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Autore: Deilantha    15/09/2011    4 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 4





 

Il Sandbox era più grande del Dada: da un ingresso non molto vasto, si accedeva alla sala vera e propria scendendo una lunga scalinata trasparente e una volta scesi, ci si sentiva come dei pesci rossi in un acquario! O almeno quella era l’impressione che avevo io ogni volta che ci andavo: tutte le pareti divisorie, piccole o grandi che fossero, erano in plexiglass trasparente, dando l’impressione di essere tutti contenuti in una grande scatola per essere messi in mostra! Probabilmente essendo interrato come locale, l’architetto che l’aveva progettato voleva dargli una parvenza di leggiadria e la sensazione di essere all’aperto, ma per un claustrofobico non credo avrebbe funzionato! Era un luogo non proprio adatto anche a mia sorella che, costretta a camminare con le stampelle, aveva un’enorme difficoltà a scendere quelle scale scivolose e trasparenti.

Ma, inutile dirlo, Stè colse l’occasione per sorreggerla e aiutarla a scendere, assistito da Fede in avanscoperta. Mentre mia sorella si godeva le attenzioni verso di lei (che ovviamente non le stavo dando e non avevo intenzione di darle), iniziai a guardarmi intorno appena la discesa dei gradini mi consentì  di vedere la sala: conoscevo benissimo quel luogo, ma quella sera non riuscivo a smettere di cercare qualcuno con lo sguardo, non osavo chiedere a me stessa il motivo di quell’ansia e non volevo nemmeno fingere indifferenza verso ciò che sentivo. Molto probabilmente era solo la voglia di capire se il secondo ascolto di quel gruppo mi avrebbe fatto provare le stesse emozioni della volta precedente, la mia ansia aveva solo questo semplice motivo ed era giustificatissima!

Riuscimmo a trovare un  buon posto per noi quattro, che fosse anche nei pressi del palco, così da poter ascoltare meglio: Fede si accomodò accanto a me, non avendo alcuna confidenza con mia sorella e ben sapendo che comunque le attenzioni di Simona erano richieste da qualcun altro alla mia destra.

Sentivo crescere sempre più dentro di me una strana inquietudine, sentivo un’ansia strana e a volte mi accorgevo di essere in tachicardia e dovevo tranquillizzarmi con un respiro più lento: Stè quasi mi dava le spalle e per fortuna non vedeva lo stato in cui versavo. Ma Fede mi era accanto e temevo qualche suo commento: non ero mai stata brava a celare le mie emozioni e quei due ragazzi in particolare, mi leggevano dentro al pari di un telepate! 

Fede era un figlio dei fiori mancato: sempre tranquillo e pacifico, non amava le discussioni e si sentiva a disagio ogni volta che io e Testa di Paglia finivamo a dibattere con qualcuno:  era indifferente che fosse in tono aggressivo (la sottoscritta) o gioviale (Stè), non amava turbare la quiete e l’equilibrio che si crea quando gli esseri umani si rapportano tra di loro con il sorriso e la gentilezza, anziché con le urla e con le offese; Peace&Love era il suo motto preferito!  Aveva uno spirito sensibilissimo agli animi altrui, ed ecco perché amava rendersi utile in comunità, riusciva a donare la sua calma e il suo sorriso a chiunque gli si avvicinasse, un vero e proprio calmante naturale! Anche se in quel momento, quel dono non stava assolutamente facendo effetto su di me.

«Cosa c’è Pasi? Sei tesa per la presenza di Simona? Tanto non la sentirai nemmeno, ci penserà Stefano a fartela dimenticare!» Sorridendo, mi diede un colpetto sulla schiena a mo’ di conforto.

«Hai ragione Fede, le sto dando troppa importanza!»

