Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, appartengono solo a sé stessi; non intendo narrare fatti realmente accaduti, non scrivo a scopo di lucro.
Buona lettura
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È un pomeriggio tranquillo al parco di Ueno nonostante soffi un vento fresco, normale per essere nel mese di Marzo, rimango in piedi sotto questo ciliegio che ormai sta perdendo i suoi fiori; rimugino pensando che quest’anno non siamo riusciti a fare l’hanami.
Sto aspettando qualcuno, qualcuno per me molto importante e i miei occhi si incantano a fissare il volteggiare dei petali che conducono la mia mente a perdersi nei ricordi...
È passato un anno dal nostri primo incontro te lo ricordi? Era il tuo primo giorno di lavoro come membro del nostro staff e tu, anche se ti tremava un po’ la voce dall’emozione, ti presentavi sorridendo e assicurandoci che avresti fatto del tuo meglio.
Ti vedevo ogni tanto passare perché il tuo lavoro non ti permetteva di stare a stretto contatto con noi, eri sempre così indaffarata, così sicura con la tua voce ferma e dal tono forse un po’ troppo alto.
Ti vedevo quando eravamo in pausa e per una volta ti eri fermata mostrando solo per un momento la tua debolezza e la tua stanchezza, ma poi ripartivi con la forza di una che avrebbe potuto smuovere una montagna. Rido un po’ a pensarci perché la mia prima impressione su di te era proprio questa: una ragazza dall’energia inesauribile e forte come una roccia.
Poi un giorno chissà come, la fortuna o il destino, ci ha
fatti incontrare e parlare con un po’ d’imbarazzo da parte tua e curiosità
dalla mia; ricordo tutto di allora tu eri così timida mentre mi dicevi che eri
lì perché stavi cercando l’ispirazione per scrivere qualcosa precisando che era
qualcosa di particolare: un racconto fatto di poesie in cui una ragazza non si rende conto di vivere in un incubo,
provocato dalla sua paura di esistere, ma che era simbolico perché lei poteva
abbattere le barriere. Io ne rimasi incuriosito esprimendo il desiderio di
poterlo leggere e fu allora nel momento in cui sorridendo timida mi rispondesti
che non c’erano problemi, nel momento in cui mi porgesti i fogli, probabilmente
fu quello il momento che creò quel filo che ci avrebbe legato...
Lessi quel
racconto fino a tardi quasi piangendo in certi passaggi e quando te lo
restituii il giorno dopo te lo dissi chiaramente che mi ero commosso e tu mi
guardasti in modo strano, io non capendo cercai di porre rimedio a quel che
credevo essere un errore però tu mi dicesti che era il più bel complimento che
potevo farti, stavi per piangere e capii che mai per nessun motivo avrei voluto
vederti farlo.
Da quel giorno
capitarono altre occasioni, per vedersi, per parlare e che ci avvicinarono a
poco a poco e capii che molte di quelle poesie erano autobiografiche, capii che
ormai mi interessavo a te forse un po’ troppo del dovuto, un po’ troppo per un
semplice collega come i miei amici mi facevano a volte malignamente notare e fu
proprio a loro che chiesi consiglio, furono loro a dirmi cosa fare.
Fu proprio per
questo che ti invitai un po’ titubante a uscire con me e non saprai mai che per
tutto il tempo mi chiedevo dove ti avrei portata, cosa avremmo fatto, non
saprai mai di quanto ero nervoso; come per caso passammo davanti ad un negozio
di strumenti io per impulso mi fermai e tu gentilmente mi chiedesti se volevo
entrare, sapevo cosa mi aspettava, ma ti dissi di sì e come previsto mi persi
tra le chitarre scintillanti, mi persi nel loro profumo e, mi accorsi, tu con
me. Entusiasta me ne indicasti una acustica e io spontaneamente iniziai a
suonarla smettendo all’improvviso un po’ imbarazzato mentre tu sorridevi triste
congratulandoti con me e al mio chiederti il motivo di tanta amarezza mi
confessasti che ti piaceva suonare e per un po’ avevi anche preso lezioni però
un tuo problema ai polsi ti aveva costretta a smettere e da allora il ricordo
di ciò che avevi perso ti buttava sempre giù di morale, stavolta ero io a
essere un po’ triste così scuotendo la testa mi hai detto di non preoccuparmi e
mi hai sorriso.
Dopo quell’uscita
ne erano seguite altre, ormai il mio cercarti era palese, il mio cambiamento
quando tu eri nei paraggi era evidente e anche tu mi mostravi pian piano tutti
i tuoi lati nascosti, mi raccontavi di te fino a quando…
“Pon!”
Mi volto verso la
voce che mi ha chiamato sorridendo alla tua figura che si avvicina “Quando mi
chiamerai per nome?” rido di quel nomignolo con cui mi chiami spesso.
“Ma Pon mi piace come suona, è carino” ridi con me “sei qui da
molto?” mi chiedi guardandomi dolcemente, con quel sorriso che tanto mi piace
mentre un soffio di vento dispettoso ti scompiglia un po’ i capelli.
“Sono appena
arrivato” dico mentre con una mano ti sistemo la ciocca dietro l’orecchio e ti
stringo in un abbraccio per farti sentire il mio calore e i miei sentimenti,
per rinnovare la promessa che ti ho fatto - quella di proteggerti e di esserti
sempre accanto - ma che avevo fatto a me stesso molto tempo prima di rendermi
conto del nostro filo rosso quando per la prima volta ti avevo vista piangere.
“Ti amo”
The End
Fanfiction scritta di getto perché mi tormentava e
sapevo che se non l’avessi scritta l’avrei dimenticata con grande rammarico. Se
volete farmi sapere che ne pensate lasciatemi pure una recensione.
Dedicata a Gura-chan.