tramonti di sangue a occidente ~
Era una cosa stranissima
persino per gli standard di Ryuuzaki.
Misa non era sicura che gli
altri se ne fossero mai accorti. Light, di certo, non sembrava darvi alcun
peso. Immaginava che ciò dipendesse dal fatto che, là dentro, tutti avevano qualcosa da fare, qualcosa
che li distraesse e tenesse i loro occhi occupati, tranne lei. Lei non aveva passatempi né svaghi di alcun
genere; andiamo, era ovvio che a un certo punto avesse iniziato a sbirciare le
strane manie di Ryuuzaki.
E ne aveva – oh,
se ne aveva – di manie strane! Misa non avrebbe
mai dimenticato, ad esempio, lo shock della prima volta che lo aveva scoperto
addormentato in quella posizione semplicemente ridicola in cui diceva di doversi per forza sedere –
«pena la perdita delle proprie capacità psicoanalitiche»,
qualunque cosa ciò volesse significare. Aveva notato il modo in cui i
suoi denti percorrevano la circonferenza dei polpastrelli, senza mai intaccare
il centro, quand’era particolarmente pensieroso. Ormai sapeva distinguere
i suoi diversi toni di voce; rispettoso quando si rivolgeva a Yagami-san, condiscendente con Matsuda,
indecifrabile con Light. Pensava persino di saper elencare tutti i dolci che
lui era in grado di mangiare nell’arco di una singola giornata.
Ma quella cosa era veramente stranissima, sì, anche per uno come
Ryuuzaki.
Non è che avesse
un reale interesse per lui o ciò che gli passasse dentro quella testa
arruffata, intendiamoci; in fondo era solo un modo come un altro per passare
quelle giornate eternamente immobili. Da quando era stato appurato – grazie
al suo intervento, il suo; che Ryuuzaki
almeno se ne rendesse conto e la smettesse di trattarla come una svampita!
– che Kyosuke Higuchi
era Kira, la sorveglianza sul suo Light si era molto
allentata, e il detective non passava più così tanto tempo
ammanettato a lui; ma Light era
sempre impegnato e distante, e a Misa non restava
molto da fare, chiusa dentro la sede di un quartier generale in cui tutti
sembravano essere più importanti di lei.
Il più delle
volte, quando Light s’immergeva in un PC, a lei non restava altro da fare
che andare a sedersi scocciata alle spalle di Ryuuzaki
e osservare quell’improbabile personaggio alle prese con la sua
strampalata esistenza.
Era stato così
che se n’era accorta.
«Mi spieghi
perché lo fai?»
Ryuuzaki si voltò,
restando appollaiato sulla poltroncina girevole, e la studiò con i suoi
occhi enormi e perennemente spalancati. Misa si
sentiva sempre un po’ a disagio sotto il suo sguardo. Non era come se
l’accusasse di qualcosa: più che altro, aveva la sensazione che Ryuuzaki le scavasse dentro, in profondità, ma senza
aspettarsi nulla da parte sua; come se non andasse più in cerca del
secondo Kira, ma semplicemente di Misa
Amane.
«A cosa ti
riferisci?»
Aveva parlato nel suo
tono più atono, quello che riservava soltanto a lei. Quello che sembrava
disinteressato oltre ogni dire. Misa sbuffò
forte. Grandioso. E lei che cercava di fare conversazione.
«Ryuuzaki-san può pensare che Misa-Misa
sia stupida, ma ci sono tante cose che Misa-Misa
osserva, non avendo di meglio da fare.»
Sottolineò con cura le ultime parole, caricandole di un sarcasmo
cattivo. «Se avesse la possibilità di stare un po’
più tempo col suo Light, Misa-Misa non
perderebbe certo tempo dietro a Ryuuzaki; ma Ryuuzaki pensa bene di costringere il ragazzo di Misa-Misa a lavorare come
uno schiavetto, e...»
«Amane» e Ryuuzaki inclinò il capo di lato, senza spostarsi,
una mano stretta al ginocchio e l’altra ancora sollevata sopra il
portatile acceso ai suoi piedi; «se il tuo unico obiettivo è
distogliermi dal mio lavoro, possiamo considerare già chiuso questo
breve dialogo. In alternativa potresti dirmi dove vuoi arrivare.»
Misa inghiottì una
risposta pungente. Mai, mai lo
avrebbe ammesso, neppure con se stessa; ma il fatto era che – a dispetto
di ogni precedente riflessione – quella
cosa la stava rendendo sempre più curiosa.
«Ryuuzaki-san lo fa tutti i giorni.» Abbassò la
voce, imbronciata, intrecciando le braccia e le gambe nella sua postazione sul
divano, appena dietro la poltroncina di lui. «Ogni giorno, alla stessa
ora, Misa-Misa lo vede smettere di lavorare per
qualche minuto e guardare fuori dalla finestra. Sempre nello stesso punto. In
quei momenti Ryuuzaki dimentica persino di mangiare i
suoi dolcetti.»
Ryuuzaki rimase immobile per una
serie infinita di secondi. Misa, stavolta, si
sentì veramente studiata.