Cercai di essere più convincente possibile e di dissimulare il mio stato, non volevo rivelare il vero motivo della mia strana ansia… ma qual era questo vero motivo? Non mi ero detta poco prima che volevo semplicemente accertarmi del talento di quel gruppo? Non c’era nulla di cui vergognarsi in questo, perché non volevo renderlo palese?

Mi stavo torturando interiormente con queste domande senza risposta, quando all’improvviso si spensero le luci e le note iniziarono il loro lungo discorso.

L’intro musicale del primo brano fu lungo, così dovetti attendere un po’ di più per vedere il cantante rispetto alla volta precedente, ma quando accadde sentii un tuffo al cuore che quasi mi fece sobbalzare per lo stupore, finché non diventò un dolore sordo che mi accompagnò per tutta la serata.

Volevo accertarmi del loro talento, ma raggiunsi una ben altra consapevolezza. L’esibizione dei GAUS fu grandiosa: l’effetto che mi fecero fu lo stesso della volta precedente ma in modo amplificato, perché stavo iniziando a comprendere i sentimenti che avevano spinto il cantante a scrivere alcuni brani. Giunse il momento di una canzone che parlava di apatia, di sofferenza nascosta da un velo grigio, di un dolore congelato in uno stato di catalessi perché troppo forte per essere affrontato e capii che quella canzone parlava di sua madre: iniziai persino a sentire dell’umidità sospetta sul mio viso, ma ero troppo presa da ciò che stavo ascoltando per curarmene.

All’improvviso mi venne in mente una storia che avevo letto tempo fa: Three*. Parlava di due ragazzini entrambi immersi nel mondo della musica: lei una Idol promettente, lui un vero genio talentuoso: in quel momento mi sentivo come Rino, la ragazzina, quando assistette per la prima volta alla performance di Kei e s’innamorò perdutamente della sua musica e in seguito anche di lui.

Come Rino, avrei voluto sentire la voce di Emile per tutta la vita, avrei potuto vivere solo di quelle note e sentii dentro di me la voglia di vederlo e conoscerlo. Ma come poteva accadere ciò? Io non ero Rino e lui non era Kei. Non l’avrei ritrovato l’indomani nella mia classe o meglio ancora, nel mio stesso  banco, come era capitato alla Swan**!  E inoltre mi stavo immedesimando nelle protagoniste di due storie d’amore, il ché implicava  che fossi innamorata di Emile…

No questo non poteva accadere! Ero uscita con le ossa rotte dalla mia ultima storia, avevo giurato a me stessa che mai più mi sarei innamorata in quel modo, mettendo il mio orgoglio sotto i piedi e diventando l’ombra di me stessa. E con un tipo come Emile non poteva essere altrimenti: o mettevi a tacere l’orgoglio, oppure ci litigavi di continuo! Ma in quel momento, mettendo io stessa i bastoni tra le ruote alle mie argomentazioni, iniziai a pensare al ragazzo che avevo visto all’ospedale, così dolce, così protettivo, così diverso dall’arrogante saccente che avevo conosciuto la prima volta… quel ragazzo che mi aveva fatto provare un immenso calore nel cuore… 

No, non poteva essere! Non potevo innamorarmi di lui!

La mia serata trascorse nel tumulto interiore sfrenato, alla luce di quella nuova consapevolezza che non volevo accettare. Per fortuna nessuno badava a me, perché Stè era preso sia dalla musica che dalla compagnia alla sua destra e Fede non apriva bocca, il ché poteva significare che era interessato a ciò che sentiva. Non mi accorsi che per la maggior parte della serata, era rimasto ad osservare il mio volto in preda al subbuglio interiore.

*****

 

Nei giorni successivi, le mie giornate trascorsero nel tentativo di trovare un compromesso con me stessa per dimenticare tutto il caos che mi aveva investito negli ultimi tempi. Ero quasi riuscita a convincermi che mi ero solo fatta trasportare dal momento e che avevo lavorato di fantasia, quando arrivò una telefonata che smontò tutte le mie convinzioni:

«Pronto, Pasi?»

