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Autore: MusaTalia    14/09/2011    4 recensioni
STORIA PARTECIPANTE AL MAHJONG CONTEST INDETTO DA MY PRIDE E CLASSIFICATASI PRIMA
“Da un po’ aveva cominciato ad accorgersi di quei sentimenti così poco militareschi nei confronti del suo superiore. Ma non vi aveva mai dato peso. Era un uomo adulto e come tale affrontava la situazione: la ignorava. Se non sai come superare un problema, aggiralo; finché ovviamente il problema non decide che è stufo di essere ignorato e quindi inizia a farti una corte piuttosto invadente.
Ed era questo il caso.”
I personaggi presenti nella ff sono Olivier Milla Armstrong e il Maggiore Miles.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sangue di Adone

Sangue di Adone

[STORIA PARTECIPANTE AL MAHJONG CONTEST INDETTO DA MY PRIDE E CLASSIFICATASI PRIMA]

Autore: MusaTalia
Titolo della storia: Sangue di Adone
Fandom: FullMetal Alchemist
Pacchetto: TESSERA FIORE: Calendula; COPPIA HET: Maggiore Miles / General Maggiore Olivier Milla Armstrong; CITAZIONE: “È per me difficile credere che un fiore abbia virtù profetiche”, Charles Monroe Schulz.
Rating: Arancione
Genere: Generale, Introspettivo
Tipologia: One shot
Avvertimenti: Het
Introduzione: “Da un po’ aveva cominciato ad accorgersi di quei sentimenti così poco militareschi nei confronti del suo superiore. Ma non vi aveva mai dato peso. Era un uomo adulto e come tale affrontava la situazione: la ignorava. Se non sai come superare un problema, aggiralo; finché ovviamente il problema non decide che è stufo di essere ignorato e quindi inizia a farti una corte piuttosto invadente.
Ed era questo il caso.”

Note dell'autore: Vorrei innanzitutto ringraziare la giudice del contest che mi ha dato l’opportunità di approfondire, fino ad arrivare ad apprezzare questi due personaggi, che fino a questo momento ho praticamente trascurato. Una menzione speciale va anche alla mia amabile genitrice ed ai suoi libroni di botanica. Inutilmente ha cercato di iniziarmi a quest’arte, ma è un’impresa impossibile convertire chi è stato dotato dal fato di pollice killer, come la sottoscritta. Dopo queste note folk loriche passiamo ai discorsi seri. Nella storia è presente un sacco di sottoriferimenti che credo sia il caso di chiarire. A partire dal titolo. Secondo il mito antico la calendula sbocciò quando il terreno fu bagnato dalle lacrime di Afrodite, addolorata per la morte di Adone. In altre versioni è dal sangue di Adone stesso che sbocciano i fiori. Anche per questo motivo nel linguaggio dei fiori la calendula significa: dolore, dispiacere, pene d’amore (tutte cose che spero di essere riuscita a inserire in questa fic). Inoltre sono ben note (e qui la mamma docet!) le sue proprietà officinali. Infatti, la crema di calendula, (occultamente citata nella storia), può considerarsi una sorta di panacea e per questo in casa mia non manca mai! Infine, secondo la tradizione, se i fiori di calendula di mattino rimangono chiusi, probabilmente pioverà. Tutti questi elementi sono presenti all’interno della fic e si possono leggere come elementi di una “profezia” che si realizza durante tutto il corso della one shot. Ultima nota di cronaca assolutamente inutile: con mio sommo orrore mi sono resa conto di essermi involontariamente ispirata a Nievo per la caratterizzazione dei personaggi.
E come volevasi dimostrare, al mio solito, mi è scappata la mano sulle note…

Il giudizio della giudice si trova nelle recensioni.

DESCALIRMER: FullMetal Alchemist e tutti i suoi personaggi appartengono a Mamma Mucca Hiromu Arakawa. Io mi limito a prenderli e rendere la loro vita un'inferno.






 

“È per me difficile credere che un fiore abbia virtù profetiche”, Charles Monroe Schulz.

 

Era ben noto a tutti che il Maggiore Miles di Briggs fosse un uomo dal temperamento piuttosto mite, incredibilmente simile a quelle giornate di azzurro e silenzio proprie della montagna in cui prestava servizio. Proprio per questo motivo bisognava temere i suoi cambi d’umore, come bisogna temere le variazioni di tempo in montagna, perché da glaciale e tranquillo quale lui era, ci metteva poco ad infiammarsi. Non che alzasse la voce o diventasse violento, semplicemente i suoi occhi, quelle due braci sopite, si riaccendevano e cominciavano a bruciare. Questo era un particolare che a molti sfuggiva, poiché il Maggiore perseverava nell’indossare i suoi occhiali dalle lenti scure per celare le iridi rosse, e poco importava che fuori ci fosse il più splendente e caldo sole estivo o la più bigia e lattiginosa nebbia tardo autunnale.

