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Autore: pervancablue    18/09/2011    4 recensioni
"Narcissa sorrise, abbassando la testa ad annusare i capelli del figlio. Chiuse gli occhi, cercando di imprimersi quel momento nella mente. Non esisteva nient'altro come Draco. Nessun altro aveva quella pelle perfetta, quel profumo buonissimo. Nessun altro poteva sedersi sulle sue ginocchia e appoggiarle la testa sul petto in quel modo. Baciò il bambino sulla testa, chiedendosi come mai avesse fatto sua madre a ripudiare sua sorella Andromeda, a ripudiare una figlia. Lei senza Draco, lo sentiva, sarebbe morta."
Due stralci di vita diversi. Due situazioni diverse e in qualche modo simili. Una madre e un figlio. Delle porte tra loro, a separarli, a unirli, a portarli ad altre vite, a centinaia di altre possibilità, centinaia come le porte presenti nel maniero dei Malfoy. Peccato siano tutte irrimediabilmente chiuse.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Closed doors. Le Porte Chiuse.



La porta della sua stanza era un'enorme porta di legno scuro, chiusa. Quella porta era sempre chiusa, che lui fosse dentro o fuori.
A ben pensarci, in realtà, tutte le porte di quella casa erano sempre chiuse e lui questa cosa non l'aveva mica mai capita troppo bene.
Una casa con centinaia di porte, tutte costantemente chiuse.
Sbadigliò, rotolandosi sonnecchiosamente sull'altro lato, il morbido pelo del tappeto di pelliccia che gli carezzava una guancia.
Da lì, sdraiato pancia sotto su quell'enorme tappeto bianco, i tendaggi della sua finestra mettevano ancora più soggezione.
Un pò, forse, aveva voglia di alzarsi. Si era sdraiato lì appena finito di mangiare e, a ben pensarci, cominciava a sentire di nuovo fame.
Quelle tende verde scuro erano proprio brutte. Ci aveva giocato tante volte, erano, in tutta sincerità, uno dei suoi giochi preferiti. Gli piaceva arrotolarcisi dentro fino a sparire tra quegli strati leggeri e pesanti e poi girare su se stesso, srotolandosi da tutta quella stoffa.
Era come volare, come ballare, come giocare.
Che noia...
Prese a strusciare velocemente il palmo della mano sul tappeto fino a perdere la sensibilità sui polpastrelli poi, automaticamente, andò a toccarsi le labbra e la guancia.
Che meraviglia...
Aumentò il respiro, divertito e ad un'orecchio attento, probabilmente, non sarebbe scappato un altrimenti quasi impercettibile sbuffo di eccitazione. Si sedette, incrociando le gambe e ripetendo febbrilmente la manovra di poco prima. Di nuovo, al contatto delle sue dita con la pelle del suo viso sorrise, contento.
Le sue guance sembravano così più lisce del solito!
Si alzò, nuovamente annoiato da una scoperta che, ripetuta per la terza volta consecutiva, si era fatta vecchia, stantia e si diresse pigramente verso il suo letto. Il letto era ampio, grande, circondato da tende di velluto scuro. Neanche quel letto gli era mai piaciuto troppo per la verità.
Vi salì, aggrappandosi con le mani alle coperte e tirando faticosamente su i piedi. Si mise in piedi, instabile sul materasso con le sue scarpe nere che affondavano tra le coperte. Piegò le ginocchia, senza staccare i piedi dal copriletto. Il movimento delle molle lo divertì e decise di ripetere l'esperimento. In poco tempo si era trovato a ridere e saltare su quelle coperte ormai completamente sfatte.
Anche questo era bello.
Anche così si dimenticava delle porte chiuse e di essere solo.
Si sedette, esausto, grattandosi un occhio con l'avambraccio sudaticcio. Poi scese dal letto, cercando altro da fare. Quella stanza era così vuota...