«Fede? È successo qualcosa in comunità?»

«No no, tranquilla, ti chiamo per chiederti un favore.»

«Ah, ok! Dimmi tutto.»

«Ecco, hai presente l’altra sera, quando siamo usciti in quattro… l’esibizione…»

Ecco qualcosa che non doveva essere nominata! Il mio umore prese immediatamente un’impennata verso il basso:

«Sì, Fede, ho presente, che c’è? Vai dritto a dunque!»

«S-sì ok, allora in pratica… hai presente…»

«Di’ un’altra volta “hai presente” e non ti ascolto più! Che hai oggi?! Perché tutta quest’indecisione?!»

Non era da lui essere così titubante nel chiedere un favore, non era uno che amava chiederli, ma sapeva anche che a volte non se ne può fare a meno e questo doveva essere uno di quei casi…

«Vabbè vado al dunque: Emile vende una cassettiera che voglio comprare per la comunità e siccome tu lo conosci, mi chiedevo se volessi accompagnarmi a casa sua per prendere il mobile.» 

«»

«»

«Pronto? Pasi? Sei ancora in linea?»

All’improvviso iniziarono a ronzarmi le orecchie e sentii il cuore scoppiarmi nel petto: Fede aveva intenzione di portarmi nella tana del lupo!

«Fede ma cosa cavolo stai blaterando?! I-io non conosco proprio nulla e nessuno, non so nemmeno dove abiti e che aspetto abbia casa sua, a mala pena ricordo il suo volto!»

Bugia grossissima questa, quel viso ormai ce l’avevo stampato nella mente come se mi fosse stato tatuato direttamente nel cervello!

«Dai ti prego! Fammi compagnia! E poi ho bisogno anche di un altro parere sul mio acquisto!»

«Portaci qualcun altro della comunità. Saprà darti un parere migliore del mio!»

«È lui vero, il motivo della tua domanda?!»

Altro ronzio improvviso e assordante nelle orecchie: cosa intendeva con quella frase e quel cambiamento improvviso di tono?

«C-cosa? A cosa ti riferisci Fede?»

«La domanda che mi hai posto qualche pomeriggio fa, quando sei venuta in comunità dopo aver litigato con Simona: la domanda su quanto possa diventare pericolosa la depressione… riguardava Emile.» 

Stava per cadermi il cellulare di mano per lo sbigottimento più totale in cui mi aveva lasciato quella domanda: come diavolo aveva fatto a capirlo!? E cosa potevo dirgli ormai che non mi portasse ad esternare qualcosa che non volevo accettare?!

«È per sua madre… la madre di Emile soffre di depressione, ma non ha gli stessi sintomi dei residenti della comunità, è totalmente assente, come un guscio vuoto! Non avevo mai visto qualcuno vivo ma morto dentro!»

«Capisco. Ho visto come lo guardavi l’altra sera Pasi e dalla tua reazione ho capito che ci tieni a lui, perciò ti sto invitando a venire con me. Non negare a te stessa ciò che è già palese.»

Fede era stato uno dei miei angeli custodi quando era finita la mia precedente storia. Ero totalmente a pezzi all’epoca e lui, Stè e Rita... e a modo suo anche Sofia, mi avevano dato il conforto e il sostegno necessario a ritrovare la serenità. Ma il processo era stato lungo e avevano assistito a tutto il decorso iniziato con la mia rabbia infinita  verso tutto il genere maschile, per finire con il proposito di non farmi soggiogare più da nessuno. Con la spiccata sensibilità che si trovava e l’ottimo spirito di osservazione, quella sera Fede aveva sicuramente impiegato qualche minuto per capire cosa si stava agitando nel mio cuore mentre sentivo Emile cantare.

