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Autore: Will P    16/09/2011    2 recensioni
"In conclusione, è un grandissimo stronzo e Becky aveva ragione su tutta la linea."
[Chuck/Becky /o/]
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Becky Rosen, Chuck Shurley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Disclaimer: Supernatural continua a non essere roba mia. Bummer.
Note: Okay *ride* Come penso chiunque sull'internet, amo Becky e mi dispiace tanto di come abbiano ridotto il suo personaggio ad una macchietta e se ne siano liberati senza colpo ferire. Quinnndi, questo è un tentativo di rendere giustizia a quello che è Becky (e quello che è l'essere fangirl, andiamo, ammettetelo) che potrebbe o non potrebbere essere una cagata colossale. Il titolo viene dalla battuta di Becky, "I'm the yin to [Chuck's] proud yang." 8D



Yin e yang

Chuck si sveglia con un martello pneumatico in testa e il profumo di biscotti nell’aria. Sulle prime pensa che si tratti di un’allucinazione – sentire odori che non ci sono, di che cos’era sintomo, un aneurisma? – poi però il forno fa ding, un trillo infernale che gli perfora il cranio, e sente subito dei rumori sospetti in cucina. Chiude gli occhi con un grugnito e si passa un braccio sul viso, mandando per terra gli occhiali già storti.

Becky.

Alzarsi dal divano è poco meno che un supplizio, ma riesce a mettersi verticale senza ricadere faccia avanti e a trascinarsi fino all’altra stanza, quindi lo considera un successo. Appena arriva in cucina lo investe una zaffata di cioccolato e burro più forte e deve concentrarsi un paio di secondi per rimandare giù la nausea, così da poter ammirare lo spettacolo che ha di fronte.

La cucina è… meno disordinata del solito, ad essere sinceri, ma di una confusione che lo inquieta di più. C’è una scatola di biscotti piena fino all’orlo e una teglia fumante messa a raffreddarsi in bilico su una mensola, mentre metà stanza è ricoperta di cucchiai e terrine e un sottile strato di farina; l’altra metà, soprattutto il tavolo con il suo computer, che ha la tastiera coperta da un vecchio straccio, sembra sopravvissuta all’invasione per miracolo, e in mezzo a tutto questo Becky canticchia piano mentre mette in forno un’altra teglia.

Chuck sarebbe toccato dalla scena, davvero, se non stesse per piegarsi in due a vomitare e svenire, forse nemmeno in quest’ordine. Decide di buttarsi su una sedia prima che sia troppo tardi, e il rumore fa sussultare Becky.

«Chuck, sei sveglio!»

«Sto per sentirmi male.»

In un batter d’occhio si trova una caraffa d’acqua davanti e un limone sotto il naso, senza neanche aver visto Becky muoversi. «Bevila tutta,» gli dice, e lui obbedisce automaticamente benché riesca a mandarne giù solo metà. Il limone in compenso sta gloriosamente coprendo qualsiasi odore, e questo gli dà la lucidità mentale per iniziare a lamentarsi.

«Quante volte devo dirti di suonare il campanello?»

«Ti avrei svegliato,» scrolla le spalle e intanto pulisce velocemente il tavolo e prende un’altra ciotola dove butta un paio di tazze di farina, un pizzico di qualcosa che da quanto riesce a vedere potrebbe essere tanto lievito come cocaina, e inizia a mescolare. Sembra l’immagine della ragazza perfetta, finché non continua con, «Ho controllato dalla finestra e ti ho visto sul divano, e poi ho sempre le tue chiavi.»

Chuck rimane un attimo imbambolato a guardare l’uovo che Becky ha appena rotto scivolare nell’impasto, una cascata viscida e gelatinosa che fa tanto pensare allo stato in cui dev’essere ridotto il suo cervello dopo il rum della sera prima. «Scusa, cosa?» si acciglia. «Non me le ero riprese?»

«Oh, le ho doppiate.»

Appoggia il limone e si massaggia le tempie, sentendo il cerchio alla testa passare da dopo-sbronza a dopo-Becky. «Becky…» esordisce, poi Becky apre il burro per unirlo all’impasto e deve riprendere il limone e quasi infilarselo su per il naso, per coprire l’odore del burro. Non si era mai accorto che avesse un odore, prima. D’altronde non aveva mai avuto qualcuno che gli piombasse in casa alle – si controlla il polso, dove l’orologio segna le dieci e venti – all’alba, praticamente, per assediare la sua cucina. «Cosa stai facendo?»

