Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: kenjina    16/09/2011    5 recensioni
La situazione peggiorò quando trovarono un tavolo da biliardo libero e pronto solo per loro e, ovviamente, finì invischiato in un due contro due in coppia con la sua manager - almeno quella era una piccola fortuna in mezzo a tanta sfiga, si disse per farsi forza. Non avrebbe saputo di che morte morire, se avesse dovuto scegliere tra il Porcospino e la Scimmia; per non parlare della nuotatrice che, grazie a Buddha, non aveva mai giocato a biliardo e non sapeva neanche da che parte iniziare.
«Ehi, guarda che hai le palle piene tu, intesi?», gli fece Hanamichi, puntandogli la stecca contro.
Rukawa sollevò gli occhi al cielo. «Scimmia, non c'era bisogno di dirmelo. Che ho le palle piene di te lo sapevo da tempo».
(Tratto dal capitolo 17)
I ragazzi selvaggi son tornati, più selvaggi di prima... Ne vedremo delle belle!
Storia revisionata nell'Agosto 2016
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Nobunaga Kiyota, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Wild Boys'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ni-hao a tutti

Capitolo 16

Spy game.

 

 

 

Con una smorfia di dolore, Hisashi tentò di sistemare il suo bel fondoschiena sul divano, senza muovere troppo la gamba malferma. Erano passati due giorni dall'intervento e con l'aiuto delle stampelle era potuto tornare a casa senza problemi. Kanbe-san lo aveva rassicurato dicendogli che il ginocchio stava rispondendo bene e che, se avesse seguito alla lettera le sue regole, avrebbe potuto riprendere ad allenarsi una settimana prima della finale. Era sconcertante come quell'uomo fosse sicuro che l'avrebbero raggiunta. Lui, d'altro canto, non ne era così sicuro e non lo faceva per arroganza. Lo Shohoku aveva perso un anello fondamentale con l'abbandono di Akagi, non potevano permettersi di perdere anche lui. Indi per cui aveva intenzione di allenare fino allo sfinimento Kimi - se poi questo doveva districarsi anche con le prove della band... beh, cavoli suoi.

Cambiò canale su una vecchia partita degli Utah Jazz contro i Bulls e poggiò la testa sul cuscino, sbuffando. Lanciò un'occhiata alle stampelle e un peso al cuore gli fece tornare l'angoscia di qualche anno prima, quando aveva visto sfumare la sua carriera cestistica per quello stesso, maledetto ginocchio. Ora era più motivato a riprendere il gioco, certo: con amici e compagni di squadra come quelli che aveva non poteva certo lasciarsi andare come l'ultima volta. Ma aveva una tale rabbia in corpo che avrebbe anche potuto uccidere a pugni quel pezzo di merda che l'aveva ridotto così. Sperava di avergli rotto almeno il naso, con quel gancio che era riuscito a dargli, prima che lo buttasse a terra.

La madre si avvicinò, con un tè freddo alla pesca, e glielo porse. «Posso portarti qualcos'altro?».

Lui sorrise, scuotendo il capo. «No, grazie. Non preoccuparti, tra qualche giorno tornerò a saltare su una gamba».

«Oh, non fare sciocchezze, però! Segui quello che ti ha detto il dottore, poi potrai saltare tutte le volte che vuoi», esclamò la signora Tamaki, preoccupata che il figlio testardo potesse davvero compiere qualche idiozia come l'ultima volta.

Hisashi rise e le fece cenno di sedersi accanto a lui. «Come ti senti?».

«Dovrei essere io a chiedertelo, figlio mio». Tamaki si poggiò contro lo schienale, la fronte corrugata da troppe preoccupazioni. «Sono sempre sulle spine. Ogni giorno mi sveglio con la stessa inquietudine e la prima cosa che penso è: cosa succederà oggi? Hisashi starà bene o si caccerà in qualche guaio? Mio marito tornerà a spaventarmi ancora? Troverò un lavoro?».

«E se ti dicessi che presto si sistemerà tutto?».

«Lo vorrei tanto, Hisashi, davvero. Ho quarantasei anni, ma mi sembra di sentirne ottanta. Sono stanca».

Il ragazzo l'abbracciò e le diede un bacio tra i capelli. «Ti prometto che tornerai ventenne, vedrai».

La madre ci pensò un po' su, poi rise. «Quindi potrò tornare a vestirmi con i pantaloni a zampa di elefante e con i capelli cotonati?».

