18/09/2011
2 recensioni
Per esperienza personale vi suggerisco di leggerla mentre ascoltate questa: http://www.youtube.com/watch?v=CcH4wT2FIsc&feature=related
Trincea, amico.
Non si era mai reso conto di quanto la sua vita fosse cambiata da quando lui era entrato nella sua vita.
All’inizio erano stati nemici, lo aveva catturato e tenuto rinchiuso per diversi giorni, ma quel ragazzo non aveva mai ceduto. Intendiamoci, anche se era in cella si comportava come se stesse trascorrendo una felice vacanza in un hotel di lusso. E questo lo aveva perplesso.
Poi erano diventati alleati, contro un nemico comunque. Pensava che sarebbe stata la sua rovina e infatti fu così. Era un ragazzo inetto, incapace, fifone e pigro. Non poteva distrarsi un attimo senza che quello non combinasse qualche guaio. E anche questo lo aveva perplesso.
Ma poi, più il tempo passava e più si rendeva conto che non era il ragazzo a dipendere da lui, bensì il contrario. Che cosa avrebbe fatto senza Italia?Senza più nessuno da soccorrere o da sgridare?
Infondo loro, come il ragazzo gli ricordava sempre, erano… amici.
Quella parola prima della sua alleanza con Veneziano che cosa rappresentava per lui?
Nulla. Erano semplicemente cinque lettere allineate, ma niente di più.
E ora si ritrovavano lì, nella neve ghiacciata, i fucili tra le mani, seduti l’uno di fianco all’altro che attendevano.
Attendevano cosa? Un altro assalto che non avrebbe portato altro che morte da entrambe le parti.
Non voleva che finisse così, non poteva permetterlo.
Ma sta volta Italia era stato irremovibile.
Germania sta volta non era perplesso, ma allibito.
“Vengo con te” aveva detto il moretto. A quel punto il tedesco aveva provato in tutti i modi a spiegargli che non stava andando a fare una passeggiata, ma in guerra.
Guerra, quella cosa che Italia odiava tanto e da cui fuggiva sempre.
Quel giorno però il ragazzo gli aveva sorriso con un po’ di tristezza
“Siamo amici, non posso lasciarti andare da solo… non sta sera”
Perché?!?Perchè aveva detto una cosa simile, lasciandolo senza parole per ribattere?
Per quel motivo si trovavano insieme ad aspettare un segnale, un indizio, che dicesse loro che potevano scendere in campo.
Lo sentii tremare e lo guardò di sbieco. Aveva il nasino rosso e gli occhi, insolitamente seri, fissavano un punto indistinto davanti a loro.
«Hai freddo?» gli chiese Germania gentilmente. Italia non lo guardò nemmeno e strinse gli occhi lucidi.
«N-no…» balbettò e si strinse le braccia attorno alle ginocchia. Il tedesco scosse la testa togliendosi la giaccia e mettendola sulle spalle del suo amico. Veneziano lo guardò stupito.
«Ma… così avrai freddo tu Germania!» disse, ma l’altro scrollò le spalle facendo una smorfia.
«Sei uno stupido Italia.»
L’italiano si tenne stretto alla giacca e sospirò «Volevo venire a farti compagnia…» si giustificò parlando flebilmente.
«Qui potremmo morire!é la guerra!» gridò il biondo infervorandosi.
«Lo so. Sono venuto per questo!»
Germania lo guardò sbattendo un paio di volte le palpebre. Non riusciva a capire.
Italia gli sorrise e si alzò in piedi.
«Se tu sei in pericolo io ti devo aiutare, ricordi?Te l’avevo promesso»
Quelle parole lo colpirono più di un colpo di pistola.
«I-Italia…» cercò di fermarlo ma il ragazzo si stava già avviando. Verso il nemico.
Li stavano chiamando.
Germania si alzò in piedi mentre il moro si voltava con un sorriso nostalgico.
«Grazie, Germania» poi cominciò a sparire nella nebbia.
«Italia!Tornerai?!?»
Di lui sentì solo la voce «Certo… devo ridarti la giaccia e dobbiamo preparare insieme la pasta, giusto?»
Era sempre lo stesso e non sarebbe cambiato mai, pensò Germania appena prima di correre nel buio.
NoireNeige