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Autore: New_Across    19/09/2011    1 recensioni
Ciao! Siamo Giucchan e Acchan e queste sono le storie degli incontri dei protagonisti de "Lo Yin e lo Yang". Non è necessario aver letto l'altra per comprendere questa, ovviamente, e non è necessario leggere questa per capire l'altra. Se vorrete leggerle entrambe, però, ci renderete felici :)
Buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo Yin e lo Yang – Prequel

Capitolo 1

FRAGILITÀ E VELENO



Era una calda giornata di fine giugno. Erano le 11 passate, eppure un ragazzino dormiva ancora, i capelli rossi stranamente scompigliati sul cuscino bianco, gli innumerevoli peluche sparsi sul letto a baldacchino.

La cameriera entrò silenziosamente nella stanza. Si avvicinò al ragazzo e disse: 'Padron Ronald, dovete svegliarvi! Vostro padre vuole che voi partecipiate ai preparativi per il vostro compleanno!' Ronald aprì i suoi grandi occhi verdi, per poi stropicciarli con i suoi piccoli pugni, 'Non ne ho voglia. Tanto non prenderebbe comunque in considerazione le mie idee. Mi basta solo che ci siano i dolci.'. Si girò dall'altra parte, cercando di riaddormentarsi.

La cameriera stava per rispondere, quando un uomo sulla cinquantina entrò nella stanza. Era la versione invecchiata del figlio: basso, i pochi capelli rossi perfettamente ordinati, gli occhi verdi che, al momento, lasciavano trasparire tutta la loro rabbia. 'Ho sempre organizzato io tutti i tuoi compleanni, ma questo è il tuo diciottesimo. Domani entrerai nel mondo degli adulti e erediterai la nostra fabbrica. Devi dimostrare di essere in grado di gestirla, e domani avrai tutti gli occhi puntati addosso. Non deludermi, non ancora.'

Il ragazzino si alzò di scatto, e urlò: 'Non me ne importa niente della tua stupida azienda! Se diventare maggiorenne significa iniziare a lavorare per te, beh, voglio rimanere minorenne a vita!'

L'uomo si avvicinò al figlio, per poi tirargli uno schiaffo. 'Non osare parlarmi in questo modo! Sono tuo padre, portami rispetto! Chiedimi scusa, ora!'

Il ragazzo rimase muto per qualche secondo, sembrava immerso nei suoi pensieri. Poi rispose, con voce fredda, 'Scusa, padre.'

'Così va meglio.'. Il padre accennò un sorriso. 'Ora scendi, ed aiutaci. Se farai il bravo, dopo ti porterò alla tua pasticceria preferita.'

E' inutile, tanto non mi compri così facilmente, pensò Ronnie. Però è meglio fare ciò che vuole, se voglio che il mio piano funzioni...

Il ragazzo, aiutato dalla cameriera, si cambiò, indossando abiti più consoni all'occasione. Poi, la famigliola e la cameriera scesero nella sala ricevimenti della villa. Innumerevoli domestici erano intenti ad attaccare festoni e ad ultimare i cartelloni di auguri. Ron passò vicino uno di essi, e scorse la scritta 'Tanti Auguri, Ronald!' sopra il disegno di quello che sarebbe dovuto essere un leoncino che si puliva il pelo, ma che in realtà assomigliava di più ad un mostriciattolo appena uscito da un film dell'orrore. Il ragazzo alzò gli occhi verso il padre: sembrava soddisfatto. Ron sentì lo strano e crudele impulso di distruggere tutta la soddisfazione dell'uomo, ma il pensiero del proprio piano, fortunatamente, lo bloccò.

'Signor Thompson, siete riuscito a portare il padroncino! Bene, bene. Ora vi mostrerò dei menu ideati personalmente dal sottoscritto, così potrete scegliere quello che preferite!', lo chef indicò le diverse decine di fogli colorati posizionati su un tavolo lì vicino.