Hisashi scosse il capo, inorridito all'idea. «Ecco, magari la moda anni '70 la lasciamo alla sorella di Sakuragi, che ne dici?».

Rimasero seduti sul divano per qualche minuto, in pace. Hisashi amava la madre, più di se stesso, e se c'era una cosa che desiderava più di tutte, oltre che tornare a giocare e vincere il Campionato Invernale, era di vederla sorridere di nuovo, senza angosce, senza ansie, senza tormenti di sorta. Se stava male lei, stava male anche lui, e Tamaki Mitsui era una donna che meritava tranquillità e spensieratezza, dopo la vita che aveva vissuto.

«Sei l'unica cosa che mi sia riuscita bene, Hisashi», gli sussurrò, stringendolo tra le braccia. «Sei il mio orgoglio e la mia gioia».

Il cestista stava per rispondere, ma qualcuno alla porta aveva iniziato a bussare le nocche sul legno, intonando il ritmo di Jingle Bells. Tamaki si alzò, chiedendosi chi potesse essere a quell'ora del mattino. Appena vide il viso ridente di Akira si rilassò e lo accolse in casa con un abbraccio.

«Buon giorno, Tamaki-san, il poltrone infortunato è in casa?».

«No, sono andato a correre», rispose Hisashi, alzando gli occhi al cielo. L'altro rise.

«Vieni pure, Akira caro, posso offrirti qualcosa? Perché non sei a scuola?», domandò la donna, invitandolo a sedersi con il figlio.

«Beh, la sveglia non ha suonato e... in realtà non mi tratterrò molto, sono passato per darvi una cosa». Il luccichio divertito negli occhi del ragazzo non passò inosservato all'amico. Akira infilò le mani in tasca e tolse fuori un mazzo di chiavi. «Questa è del cancello del giardino; questa del portone d'ingresso principale e questa è per casa vostra».

I due sgranarono gli occhi, quasi senza fiato. Tamaki scoppiò in lacrime, abbracciando il giovanotto e riempiendolo di baci; Hisashi, invece, se avesse potuto gli avrebbe volentieri colato una statua in oro. Si alzò a fatica e si avvicinò all'amico con due passi di stampelle, che prese in una mano, per stringerlo con l'altro braccio. Non poteva crederci, era troppo bello per essere vero: si sarebbero trasferiti a casa dei Sendoh, senza che loro gli avessero mai chiesto niente.

«Quante cose pensate di portarvi dietro? Così possiamo pensare di affittare un furgoncino per il trasloco», disse Sendoh, con il suo immancabile sorriso.

«Oh, non dovete preoccuparvi anche di questo, per favore!», esclamò Tamaki-san, imbarazzata. «Avete fatto anche troppo, troppo, troppo!», disse, con le mani che coprivano le guance rosse.

Akira rise. «In realtà non abbiamo fatto un granché. Una ditta di legname da costruzione ha fallito e ha svenduto l'ultimo materiale che aveva, così ne abbiamo approfittato. È il minimo che potessimo fare per aiutare degli amici». Poi si rivolse ad Hisashi, strizzandogli un occhio. «Al massimo suo figlio può prestarmi la sua bambolina per qualche tempo».

Mitsui gli tirò un pugno sulla spalla, pensando che, dopo quello che aveva fatto, la sua moto poteva anche fargliela annusare. Forse.

E mentre la madre, con ancora le lacrime agli occhi per la gioia, canticchiava e iniziava a fare una lista di tutto quello che dovevano portar via - elettrodomestici, qualche mobile a cui era particolarmente affezionata e pochi effetti personali - Akira si sedette con Hisashi.

«Allora, come va il ginocchio?», gli domandò.

«Un po' indolenzito, ma potrei anche muoverlo, se solo il padre di Rukawa non me lo avesse vietato per i primi giorni. Domani ho un'altra visita e inizio la fisioterapia. Ma appena mi libero delle stampelle, farò tutto quello che posso per dare una mano a mia madre e per aiutare voi».

«Ah, no. Non abbiamo bisogno di uno scansafatiche che fa finta di zoppicare». Akira scansò appena in tempo una stampella che gli avrebbe lasciato un bel ricordo su quel cranio vuoto che si ritrovava - ma più che altro il suo terrore era quello di disfarsi la sua consueta e famosa cementificazione dei capelli, cosa che anche quella mattina gli aveva procurato un bel ritardo a lezione. «Comunque, non so tu, ma sono elettrizzato all'idea di averti in casa. Insomma, potrò romperti l'anima ventiquattro ore su ventiquattro!».