Emile. Solo il pensare al suo nome mi faceva battere il cuore… Ma io non volevo cedere, non ero pronta a questo! Avevo già abbastanza problemi per conto mio senza il bisogno di andare a complicare tutto con l’amore! Mi bastavano gli amici a darmi calore e sostegno, non volevo un uomo accanto che mi sconvolgesse l’esistenza! Io non avevo freni quando amavo, dimenticavo troppo me stessa e diventavo qualcuno che non riconoscevo più. No, non ero pronta!

Però volevo rivederlo… ed ero sinceramente preoccupata per sua madre…

«Non so cosa tu abbia visto Fede e non m’importa, ti accompagnerò, ma solo per non farti sentire solo!» e poi sussurrai un timido: «Grazie.»

 

*****

 

La casa di Emile si trovava in una zona tranquilla un po’ in periferia, una specie di quartiere d’élite riservato a chi aveva qualche spicciolo in più per permettersi una villetta. Infatti quella non era una casa da comuni mortali. Non era grande, ma aveva un sentore di antico e di nobile nonostante fosse di sicuro moderna: era in stile vagamente vittoriano, bianca, a due piani, con un po’ di giardino avanti e un garage accanto. La famiglia Castoldi non doveva passarsela male!

Appena Fede bussò al citofono mi salì la solita tachicardia e iniziai a pentirmi di averlo accompagnato, ma non ebbi il tempo nemmeno di muovere un passo ed eclissarmi nell’auto, perché Emile ci aprì la porta e ci venne incontro.

Quando ci salutò ci fece accomodare in casa, senza dare segno di avermi riconosciuta e ci condusse in una delle stanze sul retro al pian terreno. Era una stanza grande e luminosa, era completamente bianca e circondata da finestre e aveva tutta l’aria di essere una stanza originariamente esterna alla casa. Le pareti erano costellate di dipinti: paesaggi, nature morte, astratti di vario genere e qualche ritratto, i colori erano brillanti e ogni dipinto, persino le odiose nature morte, sprizzavano vita. Quella era davvero una stanza nata per sentirsi la vita addosso!

Emile ci condusse verso la cassettiera: era tutta in legno, semplice nello stile ma  con degli intarsi al centro dei cassetti e del ripiano: era fatta in uno stile che richiamava altri tempi. Fede se ne innamorò all’istante:

«Che bella! È fatta proprio bene e i cassetti sono grandi e profondi, proprio quello che ci serviva! Starebbe benissimo nella sala comune!»

Fede ovviamente si riferiva alla comunità: da qualche tempo ci illuminava con le sue idee per rendere quel luogo in cui si raccoglievano storie tristi, più accogliente e meno deprimente e la sua ultima fissazione era di rifare la mobilia. Quando andammo al Dada, Stè vide l’annuncio di questa cassettiera in vendita e pensò (con qualche giorno di ritardo, visto che la preoccupazione per Simona gli aveva cancellato tutto il resto dalla mente) di avvertire Fede.

«Scusa la domanda indiscreta, ma per quale motivo te ne disfi? Sarebbe perfetta in questa casa!» 

La domanda di Fede interessò anche me, del resto ormai tutto ciò che riguardava il padrone di quei riccioli rossi m’interessava come se ne dipendesse la salvezza del mondo!

«È inutile in questa casa, già c’è abbastanza mobilia. Ho iniziato a restaurarla per piacere personale, ma poi mi sono reso conto che non sapevo cosa farci e quindi ho deciso di venderla.»

Scrollò le spalle con noncuranza, chiudendo il discorso sempre nel solito modo lapidario.

«L’hai restaurata tu? Complimenti! È un tuo hobby?»

«Non esattamente: lavoro part-time in una bottega di restauro del mobile antico e qualche volta faccio dei lavori in proprio.»

«Complimenti, hai davvero una bella manualità!»

«Grazie, è un dono che ho ereditato da mio padre: i quadri in questa stanza li ha dipinti tutti lui.»