Passarono il resto della mattinata a scegliere tra i diversi tipi di menu, i diversi tipi di stoviglie da usare (tutti abbinati ad una specifica pietanza) e tante altre cose alle quali il piccoletto non si interessava. Cosa poteva importargli di cosa e dove mangiare? La maggioranza degli invitati era composta da persone ossessionate dalla propria linea, e sicuramente, dopo la prima portata, non avrebbero più toccato cibo. Che senso aveva preparare tutti quei succulenti piatti? Giusto per sprecare cibo? Tanto valeva invitare persone che non c'entravano nulla con il “loro mondo”, ma che magari sentivano di più il bisogno di tutto quel cibo sostanzioso, no?

La mattinata stava per finire, quando Ronnie ricordò al padre la sua promessa: 'Padre, sono stato un bravo bambino, ora mi accompagni in pasticceria?'

Il padre, deluso dall'ottima memoria del figlio, acconsentì.

Mezz'ora dopo erano davanti alla migliore pasticceria della città, l'unico posto in cui Ronnie si era mai sentito a casa: “Raphael & Uriel”. Entrarono e, come al solito, il campanello suonò. Subito dopo un alto ragazzo dai capelli racchiusi in una cuffietta uscì dalla cucina.

'Oh, salve signor Thompson. Vedo che è tornato con il suo figlioletto. In cosa posso esserle utile?', chiese gentilmente Uriel.

'Ronald vuole altri dolci. Ha già finito quelli comprati ieri. Mi manderà sul lastrico!', il padre accennò una risata.

Uriel sorrise. Quel ragazzo rossiccio, Ronald, era il figlio di Arthur Thompson, l'uomo più ricco della città. Eppure, Uriel poteva scommetterci il suo negozio, lui non era felice. I suoi bellissimi occhi verdi trovavano la luce solo quando guardava i dolci. Ma non sorrideva, non davvero almeno. Il moro si chiese come sarebbe stato vedere il viso del rosso illuminato da un vero sorriso, per una volta. Ma era una domanda alla quale, forse, non avrebbe mai trovato una risposta.

Ronnie scelse tutti i dolci che preferiva, poi disse, alzando lo sguardo: 'Domani è il mio diciottesimo compleanno. Prepari dei dolci per me? Devi cucinarli tu, però. Non mi piacciono i dolci di quell'altro. Manderò qualcuno a prenderli, promesso.'

'Se a tuo padre va bene, ne sarei onorato.', Uriel accennò un semi inchino.

Arthur fece per rispondere, ma fu interrotto dal figlio. 'Bene, mentre vi organizzate, io torno a casa. Non c'è bisogno che mi accompagni, padre, so la strada ormai.' Ronnie uscì dal negozio.

Si diresse nella parte opposta rispetto a casa sua, si nascose e aspettò che suo padre uscisse dal negozio. Poi guardò l'orario: doveva entrare in azione, o sarebbe stato troppo tardi.

Tornò al negozio, aprì la porta e si abbassò. Non poté evitare il suono del campanello, ma almeno poteva evitare di essere visto. Gattonò fin sotto la rientranza del bancone. Sentì Uriel uscire di nuovo dalla cucina ma, non vedendo nessuno, si chiese se non fosse stato il vento e rientrò. Pochi minuti dopo, era pronto per chiudere, ma si accorse che qualcosa non quadrava. Fuori non c'era un briciolo di vento, e nessuno aveva mai aperto la porta del negozio senza essere attirato dal profumo dei dolci appena fatti.

Mise il cartellino che segnalava la chiusura, poi si girò. Notò subito il ragazzino rosso nascosto lì sotto. Si abbassò, in modo che i loro visi fossero alla stessa altezza.

'Che ci fai ancora qui? Non sei d'accordo con le decisioni di tuo padre sui dolci per domani? Se vuoi possiamo parlarne! Dopotutto, la festa è tua.'