Hisashi sbuffò. «Ammettilo, era tutto previsto dall'inizio».

«Colpito e affondato». L'ex numero 7 del Ryonan sorrise. «Così, mentre stai dormendo, posso entrare in camera tua e farti qualche agguato».

«Sendoh, non costringermi a mettere un coltello sotto il cuscino».

«Ma no, intendevo per fregarti le chiavi della moto!».

Mitsui ghignò. «Appunto».

 

*

 

Quando Hime giunse trafelata dalla segreteria, gridando un "Fate laaargo!" da mancarle il fiato, l'intera palestra capì cosa fosse il foglio che agitava in una mano.

«Ragazzi, vorrei la vostra attenzione per cinque minuti, per favore!», disse la Sakuragi, appendendo il calendario ben in vista sulla bacheca. «Finalmente è arrivato».

Tutti i giocatori si avvicinarono per leggere il nome della prima squadra da battere. Essendo entrati tra le prime quattro squadre della Prefettura avevano ricevuto il privilegio di saltare le squadrette minori, per giocare direttamente ai quarti; tirarono un sospiro di sollievo nel leggere Miuradai. Come per il Campionato Nazionale, sarebbe stato il loro primo avversario, ma ricordavano l'umiliazione che la squadra di Naito aveva subìto quel giorno - senza contare che i quattro giocatori migliori erano rimasti in panchina per metà partita.

Hanamichi agitò una mano, con noncuranza. «Bah, ce li mangiamo a colazione».

«Non state sugli allori, ragazzi», li ammonì Ayako. «Il Miuradai, per quanto possiamo saperne, può anche essere migliorato molto, proprio in vista di una rivincita».

«Ayakuccia ha ragione», intervenne il suo fidanzato, seriamente. «Se fossimo stati noi a subire 63 punti di differenza, faremo di tutto pur di restituire il favore. Non dobbiamo prenderci il lusso di sottovalutare nessuno dei nostri avversari, chiaro?».

«Ben detto, ragazzi». Anzai comparve in quel momento, di bianco vestito, e con un bel sorriso sereno sul viso rotondo. «Non facciamoci trasportare dagli entusiasmi. Dobbiamo restare freddi e concentrati, soprattutto ora che Mitsui non potrà essere con noi nelle prime partite. Lavoriamo sodo e cerchiamo di reperire informazioni sulle amichevoli del Miuradai e, se possibile, anche sui giocatori che lo compongono».

Hime alzò una mano, strizzando un occhio. «Sensei, potrei occuparmi io di questo. Hikoichi Aida sarà ben felice di aiutarmi».

«Molto bene, molto bene! Ricordatevi: focalizzate le vostre energie e spendetele al meglio con chiunque ci ostacoli la strada verso la vittoria. Perché noi possiamo vincere, ma dobbiamo combattere».

Un "Vinceremo!" convinto risuonò per la palestra e, con il morale combattivo, i Diavoli Rossi si misero nuovamente al loro duro lavoro, più motivati che mai. Avrebbero vinto, soprattutto per Mitsui.

Kiyota, che era passato a vedere gli allenamenti, fissava con ira Rukawa, che non perdeva occasione per fare la divetta del gruppo, ma quando Hime gli si avvicinò saltellante tutte le sue attenzioni furono per lei.

«Nobu, mi accompagneresti al Ryonan?», gli domandò, con un sorrisino che avrebbe fatto capitolare anche l'impassibile Akagi. «Magari vediamo di recuperare informazioni anche sullo Tsukubu che dovrete affrontare voi, che ne dici?».

La Scimmietta del Kainan annuì, alzandosi dalla panca e prendendola per mano - cosa per cui partì un colpo al povero Araki, che vedeva la sua unica possibilità di rivincita e di conquista della bella Sakuragi solo durante gli allenamenti che lei faceva con i nuovi arrivati. Kiyota gli riservò un ghigno che era tutto un programma, mentre lasciava la palestra con la sua ragazza.

«Ehi, Hicchan», le disse poi, pensieroso e un po' preoccupato. «Ma tu mi vorrai bene anche se batteremo il tuo liceo?».

Hime si voltò a guardarlo, sconvolta. «E chi ti dice che ci batterete?».