Al General Maggiore Olivier Milla Armstrong era immediatamente piaciuto quel carattere così mite e falsamente sottomesso. Se c’era da parlare o controbattere qualche decisione, Miles era il primo a farsi avanti per esprimersi, sempre in maniera straordinariamente equilibrata. Proprio per questo motivo il Generale lo aveva scelto come suo braccio destro: quell’uomo era il contrappeso perfetto per bilanciare quel suo carattere così burrascoso e poco incline a cedere di fronte agli altri.

Queste erano le considerazioni che tutti i soldati della zona di East facevano, quando per la prima volta si trovavano ad ammirare la fortezza di Briggs, in occasione delle esercitazioni congiunte e dunque inevitabilmente facevano la conoscenza della signora della fortezza e del suo cavalier servente.

Stranamente, quell’anno, le forze del Generale Grumman -che sempre riusciva a trovare una scusa per defilarsi e delegare il tutto al fidato Colonnello Mustang e agli altri Generali di East- stavano dando del filo da torcere ai soldati addestrati personalmente dalla regina della Parete Nord.

Questo imprevisto stava facendo innervosire il General Maggior, che se ne stava seduta rigida sulla sua sedia nella postazione sopraelevata, lo sguardo truce e la mano stretta intorno alla sua spada. Il Maggiore Miles, al suo fianco, teneva le braccia incrociate al petto, mentre tamburellava con le dita di una mano, sintomo del fatto che anche lui si stava infastidendo.

Il Generale allungò una mano verso il suo assistente, sempre tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Un tacito ordine che significava: passami immediatamente un maledetto binocolo!

Subito il Maggiore le allungò quello che teneva appeso al collo.

Lei guardò appena mezzo secondo, come se più che altro cercasse una conferma a qualcosa; dopodiché lanciò l’aggeggio dietro di sé, recuperato da un sempre pronto Maggiore Miles, e, afferrata la spada, cominciò a borbottare tra i denti, «Che branco d’inutili idioti! Farsi battere da quelli dell’Est. Che vergogna! Bisogna riportare la situazione a nostro vantaggio. Miles!» chiamò perentoria alzandosi dal suo posto, «Tu resta qui mentre io vado a ricordare a quelli lì cosa significa essere un soldato del Nord!».

Stava per buttarsi nella mischia, quando uno degli alti gradi dell’Est intervenne, «Signora, le ricordo che ai comandanti ed ai supervisori non è consentito intromettersi. Se lei intervenisse, lo scopo dell’esercitazione risulterebbe vano. Pertanto la invito a limitarsi ad osservare». Era un uomo assolutamente anonimo; tanto anonimo che veniva spontaneo chiedersi come diavolo avesse fatto a guadagnarsi le mostrine da Generale di Brigata.

«Mentre io le ricordo che nelle guerre, quelle vere, comandanti e supervisori se ne stanno in prima linea, con i loro soldati. Non seduti comodamente a sorseggiare tè e lamentarsi delle proprie mogli, limitandosi ad osservare» replicò lapidaria, per poi voltare le spalle ai colleghi e scendere sul campo.

In poche rapide e grandi falcate raggiunse il Capitano Buccaneer e cominciò ad esporgli il nuovo assetto che avrebbero dovuto assumere le varie squadre.

In pochi secondi tutti i soldati si erano schierati secondo le nuove direttive. Davanti a tutti stava lei, il Generale di Briggs, che con pochi gesti decisi diede l’ordine di attaccare. In breve le distanze tra uno schieramento è l’altro si annullarono. Ora gli uomini del Nord potevano benissimo guardare in faccia i nemici fasulli. Questo comportò che i movimenti e le azioni diventassero più frenetiche, meno controllate, essenzialmente legate all’istinto di sopravvivenza. La legge della forza di Briggs veniva applicata nel pieno del suo significato.

Fu proprio in questo frangente di confusione ed istintività che il General Maggiore venne colpita, scaraventata a terra ed in parte calpestata dagli uomini dell’est, che tentavano di riguadagnare il terreno perduto.