'Non voglio festeggiare. Non come vuole lui, almeno. Non sono fatto per i grandi ricevimenti.' rispose velocemente Ronnie, per poi arrossire. Era la prima volta che parlava con un estraneo senza avere conoscenti intorno. Gli avevano insegnato a non fidarsi degli estranei, ma solo di coloro che gli venivano introdotti dalle alte cariche. Ma quel ragazzo gli ispirava fiducia. Era sempre stato gentile con lui. La sua era la gentilezza innocente tipica di coloro che sono felici, che amano la propria vita e che vogliono solo aiutare gli altri. Tutte le persone che conosceva, invece, erano solo, come il ragazzo amava definirle, degli “arrampicatori sociali”. Uriel non era così, Ronnie poteva scommetterci tutti i suoi peluche.

Uriel sorrise di nuovo, 'E come vorresti festeggiare?'

Ronnie ammutolì. Come voleva festeggiare? Non ci aveva mai pensato. Era sempre stato troppo impegnato a discriminare le scelte del padre per pensarci. Ci ragionò per un minuto, poi un'idea gli balenò in testa; c'era un posto dove non era mai stato, dove da piccolo pregava per essere portato, per poi ricevere sempre rifiuti.

'Vorrei... andare al Luna Park. Non ci sono mai stato, mi hanno sempre detto che è troppo pericoloso... e poi voglio mangiare lo zucchero filato! E per una volta avere un peluche che non è di proprietà della mia azienda, e poi...!' Ronnie si bloccò. Non voleva infastidire quel povero ragazzo. Dopotutto, i suoi erano desideri irrealizzabili, come poteva lui aiutarlo?

'Se ti va che un, uhm, “plebeo” come me ti ci porti, sarei orgoglioso di farlo.' Uriel sorrise ancora di più. Magari era la volta buona per vedere quel piccoletto sorridere, finalmente.

Il viso di Ronnie si illuminò e disse, tutto entusiasta, 'Ok! Ma non sarà chiuso ora? Tutti i negozi lo sono già...'

'Il Luna Park non è un negozio, fa orario continuato, non preoccuparti.' Uriel si alzò e tese la mano al ragazzino che, dopo un secondo di titubanza, la afferrò con un sorriso.

'Io sono Uriel, comunque. Non mi ero mai presentato ufficialmente.', sorrise, tendendogli di nuovo la mano.

'Io mi chiamo Ronald, ma puoi chiamarmi come vuoi.'. Ronnie strinse la mano dell'altro.

'Allora, da oggi, tu per me sarai Ronnie!'. Il suo sorriso si allargò.

Ronnie... gli piaceva. Gli dava quel senso di affetto e dolcezza che non provava più da anni.

I due giovani si diressero verso il Luna Park, mentre parlavano delle rispettive vite. Uriel era il figlio di una coppia di insegnati, che voleva che lui continuasse la corriera nel mondo della scuola. Ma la passione del ragazzo erano sempre stati i dolci, quindi aveva lottato con tutte le sue forze pur di realizzare il proprio sogno. Ronald, d'altro canto, non aveva un sogno. Voleva solo diventare indipendente dal padre, e dalla madre scomparsa.

'Scomparsa...? In che senso?' chiese Uriel, sperando di non rattristare il ragazzo.

'Oh, è andata via. Ha lasciato me e papà quando avevo solo 3 anni. Non ricordo manco più com'era fatta. Ma va beh, non è importante, no? E anche se fosse, a me non importa.' E non mentiva. Davvero non era interessato ad avere una madre.

Arrivarono al parco. Era il posto più bello che Ron avesse mai visto: centinaia di bambini correvano da una giostra all'altra, c'erano urla, risate... tutti rumori ai quali il giovane ragazzino non era più abituato e, per la prima volta dopo anni, era davvero felice. Osservò per pochi, brevi secondi la montagna russa più vicina, poi si girò verso il posto dove un momento prima c'era Uriel.

Ecco, non avrei dovuto fidarmi di lui... Non so come tornare a casa ora, e non ho manco un telefono. Che faccio ora? Ronnie si stava facendo prendere dal panico. Si voltò di scatto verso l'uscita del parco, e notò l'alto ragazzo tornare verso di lui con in mano dello zucchero filato rosa. E Ron capì: non l'aveva abbandonato, stava solo cercando di realizzare tutti i suoi desideri.