«Beh, Mitsui non c'è, il Gorilla nemmeno e il Kainan ha me, la miglior matricola di Kanagawa!», rispose gasatissimo lui. «È praticamente ovvio che vi batteremo».

«Io non sarei così ovviamente convinta, Nobu», disse Hime, sorridendo sorniona e appendendosi al suo braccio. «Insomma, noi abbiamo un'arma segreta!».

«Un'arma segreta?! E non si allena con voi?!».

«È segreta, Nobu-chan! Non possiamo permettere che si alleni davanti agli occhi indiscreti del nemico».

Nobunaga ci pensò sopra un poco. «E il nemico sarei io?».

«Certo! Tu, Akira e chiunque venga a spiarci!». Hime rise, sollevandosi sulle punte per dare un bacio al ragazzo abbattuto.

«Quindi non mi vorrai più sul serio?», chiese, mogio mogio.

Hime si fermò e gli si piantò davanti, prendendogli entrambe le mani. «Nobunaga Kiyota, pensi che starei con te se ci fossero problemi simili? Mi sarei fidanzata con qualcuno della mia scuola, altrimenti!».

«Sì, magari con quel Puffo... o con Rukawa».

La rossa rimase interdetta e non poté far niente per evitare di arrossire. «Nobunaga! È il mio migliore amico, è come pensare di stare con Hanamichi!».

L'occhiata poco convinta dell'altro la fece rabbrividire. «Hicchan, io mi fido di te, davvero. È di lui che non mi fido. Tuo fratello ha ragione a dire che le Volpi sono animali infidi!».

«E io ho ragione a dire che sei un idiota». Gli strinse con forza le mani, sorridendo. «Kaede è un amico, il migliore che si possa avere. E mi vuole bene, come una sorella. Siamo cresciuti insieme, Nobu, non puoi pretendere che siccome ora ho te possa allontanarlo o allontanarmi. Altrimenti non hai capito proprio niente di me».

Kiyota sospirò, passandosi una mano tra i capelli. «Scusami, Hicchan, è che a volte mi chiedo come possa stare con uno come me».

«Vediamo, come devo fartelo capire... sei orgoglioso, egocentrico quasi ai livelli di Hanamichi, sei casinista, non ami molto lo studio... e sei del Kainan - Kainan, capisci?», fece Hime, scuotendo il capo quasi con disprezzo. Poi ammiccò. «Ma sei buono, sincero e pazzo. Pochi pregi che bilanciano completamente tutti i tuoi brutti difetti».

«Ehi!», esclamò offeso, facendola ridere.

«Ah, sei anche permaloso!», aggiunse, scappando dalle grinfie del ragazzo, deciso a mettere fine a quell'elenco che non gli era piaciuto per niente.

Uscirono dallo Shohoku di corsa, finché Kiyota, con un balzo dei suoi, l'afferrò per un polso e riuscì a fermarla. «Aha, presa! Ora vediamo, che punizione posso infliggerti fino alla metropolitana?», si chiese, stringendola tra le braccia, per impedirle di scappare.

«Che ne dici se invece patteggiamo e deponiamo le armi? Potrei farmi perdonare!».

«No, poi penseresti che sono facilmente ricattabile. Ho una reputazione da difendere, io! Nobunaga Kiyota, l'inflessibile numero uno di Kanagawa!».

«Neanche se decidessi di farti un regalo strabiliante per Natale?».

«E cosa? Cosa?».

«È una sorpresa, non posso dirtelo, Nobu-chan!».

La Scimmia del Kainan la osservò con fare indagatore, poi si arrese. «D'accordo, nessuna punizione. Però questa me la lego al dito, voglio proprio vedere cosa mi regalerai! Aha!».

Si diressero alla metropolitana, arraffando due posti per il rotto della cuffia, e chiacchierarono sul vicino Campionato. Nessuno di loro stava più nella pelle, ormai. Mancavano nove giorni alla prima partita, ma parevano un'infinità. Eppure sapevano che il tempo a loro disposizione sarebbe trascorso troppo in fretta tra tutti gli allenamenti, ormai giornalieri, e probabilmente avrebbero pensato che non sarebbero bastati.

«Ma noi del Kainan non abbiamo bisogno di allenamenti, siamo già allenati nel sangue!», stava dicendo con il suo solito fare saccente il ragazzo.

«Sai cosa è preoccupante?», chiese seriamente Hime.