«Biscotti! Adesso devo mescolare finchè non diventa tutto compatto, incorporare la cioccolata, dividere in biscotti, far riposare, infornare, ripetere a piacere.»

«No, intendevo: che ci fai qui?»

Lei lo guarda perplessa e si sistema una ciocca di capelli sfuggita alla coda bassa con il dorso di una mano. «Ti preparo la colazione,» dice, sbarrando gli occhi in una maniera che lo fa sempre sentire uno stronzo.

«Grazie, piccola,» mormora con un sorriso stirato, sentendosi un grandissimo stronzo. «È che– non credo di essere abbastanza in forma per i tuoi biscotti, mi dispiace.»

«Non è quella, la tua colazione,» ride, agitando una manina sporca di impasto. Va a pescare qualcosa da una credenza e gli mette davanti un piatto di pane e marmellata. «Ecco. I biscotti sono un esperimento.»

«Oh, che gentile,» dice con un filo di voce, fissando la marmellata terrorizzato. L’idea di mettere qualcosa sotto i denti non lo entusiasma granché, ma si sta sentendo un po’ meno come uno zombie e sarebbe oltre la maleducazione rifiutare la colazione.

Però prima gli serve del caffè.

«Cosa stai facendo!» Becky gli tira una cucchiaiata sulla mano che aveva allungato verso la tazza ricolma di caffè fino all’orlo abbandonata sul tavolo, poi se la stringe al petto oltraggiata come se avesse appena cercato di rubarle un bambino piccolo. «Ti fa male! La caffeina irrita lo stomaco e peggiora la disidratazione! Ecco, bevi questo.» Gli porge un’altra caraffa, stavolta di succo d’arancia, e poi si butta nella sua tazza di caffè, insensibile all’astinenza forzata di Chuck.

«Che scemen– chi te l’ha detto?»

«Internet.»

Oh be’, allora. Chuck si arrende ai consigli del signor Internet e dà un morso ad una fetta di pane. Becky gli sorride radiosa e torna al suo impasto – mettendo il caffè il più lontano possibile, nota Chuck con delusione – che ormai assomiglia a pasta frolla.

«Mi controlli quanta cioccolata ci va?» chiede, facendo cenno con la testa verso il computer mentre rimesta ancora un po’ l’impasto.

Chuck esegue docilmente, volta lo schermo, strizzando gli occhi per il fastidio della luce elettrica, e cerca di decifrare la pagina di Excel che si trova davanti: ci sono svariate colonne, ognuna per un ingrediente diverso, e in ogni riga ci sono scritte quantità e altre parole troppo piccole perché riesca a leggerle senza occhiali; le righe sono tutte verdi tranne l’ultima, di un rosso che gli sta facendo bruciare gli occhi, quindi deduce che sia la combinazione mancante. «Duecento grammi di fondente e, uh, zero al latte?»

Becky annuisce sovrappensiero e inizia a pesare le gocce di cioccolata. «Sì, extrafondente. Ho variato le dosi partendo da un massimo di cioccolato al latte ed un minimo di fondente fino a rovesciare le quantità, per vedere quale percentuale…»

Chuck smangiucchia la sua colazione e la guarda fare tante palline di pasta senza stare davvero a sentire la sua spiegazione. I capelli continuano a caderle davanti agli occhi, e la luce che s’intrufola tra le imposte socchiuse della finestra li fa brillare d’oro ogni volta che alza la testa. Si sente bene, stranamente bene rispetto a come si era abituato a svegliarsi dopo un’intensa serata di, uhm, “lavoro”, e per ora gli basta sorseggiare il suo succo d’arancia con la voce eccitata di Becky che gli scivola addosso, cullando il suo mal di testa.

*

Non è che Becky viva da lui – l’idea lo terrorizza un po’, francamente – ma d’altra parte non sa come impedirle di entrare in casa sua senza ricorrere ad un giudice o a delle spranghe all’ingresso. Becky appare e scompare come pare a lei, e se vuole essere sincero con se stesso la cosa gli dispiace molto meno di quanto dovrebbe.

Quindi, quando svegliandosi nel cuore della notte per andare a prendere un bicchiere d’acqua in cucina la trova ancora in salotto, addormentata sulla sua poltrona, con le gambe sul tavolino e il computer che lampeggia debolmente sulle ginocchia, l’unica cosa che gli viene da fare è scuotere la testa e domandarsi quando si deciderà a lavorare a letto.

