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Autore: _Atlas    18/09/2011    2 recensioni
C’è qualcosa nel silenzio che circonda le montagne, qualcosa che rende la loro atmosfera diversa da qualsiasi altro luogo.
Eppure la loro è una quiete fittizia, fatta dei rumori dei boschi, del rotolare dei massi lungo i crinali, della violenta pioggia nei giorni di maltempo, e del continuo mormorio del vento.
La montagna è l’unico luogo dove si può percepire il silenzio argentino, il silenzio fatto dai rumori.
E’ il posto adatto per stare soli a pensare, quasi assordati dall’oblio di pace che regna tutt’attorno.
Ma è anche il luogo perfetto per fare una chiacchierata con un vecchio amico.
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“Libia mi manca. Sono preoccupato per quello che gli sta succedendo...”
“Ma il problema non è lui, vero?”

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“Nel corso della storia abbiamo avuto molti periodi di splendore [...]. Ma ad ognuna di queste epoche hanno inevitabilmente seguito eventi nefasti che ne hanno elargito il termine. E la colpa viene sempre data a chi non ce l’ha, tanto per condannare qualcuno.”
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“Guarda lì, su quello spuntone di roccia nuda: una Stella Alpina. Lo vedi? La vita resiste anche nei luoghi e nelle condizioni più impervie e proibitive. Basta avere la volontà e la forza di vivere.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Veneto'
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Il Silenzio delle Montagne 