Nobu ghignò. «Cosa? Che vi stracceremo?».

«No, che ne sei veramente convinto!».

L'Ala Piccola dei giallo-viola non perse occasione di pizzicarle un fianco, facendola saltare sul sedile, e iniziando una piccola lotta che fece guadagnare loro le occhiatacce dei vicini. Ma i due non se ne curarono troppo: come dicevano sempre con immensa modestia, erano uno spettacolo anche quando stavano secchi e pesti, loro!

Giunsero a destinazione stravolti e ridenti, e si diressero tra spinte e scherzi al liceo Ryonan. Delle volte quei due scordavano cosa volesse significare la parola romanticismo.

«Argh, la tana del nemico!», esclamò Nobunaga, fermandosi davanti al cancello d'ingresso. «Una volta entrati non sapremo se ne usciremo. Sei proprio sicura?».

Hime rise, afferrandolo per la felpa e tirandoselo dietro. «Ti terrorizza Taoka?».

«Quell'uomo è esaurito!».

«Ci credo, provaci tu a stare dietro ad Akira Sendoh senza impazzire! Persino il senpai Maki avrebbe qualche problema a farlo rigare dritto».

«Nah, il Capitano è uno tutto d'un pezzo! Gli abbasserebbe la cresta in men che... oh, gli abbasserebbe la cresta! Ahaha! Con quei capelli che si ritrova... questa era veramente bellissima!».

La rossa alzò gli occhi al cielo, non riuscendo a trattenere un sorriso, mentre quello quasi si piegava in due dalle risate. Che ragazzo demente si era trovata?

La palestra era affollata di curiosi e Hime, vedendo tutti quegli studenti, si chiese cosa ci fosse di così interessante in un allenamento. Non era la prima volta che andava a spiare i ragazzi del Ryonan e non ricordava un pubblico così numeroso.

«Per caso regalano qualcosa?», domandò Nobunaga, anche lui perplesso, guardandosi intorno. Si fermarono sulla porta e sbirciarono sul campo. La prima cosa che videro fu Taoka, che rimproverava due matricole, ma che fu distratto subito dopo da Akira che civettava con una studentessa. Il Sendoh! inconfondibile che gridò fece vibrare i vetri dell'edificio.

«Coach, l'allenamento non è neanche iniziato! Le sto solo spiegando che lei è l'allenatore migliore della prefettura», si difese Akira, con un'incredibile faccia di bronzo - per non dire altro. La studentessa annuì con vigore, sorridendo all'uomo, che per un attimo credette alle sue parole. Era una ragazza alta, sopra la media, dai capelli neri lunghi sopra le spalle e lisci, con due occhioni allegri e blu come il giocatore di basket. E aveva una bella faccia di bronzo di tutto rispetto, anche lei.

«Però, se le sceglie bene quel pervertito», fece Nobunaga, che si guadagnò immediatamente l'occhiata fulminante della fidanzata, la quale avrebbe fatto concorrenza a Medusa e al suo sguardo pietrificante. Così, gongolante, Nobunaga le domandò: «Gelosa?».

«Macché. Una così ti passerebbe accanto senza neanche vederti», rispose la ragazza, con un sorrisino cinico. La reazione dell'altro la fece scoppiare a ridere: labbro all'infuori, spalle abbassate e sguardo abbattuto.

1-0 per la Sakuragi.

«Fila a riscaldarti, pezzo di idiota!», sbraitò l'allenatore al suo pupillo.

«E comunque quella è mia cugina, Coach!».

«Sì, e io sono tuo padre».

«Davvero?», esclamò il nuovo numero 4, sfoggiando l'espressione più scioccata che avesse in repertorio. «Ma così mi spezza il cuore!».

«Sendoh!».

Kiyota, con le braccia conserte e gli occhi stretti a due fessure, guardava il Porcospino. «E quello dovrebbe essere un capitano? Puah!».

«Non lasciarti ingannare dalle apparenze. Akira sarà indisciplinato, ma è un grande trascinatore».

«Rimane il fatto che sia un idiota».

Sulle stesse rime arrivò la frecciatina: «Geloso?».

«Bah! Di quello lì? Non scherziamo!».

Ma Hime non lo stava più ascoltando. Aveva spaziato il campo con lo sguardo finché non l'aveva visto. Sbarrò gli occhi castani, strattonando il ragazzo per indicare quel... mostro? Non trovava parola migliore per descrivere quel... mostro, sì non era altro.