Iniziò a pentirsi di averglielo chiesto. Però, oh, uffa, non poteva permettersi una piccola
curiosità? Lui era stato ben
più che curioso nei suoi
confronti, assegnandole quell’appartamento pieno zeppo di telecamere in
cui la rifilava giorno e notte!
«È quasi
buffo che proprio tu me lo chieda...»
Non avrebbe saputo dire
cosa fosse più sorprendente – se il fatto che il suo tono non
fosse più atono come prima, ma colpito, o che per una volta avesse distolto
gli occhi per primo.
Ci fu un altro breve
silenzio, mentre Ryuuzaki tornava alla sua posizione
iniziale e – cosa ancor più stupefacente – posava sulle
ginocchia anche la mano più
vicina al computer.
«Il punto che
guardo, Amane, è l’ovest» disse, e anche se non poteva
vederli Misa seppe che i suoi occhi erano di nuovo
puntati sulla finestra alla sua sinistra. «Suppongo che tu sappia che
è da quella parte che tramonta il sole.»
Aprì la bocca per
protestare – ma come si permetteva?! Non era così stupida! – ma il detective non le permise di dire
nulla, proseguendo nella sua spiegazione con voce bassa e lontana.
«Essenzialmente,
l’ovest è un punto finale. In qualunque luogo del pianeta tu possa
trovarti, sarà sempre a occidente che vedrai morire il sole. Al tempo
stesso è lì che la luce è visibile per l’ultima
volta, mentre intorno scende il buio, poiché gli ultimi raggi viaggiano
veloci e continuano a colorare il cielo anche nel crepuscolo.» Fece una
pausa, durante la quale Misa si ricordò di
avere ancora la bocca aperta e la richiuse. «In un certo senso si
potrebbe dire che il tramonto corrisponde alla storia della mia vita.»
Misa non era sicura di
capire cosa intendesse; rifletté per un istante, ma poi Ryuuzaki ruotò di nuovo la testa verso di lei.
«Hai mai notato,
Amane, che il sole che tramonta sembra morire dissanguato?»
Misa rabbrividì.
«Ma che schifo, Ryuuzaki!»
Lui abbassò lo
sguardo e scelse in tutta tranquillità un altro pasticcino. Il suo
commento non sembrava averlo minimamente impressionato. Non la guardava
più, e la sua espressione era più vuota che mai.
Forse lo capiva,
dopotutto. Forse quella sua vita era davvero una notte senza albe.
«Però»
obiettò, testarda, «non è così vero, sai. Tutte
queste parole sul buio e sulla luce che muore... Mai sentito parlare di luna e
di stelle?»
Ryuuzaki masticò
diligente per un paio di secondi, prima di risponderle senza mezzi termini.
«Una tipica
considerazione da adolescente innamorata.»
Misa si sarebbe sentita
cascare le braccia, non fosse stato che le teneva ancora rigidamente conserte.
Lo guardò con disprezzo puro. «Non hai un briciolo di
umanità, Ryuuzaki.»
«Io amo
l’umanità» ribatté, leccandosi l’indice sporco
di crema al cioccolato; «è la gente che non sopporto.»
Scattò in piedi.
Era così furiosa da tremare. Non sapeva neppure lei perché se la
prendesse tanto a male – in fondo cosa mai doveva importargliene se quel
tipo aveva deciso di atteggiarsi a nuovo gobbo di Notre
Dame? – ma una cosa era certa: nessuno, nessuno poteva provare tanto
disinteresse per il mondo.
Neanche uno come Ryuuzaki.
Mosse due rapidi passi
verso la sua poltrona, fino a ritrovarsi di fronte alla figura incurvata del
detective; lui aveva a stento osservato la sua reazione stizzita, ma fu
praticamente costretto a ricambiare il suo sguardo quando lei gli piombò
addosso, afferrandogli la felpa sdrucita e premendo
forte le labbra sulle sue.
Se era rimasto confuso
dalla cosa, Misa non lo seppe in alcun modo.
Sentì solo il tonfo del computer che ruzzolava sul tappeto.
Con la stessa fretta
urgente con cui si era accostata, adesso gli si accucciò in grembo,
spingendolo contro la poltrona fino a fargli assumere una posizione più normale e portandosi una mano di lui in
vita. La sentì più calda di quanto si sarebbe mai aspettata.
Rabbrividì ancora – di ribrezzo, sì, esatto: mica le piaceva – e un istante
dopo schiuse la bocca per mordicchiare il labbro inferiore di Ryuuzaki, colpendolo piano e ripetutamente con la lingua,
in attesa della sua resa.
E stava già quasi
per rinunciare quando la resa venne: lo sentì disgiungere appena le
labbra, quasi con timore, mentre la mano inerte si animava, e di colpo si rese
conto di quanto zucchero ci fosse
nella sua bocca enigmatica e sibillina.
Durò un attimo
solo: Misa si staccò con decisione e
schizzò via a una distanza di sicurezza, mentre Ryuuzaki,
sprofondato nella poltroncina con gli occhi spalancati, non tradiva nulla se
non un respiro leggermente più veloce del normale.