Le toglie lentamente il computer di dosso – Becky fa una smorfia nel sonno, stringendo le sopracciglia con un piccolo broncio, ma non si sveglia – e lo spegne per metterlo al sicuro, non prima di aver salvato qualsiasi documento ed aver segnato i link alle schede di internet aperte. Una volta l’ha vista rischiare una crisi isterica, quando lavorava al suo fisso ed è saltata la corrente senza che avesse fatto in tempo a salvare… qualsiasi cosa stesse facendo. Ha preferito non indagare.

Ora la guarda dormire e non sa decidere il da farsi; la cosa migliore sarebbe prenderla in braccio e portarla a letto, ma, gli duole ammetterlo, probabilmente Becky pesa più di lui e rischierebbe di rompere qualcosa ad entrambi. Non può nemmeno lasciarla lì, però, dibatte mentalmente mordendosi un labbro.

Alla fine decide di non svegliarla, perché chissà quanto avrà bisogno di dormire (non credeva esistessero persone con un sonno peggiore del suo, poi ha visto Becky farsi tre nottate di fila al computer dormendo solo un’oretta ogni tanto e ha dovuto ricredersi). Le mette una coperta addosso, comunque, e le infila un cuscino sotto la testa con tutta la delicatezza che ha, spostandole un poco la testa per non farla svegliare con il torcicollo.

Becky mormora qualcosa con un accenno di sorriso e Chuck resta per un attimo imbambolato a fissarla, sentendo una strana bolla di calore che gli si allarga nel petto. Quando torna a letto si è dimenticato il bicchiere d’acqua, ma dorme lo stesso come un bambino.

*

Una sera dopo cena, mentre sono entrambi sul divano, lui a rivedere dei capitoli dell’ultimo libro, lei a borbottare di cardigan dietro una copia di Vogue, sente una visione in arrivo. Digrigna i denti e sbianca, non tanto per il dolore – è ancora una sensazione leggera, una pressione sorda alla fronte che ci metterà pochissimo a trasformarsi in emicrania lancinante – quanto per la presenza di Becky. Le ha spiegato il suo “processo creativo”, ma non sa come potrebbe reagire a vederlo raggomitolato su se stesso con le lacrime agli occhi. O vederlo scolarsi mezza cabina dei liquori.

Lei non gli ha mai detto di smettere di bere, ma è abbastanza chiaro che non vada pazza per i suoi antidolorifici fai-da-te; d’altra parte nemmeno lui ha mai affrontato l’argomento, ma beve pochissimo di fronte a lei. Lo fa sentire un po’ meglio, un po’ più serio – compromessi, non è questo il segreto? Becky non nomina mai Sam davanti a lui, gli sembra giusto ricambiare in qualche modo.

Sente una fitta alla tempia come una coltellata e si piega in due con un lamento, facendo cadere tutti i fogli. Becky sussulta e abbassa Vogue per guardarlo da sopra l’orlo della rivista, confusa e vagamente spaventata. «Chucky?» pigola, avvicinandosi a controllare se stia bene. Le sue dita sul collo però sono solo un sollievo momentaneo, purtroppo, e deve nascondere il secondo gemito stringendosi forte il viso tra le mani.

Oh, al diavolo.

«Scusa Becky,» biascica, in colpa, poi si alza e barcolla fino alla prima bottiglia di qualcosa che trova in cucina, mancando per un pelo il tavolo all’ennesima fitta. Sta per versarsi da bere quando sente qualcuno strappargli la bottiglia di mano e pilotarlo verso la sedia di fronte al computer.

«Non ci provare,» ciarpa Becky, spingendolo a sedere con decisione. Gli schiaffa una pezza bagnata in faccia e lo lascia lì a cercare di non piagnucolare mentre il buio dietro le sue palpebre si riempie di sprazzi di luce sempre più intensi e sempre più definiti. È come essere lasciati sotto una tempesta di lampi a guardare il cielo, senza perderne nemmeno uno anche se fa persino tenere gli occhi aperti fa male. Gli serve qualcosa, Cristo, se non prende almeno un’aspirina entro cinque secondi–

«Tieni,» Becky gli mette in mano una tazza calda, piena di un liquido dall’odore strano che non riconosce, e lo fa bere senza nemmeno togliergli lo straccio dalla faccia; è una specie di tisana che gli brucia la gola e gli lascia in bocca un retrogusto dolciastro abbastanza sgradevole. Tossisce ed emerge dallo straccio per guardarla stralunato. «Che cavolo era?»