«E quello chi diavolo è?», domandò Nobunaga, scioccato.

Il tizio in questione era paragonabile a un armadio: alto almeno due metri, se non qualcosa di più, spalle larghe e arti grossi quanto la testa di ognuno di loro; e come se non bastasse era lievemente in sovrappeso. Trovarsi quel bestione sotto canestro equivaleva a morte certa. Aveva corti capelli scuri e il viso tondeggiante era simpatico ma un po' spaesato.

«Quello da dove salta fuori?», biascicò Hime, che non ricordava di averlo visto nell'amichevole, neppure in panchina. Non sarebbe certo passato inosservato, un troll di caverna come quello! Persino Akagi ne sarebbe rimasto scioccato.

Kiyota si mosse nervosamente accanto a lei. «Ma è regolare un tizio come quello?».

Uno studente, accanto a loro, si unì alla conversazione. «Quello è Daichi Anami, del secondo anno. È stato Sendoh a scoprirlo».

«Sendoh, eh?», mormorò Hime. «Quel disgraziato, non ha detto niente».

«Beh, neanche io l'avrei fatto», commentò Nobunaga, attirando l'attenzione dello studente.

«Ehi, ma io ti conosco! Tu sei del Kainan!».

Il tempo di dire amen e tutta la palestra puntò contro le due spie.

«Tecnicamente, io sono dello Shohoku», tentò di dire Hime, in sua difesa.

«Sakuragi!», tuonò Taoka, balzando davanti alla ragazza con gli occhi fuori dalle orbite. «Ci mancavi solo tu! Anzai ti ha mandata a spiare i miei allenamenti, per caso?».

Hime scosse il capo, sfoggiando un bel sorriso. «Buon pomeriggio a lei, Sensei! In realtà sono qui per rubarle qualche minuto il caro Hikoichi, non certo per guardare quel colosso spuntato dal nulla che probabilmente ci sbatterà fuori dal Campionato! Lo Shohoku non si presta mica a sottigliezze del genere».

Il piccolo Aida sbucò dietro le spalle del suo allenatore, agitando una mano in segno di saluto. «Hime-san, ciao!».

Ma la rossa non fece in tempo a rispondere, che Taoka aveva ripreso a sbraitare, con un pugno stretto in segno di vittoria. «Hai detto bene, ragazza! Vi sbatteremo fuori senza che neanche ve ne accorgiate!».

Trattenendo a stento l'impulso di dirgli che pareva un pallone gonfiato peggio del suo ragazzo, Hime continuò a sorridere innocentemente. «Posso parlare con il caro Hikoichi, per favore?»

Aida arrossì furiosamente e guardò supplichevole il suo allenatore.

«Ma sì, vai pure, tanto per quello che servi», borbottò Taoka. «E portami anche un caffè, ne ho bisogno!».

«Che ne dice di una camomilla, invece?», azzardò Hime, che vide bene a darsela a gambe trascinandosi dietro ragazzo e signorino-prendi-appunti. Akira la salutò con un bacio al vento, che mandò su tutte le furie Kiyota.

Si fermarono all'ombra di un salice, contro il quale si lasciò cadere Nobunaga, mentre Hime sfoderava tutto il suo miglior repertorio di adulatrice. «Allora, Hiko-chan, dovrei chiederti un favore enorme, ma non sarei qui se non sapessi della tua infinita gentilezza». Hikoichi balbettò qualche ringraziamento, e lei continuò. «Dunque, come avrai visto dal calendario, il primo avversario che lo Shohoku dovrà incontrare è il Miuradai. Sicuramente tu avrai visto le partite che ha disputato e saprai tutto dei suoi giocatori, vero?».

«Sì, beh... hai indovinato», disse quello, ridacchiando.

«Bene. Non è che potresti farmi dare una rapida occhiata ai tuoi appunti? Giusto cinque minuti».

Hikoichi stava per cedere, ma poi si fermò, perplesso. «Ma così aiuterei i miei avversari!».

Hime scambiò una rapida occhiata con Nobunaga. «Hanamichi sarebbe fiero di te se gli facessi questo grande favore».

Nobunaga non capì il perché di quella frase finché non vide il ragazzino in iperventilazione. «Beh, per Sakuragi-kun potrei anche fare un piccolo strappo alla regola... solo se accetta di lasciarsi intervistare da mia sorella».