Il rossiccio, arrossendo, abbozzò un 'Grazie', prima di prendere il dolce e morderlo. Dopo i biscotti al cioccolato di Uriel, era il cibo più buono che avesse mai provato. Annotando mentalmente di farselo fare da qualcuno, si diresse con il moro verso l'interno del parco.

Ron vide una bancarella piena di peluche. Ne notò uno rosa dal musetto bianco. Lo trovava bellissimo. Trascinò Uriel di fronte a quel peluche e chiese al venditore quanto costasse. 'Non è in vendita, ma lo puoi vincere se con quello', indicò un grosso fucile, 'riesci a colpire tutti quegli omini', indicò tante piccole sagome bianche che si muovevano ad una velocità inaudita. Non era mai stato bravo a sparare, non sarebbe mai riuscito a vincerlo.

Uriel notò il viso dispiaciuto del ragazzo e prese il fucile. 'Provo io per te.'

E sparò.

Pochi minuti dopo, tutte le sagome erano a dir poco distrutte, in quanto Uriel non si era limitato a colpirle una sola volta, ma più e più volte, in modo da renderle completamente irriconoscibili ed inutilizzabili ancora.

Ronnie, tutto contento, prese l'orsacchiotto, mentre Uriel pagava l'attrazione., poi si allontanarono.

'Tu da oggi sarai Bellorso!' disse Ronnie tutto contento, mentre stringeva il suo nuovo peluche.

'Gran bel nome!', Uriel sorrise, di nuovo. 'Da quale giostra vuoi iniziare?'

Si guardò intorno. Alla loro destra c'era una casa, vicino alla cui entrata c'era una cartello con il nome della giostra: La Casa degli Orrori. 'Andiamo lì!' disse. Notò la preoccupazione sul volto del suo nuovo amico. 'Non ti piace? Hai paura? Un uomo enorme come te?', aggiunse, ridendo.

'Io? Oh, no. Temo che sarai tu ad uscirne impaurito.'. Uriel era sempre più preoccupato. Come poteva quel ragazzino, che sembrava così debole, voler entrare in quel posto? E se poi rimanesse shockato? Lui voleva renderlo felice, non distruggere la sua psiche. Una mano calda afferrò la sua: Ronnie lo stava trascinando a fare i biglietti per entrare. 'Dai, dai, proviamola, proviamola!!'. Sorrideva. Uriel sentì qualcosa di caldo nel petto, e non riuscì a imputarsi contro la decisione del rossiccio. Aspettò che l'altro finisse di mangiare, pagò, poi entrarono. La porta si chiuse dietro di loro, eliminando anche l'ultimo spiraglio di luce. Ora erano al totale buio.

Ronnie strinse più forte la mano dell'amico, che gli chiese: 'Vuoi uscire?'

'No. Andiamo avanti.' La sua voce era ferma.

Camminarono lentamente nello stretto corridoio, poi uno scheletro cadde dal soffitto, proprio addosso ad Uriel che, per la sorpresa, urlò. Ronnie rise di gusto, mentre lo aiutava a liberarsi. Continuarono la perlustrazione della casa. I successivi mostri (uno uscì da una porta nascosta alla destra di Ronnie e l'altro afferrò la caviglia di Uriel uscendo da una botola) spaventarono il rossiccio. Dopo però, il ragazzo capì come funzionava e smise di impaurirsi, sebbene cominciò a fingere di avere paura, così da continuare a stringere la mano del moro. Una parte di lui sperava che quel lungo corridoio non finisse mai: almeno avrebbe avuto una scusa per continuare il contatto. Purtroppo, ben presto riuscirono ad uscire dalla casa. I loro occhi, ormai abituati al totale buio, non sopportavano più la luce e Ronnie fu costretto a lasciare la mano di Uriel per stropicciarsi gli occhi.

Una volta riabituato alla luce, l'alto uomo guardò il piccoletto. Aveva davvero un aspetto tenerissimo mentre cercava di proteggersi dal sole. Ronnie, sentendosi osservato, liberò i suoi occhi e alzò lo sguardo verso l'uomo. Per una frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono. Gli occhi verdi, felici ed imbarazzati, cercarono di scorgere le emozioni nascoste negli occhi dell'altro. Sembravano felici anche loro, ma brillavano di luce propria. Il ragazzo arrossì ancora una volta, distolse lo sguardo, spostandolo sui lunghi capelli del ragazzo.

