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Autore: Feel Good Inc    14/09/2011    6 recensioni
{ III classificata nel 'Mahjong Contest' indetto da My Pride }
«Hai mai notato, Amane, che il sole che tramonta sembra morire dissanguato?»
Misa rabbrividì. «Ma che
schifo, Ryuuzaki!»
Lui abbassò lo sguardo e scelse in tutta tranquillità un altro pasticcino.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Misa Amane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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tramonti di sangue a occidente ~

 

 

 

 

 

 

 

Era una cosa stranissima persino per gli standard di Ryuuzaki.

Misa non era sicura che gli altri se ne fossero mai accorti. Light, di certo, non sembrava darvi alcun peso. Immaginava che ciò dipendesse dal fatto che, là dentro, tutti avevano qualcosa da fare, qualcosa che li distraesse e tenesse i loro occhi occupati, tranne lei. Lei non aveva passatempi né svaghi di alcun genere; andiamo, era ovvio che a un certo punto avesse iniziato a sbirciare le strane manie di Ryuuzaki.

E ne aveva – oh, se ne aveva – di manie strane! Misa non avrebbe mai dimenticato, ad esempio, lo shock della prima volta che lo aveva scoperto addormentato in quella posizione semplicemente ridicola in cui diceva di doversi per forza sedere – «pena la perdita delle proprie capacità psicoanalitiche», qualunque cosa ciò volesse significare. Aveva notato il modo in cui i suoi denti percorrevano la circonferenza dei polpastrelli, senza mai intaccare il centro, quand’era particolarmente pensieroso. Ormai sapeva distinguere i suoi diversi toni di voce; rispettoso quando si rivolgeva a Yagami-san, condiscendente con Matsuda, indecifrabile con Light. Pensava persino di saper elencare tutti i dolci che lui era in grado di mangiare nell’arco di una singola giornata.

Ma quella cosa era veramente stranissima, sì, anche per uno come Ryuuzaki.

Non è che avesse un reale interesse per lui o ciò che gli passasse dentro quella testa arruffata, intendiamoci; in fondo era solo un modo come un altro per passare quelle giornate eternamente immobili. Da quando era stato appurato – grazie al suo intervento, il suo; che Ryuuzaki almeno se ne rendesse conto e la smettesse di trattarla come una svampita! – che Kyosuke Higuchi era Kira, la sorveglianza sul suo Light si era molto allentata, e il detective non passava più così tanto tempo ammanettato a lui; ma Light era sempre impegnato e distante, e a Misa non restava molto da fare, chiusa dentro la sede di un quartier generale in cui tutti sembravano essere più importanti di lei.

Il più delle volte, quando Light s’immergeva in un PC, a lei non restava altro da fare che andare a sedersi scocciata alle spalle di Ryuuzaki e osservare quell’improbabile personaggio alle prese con la sua strampalata esistenza.

Era stato così che se n’era accorta.

«Mi spieghi perché lo fai?»

Ryuuzaki si voltò, restando appollaiato sulla poltroncina girevole, e la studiò con i suoi occhi enormi e perennemente spalancati. Misa si sentiva sempre un po’ a disagio sotto il suo sguardo. Non era come se l’accusasse di qualcosa: più che altro, aveva la sensazione che Ryuuzaki le scavasse dentro, in profondità, ma senza aspettarsi nulla da parte sua; come se non andasse più in cerca del secondo Kira, ma semplicemente di Misa Amane.

«A cosa ti riferisci?»

Aveva parlato nel suo tono più atono, quello che riservava soltanto a lei. Quello che sembrava disinteressato oltre ogni dire. Misa sbuffò forte. Grandioso. E lei che cercava di fare conversazione.

«Ryuuzaki-san può pensare che Misa-Misa sia stupida, ma ci sono tante cose che Misa-Misa osserva, non avendo di meglio da fare.» Sottolineò con cura le ultime parole, caricandole di un sarcasmo cattivo. «Se avesse la possibilità di stare un po’ più tempo col suo Light, Misa-Misa non perderebbe certo tempo dietro a Ryuuzaki; ma Ryuuzaki pensa bene di costringere il ragazzo di Misa-Misa a lavorare come uno schiavetto, e...»

«Amane» e Ryuuzaki inclinò il capo di lato, senza spostarsi, una mano stretta al ginocchio e l’altra ancora sollevata sopra il portatile acceso ai suoi piedi; «se il tuo unico obiettivo è distogliermi dal mio lavoro, possiamo considerare già chiuso questo breve dialogo. In alternativa potresti dirmi dove vuoi arrivare.»

Misa inghiottì una risposta pungente. Mai, mai lo avrebbe ammesso, neppure con se stessa; ma il fatto era che – a dispetto di ogni precedente riflessione – quella cosa la stava rendendo sempre più curiosa.

«Ryuuzaki-san lo fa tutti i giorni.» Abbassò la voce, imbronciata, intrecciando le braccia e le gambe nella sua postazione sul divano, appena dietro la poltroncina di lui. «Ogni giorno, alla stessa ora, Misa-Misa lo vede smettere di lavorare per qualche minuto e guardare fuori dalla finestra. Sempre nello stesso punto. In quei momenti Ryuuzaki dimentica persino di mangiare i suoi dolcetti.»

