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Autore: Pierrot the Clown    19/09/2011    7 recensioni
Raccolta di One-shot sul lato piů sinistro del mondo dei Pokémon, quello costituito da leggende metropolitane, miti e creepypasta. Sulle note de 'Lavender Town Theme', ecco a voi 'Pokčmon Lost Series'.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Non piove mai

Pokčmon Lost Series

 

Racconto #1:

 

Dentro alla scatola

 

 

 

Non piove mai.

Č una cosa davvero strana, questa; l’ho notato solo oggi, dopo giorni passati a viaggiare attraverso strade, grotte e cittŕ.

Non solo, ho anche l’impressione che tutto ciň che faccio l’abbia giŕ fatto una volta.

Déjŕ vu, come si suol dire.

Tutto č una ripetizione di una ripetizione. Una catena meccanica fatta di azioni sempre uguali. Cambia solo il posto, cambia solo lo sfondo.

Pure l’atmosfera sembra rimanere la stessa, sempre. Ovunque io vada, le cose sembrano assomigliarsi tutte. Persino le persone si somigliano. Tutte molto gentili, sempre disposte a fornirmi indicazioni, consigli, di tanto in tanto un piccolo trucco.

Mi ricordo del vecchio che mi ha insegnato a catturare i Pokémon, mi ricordo dell’assistente del professor Oak che ogni tanto rincontro, degl’allenatori che ho battuto e rivedo, girovagando per la regione.

Ma non č mai una sorpresa, quando accade.

Č come se giŕ mi aspettassi di vederli lě, in quel punto esatto nel quale me li ero immaginati prima di giungervi.

Quando combatto, quando lancio i miei Pokémon in battaglia, non provo adrenalina, non provo nulla. Agisco in automatico.

E questo non vale solamente per le lotte. Č dall’inizio dell’avventura che mi sembra di essere stato catapultato in un film in bianco e nero che ho giŕ visto una volta.

Adesso, in cima all’edificio in cui mi trovo, ci ripenso e mi vengono i brividi e mi accorgo di quanto sia strano constatare una cosa simile. Č da tanto che non provo emozioni. Di nessun tipo.

La mia vita č un continuo camminare, lottare e… c’č dell’altro?

Non ricordo l’ultima volta di essermi fermato a mangiare da qualche parte, o anche solo di aver dormito in qualche Centro Pokémon. Non ricordo l’ultima volta di aver guardato una ragazza in volto e aver pensato a quanto fosse bella o brutta, né l’ultima volta in cui ho dialogato con qualcuno.

Le uniche parole che – mi rendo conto – so pronunciare sono i nomi dei miei Pokémon e i loro attacchi.

Sono un allenatore formidabile, questo č vero.

Ho sconfitto la Lega Pokémon. Ho battuto i Superquattro e il Campione, il mio rivale. Sono il migliore, sono io il Campione adesso.

Eppure mi sento – strano, ultimamente non sento nulla – debole.

Non so, forse sono solo paranoie. Forse sono solo stanco. Non dormo – ho mai dormito? – molto bene ultimamente, ma allo stesso tempo non ricordo di star sveglio.

Da quando ho battuto la Lega, le giornate sono divenute di una noia mortale. Viaggio, rivisito luoghi e rivedo persone, ma scopro che nulla č cambiato. Ogni cosa č ancora al suo posto. La M/N Anna non č ancora rientrata, nessuno sembra essersi accorto che sono diventato Campione e l’altro giorno – che giorno era? – sono andato a trovare Brock, il Capopalestra di Plumbeopoli, e ho scoperto che i suoi Pokémon sono ancora allo stesso livello di quando avevo combattuto contro di lui, settimane fa. Non solo, mi ha anche ripetuto la stessa frase chi mi disse appena dopo che l’ebbi sconfitto.

La cosa piů inquietante, perň, fu che io non fui in grado di fargli notare niente. Era come se non fossi piů capace di articolare anche solo una singola frase.

E nessuno pareva stupirsi di ciň.

Anzi, tutto stava andando alla grande.

Come sempre, del resto.

La cosa si ripeté con Misty, con il sergente Surge, Koga, con Sabrina, con Blaine. L’unico che non riuscii a ricontattare fu Giovanni, ma dopo la delusione iniziale capii che avrei dovuto mettere in conto questa possibilitŕ. Infatti, se non ricordo male, mi aveva detto che se ne sarebbe andato via per sempre.

Ho ripreso a girovagare, senza una meta.

Poi un giorno – ma poteva anche essere lo stesso di sempre – capitai ad Azzurropoli e non so come né perché, ma dopo aver fatto visita al Capopalestra Erika – e aver riscontrato in lei le stesse strane caratteristiche di tutti gl’altri – capitai, non so per quale ragione, nei pressi di Villa Azzurra.