Becky gli rimbocca la tazza da una teiera che nemmeno si ricordava di avere e gliela spinge tra le mani. «Tisana rilassante,» dice «Me l’ha consigliata 69impala, dice che la aiuta a scrivere e lei scrive benissimo, sai, quindi dovrebbe funzionare. Come ti senti?» aggiunge, torcendosi le mani incapace di mascherare la preoccupazione.

«Io…»

Si acciglia. Come si sente? Si sente… bene, si sente molto meglio, il mondo ha dei contorni molto più soffici e il suo computer è pieno di piccole belle lucine che si accendono e si spengono e si accendono e si spengono. La testa non fa più male, anzi, non sente proprio niente, è come se gli avessero infilato dello zucchero filato dalle orecchie e i pensieri ci si rotolassero sopra, e le immagini nella sua testa sembrano un caleidoscopio colorato.

«…è bello il tuo maglione.»

Becky sorride, un sorriso enorme che le illumina gli occhi e le fa venire due fossette tanto carine, e Chuck le sorride a sua volta. Continua a sorridere mentre lei gli prende le mani, gliele mette sopra la tastiera, e gli dà un buffetto alla guancia. «Ora scrivi, su.»

Chuck sorride, ed esegue.

*

La mattina dopo si sveglia nel proprio letto, a testa in giù, con un’abat-jour su un piede e una cravatta legata in fronte, ma oltre alla spiacevole sensazione di non ricordarsi nulla delle dodici ore precedenti non ci sono brutti strascichi di nulla, solo quel sapore strano ancora in bocca e una fame assurda. Mentre scivola sotto la doccia per darsi un aspetto umano tenta di non pensare alla serata trascorsa, benché continuino a tornargli flash mescolati, Dean con la Colt in mano, Becky appollaiata sulla sua spalla a leggere avidamente, Sam che si stringe un braccio ferito…

Non sa come dovrebbe sentirsi, moralmente. Da una parte, è sopravvissuto ad una visione senza toccare una goccia d’alcol e non ha sofferto minimamente, né durante né dopo; dall’altra, è piuttosto sicuro che la sua ragazza l’abbia drogato. Ma forse è omeopatia.

Insiste a non pensarci, e ficca la faccia sotto il getto d’acqua fredda.

Pulito, profumato e rivestito scende al piano di sotto, incerto su cosa potrebbe trovarsi di fronte. Tra tante òossibilità, quello che vede gli fa ghiacciare il sangue.

Becky, sul divano, sta scrivendo come una furia sulle sue bozze.

«Ehi, cosa– Becky!» Corre a strapparle i fogli di mano, stingendoseli al petto, e risponde alla sua espressione sorpresa con un balbettio furioso. «Becky, caz– quante volte di ho detto di non– le bozze! Non le devi toccare.»

Lei alza un sopracciglio, poi lo indica con la sua penna rossa. «Ti stavo betando, Chucky, dovresti ringraziarmi.»

«Non devi– lascia in pace le bozze!»

«Non ho fatto nulla,» sbuffa, alzando gli occhi al cielo, e a Chuck viene da strapparsi i capelli. «Ci sono delle scene che, sinceramente? Se non fossi un genio direi che non sai scrivere. La scena con Bobby, ad esempio–»

«Bobby?» Non c’era Bobby nella sua visione di ieri. Strizza gli occhi verso i fogli che sta stritolando e tra una marea di segni rossi di ogni forma legge, in cima ad una pagina, Lazarus Rising.

Stava cambiando la storia. Cambiando la storia.

«Cristo, fai sempre così!» sbotta, senza rendersene conto, e le parole iniziano ad uscire come un fiume in piena. «Il telefono, le chiavi, la “tisana”– non riesci a farti gli affari tuoi neanche sotto tortura e non ti importa di nessuno, ma non capisci– non capisci niente! Ti impicci di cose più grandi di te e non riesci nemmeno a rendertene conto!»

Si ferma a riprendere fiato e lo sguardo ferito di Becky lo colpisce come uno schiaffo. L’ha vista affrontare qualsiasi cosa, ha visto Dean minacciarla, ma non l’aveva mai vista batter ciglio. Adesso è pietrificato a guardare i suoi occhi che si riempiono di lacrime e si sente il peggiore degli esseri umani, per averla colpita dove sapeva avrebbe fatto più male. «Becky, tesoro,» mormora, avvicinando una mano ai suoi capelli, incerto. «Mi dispiace, io non… non volevo–»

«TU!» Becky scatta in piedi, furiosa, inchiodandolo con uno sguardo di fuoco. «Tu, Chuck Shurley, sei uno scrittore insulso! Hai una storia e-pi-ca, e la tratti come se fosse una maledizione. Dovresti essere onorato di assistere ad uno spettacolo del genere! Sei tu che non hai capito niente della storia, sei tu che non sei all’altezza!»