Miles, che osservava dall’alto, non appena vide la scena, si fiondò sul campo per interrompere qualunque azione. La priorità, ora, era recuperare il suo superiore e portarlo nell’infermeria della fortezza, pur ben sapendo che il Generale si sarebbe molto arrabbiata. Certo, lei era una vera e propria montagna, difficile da scalfire; ma allo stesso tempo era anche un essere umano. Un essere umano con annesse e connesse tutte le sue fragilità. Per questo era difficile mettere a tacere lo stato d’apprensione che aveva colto il Maggiore. Quella donna non tollerava di essere trattata come se fosse stata debole, come se fosse stata… una donna, appunto, questo perché più di chiunque altro lei non rientrava nella categoria della povera e indifesa donzella bisognosa di aiuto e protezione.

Nel frattempo anche gli altri Generali e supervisori si erano attivati per far cessare il putiferio che si era scatenato. Tuttavia il Maggiore Miles fu il primo a raggiungere il Generale Armstrong e l’avrebbe pure presa in braccio se solo non fosse stato più che certo che lei l’avrebbe trapassato con il suo fioretto se solo avesse anche provato ad accennare a compiere un simile gesto. Perciò le tese solo una mano per aiutarla ad alzarsi e, nello stesso istante in cui lei fu in piedi, sebbene leggermente barcollante, la stessa cominciò a sbraitare e a ordinare che le operazioni non fossero interrotte.

Giusto una manciata di minuti dopo il Capitano Buccaneer aveva riordinato le fila e ripreso in mano la situazione sul fittizio campo di battaglia; Olivier Milla Armstrong era stata costretta ad affidarsi alle cure di un ufficiale medico, mentre il Maggiore Miles era tornato a quella maledetta piccionaia, sempre con il binocolo al collo, a fare le veci della sua regina.

 

***

 

Un po’ era invidioso di Buccaneer, anche se non l’avrebbe mai ammesso apertamente. Miles era invidioso perché il Capitano senza alcuna vergogna ed imbarazzo si esprimeva e riferiva al loro Generale chiamandola “Regina” o “Principessa”. E questo era un lusso che lui non si era mai permesso, per quanto fosse suo assistente personale da anni.

In assoluto lui era la persona, anzi, meglio ancora, l’uomo con cui Olivier Milla Armstrong passava più tempo durante tutto l’arco di una giornata.

In seguito a queste considerazioni sarebbe stato spontaneo cominciare a pensare che l’unica persona che veramente possedesse il diritto di essere invidiosa, anzi, proprio gelosa, fosse la signora Miles, che non vedeva e sentiva il marito anche per giorni interi. Eppure tali pensieri non sfioravano minimamente la mente del Maggiore, che invece, in quel momento si tormentava riguardo allo stato di salute del suo superiore.

I medici aveva parlato di una semplice contusione. Nulla che non si sarebbe risolto con un po’ di riposo ed antidolorifici all’evenienza. Ma nonostante queste rassicurazioni, Miles non si sarebbe sentito sollevato a riguardo finché non avesse visto con i proprio occhi la sua “Regina”.

Ecco, solo pensare di chiamarla con quell’appellativo andava bene.

Raggiunse l’alloggio del Generale, ben sapendo che nonostante le raccomandazioni del dottore, non l’avrebbe trovata a letto. Bussò per educazione, aspettando il permesso di entrare.

Come previsto lei si trovava in piedi, davanti all’unica finestrella da cui entrava poca luce, i pantaloni del pigiama e l’immancabile giacca della divisa. Ben pensandoci non aveva mai visto il suo Generale in abiti civili. Già trovava strano il fatto che indossasse i pantaloni del pigiama e un paio di pantofole ai piedi.

Anche quando Miles le fu affianco, lei non smise per un solo attimo di guardare fuori da quel piccolo pertugio. Solo una pianticella di calendula solitaria a farle compagnia.

Era un vero e proprio miracolo che quella piantina fosse sopravvissuta, non solo al freddo glaciale del luogo, ma soprattutto alle pressoché assenti cure della sua proprietaria. Eppure la pianta continuava a resistere, a scapito di tutte le sue precedenti compagne, vissute al massimo una decina di giorni. Ed anzi, per ripicca, ora che si avvicinava la bella stagione, la pianticciola aveva persino cominciato a fiorire. Tuttavia, quella mattina, i piccoli boccioli aranciati non si erano schiusi.

«Se solo si fosse messo a nevicare prima non avremmo avuto tutti quei problemi a vincere contro quelle mezze cartucce dell’est!» lei esclamò con una punta d’astio, mettendo fine al silenzio della stanza.

C’era d’aspettarsi una reazione tanto veemente. In fondo la Parete Nord di Briggs era stata sconfitta e calpestata nell’orgoglio.