Ryuuzaki rimase immobile per una serie infinita di secondi. Misa, stavolta, si sentì veramente studiata. Iniziò a pentirsi di averglielo chiesto. Però, oh, uffa, non poteva permettersi una piccola curiosità? Lui era stato ben più che curioso nei suoi confronti, assegnandole quell’appartamento pieno zeppo di telecamere in cui la rifilava giorno e notte!

«È quasi buffo che proprio tu me lo chieda...»

Non avrebbe saputo dire cosa fosse più sorprendente – se il fatto che il suo tono non fosse più atono come prima, ma colpito, o che per una volta avesse distolto gli occhi per primo.

Ci fu un altro breve silenzio, mentre Ryuuzaki tornava alla sua posizione iniziale e – cosa ancor più stupefacente – posava sulle ginocchia anche la mano più vicina al computer.

«Il punto che guardo, Amane, è l’ovest» disse, e anche se non poteva vederli Misa seppe che i suoi occhi erano di nuovo puntati sulla finestra alla sua sinistra. «Suppongo che tu sappia che è da quella parte che tramonta il sole.»

Aprì la bocca per protestare – ma come si permetteva?! Non era così stupida! – ma il detective non le permise di dire nulla, proseguendo nella sua spiegazione con voce bassa e lontana.

«Essenzialmente, l’ovest è un punto finale. In qualunque luogo del pianeta tu possa trovarti, sarà sempre a occidente che vedrai morire il sole. Al tempo stesso è lì che la luce è visibile per l’ultima volta, mentre intorno scende il buio, poiché gli ultimi raggi viaggiano veloci e continuano a colorare il cielo anche nel crepuscolo.» Fece una pausa, durante la quale Misa si ricordò di avere ancora la bocca aperta e la richiuse. «In un certo senso si potrebbe dire che il tramonto corrisponde alla storia della mia vita.»

Misa non era sicura di capire cosa intendesse; rifletté per un istante, ma poi Ryuuzaki ruotò di nuovo la testa verso di lei.

«Hai mai notato, Amane, che il sole che tramonta sembra morire dissanguato?»

Misa rabbrividì. «Ma che schifo, Ryuuzaki

Lui abbassò lo sguardo e scelse in tutta tranquillità un altro pasticcino. Il suo commento non sembrava averlo minimamente impressionato. Non la guardava più, e la sua espressione era più vuota che mai.

Forse lo capiva, dopotutto. Forse quella sua vita era davvero una notte senza albe.

«Però» obiettò, testarda, «non è così vero, sai. Tutte queste parole sul buio e sulla luce che muore... Mai sentito parlare di luna e di stelle?»

Ryuuzaki masticò diligente per un paio di secondi, prima di risponderle senza mezzi termini.

«Una tipica considerazione da adolescente innamorata.»

Misa si sarebbe sentita cascare le braccia, non fosse stato che le teneva ancora rigidamente conserte. Lo guardò con disprezzo puro. «Non hai un briciolo di umanità, Ryuuzaki

«Io amo l’umanità» ribatté, leccandosi l’indice sporco di crema al cioccolato; «è la gente che non sopporto.»

Scattò in piedi. Era così furiosa da tremare. Non sapeva neppure lei perché se la prendesse tanto a male – in fondo cosa mai doveva importargliene se quel tipo aveva deciso di atteggiarsi a nuovo gobbo di Notre Dame? – ma una cosa era certa: nessuno, nessuno poteva provare tanto disinteresse per il mondo.

Neanche uno come Ryuuzaki.

Mosse due rapidi passi verso la sua poltrona, fino a ritrovarsi di fronte alla figura incurvata del detective; lui aveva a stento osservato la sua reazione stizzita, ma fu praticamente costretto a ricambiare il suo sguardo quando lei gli piombò addosso, afferrandogli la felpa sdrucita e premendo forte le labbra sulle sue.

Se era rimasto confuso dalla cosa, Misa non lo seppe in alcun modo. Sentì solo il tonfo del computer che ruzzolava sul tappeto.

Con la stessa fretta urgente con cui si era accostata, adesso gli si accucciò in grembo, spingendolo contro la poltrona fino a fargli assumere una posizione più normale e portandosi una mano di lui in vita. La sentì più calda di quanto si sarebbe mai aspettata. Rabbrividì ancora – di ribrezzo, sì, esatto: mica le piaceva – e un istante dopo schiuse la bocca per mordicchiare il labbro inferiore di Ryuuzaki, colpendolo piano e ripetutamente con la lingua, in attesa della sua resa.

E stava già quasi per rinunciare quando la resa venne: lo sentì disgiungere appena le labbra, quasi con timore, mentre la mano inerte si animava, e di colpo si rese conto di quanto zucchero ci fosse nella sua bocca enigmatica e sibillina.

