionaia,
sempre con
il binocolo al collo, a fare le veci della sua regina.
***
Un po’ era
invidioso di Buccaneer, anche se non l’avrebbe mai ammesso
apertamente. Miles
era invidioso perché il Capitano senza alcuna vergogna ed
imbarazzo si
esprimeva e riferiva al loro Generale chiamandola
“Regina” o “Principessa”. E
questo era un lusso che lui non si era mai permesso, per quanto fosse
suo
assistente personale da anni.
In assoluto lui
era la persona, anzi, meglio ancora, l’uomo con cui Olivier
Milla Armstrong
passava più tempo durante tutto l’arco di una
giornata.
In seguito a
queste considerazioni sarebbe stato spontaneo cominciare a pensare che
l’unica
persona che veramente possedesse il diritto di essere invidiosa, anzi,
proprio
gelosa, fosse la signora Miles, che non vedeva e sentiva il marito
anche per
giorni interi. Eppure tali pensieri non sfioravano minimamente la mente
del
Maggiore, che invece, in quel momento si tormentava riguardo allo stato
di
salute del suo superiore.
I medici aveva
parlato di una semplice contusione. Nulla che non si sarebbe risolto
con un po’
di riposo ed antidolorifici all’evenienza. Ma nonostante
queste rassicurazioni,
Miles non si sarebbe sentito sollevato a riguardo finché non
avesse visto con i
proprio occhi la sua “Regina”.
Ecco, solo
pensare di chiamarla con quell’appellativo andava bene.
Raggiunse
l’alloggio del Generale, ben sapendo che nonostante le
raccomandazioni del
dottore, non l’avrebbe trovata a letto. Bussò per
educazione, aspettando il
permesso di entrare.
Come previsto
lei si trovava in piedi, davanti all’unica finestrella da cui
entrava poca luce,
i pantaloni del pigiama e l’immancabile giacca della divisa.
Ben pensandoci non
aveva mai visto il suo Generale in abiti civili. Già trovava
strano il fatto
che indossasse i pantaloni del pigiama e un paio di pantofole ai piedi.
Anche quando
Miles le fu affianco, lei non smise per un solo attimo di guardare
fuori da
quel piccolo pertugio. Solo una pianticella di calendula solitaria a
farle
compagnia.
Era un vero e
proprio miracolo che quella piantina fosse sopravvissuta, non solo al
freddo
glaciale del luogo, ma soprattutto alle pressoché assenti
cure della sua
proprietaria. Eppure la pianta continuava a resistere, a scapito di
tutte le
sue precedenti compagne, vissute al massimo una decina di giorni. Ed
anzi, per
ripicca, ora che si avvicinava la bella stagione, la pianticciola aveva
persino
cominciato a fiorire. Tuttavia, quella mattina, i piccoli boccioli
aranciati non
si erano schiusi.
«Se solo si
fosse messo a nevicare prima non avremmo avuto tutti quei problemi a
vincere
contro quelle mezze cartucce dell’est!» lei
esclamò con una punta d’astio,
mettendo fine al silenzio della stanza.
C’era
d’aspettarsi una reazione tanto veemente. In fondo la Parete
Nord di Briggs era
stata sconfitta e calpestata nell’orgoglio.
«L’anno
prossimo
sapremo sicuramente rifarci. Abbiamo fatto degli errori di calcolo, ma
siamo
riusciti a correggerci durante lo svolgimento
dell’operazione» commentò il
subordinato, sempre con lo sguardo puntato sul Generale. Non si sarebbe
mai
azzardato a domandarle come stava. Certe domande erano proibite.
Ma il suo occhio
era ben allenato e sapeva bene interpretare i minimi movimenti del
corpo della
donna che gli stava di fronte. E dopo una rapida occhiata, poteva dire
con
assoluta certezza che Olivier Armstrong provasse dolore
all’altezza della
spalla sinistra. Gli era bastato notare la posizione innaturale del
braccio in
quel momento.
«Sei venuto qui
per cercare di risollevarmi lo spirito, Miles? Per dirmi quanto sono
brava e
quanto valgo come Generale, nonostante la vittoria di oggi non sia
stata
schiacciante?».
«Non erano
queste le mie intenzioni, Signore» rispose con compostezza il
sottoposto.
«Io so di essere
brava. So di essere il miglior Generale dell’esercito. Non
come quei pecoroni
inetti… Vecchi bavosi e lamentosi. Incapaci di qualunque
cosa».