«L’anno prossimo sapremo sicuramente rifarci. Abbiamo fatto degli errori di calcolo, ma siamo riusciti a correggerci durante lo svolgimento dell’operazione» commentò il subordinato, sempre con lo sguardo puntato sul Generale. Non si sarebbe mai azzardato a domandarle come stava. Certe domande erano proibite.

Ma il suo occhio era ben allenato e sapeva bene interpretare i minimi movimenti del corpo della donna che gli stava di fronte. E dopo una rapida occhiata, poteva dire con assoluta certezza che Olivier Armstrong provasse dolore all’altezza della spalla sinistra. Gli era bastato notare la posizione innaturale del braccio in quel momento.

«Sei venuto qui per cercare di risollevarmi lo spirito, Miles? Per dirmi quanto sono brava e quanto valgo come Generale, nonostante la vittoria di oggi non sia stata schiacciante?».

«Non erano queste le mie intenzioni, Signore» rispose con compostezza il sottoposto.

«Io so di essere brava. So di essere il miglior Generale dell’esercito. Non come quei pecoroni inetti… Vecchi bavosi e lamentosi. Incapaci di qualunque cosa».

Solo in seguito a queste parole di biasimo la Armstrong si girò per guardare in faccia il Maggiore, che in silenzio ed rimanendo in piedi aveva assistito a quello sfogo ricolmo di stizza e celata ma rigida autocritica.

«Ma se non sei venuto qui per commiserarmi, allora perché?»

La domanda sorprese non poco l’uomo, che non era per niente abituato a trovarsi di fronte a dimostrazioni di pseudo vulnerabilità da parte dell’indistruttibile Parete Nord.

«Credo che lei sappia benissimo perché, senza alcun bisogno che io le spieghi niente».

Si fissarono per alcuni secondi, senza dirsi nulla. Miles sapeva che lei aveva intuito il motivo della visita fin dall’inizio e, in fondo, sperava che se ne sentisse lusingata. Ma una speranza del genere equivaleva praticamente al desiderare la luna.

«Bene» disse il Maggiore mettendosi sull’attenti per eseguire il saluto militare, «Con il suo permesso io mi congedo, signore».

Batté il tacco e le voltò le spalle, quando la voce di Olivier lo raggiunse fredda e perentoria. «No. Resta».

Era il tono di chi è abituato a dare ordine e a essere ubbidito.

 

***

 

Il sesso questa volta era stato stranamente… dolce, quasi tenero. Non c’era stata l'impetuosità selvaggia di sempre. E se da un lato la cosa a Miles non dispiaceva per nulla, dall’altro il senso di colpa cominciava ad incombere minaccioso.

Erano anni che scaldava il letto del Generale nel gelo quasi perenne dei monti Briggs. Ma mai si era sentito minimamente in colpa. In fondo era solo semplice e naturale sesso. Vero?

Questa volta, però, era stato diverso; lui era stato particolarmente attento e delicato con lei, ben conscio dei dolori che provava, come quando stava con sua moglie. Peccato solo che Olivier Milla Armstrong non fosse sua moglie e pertanto lui non avesse giurato davanti a parenti, testimoni ed un sacerdote di amarla tutti i giorni della sua vita.

Ma forse, ben pensandoci, la sua lealtà nei confronti del generale poteva benissimo essere paragonata ad una muta promessa: non si era forse ripromesso di amarla, rispettarla ed onorarla fino a che la vita non l’avesse abbandonato completamente?

Da un po’ aveva cominciato ad accorgersi di quei sentimenti così poco militareschi nei confronti del suo superiore. Ma non vi aveva mai dato peso. Era un uomo adulto e come tale affrontava la situazione: la ignorava. Se non sai come superare un problema, aggiralo; finché ovviamente il problema non decide che è stufo di essere ignorato e quindi inizia a farti una corte piuttosto invadente.

Ed era questo il caso.

Ma ormai, cosa poteva farci? Tanto valeva sguazzare in quella bella e profonda pozza di senso di colpa, di inadeguatezza e di regole infrante. Il bagno in acque proibite è sempre il più piacevole ed appagante, su questo non ci sono santi che tengano.

Allora perché il volto dolce di sua moglie continuava a tormentarlo?

Lui l’amava, anche di questo era sicuro. Se l’era scelta con cura tra tante. Amava non solo il suo corpo, ma anche quel suo carattere docile e paziente, e allo stesso tempo entusiasta della vita e ottimista. Tutto il contrario di un certo alto ufficiale. Sua moglie era una brava donna. Una brava donna che non meritava di essere presa in giro così spudoratamente. Eppure il coraggio di confessare quell’adulterio così a lungo perpetuato proprio non riusciva a trovarlo.

Avrebbe vissuto nella menzogna solo ancora un altro po’. Giusto il tempo di capire quali fossero i veri sentimenti che provava per la sua regina.