Feliciano inspirò profondamente l’aria fresca e leggera, mentre puntellava le mani sulla staccionata di legno ormai scheggiato e si godeva il panorama.
Il sole stava giusto sorgendo dietro le montagne ad est, gettando sulle irregolari pareti di roccia nuda una luce purpurea ma dura, conferendo loro un ancor più livido aspetto.
La nebbia che saliva a valle aveva preso invece un colore rosato e soffuso. Quasi fosse stata un leggerissimo lenzuolo, si muoveva come a ritmo del respiro di un’immensa creatura addormentata.
Non era stato semplice salire fin lì, a più di 2500 metri, ma quello spettacolo si era meritato tutta la fatica ed il freddo che Feliciano aveva patito.
D’altronde era partito solamente con la sua solita divisa, e certamente non era troppo adatta alle camminate in alta montagna.
L’Italia del Nord sorrise al pensiero di essere arrivato fin lassù tutto d’un fiato, e dopo essere partito così presto da aver avuto il sentiero illuminato solamente da alcuni fiochi raggi di luna che si erano attardati nel cielo mattutino. Ma lui conosceva così bene quel sentiero da poterlo ormai percorrere ad occhi chiusi. Rifaceva sempre lo stesso percorso e puntualmente si fermava sempre al solito posto, alla fine del sentiero sullo spiazzo davanti alla staccionata, per pensare in solitudine e per rimirare in silenzio la sua terra.
Ma tanto rapidamente quanto gli era comparsa sul volto, l’espressione gioiosa di Feliciano sparì, sostituita da un paio di occhi tristi e spenti.
Aveva appena ricordato il motivo per cui era lì.
Poggiò meglio i gomiti sul legno scuro ed affondò il viso tra le mani, spostando il peso in avanti e rabbrividendo ad una folata di vento fresco.
Da molto tempo il suo cuore era attanagliato da una morsa; i problemi che sembravano ormai risolti erano con prepotenza ritornati e si susseguivano a ritmo incalzante.
Era vero, non c’erano guerre importanti da sostenere, solo scontri definiti scaramucce dalle nazioni potenti. Scaramucce che portavano comunque morte e devastazione.
Ovviamente queste condizioni, paragonate alle due Grandi Guerre, erano sciocchezzuole, stolte fole, compresi i problemi di stato. L’unica complicazione era che non tutti lo capivano.
“Guarda un po’ chi si rivede, dopo tutto questo tempo!”
Feliciano sobbalzò, colto completamente alla sprovvista perso com’era nei suoi pensieri, e si voltò.
Di fronte a lui stava un giovane ben piantato, dalla carnagione leggermente olivastra e un bel paio di luminosi occhi castani. Ai piedi calzava un paio di scarponi scamosciati grigiazzurri con la punta e il tallone rivestiti di cuoio nero. I pantaloni, tipici per camminare in montagna, impermeabili all’esterno e caldi all’interno, erano celeste pallido rivestiti di nero sulla parte interna, sopra il ginocchio e sulle tasche. Sulle spalle trasportava uno spesso zaino dall’aria piuttosto pesante, e sopra una maglia nera a collo leggermente rialzato vestiva un pesante maglione color terra.
Sulla testa indossava un berretto di lana da cui sotto spuntavano dei ciuffi di capelli ondulati e corvini portati corti, e sul viso dalla forma ovale spuntava un accenno di barba scura, evidentemente tagliata da poco.
Il giovane avanzò e posò le braccia sulla staccionata, accanto a Feliciano, rimirando l’alba. I sassolini ghiacciati dal freddo scricchiolavano sotto le suole nere dei suoi scarponi.
“... Tommaso?”
Fece l’Italia del Nord, osservando l’altro, trasognato. Quello voltò la testa verso di lui, sorridendo.
“Tommaso Fabiani, regione Veneto, in persona!”
Feliciano inclinò la testa da un lato e sorrise. “E’ da un bel po’ che non ci si vede, vero?”
Tommaso annuì, riprendendo a fissare il paesaggio di fronte a lui.
“Lo sai che ho una forte indipendenza culturale!” Ghignò, per poi tornare a guardarlo e diventare serio. “Tu, piuttosto... quali sono i problemi che ti angustiano?”
Il Nord Italia ebbe un attimo di incertezza. “... Come sai che ci sono problemi? Non c’è stata ancora nessuna riunione...”
Veneto si strinse nelle spalle e poggiò una mano sulla spalla dell’altro.
“Perché ogni volta che qualcosa ti fa male al cuore vieni sulle mie montagne, sempre qui. E più a lungo resti, più gravi sono le tue preoccupazioni. Ora, vuoi dirmi cosa c’è che non va?”
Feliciano restò sorpreso. Tommaso era la regione che, in senso pratico, gli stava meno vicino -basti pensare che aveva meditato anche di diventare uno stato indipendente; d’altronde il suo popolo esisteva già al tempo degli Etruschi ed era totalmente autoctono.
Ma lui era quello che leggeva meglio di chiunque altro nella sua anima.
Era sincero, perché quando gli parlava lo guardava sempre negli occhi, senza mai abbassare lo sguardo e senza mai esitare.
Ma come Veneto gli leggeva nell’anima, lui non riusciva mai a capire cosa la regione pensasse. Nessuno lo capiva, a parte Venezia. Cristina ‘Serenissima’ Liberati, una bionda dagli occhi scuri sempre vestita in modo elegante, aveva qualcosa di speciale, ed un’avversione cronica verso Roma. Ma era una lunga storia.
Feliciano sospirò, formando una nuvoletta di vapore condensato che si disperse nell’aria gelida.
“Libia mi manca, e sono preoccupato per quello che gli sta succedendo...”
“Ma il problema non è lui, vero?”
L’Italia del Nord sobbalzò. Ma come fa?
“... Si, hai ragione. Il problema non è Samir... E’ Lovino.”
Tommaso sorrise ed annuì, chiudendo gli occhi.
“Lo immaginavo.”
Veneto non poteva soffrire Lovino, ed era lui il principale sostenitore della secessione d’Italia.
Feliciano assunse uno sguardo triste e si poggiò meglio alla staccionata.
“Lo so che cosa pensi, ma-...”
“No, non lo sai. Nessuno lo sa davvero.” Lo interruppe la regione, rizzandosi, per poi continuare con più vigore. “E’ vero che io sostengo la secessione, il Nord e il Sud sono due culture diverse costrette a vivere insieme. Ma io rispetterò sempre le tue decisioni, qualunque esse siano. Non ho dimenticato, e mai lo farò, ciò che hai fatto per me durante le guerre d’indipendenza dall’Austria. E tutta la fatica comune che è stata fatta per riunire il Paese, tutto il sangue che è stato versato.”
Il Nord Italia annuì. “Hai ragione, però. Ti capisco...” Sospirò. “Nel corso della storia abbiamo avuto solamente pochi buoni leader, e molti periodi di splendore, come durante l’Impero Romano, nel Rinascimento, e dal 1922... Ma ad ognuna di queste epoche hanno inevitabilmente seguito eventi nefasti, situazioni di crisi o errori che ne hanno elargito il termine. E la colpa viene sempre data a chi non ce l’ha, tanto per condannare qualcuno.”
“Purtroppo non ci possiamo fare granché, è nella natura dell’umanità. Il ‘dare la colpa’, sapere che la causa di tutte le loro difficoltà è uno sbaglio di qualcheduno, allevia in qualche modo i patimenti.”
Feliciano guardò Tommaso negli occhi, cercando di sostenere quello sguardo scuro e profondo, dal passato lungo ed impenetrabile come le sue montagne.
“Sei saggio.”
Disémo che gò ‘na testa e sèrco de usarla bén!” Ironizzò Veneto, nel suo dialetto cantilenante.
Sapeva essere serio, ma amava oltremodo le situazioni leggere. La nazione non potè fare a meno di sorridere, anche se il suo sguardo rimase triste.
Tommaso gli diede una leggera pacca sulla spalla.
“Vieni, andiamo a camminare.” E si avviò, seguito da un Feliciano un po’ irrigidito dal freddo.
 