Solo in seguito
a queste parole di biasimo la Armstrong si girò per guardare
in faccia il Maggiore,
che in silenzio ed rimanendo in piedi aveva assistito a quello sfogo
ricolmo di
stizza e celata ma rigida autocritica.
«Ma se non sei
venuto qui per commiserarmi, allora perché?»
La domanda
sorprese non poco l’uomo, che non era per niente abituato a
trovarsi di fronte
a dimostrazioni di pseudo vulnerabilità da parte
dell’indistruttibile Parete
Nord.
«Credo che lei
sappia benissimo perché, senza alcun bisogno che io le
spieghi niente».
Si fissarono per
alcuni secondi, senza dirsi nulla. Miles sapeva che lei aveva intuito
il motivo
della visita fin dall’inizio e, in fondo, sperava che se ne
sentisse lusingata.
Ma una speranza del genere equivaleva praticamente al desiderare la
luna.
«Bene» disse il
Maggiore mettendosi sull’attenti per eseguire il saluto
militare, «Con il suo
permesso io mi congedo, signore».
Batté il tacco e
le voltò le spalle, quando la voce di Olivier lo raggiunse
fredda e perentoria.
«No. Resta».
Era il tono di
chi è abituato a dare ordine e a essere ubbidito.
***
Il
sesso questa
volta era stato stranamente… dolce, quasi tenero. Non
c’era stata l'impetuosità selvaggia di sempre. E
se da un
lato la cosa a Miles non dispiaceva
per nulla, dall’altro il senso di colpa cominciava ad
incombere
minaccioso.
Erano anni che
scaldava il letto del Generale nel gelo quasi perenne dei monti Briggs.
Ma mai
si era sentito minimamente in colpa. In fondo era solo semplice e
naturale sesso.
Vero?
Questa volta,
però, era stato diverso; lui era stato particolarmente
attento e delicato con
lei, ben conscio dei dolori che provava, come quando stava con sua
moglie.
Peccato solo che Olivier Milla Armstrong non fosse sua moglie e
pertanto lui
non avesse giurato davanti a parenti, testimoni ed un sacerdote di
amarla tutti
i giorni della sua vita.
Ma forse, ben
pensandoci, la sua lealtà nei confronti del generale poteva
benissimo essere
paragonata ad una muta promessa: non si era forse ripromesso di amarla,
rispettarla ed onorarla fino a che la vita non l’avesse
abbandonato
completamente?
Da un po’ aveva
cominciato ad accorgersi di quei sentimenti così poco
militareschi nei
confronti del suo superiore. Ma non vi aveva mai dato peso. Era un uomo
adulto
e come tale affrontava la situazione: la ignorava. Se non sai come
superare un
problema, aggiralo; finché ovviamente il problema non decide
che è stufo di
essere ignorato e quindi inizia a farti una corte piuttosto invadente.
Ed era questo il
caso.
Ma ormai, cosa
poteva farci? Tanto valeva sguazzare in quella bella e profonda pozza
di senso
di colpa, di inadeguatezza e di regole infrante. Il bagno in acque
proibite è
sempre il più piacevole ed appagante, su questo non ci sono
santi che tengano.
Allora perché il
volto dolce di sua moglie continuava a tormentarlo?
Lui l’amava,
anche di questo era sicuro. Se l’era scelta con cura tra
tante. Amava non solo
il suo corpo, ma anche quel suo carattere docile e paziente, e allo
stesso
tempo entusiasta della vita e ottimista. Tutto il contrario di un certo
alto
ufficiale. Sua moglie era una brava donna. Una brava donna che non
meritava di
essere presa in giro così spudoratamente. Eppure il coraggio
di confessare
quell’adulterio così a lungo perpetuato proprio
non riusciva a trovarlo.
Avrebbe vissuto
nella menzogna solo ancora un altro po’. Giusto il tempo di
capire quali
fossero i veri sentimenti che provava per la sua regina.
Aveva sentito
che si possono amare due donne tanto intensamente allo stesso tempo, ma
non vi
aveva mai creduto.
Tuttavia per il
momento era meglio accantonare questi pensieri e concentrarsi sulla
splendida
creatura dall’indole selvaggia stesa al suo fianco.
La spalla le
faceva ancora male. Non ci voleva certo un dottore per capirlo.