Chuck la fissa, usando il libro come scudo. Becky lo scansa bruscamente, scompare all’ingresso e ricompare con la giacca addosso ed uno sguardo cattivo tutto per lui. «Vai al diavolo,» strilla, puntandogli un dito contro, «e smettila di intralciare il mio OTP col Destiel!»

La porta che sbatte rimbomba per tutta casa.

*

Il problema è che Chuck ha un trauma, okay? C’è un motivo se usa uno pseudonimo, e se ha promesso alla sua editrice di chiamare la sua prima, futura, eventuale figlia come lei a patto di non andare dicendo in giro il suo vero nome, ed è che ha un sacrosanto terrore dei fan. Ha problemi con le folle in generale, soprattutto da sobrio, ma i fan, Dio. Per essere persone che vorrebbero tatuarsi i tuoi libri in faccia sanno essere dei bastardi spietati.

Non aiuta il fatto che alla sua prima (ed ultima) presentazione dei libri un ragazzo gli sia saltato addosso – letteralmente, balzato oltre il tavolo degli autografi per cadergli in grembo e schiantare la ridicola sediola di vimini che gli avevano dato – chiedendo in lacrime di gioia se per favore potesse autografargli la schiena. Le ragazze invece si limitavano a guardarlo deluse che non fosse alto, bello e a bordo di un’Impala, che per l’ego era stato un colpo simile a quello del fan pazzo alla sedia.

Ripensandoci, l’unico momento in cui non si è sentito male, alla convention, è stato quando stavano tutti per morire sotto la mannaia di un moccioso fantasma. Almeno nessuno si aspettava che parlasse.

È contento che alla gente piacciano i suoi libri, davvero, ma è anche contento di non saperne niente e la terapia d’urto della convention non ha avuto grandi risultati, da questo punto di vista. Non ha intenzione di partecipare alle chatroom, né di visitare i siti sulla serie. L’ultima volta che è entrato in un forum ha avuto gli incubi per due giorni.

Quindi il problema è che in realtà non ha mai letto nulla di Becky.

Quando la sera stessa si fa forza e apre Lazarus Rising, penna e caffè alla mano, non sa davvero cosa aspettarsi; ha un’idea di quale sia il genere di Becky – più di un’idea, davvero, quella ragazza è in grado di sviscerare per ore il sottotesto omoerotico di tre parole – perciò è preparato al peggio. Inforca gli occhiali e inizia a leggere.

Tre ore dopo è arrivato al manoscritto di On the head of a pin e non ha ancora toccato il caffè. Becky è… è un dannato genio, ecco cos’è. Ha editato migliaia di pagine in, quanto, tre o quattro giorni?, ed è tutto praticamente pronto per la stampa. Si rilegge con le sue correzioni e non gli viene, per una volta, l’impulso di nascondersi sotto i cuscini del divano dall’imbarazzo: i suoi appunti sono secchi, precisi, intelligenti, ha preso il suo gomitolo di idee intrecciate e ci ha costruito una trama, un intreccio, e funziona tutto maledettamente bene.

In conclusione, è un grandissimo stronzo e Becky aveva ragione su tutta la linea.

È da quando ha scoperto tutta la faccenda di angeli e profeti e apocalisse che non riesce più a trattare Supernatural come una storia, ma anche da prima lo sentiva come un peso. Erano visioni angoscianti, le sue, incubi che non sapeva come esorcizzare se non mettendoli su carta, il tutto per vederli ricominciare da capo senza pietà. Trattava i suoi libri un po’ come una terapia, ed evidentemente il mondo era pieno di persone a cui interessava leggere dei filmini nel suo cervello. Ma Becky– Becky ha il vantaggio del punto di vista esterno, e riesce a fare quello che lui fatica soltanto a provarci: dividere la realtà dalla trama, ed è una cosa che sinceramente non l’avrebbe mai creduta in grado di fare.

(Anche se c’è una certa insistenza sugli sguardi tra Dean e Castiel che non si ricordava di aver inserito. Ma, col senno di poi, probabilmente anche qui la sua versione è quella più precisa.)