-Dobby...Dobby!-
Con un sonoro Crack accanto a lui apparve una creaturina orrida, dalle orecchie appuntite come quelle dei pipistrelli, gli occhi grandi come palline da Tennis e ricoperta con quella che sembrava una federa sudicia.
-Il Signorino ha chiamato Dobby, Signore?-
Draco ridacchiò, battendo le mani, divertito dalla voce misera della creatura.
-Guarda il mio letto, Elfo! Vergognati, per non averlo ancora messo in ordine, come posso dormire in quel disastro? Ti sembro un rifiuto come te che dormi accoccolato tra gli stracci?-
Dobby puntò gli enormi occhi verdi sul bambino, scuotendo lievemente la testa.
Un bambino rovinato, ecco cos'era, un bambino troppo piccolo in un maniero troppo grande.
Con somma gioia di Draco l'elfo prese a sbattere la testa al pavimento, punendosi per aver pensato male del padroncino. Quando ebbe finito di sbattere la testa si diresse verso il letto, risistemando pazientemente le coperte.
Draco, dal canto suo, annoiato dai movimenti del servitore, aveva preso a giocare con una sedia.
Il suo gioco consisteva nello strusciare tra le gambe della sedia stessa senza mai toccarle.
Guai se le avesse toccate! Si sarebbero attivati degli incantesimi terribili e lui non avrebbe avuto scampo!
Con un ginocchio intruppò nella sedia, facendola cadere, vi salì sopra, usando lo schienale come una zattera.
Quei terribili incantesimi che aveva attivato lo avevano trascinato in un mare tempestoso! Ma lui era un mago, un mago potentissimo e sarebbe riuscito sicuramente a cavarsela. Lì, infatti, proprio non lontano da lui, a nuotare nel mare vi era una strana creatura. Che fosse una maride?
-Tu, sirena! Parla, rivela al giovane e potente mago che ti sta di fronte i segreti per far cessare quest'orribile tempesta.-
La sirena scosse la testa, le enormi orecchie che sbattevano sulle guance. E la sedia tornò una semplice sedia mentre Draco sbuffava, deluso.
-Dobby non può giocare con il Padroncino, Signore, Dobby ha tanto da fare, posate da pulire e camice da stirare, Dobby non può proprio stare con il Signorino, ma Dobby si punirà per questo, Dobby si punirà per non poter far felice il Signorino, si chiuderà le dita nel forno.-
Pronunciando le sue torture preferite il piccolo Elfo sparì con un Crack, lasciando Draco di nuovo solo in una stanza troppo grande.
Che noia...
Il bambino si guardò attorno, cercando qualcos'altro da fare. Niente.
E intanto lo stomaco brontolava. Scosse la testa, muovendosi a passetti veloci verso la porta e mettendosi in punta di piedi per arrivare alla maniglia.
Un corridoio scuro si presentò ai suoi occhi, decine di porte, tutte chiuse.
Dove sarà stata la mamma?
-Oh, ma guarda chi è uscito dalla sua stanza!-
Una voce carezzevole gli giunse all'orecchio e Draco si guardò attorno per scoprire da dove venisse. Un'anziana donna dal viso magro lo guardava con orgoglio da un'enorme cornice dorata.
-Nonna!-
La donna si mosse con eleganza, facendo ballare i riccioli argentei raccolti in una crocchia morbida.
-Draco che fai per i corridoi?-
-Nonna, dov'è la mamma?-
Quella sorrise, comprensiva, fece un cenno e un ragazzo dal ritratto vicino giunse a farle compagnia nella cornice.
-Sì zia?-
-Regulus, caro, vai a vedere in che stanza si trova Narcissa.-
Il giovane si inchinò leggermente per poi uscire dalla cornice, Draco lo seguì con lo sguardo passare per le cornici successive.
-Insomma Draco quanti anni hai ormai?-
Il bambino rifocalizzò la sua attenzione sul quadro della nonna, gonfiando le guanciotte rosee con fare pensieroso.