Misa gli sorrise,
trionfante, le mani sui fianchi. «Allora! Non mi è sembrata
affatto la reazione di uno che non
sopporta la gente.»
Lui rimase
imperscrutabile. Sollevò una mano; come faceva spesso, si sfiorò
il contorno della bocca con la punta del pollice – Misa
seguì quel movimento anticipandone ogni variazione, soffermandovisi con
lo sguardo per un istante più
del dovuto.
«Tu... non sei
‘la gente’, Amane» mormorò Ryuuzaki
con voce incerta.
Lo guardò,
attonita, mentre un disagio crescente le risaliva dalla bocca dello stomaco e
le affluiva fino in viso assieme al sangue.
Poi sbuffò, gli
voltò le spalle con un gesto secco e marciò verso la porta per
tornare a barricarsi nel suo appartamento al piano di sopra.
«Dove vai?»
domandò Ryuuzaki, di nuovo atono; doveva esser
tornato a sedersi sui talloni e aver riacquistato tutte le sue capacità psicoqualcosa.
«A sciacquarmi la
bocca con il colluttorio» ringhiò Misa,
un attimo prima di raggiungere la porta e uscire di volata dalla stanza. Si
augurò che gli altri agenti non avessero sentito nulla di quanto era
accaduto là dentro. E soprattutto
che quel pervertito di Ryuuzaki non si mettesse in
testa strane idee.
Soltanto quando la porta
le sbatté alle spalle, spalancò gli occhi e si premette le mani
sulla bocca – la bocca che recava ancora tracce del profumo e del sapore
e della morbidezza di quella di lui.
Light l’avrebbe
ammazzata.
Calava la notte a ovest, e Ryuuzaki
guardava la pioggia.
Calava la notte per gli uomini, e Ryuuzaki
si sfiorava le labbra con un dito.
Calava la notte dappertutto, e Ryuuzaki
sorrideva perché lei stava
guardando dalla stessa parte.
Le ultime tracce di rosso diventavano nere. Suonavano le
campane.
«TRAMONTI DI SANGUE A
OCCIDENTE» DI FATAFABY89
TERZA CLASSIFICATA
La frase che ti è capitata nel
pacchetto era perfetta per L, e tu hai saputo trovare il momento esatto per far
sì che egli la pronunciasse.
Ma facciamo un passo indietro.
Ho amato la tua storia sin dal titolo, e già da esso ho potuto subito
comprendere che, aye, non avrei letto per niente una
storia allegra; per quanto non sia in vena di cose tristi e deprimenti, in
questo periodo, come già detto ho adorato la storia che hai presentato
per il contest. Ti rassicuro subito sui personaggi, in quanto nel leggere non
li ho trovati affatto OOC: in base al contest in cui la storia si colloca,
difatti, essi agiscono com'è giusto che facciano in quella determinata
situazione, e ciò li rende, esulando dal discorso di IC e OOC, veri, reali; è una cosa che apprezzo
sempre in un racconto, e tu hai saputo giostrarli alla perfezione.
L non è un personaggio che mi sta particolarmente simpatico - in
realtà io ho una folle passione per Ryuk -, ma
in questa storia hai saputo valorizzarlo, innalzarlo ad un gradino di
gradimento leggermente più alto, e ciò ha fatto sì che
anch'io, procedendo con la lettura, imparassi ad apprezzarlo maggiormente;
è un testo di carattere in cui malinconia e introspettività
si confondono, amalgamando quel tramonto rosso sangue alla presenza costante di
L e Misa, che sembra quasi fuori posto in sua
compagnia.
Anche lei, tra l'altro, è stata caratterizzata egregiamente: l'hai
mostrata per la ragazza che è, senza niente di più e senza niente
di meno; in un certo senso hai valorizzato una sorta di bizzarra innocenza che
la pervade, unita a quell'aria un po' tontarella che
sembra perennemente avere sul viso.
E le descrizioni... le descrizioni sono state un qualcosa che ho letto con
sommo piacere.
I miei più sinceri complimenti.
Originalità: 8,8
Caratterizzazione dei personaggi: 9
Stile e lessico: 9,5
Utilizzo del pacchetto: 9,5
Apprezzamento personale: 5
Totale: 41,8
Spazio
dell’autrice
La cosa veramente
strana delle mie partecipazioni ai contest è che le storie che mi
convincono meno sono sempre quelle che ottengono un risultato migliore. Il
terzo posto ottenuto nel Mahjong Contest
di My Pride
è stata, giuro, un’autentica sorpresa; per quanto il prompt ‘ovest’ e la citazione Io amo l’umanità, è la
gente che non sopporto (Linus, Charles Shultz) mi
avessero subito ispirata, questa shot mi sembrava
comunque assolutamente insipida. Beh, spero che fosse davvero soltanto una mia
impressione xD
So che sembra una conclusione
ritrita, ma non è che abbia trovato tanti sinonimi di grazie a tutti, sapete. ♥
Aya ~