Aveva sentito che si possono amare due donne tanto intensamente allo stesso tempo, ma non vi aveva mai creduto.

Tuttavia per il momento era meglio accantonare questi pensieri e concentrarsi sulla splendida creatura dall’indole selvaggia stesa al suo fianco.

La spalla le faceva ancora male. Non ci voleva certo un dottore per capirlo.

Lui si alzò dal groviglio delle lenzuola sudate per recuperare una scatolina in metallo dalla tasca della giacca della sua divisa. Di un’altra cosa si poteva essere sicuri: il Maggiore Miles era un uomo previdente e non a caso aveva intascato quella scatolina.

Non appena l’aprì un profumo intenso si sprigionò in tutta la stanza, coprendo tutti gli altri odori. Raccolse una piccola quantità d’unguento con l’indice e il medio della mano destra e, approfittando del fatto che la donna si trovasse stesa sulla pancia, cominciò a massaggiare la parte dolente, su cui cominciava ad affiorare un grosso livido.

«Che cos’è?» chiese lei mentre quel profumo cominciava ad entrarle nelle narici.

«La crema miracolosa di mia suocera. Guarisce qualunque cosa, secondo il suo parere».

«È una donna affidabile, tua suocera?».

«Finora non ne ha mai sbagliata una. È fissata con la medicina alternativa ed ha passato le sue convinzioni anche a sua figlia».

Non appena ebbe pronunciato quelle parole, interruppe il massaggio. Rimase folgorato da alcune convinzioni, che solo in quel momento gli risultarono assolutamente chiare e solidissime.

Innanzitutto lui si era innamorato del Generale, ma non della sua figura o del suo atteggiamento. Niente amore platonico, a farla breve. Si era innamorato proprio della persona che continuava a rimanere distesa al suo fianco. E questo non si poteva. Era sbagliato per tanti motivi e proibito per ancora più ragioni.

In secondo luogo si rese conto che sua moglie sapeva. Sapeva che faceva sesso con un’altra donna e non una qualunque. Ma nonostante questo continuava ad amarlo anima e corpo, ad accoglierlo con il sorriso quelle sempre più rare volte in cui tornava a casa, a fare progetti per un futuro che difficilmente si sarebbe realizzato…

Lei sapeva e lui non se ne era mai accorto prima.

Ora gli erano chiare tutte quelle frasi allusive, tutti quei piccoli gesti che aveva sottovalutato.

Maledizione! E ora, che fare?

Intanto decise che la cosa migliore era riprendere ciò che aveva abbandonato giusto un paio di secondi prima. Intinse nuovamente le dita nella crema e ricominciò il massaggio.

«E così tua moglie è una seguace della medicina alternativa. Conoscendola non l’avrei mai detto» commentò la donna per poi girarsi, incurante del fatto che avrebbe unto le lenzuola, visto che la crema non si era ancora assorbita del tutto. Baciò il suo amante con passione, senza lasciargli la possibilità di sottrarsi e si alzò per andare a recuperare gli indumenti lasciati sul pavimento. Il freddo cominciava a farsi sentire.

Quello era il segnale, che significava: “È tutto finito. Basta con le smancerie. Torniamo ai nostri posti”. Miles prese al balzo tale segnale e cominciò anche lui a rivestirsi. Infine inforcò gli occhiali. Rimettersi gli occhiali era sempre l’ultima cosa che faceva; questo perché il suo Generale e sua moglie erano le uniche due persone su tutta la terra cui concedesse di ammirare i suoi occhi rossi, segno distintivo di appartenenza al popolo di Ishval. A nessun altro permetteva tale lusso; solo alle donne della sua vita, quelle per cui avrebbe dato la vita.

«Ti farò sapere se quella crema miracolosa funziona. Così potrai riferirlo a tua suocera…» disse sibillina mentre il Maggiore era già sulla porta.

E allora Miles comprese che l’unico che alla fine di tutto non era a conoscenza dell’intera situazione fosse proprio lui. Non era lui a reggere tutti i fili del gioco, come era sempre stato convinto, ma quella donna, subdola e diabolica, che non poteva proprio fare a meno di amare.

Uscì pertanto con la decisione presa, categorica che il suo rapporto con il Generale da quel momento sarebbe stato strettamente lavorativo, che avrebbe messo a tacere il senso di colpa, che mai più avrebbe condiviso il letto con Olivier Milla Armstrong.

 

***

 

Tre giorni dopo i fiori della calendula erano finalmente sbocciati e la scatolina con la crema era stata riaperta, così come le gambe del General Maggiore.

   
 
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