Era un edificio uguale agl’altri, sia dentro che fuori.

Eppure mi incuriosiva, avevo voglia di tornarci.

Dentro c’erano le stesse persona che avevo incontrato durante la prima visita. Lavoravano, come sempre, ma c’era qualcosa di strano: parevano tutti restii a rivolgermi la parola.

Non avevo modo di interagire con loro.

Era tutto bloccato, immobile, sospeso.

Salii fino all’ultimo piano, entrando nella stanza dove avevo ottenuto Eevee, aspettandomi di trovare l’uomo grasso dirimpetto al tavolo e quest’ultimo sgombro. Invece, per una volta, il senso di déjŕ vu scomparve.

L’uomo non c’era, sopra il tavolo c’erano due oggetti sferici.

Mi avvicinai per esaminarne uno.

Solo dopo averlo preso in mano capii che non era una sfera poké, ma anzi era una piccola scatola di cartone rossa, sulla cui copertina c’era raffigurato un Charizard.

C’era anche una scritta.

Recitava: Pokémon Versione Rossa

Aprii la scatola.

Fuori da questa scivolň fuori una cartuccia rettangolare, sempre di colore rosso. La soppesai, stranito, chiedendomi cosa diavolo fosse.

Poi presi l’altro oggetto, una sorta di console. L’apparecchio, stando a quanto scritto sullo schermo, si chiamava Gameboy.

Feci la cosa piů naturale del mondo. Infilai la cassetta rossa nell’apposita fessura e accesi la console.

Dopo aver passato in rassegna le immagini iniziali, con occhi rapiti, giunsi all’ultima schermata e, sotto la scritta ‘Pokémon’, potei vedere la perfetta riproduzione della mia persona, in ogni singolo dettaglio.

Mi corse un pensiero strano in testa, come se a parlare fosse stato un cronista esterno: “Rosso gioca a Pokčmon Versione Rossa. Che bel gioco!”

Nuovo gioco, il Professor Oak che mi parla, mi introduce nel mondo dei Pokémon, il mio rivale, il suo nome – come si chiama? Blu? – di nuovo il professor Oak e poi eccomi, sono nella mia stanza. Ed č come rivivere ogni istante della mia vita.

Solo allora capisco, solo allora prendo coscienza di quel che sono e di dove sono.

Avrei dovuto capirlo.

Ecco perché, seppur Campione, nessun Allenatore si faceva avanti per sfidarmi.

Č tutto fermo, č tutto un errore. Questa mia realtŕ – lascio cadere a terra il Gameboy – č solo…

“Un demo.”

Mi volto – ma giŕ lo avevo visto comparire alle mie spalle – e lo vedo: č il Produttore.

“Ci dispiace che tu te ne sia reso conto cosě.” dice, con la voce atona che era comune a tutti gli individui che avevo incontrato in quel viaggio.

“Avevamo intenzione di farti addormentare come l’ultima volta, quando hai portato a termine il tuo primo viaggio.”

Si avvicina, siamo a faccia a faccia.

“Ma il gioco presentava ancora dei difetti, abbiamo dovuto testarlo di nuovo daccapo. Solo che questa volta la cosa ci č sfuggita di mano. Tu ci sei sfuggito di mano. Sei andato troppo oltre, troppo in fondo.”

Era assurdo. Non stava accadendo davvero.

Perň del resto, cos’era reale, in quel posto?

“Ci dispiace. Ci dispiace davvero, ma il gioco termina qui.”

No, pensai.

“Dovrai ricominciare daccapo.”

Non puň finire cosě.

Resto a guardarlo impotente mentre viene avanti, ma improvvisamente – come abbagliato da un lampo dell’attacco Flash – mi rendo conto di saper fare altro, oltre che camminare. Dovevo saper fare altro, se ero arrivato fino a quel punto.

Lo spingo via – che strano usare le mani per attaccare e non per raccogliere oggetti – e mi precipito fuori dalla stanza. Una volta in corridoio imbocco una rampa di scale e č cosě che mi ritrovo sul tetto.

Il Produttore mi insegue, urla qualcosa che non riesco a decifrare.

Ricordo solo che  in quel momento, mentre provavo l’ebbrezza del vuoto con un piede giŕ oltre il bordo dell’edificio, udivo solamente una musica nella mia testa: incessante e infinta, la stessa musica che avevo udito a Lavandonia settimane – o forse ore? – prima.

Questo non dovrebbe accadere.

Sento il vuoto dentro di me. Un vuoto incolmabile.

Poi il mondo diventa nero e tutto finisce.

Reset.

Game Over.

 

Fine

 

 

Pierrot the Clown

 

P.S. Si gradiscono recensioni.

 

  
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