Procedettero per diverse ore, in silenzio, su sentieri di terra battuta e sassi che Feliciano non aveva mai percorso prima.
Il sole cominciava pian piano a levarsi, ma la sua livida luce d’alba persisteva, come se non volesse infastidire i monti dormienti. Almeno la nebbia a valle, però, si era dissipata, facendo brillare l’erbetta tenera di brina fredda.
Il terreno ghiacciato scricchiolava sotto le suole degli stivali e degli scarponi, mentre il vento gelido ululava danzando tra le cime delle montagne.
“Forza, manca ancora poco e siamo arrivati.”
Feliciano sobbalzò alla voce di Tommaso, perso com’era nei suoi pensieri e nell’ascoltare i suoni che vagavano attorno a lui.
Il sentiero di terra battuta che stavano percorrendo era molto stretto, e sulla destra si spalancava un docile strapiombo cosparso di fitta erbetta che dava a valle, su cui scivolare sarebbe comunque stato un problema. Il terreno era molto scuro perché cosparso da pietre laviche finemente sgretolate dalle intemperie nel corso dei millenni.
D’un tratto l’itinerario che stavano percorrendo, relativamente piano, subì una brusca e breve impennata, che dopo un vallone li portò su di un altro sentiero più largo, formato da sassolini bianchi e terriccio chiaro.
Mano a mano che procedevano, la pendenza dello strapiombo si faceva più lieve, e cominciavano ad essere circondati dalla boscaglia alpina, più o meno fitta a seconda dei punti. Passarono un rigagnolo di acqua gelida e cristallina, dove Tommaso approfittò per riempire la borraccia ormai vuota e per spruzzarsi il viso. A tradimento bagnò anche il compagno, che dopo un attimo di sorpresa per il freddo improvviso profuse in grandi risate, contagiando anche la regione.
Il sentiero cominciò di nuovo a salire, questa volta più dolcemente, ed il pendio alla loro destra si accentuò fino a diventare un profondo strapiombo roccioso, che dallo scintillare del sole digradava verso l’oscurità a fondovalle.
E finalmente, dopo un breve falsopiano, il sentiero si aprì in un piccolo spiazzo alberato, il cui lato libero dalle piante sempreverdi dava sull’immensità aperta del paesaggio montano.
“Ecco, siamo arrivati!”
Fece Tommaso, posando a terra lo zaino e sedendosi sull’erba verde della radura, imitato da Feliciano, a cui brillavano gli occhi dallo stupore.
“Questo posto è... è davvero stupendo. Non ci sono parole per descriverlo.”
“L’ho scoperto per caso molto tempo fa, battendo un sentiero di stambecchi per il censimento, e ne sono rimasto incantato. Così appena posso vengo qui.” Veneto sorrise. “Ognuno ha i suoi luoghi prediletti per restare a pensare in pace... o per passare una piacevole mattinata in compagnia.”
Feliciano socchiuse gli occhi, godendosi i primi raggi di sole tiepido che gli accarezzavano la pelle del viso, in netto contrasto con il solito vento freddo che lo accompagnava da quando era partito, e gli scappò una domanda su cui rimuginava da un po’ di tempo.
“Tommaso, come fai a sapere quando sono qui? Intendo... come sai che vengo sempre qui a pensare, quando ci sono dei problemi? Non ti ho incontrato spesso, anzi, direi quasi mai...”
Veneto si volse verso di lui, guardandolo senza vederlo, pensoso.
“Sono le montagne a dirmelo. Dopotutto, questa è la mia terra, e nessuno la conosce meglio di me. Vedi... i monti mi parlano. Riesco a capire quando qualcosa non va, quando qualcuno percorre i sentieri, il tempo che ci sarà. E’ complicato da spiegare... è, diciamo, una sorta di empatia.”
Feliciano spalancò gli occhi dalla sorpresa.
“... Davvero? Caspita, è davvero... speciale!” Quasi non aveva parole.
Tommaso sorrise, ma poi lo sguardo cadde sulle mani della nazione, e la sua espressione si fece un misto di preoccupazione e perplessità.
Feliciano inclinò la testa da un lato. “Che c’è?”
Veneto ci mise un attimo a tornare alla realtà, e quando si riscosse prese le mani del compagno nelle sue e cominciò a massaggiarle, annuendo.
“Come pensavo. Ti stavi gelando le dita senza accorgertene.”
Feliciano si rese conto che effettivamente aveva perso la sensibilità dei polpastrelli, e quando grazie al massaggio ed al calore delle mani di Tommaso la circolazione cominciò a riprendersi, le dita presero a pungergli dolorosamente. Involontariamente gli scappò un gemito, e Veneto sorrise, scrutandolo da sotto il berretto.