'Sai, è la prima volta che ti vedo senza la cuffietta bianca. Hai i capelli lunghi, ed io che pensavo che fossi calvo!' disse, poi tirò dolcemente i capelli del ragazzo, sorridendo.

'Padron Ronald, eccovi, finalmente!'. La voce della cameriera raggiunse i due ragazzi, che si voltarono verso di lei. 'Vostro padre vi sta cercando ovunque! Non avreste dovuto scappare così!'

'Ma io non sono scappato, sono solo andato dalla parte opposta rispetto a casa. Non ho mai corso~ Vero, Uriel? Mica sono mai fuggito, no~?'. Un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto, mentre Uriel confermava la sua tesi.

'Non ha importanza, ora però devi tornare a casa. E lasciate quel bruttissimo orso, potete avere peluche molto più belli di quello!'

Ronnie strinse più forte a sé Bellorso, adirato. 'Scordatelo, Marianne! Se vuoi che io torni a casa, lui verrà con me!'

Marianne si zittì. Ragionò per qualche secondo, poi pensò all'aumento che avrebbe sicuramente ricevuto nel riportare a casa un padroncino felice e, stranamente, non urlante.

'Come preferisce, signore. Ora salutate il vostro amico e andiamo.' Si voltò.

Ronnie le fece la linguaccia, poi sorrise a Uriel, 'Ricordati dei dolci per domani!'. Gli diede poi un leggero bacio sulla guancia e seguì la giovane donna fuori dal parco.



Per il resto della giornata il ragazzo aiutò il padre nei preparativi senza lamentarsi. Si trascinava Bellorso ovunque andasse e, ogni volta che doveva prendere una decisione importante, faceva finta di chiedere consiglio anche al pupazzo. Era felice e stava giocando. Arthur, approfittando dell'incredibile momento di felicità di Ronald, riuscì ad organizzare una bellissima festa, che sarebbe iniziata nel primo pomeriggio del giorno seguente e sarebbe continuata fino a tarda notte.

Il mattino seguente, il rosso si svegliò tutto esuberante: non vedeva l'ora che i dolcetti di Uriel arrivassero.

Corse in cucina, indossando ancora il candido pigiama, e vide sul tavolo tantissimi dolci, tutti dalle forme e sapori diversi. Resistendo alla curiosità di provarli tutti subito, andò nel salone per aprire i regali.

C'era un solo pacco.

Avrebbe dovuto immaginarlo, suo padre gli avrebbe regalato la ditta e tutti gli invitati gli avrebbero fatto dei regali così sfarzosi da volersene vantare di fronte agli altri. Ma, allora, di chi poteva essere quel pacchetto?

Lo prese in mano. Aveva una forma strana e buffa, ed era avvolto in una carta azzurra, con sopra disegnati tanti piccoli biscotti. Prese il bigliettino attaccato sull'estremità più alta. Si poteva leggere, scritto in modo ordinato ed elegante, Da Uriel.

Ronnie aprì velocemente il foglietto, era impaziente di leggere il resto del messaggio, che lo lasciò perplesso.

A te, che sembri fragile, ma che avveleni. Tanti auguri.

Rimase un attimo immobile, pensieroso. Poi strappò l'involucro, per rivelare un bellissimo pupazzo.

Era una medusa celeste. Sembri fragile, ma avveleni.

Ronnie scoppiò a ridere. Prese in braccio la medusa, strinse nei pugni il foglietto e la carta ormai distrutta e tornò in camera sua per cambiarsi. Posizionò Maddy la Medusa sulla testa di Bellorso, nascose il bigliettino e la carta in un cassetto nascosto e indossò un abito da cerimonia bianco.