Lui si alzò dal
groviglio delle lenzuola sudate per recuperare una scatolina in metallo
dalla
tasca della giacca della sua divisa. Di un’altra cosa si
poteva essere sicuri:
il Maggiore Miles era un uomo previdente e non a caso aveva intascato
quella
scatolina.
Non appena
l’aprì un profumo intenso si sprigionò
in tutta la stanza, coprendo tutti gli
altri odori. Raccolse una piccola quantità
d’unguento con l’indice e il medio
della mano destra e, approfittando del fatto che la donna si trovasse
stesa
sulla pancia, cominciò a massaggiare la parte dolente, su
cui cominciava ad
affiorare un grosso livido.
«Che
cos’è?»
chiese lei mentre quel profumo cominciava ad entrarle nelle narici.
«La crema
miracolosa di mia suocera. Guarisce qualunque cosa, secondo il suo
parere».
«È una donna
affidabile, tua suocera?».
«Finora non ne
ha mai sbagliata una. È fissata con la medicina alternativa
ed ha passato le
sue convinzioni anche a sua figlia».
Non appena ebbe
pronunciato quelle parole, interruppe il massaggio. Rimase folgorato da
alcune
convinzioni, che solo in quel momento gli risultarono assolutamente
chiare e
solidissime.
Innanzitutto lui
si era innamorato del Generale, ma non della sua figura o del suo
atteggiamento. Niente amore platonico, a farla breve. Si era innamorato
proprio
della persona che continuava a rimanere distesa al suo fianco. E questo
non si
poteva. Era sbagliato per tanti motivi e proibito per ancora
più ragioni.
In secondo luogo
si rese conto che sua moglie sapeva. Sapeva che faceva sesso con
un’altra donna
e non una qualunque. Ma nonostante questo continuava ad amarlo anima e
corpo,
ad accoglierlo con il sorriso quelle sempre più rare volte
in cui tornava a
casa, a fare progetti per un futuro che difficilmente si sarebbe
realizzato…
Lei sapeva e lui
non se ne era mai accorto prima.
Ora gli erano
chiare tutte quelle frasi allusive, tutti quei piccoli gesti che aveva
sottovalutato.
Maledizione! E
ora, che fare?
Intanto decise
che la cosa migliore era riprendere ciò che aveva
abbandonato giusto un paio di
secondi prima. Intinse nuovamente le dita nella crema e
ricominciò il
massaggio.
«E così tua
moglie è una seguace della medicina alternativa.
Conoscendola non l’avrei mai
detto» commentò la donna per poi girarsi,
incurante del fatto che avrebbe unto
le lenzuola, visto che la crema non si era ancora assorbita del tutto.
Baciò il
suo amante con passione, senza lasciargli la possibilità di
sottrarsi e si alzò
per andare a recuperare gli indumenti lasciati sul pavimento. Il freddo
cominciava a farsi sentire.
Quello era il
segnale, che significava: “È tutto finito. Basta
con le smancerie. Torniamo ai
nostri posti”. Miles prese al balzo tale segnale e
cominciò anche lui a
rivestirsi. Infine inforcò gli occhiali. Rimettersi gli
occhiali era sempre
l’ultima cosa che faceva; questo perché il suo
Generale e sua moglie erano le
uniche due persone su tutta la terra cui concedesse di ammirare i suoi
occhi
rossi, segno distintivo di appartenenza al popolo di Ishval. A nessun
altro
permetteva tale lusso; solo alle donne della sua vita, quelle per cui
avrebbe
dato la vita.
«Ti farò
sapere
se quella crema miracolosa funziona. Così potrai riferirlo a
tua suocera…»
disse sibillina mentre il Maggiore era già sulla porta.
E allora Miles
comprese che l’unico che alla fine di tutto non era a
conoscenza dell’intera situazione
fosse proprio lui. Non era lui a
reggere tutti i fili del gioco, come era sempre stato convinto, ma
quella
donna, subdola e diabolica, che non poteva proprio fare a meno di amare.
Uscì pertanto
con la decisione presa, categorica che il suo rapporto con il Generale
da quel
momento sarebbe stato strettamente lavorativo, che avrebbe messo a
tacere il
senso di colpa, che mai più avrebbe condiviso il letto con
Olivier Milla
Armstrong.
***
Tre giorni dopo i
fiori della calendula erano finalmente sbocciati e la scatolina con la
crema
era stata riaperta, così come le gambe del General Maggiore.