“Male, eh?”
Feliciano provò a sorridere a sua volta, ma lo scarso risultato che ottenne fu una smorfia, e la regione a stento trattenne una sonora risata.
Lentamente il doloroso pizzicore cominciò ad attenuarsi, e la nazione riacquistò un minimo di sensibilità alle dita.
“Va un po’ meglio?” Chiese Veneto.
Feliciano annuì e Tommaso, dopo aver frugato nel suo pesante zaino, gli porse un paio di guanti in similpelle nera.
“Dentro sono foderati di pile, eviteranno che ti congeli di nuovo le dita.”
La nazione li indossò, e si sentì subito meglio. Certo, da Russia aveva patito decisamente di peggio, ma finalmente poteva concedersi il lusso di provare dolore per piccolezze simili.
“Ho sempre mani e piedi gelati, sia d’inverno che d’estate. Sono una persona fredda.” Feliciano ridacchiò e inarcò la schiena all’indietro, poggiandosi in terra con le palme.
“Mani fredde, cuore caldo.” Fece Tommaso, sorridendo, mentre richiudeva lo zaino. “E nel tuo caso direi che è davvero così. Con i problemi che ti assillano, stai addirittura accogliendo persone che fuggono da guerre che non sono tue... Offri loro un lavoro, una casa, protezione. Sei una persona davvero buona, hai un gran cuore.”
La nazione osservò Veneto con gli occhi lucidi. Faticava a trattenere le lacrime di commozione davanti a quelle belle parole. Nessuno gli aveva mai parlato così. Ma la regione continuò, come se avesse letto uno dei suoi pensieri ricorrenti.
“E non sei affatto inutile. Questa è una delle più grandi stupidaggini che io abbia mai sentito in tutta la  vita dopo quella di Germania convinto di riuscire ad invadere e conquistare Russia.”
A quell’ultima affermazione a Feliciano venne da ridere, ma una lacrima gli rotolò lungo la guancia.
Tommaso, dopo un attimo di stupore, non disse nulla. Si limitò a posargli una mano sulla spalla e ad attendere.
“... Grazie.” Riuscì a biascicare la nazione. L’altro annuì, e stettero in silenzio.
Dopo qualche tempo il Nord Italia abbassò gli occhi e sospirò.
“Scusami... sono proprio un debole...”
Veneto scosse la testa con forza. “Non è vero. Essere forti non è il non piangere mai, il dare l’impressione di non soffrire. La vera forza è l’esternare i propri sentimenti, perché significa che ciò che gli altri pensano non è importante.”
Feliciano posò il viso tra le mani e scosse la testa. Tremò leggermente, ed un singulto gli uscì dalla gola. Subito dopo fu scosso da singhiozzi più forti e prese a piangere di cuore, finalmente libero di sfogare quel peso che gli opprimeva il cuore.
Tommaso gli passò un braccio attorno alle spalle e se lo strinse vicino, provando a confortarlo.
Passarono diversi minuti prima che Feliciano, lentamente, cominciasse a calmarsi.
Emise un ultimo singulto e si asciugò gli occhi con le maniche della divisa celeste; si sentiva davvero molto meglio, il suo cuore era più leggero ed il peso che gli opprimeva il petto era scomparso. Gli sembrava di essere più lucido, ora, e di avere le idee più chiare.
“Va meglio, vero?” Fece Veneto, dopo un po’.
La nazione annuì, affondando il viso tra le mani. “Si, ma... è difficile...”
Tommaso si guardò in giro, come per cercare qualcosa, che evidentemente trovò.
“Guarda lì, su quello spuntone di roccia nuda: una Stella Alpina.” Disse adagio la regione, indicando un punto roccioso alla sua sinistra. “Lo vedi? La vita resiste anche nei luoghi e nelle condizioni più impervie e proibitive. Basta avere la volontà e la forza di vivere.”
Il Nord Italia alzò la testa e lo fissò negli occhi, annuendo deciso. Aveva uno sguardo sicuro e determinato: ora sa che cosa deve fare. Constatò Tommaso, orgoglioso, dandogli una pacca d’incoraggiamento sulla spalla.
La nazione, posate le palme a terra, si tirò su e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo luminoso al panorama della radura, si volse verso la regione con un sorriso.
“Grazie, di tutto.”
Veneto scosse la testa, restando seduto. “Non mi devi ringraziare. Dopotutto, faccio parte dell’Italia.”
Feliciano annuì, e si salutarono con un breve cenno del capo; Tommaso rimase sulle sue montagne a rimuginare per conto suo, mentre il Nord Italia si incamminò convito verso casa sua, e del fratello.
 