Alla luce di quella rivelazione, riguardai i dipinti sotto una luce nuova: un padre pittore, un artista! E all’improvviso notai dei cavalletti adagiati in un angolo e degli scaffali pieni di colori e pennelli. Pensai per un istante a mio padre, sempre così rigido e severo, preso solo dai giornali e dagli scacchi e iniziai a fantasticare sul tipo di genitore che potesse essere questo padre, che dipingeva e sicuramente imbrattava i suoi vestiti con i colori.

«Allora tuo padre è un artista famoso?!», gli feci quella domanda senza accorgermene nemmeno, spinta dall’entusiasmo.

«No, ha smesso di dipingere quando mia madre si è ammalata»

Il mio entusiasmo calò repentinamente così com’era arrivato, l‘atmosfera si era improvvisamente fatta pesante al sentire quelle parole e per fortuna Fede cambiò discorso.

«Ehm, allora se non ti dispiace, chiamo in comunità per sentire che ne pensano, ok?»

Così dicendo si allontanò per fare la sua telefonata, lasciando Emile e me in un silenzio opprimente che non sopportavo più. Così mi decisi a prendere parola: 

«Come sta tua madre? Cioè voglio dire, non so se ti ricordi di me, ci siamo visti al pronto soccorso qualche giorno fa e...»

«Mia madre sta bene grazie. E sì, mi ricordo di te, avvocato difensore dei TresneT!»

Nell’attimo in cui mi aveva dato quella risposta, Emile aveva cambiato espressione dal rigido più totale al sarcastico più malefico che avessi mai visto su quel volto: ora mi stava guardando con un sorrisetto in tralice soddisfatto per avermi lasciato a bocca aperta. Quel disgraziato si ricordava di me dal primo giorno in cui ci eravamo scontrati e ha sempre finto di non conoscermi! Non che sapesse molto sul mio conto in effetti, ma mai che avesse dato un cenno di riconoscimento!

«E se non sbaglio eri anche al Dada vero? Come ti è sembrato ascoltare la vera musica?!»

Continuava ad infierire e mi guardava con aria soddisfatta: aveva alzato le sopracciglia in un’espressione di scherno e finta curiosità, che stava per far partire il mio gancio destro più forte!

«Quella la chiami musica? Non mi è piaciuta affatto, per me non vale la pena di essere ascoltata!»

Che bugia enorme stavo dicendo pur di salvare la mia dignità offesa! Mai gli avrei dato la soddisfazione di elogiarlo, in quel momento lo stavo detestando con tutto il cuore!

«Certo è ovvio, non potresti mai dire la verità, poiché implicherebbe una critica implicita ai tuoi eroi, giusto? La tua reazione ha risposto alla mia domanda per te.»

Sorrise soddisfatto e guardò innanzi a sé, pieno di orgoglio e tronfio per avermi dato quello scacco.

«Senti, io non sono venuta qui per essere insultata da te…», d’improvviso si fece serio e fermò la mia arringa con una mano, per cui mi zittii all’istante: una musica iniziava a sentirsi da lontano e ad un ascolto più attento, sembrava provenire da qualche parte all’interno della casa.

«Dannazione!»

Con il viso coperto da una preoccupazione profonda, Emile corse via all’improvviso lasciando me e Fede soli in quella stanza.













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*Fuyumi Souryo, “Three”, GP Publishing, 2009

**Stephenie Meyer, “Twilight”, Fazi Editore, 2006





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NDA

A gentile richiesta ("il quarto non c'è!!!") e a furor di popolo (tanto per dire xD), anche questo capitolo ha preso visibilità, e spero vi sia piaciuto *me ha l'ansia da prestazione cronica* come gli altri ^ ^

Come sempre è doveroso ringraziare le mie tesore che mi seguono sempre con calore e affetto: Iloveworld, Cicci, Niky, Saretta, Ana-chan, Vale, ed Ely.

Grazie mille a tutte voi sorelline mie <3

   
 
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