-Così!-
Quattro ditina si sporsero verso il dipinto.
La donna annuì, pensierosa. -Quattro anni, lo dirò a Cygnus, ora è andato a trovare sua sorella su al terzo piano, non ci credeva tu fossi già così grande. Dimmi, sai se i tuoi genitori ti hanno già combinato un matrimonio vantaggioso?-
Il bambino trattenne uno sbadiglio, annoiato dalla conversazione.
-Che significa?-
-Se sei già fidanzato.-
Ah ecco! Quella vecchia pomposa poteva parlare più semplicemente però!
-Ma certo!-
-Caro ragazzo, chi sarà la fortunata rampolla?-
-La mia mamma!-
Annuì, convinto, mentre l'anziana donna sorrideva, intenerita.
-Zia.-
Il giovane di prima era tornato e si inchinava lievemente al cospetto della zia.
-Dimmi Regulus, dove si trova mia figlia?-
-Nelle sue stanze.-
La donna fece per rivolgersi al nipote ma Draco era già scattato correndo verso la camera della mamma, fuggendo dalle parole noiose di quella vecchia.
Aprì la porta attento a non fare il minimo rumore innecessario, spaventato e timoroso di entrare in quella camera che gli era estranea.
Narcissa era seduta davanti a una toletta, le mani ingioiellate a sistemare i biondissimi capelli raccolti elegantemente sulla testa. Nello specchio incontrò il viso del bambino che la guardava estasiato.
-Draco, che ci fai qui?-
-Ero solo.-
Sorrise, alzandosi e andando a sedersi su una poltrona, vicino a una finestra.
-Vieni, tesoro.-
Il bambino sorrise, correndo verso la mamma che lo prese in braccio e se lo sistemò sulle gambe. Draco si mise un dito in bocca, afferrando una ciocca di capelli di Narcissa e passandosela tra le dita.
-La nonna mi ha chiesto se avevo la fidanzata.-
Narcissa schioccò le dita e poco dopo apparve Dobby con una tazza di the fumante.
-E tu che le hai risposto?-
-Che sei tu la mia fidanzata!-
Narcissa sorrise, abbassando la testa ad annusare i capelli del figlio. Chiuse gli occhi, cercando di imprimersi quel momento nella mente. Non esisteva nient'altro come Draco. Nessun altro aveva quella pelle perfetta, quel profumo buonissimo. Nessun altro poteva sedersi sulle sue ginocchia e appoggiarle la testa sul petto in quel modo. Baciò il bambino sulla testa, chiedendosi come mai avesse fatto sua madre a ripudiare sua sorella Andromeda, a ripudiare una figlia. Lei senza Draco, lo sentiva, sarebbe morta.
-Mamma?-
-Mh?-
Narcissa accostò la fronte a quella di Draco mentre questo le passava una manina sulla gota gonfiandosi le guance.
-Quando mangiamo?-
-Quando papà torna dal Ministero.-
Il bambino sbuffò, posando un bacio a stampo sulle labbra della mamma.
-Quando sarò grande io non ti lascerò mai sola mammina, non ti farò soffrire e preoccupare mai mai mai!-
Narcissa sorrise, rannicchiando le gambe sulla poltrona e stringendosi il figlio maggiormente, vicino al petto.
Il suo bambino, il suo bambino....


Draco sbuffò, levandosi il mantello e lanciandolo malamente sul letto. Il colletto della sua camicia lo stava uccidendo.
Cosa diamine poteva fare adesso?
Con un grido soffocato sbattè un pugno sulla scrivania, facendosi male.
Era fottuto. Il suo era un onore, un onore che lo avrebbe fottuto. Cazzo.
Si sedette sul letto, esausto. Lucius era in carcere e c'era solo lui a ristabilire l'onore infranto della famiglia.
Sospirò, volgendo lo sguardo verso la porta. Chiusa.
Che lui fosse dentro o fuori quella porta era sempre chiusa.
Una casa con centinaia di porte, tutte costantemente chiuse.