«Perfetto!».

Nobunaga scattò in piedi. «Ehi, perché dovrebbe intervistare quella mezza cartuccia? Intervista me, sono la matricola migliore della prefettura!». La totale indifferenza del ragazzino per poco non lo fece svenire dal nervoso.

«Vado a prendere gli appunti e torno!», disse Hikoichi, correndo verso gli spogliatoi.

Hime, dall'alto della sua bravura, sorrise al ragazzo. «Sono o non sono un'adulatrice?».

«Hai appena venduto tuo fratello».

«Oh, ma sarà ben felice di vedere il suo nome nella gazzetta sportiva, fidati», gli disse, strizzandogli un occhio.

Aida tornò poco dopo, trafelato. «Hime-san, devo correre a portare il caffè per il Coach. Mi raccomando, hai dato la tua parola per Sakuragi!».

«Ci puoi contare!».

Appena il ragazzo sparì alla loro vista, Hime si accorse che non ci fosse solo la cartella del Miuradai: nella fretta aveva portato tutte le schede possibili e immaginabili. «A te quella dello Tsukubu. Io prendo queste due».

Prima di controllare quella del loro primo avversario, diede una rapida occhiata a quella del Ryonan, trovando subito quello che cercava.

Kiyota, accanto a lei, leggeva voracemente i dati dello Tsukubu. «Però, questo Tomokazu Godai a quanto pare darà da fare a Jin».

«Aspetta, fammi indovinare: "ma tanto Jin è il migliore cecchino di Kanagawa, lo ridicolizzerà davanti all'intero palazzetto, aha!"».

«Puoi dirlo forte!», fece Nobunaga, rendendosi conto solo dopo del sarcasmo in quella frase. «Molto, molto simpatica».

Hime si fece perdonare con un bacio sulle labbra, che calmò tutti i suoi intenti malefici contro quella strega dai capelli rossi. Ma vedendo che Nobunaga non aveva intenzione di allontanarsi, la ragazza rise e lo allontanò un poco. «Ti ricordo che siamo in missione per le nostre squadre. Prima il dovere!».

Kiyota borbottò qualcosa d'incomprensibile e tornò a leggere la scheda, mentre Hime appuntava velocemente tutto su Daichi Anami, prima che Hikoichi tornasse, ancor più trafelato di prima.

«Ho dovuto riportarglielo, era troppo amaro», fece, sconsolato.

«Tutti i migliori giocatori di basket devono fare questo tipo di gavetta prima di diventare come Sendoh», disse Hime, annuendo, e rendendo perplesso Nobunaga.

L'altro sbarrò gli occhi, entusiasta. «Quindi anche io diventerò come lui, un giorno?».

«Come no», fece sarcastico il giocatore del Kainan, che però parve convincente abbastanza da far saltare dalla gioia il povero Hikoichi.

Hime ricopiò tutto quello che c'era sui giocatori del Miuradai e così fece anche per lo Tsukubu, approfittandone del momento di distrazione di Hikoichi, che aveva iniziato a parlare a raffica del suo sogno e di come Sendoh e Sakuragi fossero i suoi due idoli. Non che la cosa interessasse ai due, ma Nobunaga dovette ricorrere a tutto il suo (inesistente) self-control per evitare di sbottare di chiudere quella boccaccia. Kami, quanto parlava veloce!

Quando Hime ringraziò più volte il ragazzo, ripetendogli che Hanamichi si sarebbe fatto intervistare volentieri dalla sorella, si erano già fatte le sei e mezza. I due tornarono in metropolitana, rileggendo gli appunti.

«Mamma mia, Hicchan, come scrivi male!», si lamentò lui, cercando di capire cosa diavolo ci fosse scritto.

«Scusami se stavo scrivendo in fretta e sulle gambe, razza di ingrato!».

Nobunaga ghignò. «Chi era il permaloso?».

«Ammazzati, Kiyota», borbottò lei, arrossendo. Il ragazzo le cinse le spalle con un braccio.

«Grazie per questi, anche se sono illeggibili».

«Ohi!».

Quello scoppiò a ridere, abbracciandola e dandole un bacio tra i capelli indiavolati. «Che fai, torni in palestra, ora?».

Come risposta ricevette un grugnito di assenso. Osservò la sua ragazza con attenzione, sorridendo: era adorabile quando s'imbronciava. Le accarezzò il mento, facendola voltare. Poi si chinò su di lei e la baciò sulle labbra. Fortuna che il vagone era pressoché vuoto, pensò Hime, ricambiando il bacio e dimenticandosi momentaneamente di essere offesa con lui.