Si passa una mano sugli occhi stanchi e decide di fare una cosa che si era ripromesso di non prendere mai nemmeno in considerazione: si sposta al computer in cucina, e apre volontariamente morethanbrothers.com.

*

Altre due ore e un quarto di gin dopo – nel primo link che ha aperto c’erano tentacoli, in nome di Dio, ci sono cose che non può affrontare da lucido – ha letto metà delle fanfiction di Becky, e si sente in colpa molto, molto più di quanto dovrebbero sentircisi alcune colleghe di Becky per le cose che hanno fatto patire a Sam e Dean.

Scrive bene, la sua Becky. Scrive alcune cose allucinanti, okay, e un paio di scene di sesso l’hanno fatto sentire profondamente a disagio per quello che minacciava di accadere nei suoi pantaloni, ma il resto… C’è una scena sull’Impala, anzi no, dell’Impala, così viva e vera che gli ha fatto venire un groppo in gola. È tentato di spedirla a Dean, così, per vedere cosa ne pensa.

Ma prima deve fare una cosa.

Click, click, click ed è sul livejournal di Becky, un posto inquietante con molto rosa e molti post tutti in maiuscolo. Fa una smorfia e apre il primo intervento che gli capita sotto il cursore (qualcosa sugli addominali di Sam che scorre senza leggere perché va bene apprezzare l’arte, ma ci sono cose che davvero non vuole sapere), poi resta a fissare la pagina per qualche minuto.

hai ragione. e i tuoi sono molto meglio degli originali. –cs

Tentenna un po’, indeciso, e infine l’alcol che ha in corpo gli dice che è una buona idea premere Invio. Spera che non risulti patetico come suona a lui stesso, che Becky si degni di rispondergli quando lo vedrà, e che lo veda presto…

Ding.

La Becky che appare in webcam ha un sopracciglio alzato e le labbra strette in una linea infastidita, ma la prontezza della risposta gli fa coltivare qualche speranza (quella, e la bottiglia di gin mezza piena nascosta dietro lo schermo).

«Sì?» dice, avvicinandosi alla telecamerina con sguardo inquisitore, e Chuck sospira.

«Sono un… sono uno scrittore insulso, okay? E un cretino,» deglutisce, abbassando lo sguardo «e mi dispiace per quello che ho detto. Scusa.»

Aspetta un segno, positivo o negativo non importa, e quando dopo quasi un minuto non succede nulla azzarda un’occhiata al monitor. Becky lo sta fissando mentre con una manina sgranata gli fa cenno di andare avanti.

Chuck rotea gli occhi. «Sei la beta migliore del mondo, puoi continuare sugli altri libri?»

Tutte le ore passate a fare lo slalom tra approfondite descrizioni di sesso gay valgono il sorriso che gli dedica Becky in quel momento.

«Ma niente più sorprese assurde, ti prego,» non riesce a trattenersi, ed è il turno di Becky per lo sguardo esasperato.

«Basta parlare chiaro, sai? Ho capito. È vero, sono pesante. Mi dispiace. Comunque potevi pensarci tu a darmi le chiavi.»

Chuck scuote la testa ridacchiando.

*

«Io penso che dovresti approfondire l’introspezione, altrimenti Castiel sembra un robot venuto da un altro cosmo con un manico di scopa infilato sotto il trench.»

«Tu non ci hai mai parlato. E comunque non eri contraria al…?»

«Destiel.»

«Sì, quello.»

«Dove sta scritto che devo shippare un solo pairing, eh? C’è una regola da qualche parte? Solo perché ho un OTP non vuole dire che non possa apprezzare della sana UST, quando la leggo.»

Chuck si abbassa gli occhiali e la guarda. «Della sana cosa?»

«Tensione sessuale irrisolta,» Becky fa un cenno con una mano come per dire che non è importante, e intanto scorre il resto della bozza.

«Non ci ho mai inserito nulla del genere!»

«Oh, non sei tu, sono loro.»

Chuck deve reprimere i brividi all’immagine che gli è appena venuta in mente, di Dean e Castiel sul sedile posteriore dell’Impala.

«I personaggi del libro, Chucky. Sei peggio di me a volte. Dean-Dean non è gay per Castiel, andiamo.»

Non saprebbe dire quando, tra tutti, Becky è diventata la sua ancora di stabilità mentale ma eccoli qui, rannicchiati sul divano a passarsi avanti indietro fogli fitti di appunti e tazze di caffè troppo forte. Non ha idea di come sia successo ma ehi, a chi importa?

«È chiaro che è gay per Sam, insomma.»

«Becky

   
 
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