Fuori da quella porta c'era un corridoio, un corridoio buio pieno di ritratti che da anni gli mettevano tristezza. Un corridoio buio con decine di porte, chiuse.
Ormai Draco lo aveva capito.
Le porte aperte indicano le possibilità, le scelte, un futuro.
Lui non aveva nessuna di queste tre cose, non le aveva mai avute.
Le sue porte erano tutte chiuse.
Si alzò, stringendosi inconsapevolmente il braccio sinistro attraverso la leggera stoffa della camicia. Uscì dalla stanza senza fermarsi a rivolgere parola a nessuno di quei ritratti, giunse davanti a una porta e l'aprì.
Narcissa era seduta, dando le spalle alla porta, davanti allo specchio di una toletta. Le mani che da qualche anno avevano smesso smalto e ornamenti salivano a sistemarle i lunghissimi capelli biondi, raccolti in una crocchia elegante e sobria. Mosse la testa, vedendo Draco riflesso nello specchio. Si girò, alzandosi e dirigendosi verso di lui.
-Draco, tesoro, che ti ha detto il Signore Oscuro?-
Il ragazzo indurì la mascella, sfuggendo gli occhi della madre e spingendola ad arretrare fino alla poltrona. Lo splendido viso di Narcissa era, ormai, solcato da lievi rughe di preoccupazione e sofferenza. Aveva paura di tutto. Aveva paura per tutti, per Lucius, per lei, per Draco.
-Madre, il Signore Oscuro mi ha dato un grande onore.-
Narcissa trattenne il fiato, sentendosi svenire.
-Dimmi Draco, dimmi cosa ti ha ordinato!-
-Io ve lo dico madre, perchè voi dovete essere fiera di me e della fiducia che il Signore Oscuro reca nella mia persona. Ma voi, madre, voi, per suo ordine, non avete il permesso di rivelare a nessuno i segreti di cui vi sto per rendere partecipe.-
Narcissa annuì, respirando debolmente.
-Io, madre, devo fare in modo che i Mangiamorte riescano a mettere piede ad Hogwarts.-
Narcissa parve rilassarsi e si passò una mano sugli occhi, in chiaro segno di stanchezza.
-Vuoi del thè Draco?-
-Non ho finito...- Narcissa si bloccò, degludendo e sentendo la testa farsi sempre più pesante, le braccia sempre più deboli, il mondo sempre più lontano. -...Il mio compito principale, il mio compito più importante è uccidere Silente.-
Non ce la fece, si era ripromessa che non avrebbe mai pianto dinnanzi a nessuno, ma davvero non ce la fece. Si buttò a terra, abbracciando disperata le gambe del figlio.
-No, Draco, per favore, no! Parlerò con il Signore Oscuro, mi proporrò io, farò qualunque cosa, ma Draco, te no! Sei un bambino, sei solo un bambino, sei il mio bambino!-
Draco si scostò irritato dall'abbraccio della madre, afferrandola e imponendole d'alzarsi. Quella lo fece ma rimase talmente instabile che Draco dovette appoggiarla sulla poltrona.
-Non sono un bambino, ho sedici anni e questo che mi è stato offerto è un grande onore.-
Narcissa nascose il viso nei palmi aperti prendendo a piangere e singhiozzare rumorosamente.
Draco si morse un labbro, l'istinto di abbracciare quelle spalle scosse dai singhiozzi. Distolse lo sguardo, chiudendo gli occhi e dirigendosi verso la porta.
-Riprendetevi madre, e gioite dell'onore che mi è stato dato.-
Ad aver paura basto io. Ad essere terrorizzato basto io.
Chiuse la porta, lasciando dietro di se il vuoto. Narcissa alzò gli occhi, scrutando tra le lacrime quella porta chiusa.
Un'altra porta chiusa.
Il suo bambino, il suo bambino....perchè? Perchè proprio lui?
Il suo bambino...



   
 
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