 

*

 

La notizia di questo nuovo colosso del Ryonan inquietò un po' tutti, ma Ryota ricordò loro di concentrarsi sui primi avversari. Il Ryonan e il nuovo acquisto sarebbero stati un problema che avrebbero affrontato più avanti, sempre che giungessero al punto di potersi preoccupare.

«Si sono fatte le sette e mezza, ragazzi, per oggi possiamo anche terminare qui», disse il Capitano. «Hime, grazie per le schede, ne parliamo con più calma domani, ok?».

«Agli ordini, capo!». La donzella saltellò alla volta del fratello. «Hana, luce dei miei occhi, devo confessarti una cosa».

Quello sbiancò, temendo il peggio. Dopo tutto quello che stava scoprendo e vedendo ormai sospettava di tutto.

«Ho dovuto fare una cosa per avere quegli appunti...», iniziò Hime, ma non poté finire la frase, perché Hanamichi le si inginocchiò davanti, scuotendola con veemenza.

«Hicchaaan! Non mi dire che per lo Shohoku hai dovuto fare qualcosa di indecente?!».

Immediatamente dopo sulla capa rossa del ragazzo nacque un bernoccolo con i fiocchi. Con il pugno ancora fumante e un tic pericoloso all'occhio, la sorella continuò a parlare. «...ti ho accordato un'intervista con Yayoi Aida, fratello demente».

Hanamichi impiegò qualche tempo per assimilare la cosa. Poi balzò energico e con un sorrisone da orecchio a orecchio. «Vuoi dire che diventerò famoso?».

«Che Buddha ci liberi», commentò Rukawa, filando a farsi una doccia.

«Sei solo verde dall'invidia, Kit!», esclamò il rossino. Poi abbracciò la sorella, rischiando di spezzarle in due la schiena. «Grazie, Hicchan!».

«Sì, sì, ora mollami», tentò di dire la ragazza, con il fiato mozzato. Hanamichi trotterellò verso gli spogliatoi, cantando e inneggiando la sua fama.

«Sai che hai appena combinato un casino?», le chiese Ryota, incrociando le braccia. «Darà di matto appena uscirà l'intervista».

«Ci penserò io a calmarlo, tranquillo», gli disse lei, con un sorriso.

L'unico che non andò a farsi una doccia fu uno dei gemelli Shimura. Salutò i suoi compagni, spiegando che si sarebbe trattenuto un altro po'. «Tranquilli, chiudo tutto io».

Le due manager annuirono, lasciandogli le chiavi.

«Non stancarti troppo», disse Ayako, richiudendosi la porta alle spalle.

Kimi rimase solo, con un pallone in mano e la palestra a disposizione. Si avvicinò alla linea dei tre e si fermò poco prima. Prese un respiro profondo, per concentrarsi, e sollevò lo sguardo al canestro. Doveva allenarsi, per tenere il posto a Mitsui. Doveva farlo per lui, per la squadra. E per se stesso. Sperava solo che il senpai tornasse presto in palestra, per avere i consigli che gli aveva promesso.

Il canestro che centrò poco dopo fu il primo di una lunga serie.

 

 

Continua...

 

 

* * *

 

Torno come promesso dopo le vacanze estive! Come avete passato questi mesi di assoluto riposo? Spero benissimo e che siate carichi di energie per affrontare l'inverno!

E così abbiamo visto un personaggio(ne), tale Daichi Anami... io lo adoro già, spero di farlo amare anche a voi! E non disdegnate neanche la presunta cugina del Porcospino, ho in mente un progettino per lei.

Un piccolo appunto prima di salutarvi: il titolo di questo capitolo prende il nome dall'omonimo film di Tony Scott. ;)

A presto!

Un abbraccio,

Marta.

 

PS: vi ricordo il mio account di Facebook che utilizzerò per gli aggiornamenti e le novità di EFP, chiunque voglia aggiungermi è liberissimo di farlo. (: E anche il gruppo per ricevere notizie, spoiler e anteprime! (Tra cui la griglia del Campionato, per chi fosse interessato!) Lo potete trovare qui. Se volete passare il tempo tra un aggiornamento e l'altro con intermezzi spoilerosi siete i benvenuti! :)

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: kenjina