La festa passò senza problemi. Il ragazzo era troppo felice per ideare piani malefici per rovinare la giornata al padre. Parlò con gli amici dell'uomo, non si lamentò di tutto il cibo sprecato e non prese in giro nessuno. Quando arrivò il momento dei dolci, erano tutti così pieni che si rifiutarono anche solo di guardarli. Ciò non poteva rendere Ron più felice: i dolci del suo Uriel sarebbero stati solo suoi.

Il giorno seguente, tornò da “Raphael & Uriel” per ringraziare il ragazzo del dono, ma, con suo sommo disappunto, scoprì che quello era il giorno libero del suo amico. Al negozio vi era solo l'anziano Raphael il quale, però, gli indicò come raggiungere l'appartamento di Uriel, una palazzina non molto lontana. Ron si avviò, deciso a rivederlo.

Un quarto d'ora dopo, arrivò alla palazzina. Mentre cercava quale bottone del citofono premere, un ragazzo biondo gli passò vicino, aprendo il portone. Era un bell'uomo, una decina di centimetri più basso di Uriel e dagli occhi di ghiaccio. Si voltò verso di Ronnie, 'Sei un amico di Mikael?'

'No. Sono venuto a cercare Uriel. Lo conosce?'

Abraxas ammiccò il suo solito ghigno. 'Ovviamente. Ti accompagno da lui, se vuoi. E puoi darmi del tu. Io sono Abraxas.'

'Ronnie.', rispose, seguendolo. Appena dentro, girarono a sinistra. 'Eccoci qui, lui abita a piano terra. Ora scusami, ma devo controllare che quell'idiota non mi abbia distrutto casa. Ci si vede.', e se ne andò.

Che strano tipo, pensò, prima di bussare. Pochi secondi dopo, il moro aprì la porta. Sembrava appena uscito dalla doccia, il petto nudo ancora gocciolante, l'asciugamano nero stretto in vita ed i capelli, bagnati, racchiusi in un asciugamano viola. Era bellissimo.

Ronnie rimase bloccato dalla visione per un paio di secondi, prima di dire 'Volevo ringraziarti per il regalo, per i dolci e volevo chiederti se...'. Si bloccò. Come poteva chiederlo senza farlo sembrare un appuntamento? Lui non voleva uscire con Uriel, un altro maschio. O forse si?

Uriel sorrise e lo invitò ad entrare. Era una casa grande, molto ordinata, tutta a tinte nere e bianche, con pochi accenni viola. Un libro di ricette era aperto sul tavolo della cucina, unico angolo disordinato della casa. A quanto pare, prima di farsi la doccia stava cucinando.

'Vuoi qualcosa da bere, o da mangiare?'

Ron scosse la testa, mentre si sedeva su una comoda poltroncina. Doveva trovare un modo per dirglielo, e subito, prima che l'atmosfera diventasse ancora più pesante.

'Se ti va, qualche volta, possiamo andare insieme al Luna Park. O al cinema. O dove preferisci.', disse Uriel, precedendolo. Ronnie si alzò di scatto, accentando subito la proposta del ragazzo.

Rimasero a chiacchierare per un'oretta. Poi, Ron si accorse che si era fatto tardi, e permise al ragazzo di dargli un passaggio in macchina fino alla villa.



Nei giorni seguenti, Ronnie scappò spesso da casa per incontrarsi con Uriel. Dopo un mese di uscite al cinema, cenette, pranzi composti solo da dolci, e giornate in cui il comportamento ormai spensierato del rossiccio infastidiva quello permaloso di Mikael, Uriel, finalmente, prese una decisione.

Una sera, Ron aveva l'aveva trascinato a vedere Saw – L'Enigmista. Usciti dal cinema, mentre il ragazzino ripercorreva a voce alta tutte le scene più cruente del film, Uriel lo zittì, baciandolo.

Non ci furono momenti di smarrimento nell'animo del ricco ragazzo: era dalla loro prima uscita soli che aspettava quel momento. Ricambiò il bacio che, da a stampo che era, diventava sempre più intimo e personale.

Rimasero lì a baciarsi per quella che sembrò un'eternità, incuranti dei passanti scandalizzati. Finché una voce non interruppe il loro momento.

'Ronald! Cosa diamine stai facendo?'