Durò un attimo solo: Misa si staccò con decisione e schizzò via a una distanza di sicurezza, mentre Ryuuzaki, sprofondato nella poltroncina con gli occhi spalancati, non tradiva nulla se non un respiro leggermente più veloce del normale.

Misa gli sorrise, trionfante, le mani sui fianchi. «Allora! Non mi è sembrata affatto la reazione di uno che non sopporta la gente

Lui rimase imperscrutabile. Sollevò una mano; come faceva spesso, si sfiorò il contorno della bocca con la punta del pollice – Misa seguì quel movimento anticipandone ogni variazione, soffermandovisi con lo sguardo per un istante più del dovuto.

«Tu... non sei ‘la gente’, Amane» mormorò Ryuuzaki con voce incerta.

Lo guardò, attonita, mentre un disagio crescente le risaliva dalla bocca dello stomaco e le affluiva fino in viso assieme al sangue.

Poi sbuffò, gli voltò le spalle con un gesto secco e marciò verso la porta per tornare a barricarsi nel suo appartamento al piano di sopra.

«Dove vai?» domandò Ryuuzaki, di nuovo atono; doveva esser tornato a sedersi sui talloni e aver riacquistato tutte le sue capacità psicoqualcosa.

«A sciacquarmi la bocca con il colluttorio» ringhiò Misa, un attimo prima di raggiungere la porta e uscire di volata dalla stanza. Si augurò che gli altri agenti non avessero sentito nulla di quanto era accaduto là dentro. E soprattutto che quel pervertito di Ryuuzaki non si mettesse in testa strane idee.

Soltanto quando la porta le sbatté alle spalle, spalancò gli occhi e si premette le mani sulla bocca – la bocca che recava ancora tracce del profumo e del sapore e della morbidezza di quella di lui.

Light l’avrebbe ammazzata.

 

 

 

Calava la notte a ovest, e Ryuuzaki guardava la pioggia.

Calava la notte per gli uomini, e Ryuuzaki si sfiorava le labbra con un dito.

Calava la notte dappertutto, e Ryuuzaki sorrideva perché lei stava guardando dalla stessa parte.

 

Le ultime tracce di rosso diventavano nere. Suonavano le campane.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«TRAMONTI DI SANGUE A OCCIDENTE» DI FATAFABY89
TERZA CLASSIFICATA


La frase che ti è capitata nel pacchetto era perfetta per L, e tu hai saputo trovare il momento esatto per far sì che egli la pronunciasse.
Ma facciamo un passo indietro.
Ho amato la tua storia sin dal titolo, e già da esso ho potuto subito comprendere che, aye, non avrei letto per niente una storia allegra; per quanto non sia in vena di cose tristi e deprimenti, in questo periodo, come già detto ho adorato la storia che hai presentato per il contest. Ti rassicuro subito sui personaggi, in quanto nel leggere non li ho trovati affatto OOC: in base al contest in cui la storia si colloca, difatti, essi agiscono com'è giusto che facciano in quella determinata situazione, e ciò li rende, esulando dal discorso di IC e OOC, veri, reali; è una cosa che apprezzo sempre in un racconto, e tu hai saputo giostrarli alla perfezione.
L non è un personaggio che mi sta particolarmente simpatico - in realtà io ho una folle passione per Ryuk -, ma in questa storia hai saputo valorizzarlo, innalzarlo ad un gradino di gradimento leggermente più alto, e ciò ha fatto sì che anch'io, procedendo con la lettura, imparassi ad apprezzarlo maggiormente; è un testo di carattere in cui malinconia e introspettività si confondono, amalgamando quel tramonto rosso sangue alla presenza costante di L e Misa, che sembra quasi fuori posto in sua compagnia.
Anche lei, tra l'altro, è stata caratterizzata egregiamente: l'hai mostrata per la ragazza che è, senza niente di più e senza niente di meno; in un certo senso hai valorizzato una sorta di bizzarra innocenza che la pervade, unita a quell'aria un po' tontarella che sembra perennemente avere sul viso.
E le descrizioni... le descrizioni sono state un qualcosa che ho letto con sommo piacere.
I miei più sinceri complimenti.


Originalità: 8,8
Caratterizzazione dei personaggi: 9
Stile e lessico: 9,5
Utilizzo del pacchetto: 9,5
Apprezzamento personale: 5

Totale: 41,8

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

La cosa veramente strana delle mie partecipazioni ai contest è che le storie che mi convincono meno sono sempre quelle che ottengono un risultato migliore. Il terzo posto ottenuto nel Mahjong Contest di My Pride è stata, giuro, un’autentica sorpresa; per quanto il prompt ‘ovest’ e la citazione Io amo l’umanità, è la gente che non sopporto (Linus, Charles Shultz) mi avessero subito ispirata, questa shot mi sembrava comunque assolutamente insipida. Beh, spero che fosse davvero soltanto una mia impressione xD

So che sembra una conclusione ritrita, ma non è che abbia trovato tanti sinonimi di grazie a tutti, sapete.

Aya ~

   
 
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