“Lovino, dobbiamo parlare.”
Appena arrivato, Feliciano aveva deciso di passare subito al dunque, per non dare tempo al fratello di salvarsi all’ultimo minuto con una scusa.
Il Sud Italia era in soggiorno, chinato sul tavolino di legno scuro, intento a leggere un volumetto rilegato. Quando il Nord irruppe in casa, dapprima gli lanciò uno sguardo vacuo, che poi si trasformò in un’espressione sorpresa. Scattò in piedi e mosse qualche passo verso il fratello, che lo scrutava serio a metà della stanza.
 “Feliciano! Ma dov’eri finito?! Te ne sei sparito così, in piena notte!” Lovino sollevò le mani, gesticolando ampiamente per enfatizzare il discorso. “... Ero preoccupato...”
L’ultima frase l’aveva detta in un sussurro, abbassando gli occhi.
Lo sguardo del Nord si addolcì appena, ma rimase risoluto.
“Dobbiamo parlare.” Ripetè.
Lovino chiuse gli occhi ed annuì. “Vieni a sederti.” Cominciò mentalmente a raccogliere le idee per contrastare le eventuali accuse che il fratello avrebbe potuto muovergli contro. Non si preannunciava mai nulla di buono quando Feliciano era serio.
I due si sedettero sul sofà, ma prima che il più piccolo potesse iniziare a parlare il Sud intervenne.
“Prima dimmi dove sei stato.”
Il Nord sospirò. “Sulle montagne di Veneto. Avevo bisogno di pensare.”
Lovino annuì, ed attese in silenzio che Feliciano iniziasse.
“Ascolta... in questi ultimi tempi abbiamo davvero parecchi problemi, lo sai. E...” Ebbe un attimo di incertezza, per calibrare meglio le parole.
“... E credo che la causa principale sia tu.” Concluse con voce ferma, fissando il fratello negli occhi.
Lovino contraccambiò con uno sguardo prima stupito, poi via via più irritato, fino a che non fu sul punto di sputare in faccia a Feliciano tutto il suo disprezzo e tutti i problemi che doveva affrontare già per conto suo, senza che ci si mettesse di mezzo anche lui con le sue dichiarazioni pretenziose; ma il Nord lo precedette giusto di un attimo.
“Tu sei la mia rovina...” Sentenziò deciso. A Lovino fece male il cuore. Ma subito dopo quell’affermazione lo sguardo di Feliciano si fece dolce. “... Ma sei mio fratello, e ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Qualunque siano i problemi da affrontare, per quanti e complessi che potrebbero essere, li affronteremo insieme e li supereremo. Come sempre.”
E detto questo, quasi con le lacrime agli occhi, si slanciò in avanti, abbracciando forte il fratello. Venne da piangere anche a lui.
Rimasero abbracciati, e qualche lacrima bagnò le reciproche divise.
“Hai capito, adesso?” Disse Feliciano, stringendo più forte Lovino.
Lui annuì contro la sua spalla, ed entrambi si sentirono più leggeri.
 
 
 

 

 
 
 
L’Angolo di Zazzy
 

Neh, rieccomi tornata dai bui meandri dell’immensità(?)
Ci ho lavorato con impegno a questa one-shot, ma il finale non mi piace: mi sembra troppo affrettato >.<
Comunque... Ah, giusto! Spero che nessuno si sia sentito offeso da questa cosetta, perché altrimenti è proprio pirla! XD
E poi ognuno ha le sue idee... io ti rispetto se tu sei comunista e tu rispettami se io sono fascista! ^-^
Anyway... come vi sembra Veneto? :D L’ho anche disegnato, ma non dispongo al momento dello scanner, perciò dovrete accontentarvi della mera descrizione XD
 
Spero davvero che vi sia piaciuta, e sapete che ci resto male se non recensite, o se scrivete solo tre parole .-.
Dai, fatemi contenta, che vi voglio tanto bene!! ^-^
 
Se avete da far domande, chiedete, il resto vien da sé(?)
Alla prossima! See ya!! °-^
 

Bacioni <3 Zazzy
 
 
 

   
 
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