Arthur Thompson, accompagnato da una delle sue innumerevoli donne, li aveva visti.

Prese il figlio per il polso, cercando di trascinarlo via, ma il ragazzo non si mosse. L'altra mano teneva ancora stretta quella di Uriel.

'Sono maggiorenne, decido io della mia vita. Sbaglio, o sono anni che cerchi di trovarmi un partner? Beh, ora l'ho trovato. Be happy~'

'Tu DEVI sposarti con una ragazza, non con un maschio! I maschi non possono darti eredi, e non sono neanche affidabili!'

'Certo. Una persona che abbandona il proprio uomo ed il figlio appena nato è affidabile. Una persona che esce con un uomo solo per i suoi soldi', lanciò un'occhiataccia all'accompagnatrice del padre, 'è affidabile. Scusa, padre, ma non mi interessano i bambini, ed Uriel è la persona più affidabile che esista. Non intrometterti nella mia vita.'

Il padre rimase ammutolito. Capì come mai il piccoletto era così felice nell'ultimo periodo: era l'influenza dell'alto pasticcere. Non seppe cosa rispondere, ma decise di dare, per la prima volta nella sua vita, fiducia al figlio. E poi non poteva fare la figura del padre indifferente proprio di fronte a quella bella ragazza, no?

'Se proprio ci tieni, continua pure a frequentarlo. Ma non voglio che mostri le tue, ehm, preferenze sessuali, a casa mia. Se vorrai vederlo, dovrai andare a vivere da qualche altra parte. Ti troverò una casa.'

'Non c'è bisogno, signore.' Per la prima volta, Uriel parlò. Lo shock dell'essere stato scoperto aveva subito lasciato spazio alla felicità: l'unica persona che aveva mai amato ricambiava i suoi sentimenti.

'Ronnie può venire a stare da me, se vuole. Ho delle stanze in più e ci sarà spazio per tutte le sue cose.' Si voltò verso il ragazzo, che lo guardava felice. Ron annuì.

Il calore nel petto di Uriel si allargò, fino a toccare la sua anima. Sì, quel piccoletto rosso era colui con il quale voleva passare l resto della sua vita. Finalmente, poteva mantenere la promessa fatta anni prima ad Abraxas: un giorno, entrambi avrebbero trovato qualcuno da amare davvero, qualcuno che avrebbe rivoluzionato le loro vite. E Uriel, finalmente, ce l'aveva fatta. La sua rivoluzione era Ronnie.



L'Angolo di Acchan~

Ciao! Io e la Giucchan avevamo pensato di scrivere un prequel di 2 capitolo, uno del tutto scritto da me sull'inizio della relazione tra Uriel e Ronnie e l'altro, tutto scritto da lei, su Abraxas e Mikael.

Metterò una piccola nota sul significato dei nomi dei tre protagonisti, giusto per non lasciarvi a bocca asciutta, lol.

Ronald: “Colui che governa nel consiglio degli dèi”.

Uriel: “Luce di Dio”.

Arthur: vi sono due diverse interpretazione, la prima è “Guardiano dell'Orsa”, mentre la seconda è “Uomo-Orso”. Sinceramente, la seconda è più simile all'idea che ho io di lui xD

Ed ora, i ringraziamenti.

Ringrazio:

  • la Giucchan e Laura che mi hanno aiutata a dare un finale decente alla storia

  • tutti coloro che hanno letto anche la storia principale, e coloro che la leggeranno dopo questo capitolo

  • tutti coloro che hanno recensito/recensiranno la storia principale o questo prequel

  • tutti coloro che hanno urlato “zan zan zaaaan” appena è entrato Abraxas (avete capito la solfa, eh? X°D)

  • Wikipedia, che mi ha insegnato tutto quello che so sulle meduse. Wikipedia, ora parlo direttamente a te: per colpa tua ora voglio comprarmi una medusa, ergo, fatti venire qualche senso di colpa.

Sperando che il capitolo vi sia piaciuto e che qualcuno di voi recensirà, fuggo. Vi voglio bene,

Acchan.



   
 
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