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Autore: OceanMind    19/09/2011    3 recensioni
"L'assassino potrebbe essere chiunque."
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’uomo in maschera era in piedi nella squallida lavanderia a gettoni in un vicoletto vicino alla quarantasettesima strada. Erano passate già da qualche minuto le due di notte, e il ritmico rumone delle lavatrici in funzione era terminato ormai da tempo. Una moto passò per la stretta stradina e illuminò lo specchio scheggiato dall’altra parte della stanza. Gli bastò solo quell’attimo per ammirare il suo riflesso: lo sguardo percorse velocemente le anonime scarpe da tennis nere, risalendo per i suoi calzoni dello stesso colore, fermati alla vita da una cintura con una pesante fibbia in alluminio. La maglia invece era grigio scuro, leggermente aderente perché si intravedesero gli addominali scolpiti e i pettorali, frutto di lunghe ore spese ad allenarsi. La sua attenzione si spostò sulle spalle larghe e quindi sulla finissima catenina d’oro appesa al collo, con una targhetta che recitava una preghiera in latino, ormai troppo sbiadita per essere letta. Infilato sulla testa aveva un passamontagna da sci, con due buchi che lasciavano intravedere gli occhi color grigio slavato e uno più in basso per la bocca carnosa. Si era sempre considerato un bell’uomo, malgrado qualche piccolo difetto, e anche le donne lo pensavano. La sua mente volò infatti a qualche ora prima, quando in un piccolo pub aveva incontrato una bella donna bionda, e l’aveva invitata a bere qualcosa, staccandola dal suo gruppo di amiche tutte tirate a lucido per la serata. Un ghigno pescorse il suo viso, e il suo sguardo si spostò leggermente a sinistra, accanto allo specchio. La bella bionda si trovava lì.

Aveva appreso durante la serata che il suo nome era Melanie, che andava all’università e frequentava la facoltà di medicina, ed era determinata a diventare un cardiologo, come suo padre. Nel locale le chiacchiere non sembravano finire mai, lo annoiavano a morte, anche se lui riusciva lo stesso ad apparire intrigato da quei banali discorsi. Dopo una quantità di tempo che gli sembrò ragionevole, le propose di accompagnarla a casa, naturalmente solo se lei fosse stata totalmente d’accordo. Come poteva Melanie, affascinata da quell’uomo così cordiale, non accettare la proposta? Arrivati sulla sua auto l’uomo aveva infilato il pesante passamontagna, stordito la ragazza e guidato fino a quel piccolo luogo, così comodo per i suoi scopi.

Con la torcia l’uomo col passamontagna illuminò il giovane corpo della studentessa: i capelli color miele ricadevano disordinati sul viso spaventato, la fronte era corrugata, gli occhi azzurri colmi di lacrime, mentre le labbra sottili apparivano rigonfie e incrostate di sangue. Con un respiro  profondò calmò l’eccitazione per averla colpita alcuni minuti prima, perché la piccola bastarda aveva cercato di ribellarsi alla sua aggressione. L’uomo col passamontagna odiava perdere il controllo, e lo avrebbe ottenuto con qualsiasi mezzo. Si spostò leggermente in avanti, fino ad arrivare il corpo della ragazza. Lei cercò di strappare le corde che la tenevano ancorata al muro e di urlare, ma non riuscì, a causa del fazzoletto che aveva conficcato in bocca. Lui invece la accarezzò in modo delicato. Incominciò dal profilo della guancia sinistra, proseguendo poi per il mento e per il collo, fino ad arrivare alle spalle. Quindi si fermò un istante prima di arrivare al seno sodo e di scendere fino all’ombelico, continuando fino alla coscia. Un nuovo brivido gli attraversò le budella, ripensando a cosa era accaduro poco prima: quando l’aveva drogata, spogliata e poi legata al muro, mentre lei piangeva come una neonata, dopo di che l’aveva posseduta tra le sue urla soffocate dalla stoffa che aveva in bocca… Guardò nuovamente gli occhi supplichevoli della fragile Melanie, che gli erano sembrati così sicuri quando l’aveva appena conosciuta. Lui adorava questo contrasto. Come adorava il fatto che la ragazza ora era completamente nelle sue mani, e solamente lui poteva decidere riguardo alla sua vita: lui era Dio, lei solo una minuscola formica.

L’uomo col passamontagna si riscosse dai suoi pensieri, pensando che ormai fosse giunta l’ora di terminare il suo gioco, e di gettare la ragazza disorientata in un parco o in un bosco. Qualche passante l’avrebbe certamente soccorsa la mattina successiva. Tuttavia non era pienamente soddisfatto. Gli mancava qualcosa.

D’un tratto l’idea che per tutta la sera aveva ronzato nella sua mente, ma che l’uomo non aveva mai voluto ascoltare, si fece strada violentemente come un carro armato tra automobili.  Era già il terzo crimine che commetteva, ora voleva spingersi più avanti, per sentire l’adrenalina pura scorrergli nelle vene. Sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto fare. Per prima cosa si tolse il pesante passamontegna dalla testa: voleva che la ragazza vedesse il volto della morte. Il suo ghigno si allargò quando afferrò il piccolo coltellino svizzero, regalo di suo padre per l’ammissione negli scout alla tenera età di tredici anni. Estrasse lentammente la lama appuntita, e si diresse verso il collo della giovane, che aveva cominciato a dimenarsi come un ossesso, avendo capito le sue intezioni. L’eccitazione dell’uomo crebbe fino alle stelle quando con la mano sinistra alzò il mento della vittima, e con la destra incise un profondo taglio lungo tutta la gola. Sembrava che il tempo si fosse fermato. Riusciva solamente a distinguere i battiti del suo cuore, mentre il corpo era pervaso dalla punta dei capelli fino alle dita dei piedi da un brivido acuto che sembrava non dovesse finire mai. Respirò profondamente diverse volte prima di tornare a ragionare. Assaporò l’odore ed il sapore di Melanie che gli avevano imbrattato i guanti. L’uomo quindi infilò le mani in tasca mentre rifletteva riguardo cosa avrebbe fatto con il corpo della sua vittima. Oltre al suo immancabile pacchetto di sigarette, tastò un pezzo di metallo di forma circolare e lo estrasse lentamente. Appena vide la testa del presidente Wasington incisa su quella monetina gli balenò un’idea geniale in mente. Prese il cadavere della giovane Melanie e lo sistemò in una delle grandi lavatrici del negozio. Poi, mentre fremeva più che mai, infilò la monetina nella fessura e premette il pulsante di avvio. Per almeno dieci minuti l’uomo stette immobile a fissare il corpo che girava vorticosamente producendo pesanti tonfi nel cestello della lavatrice. Era un’opera d’arte.

Poi il rumore di un clacson in lontananza lo riportò alla realtà. Diede una rapida occhiata alla stanza per controllare di non aver lasciato prove compromettenti, e uscì dall’edificio. L’aria fredda della notte lo investì, e lui la inspirò a pieni polmoni, come se volesse svuotarsi la coscienza e ricominciare tutto daccapo. Accese subito una sigaretta e la finì in pochi tiri, ma stette attento a non gettare il mozzocone nelle vicinanze, nel caso dovesse essere trovato dalla polizia. Poi, con lo sguardo fisso sull’asfalto si avviò verso la sua automobile. Nella mano destra stringeva la sua targhetta d’oro attaccata alla collana, e recitava a memoria a bassa voce, quasi come un sibilo soffocato, le parole incise su di essa.

Il giorno dopo la polizia di New York venne chiamata venne chiamata da una coppia di asiatici che, aperta la loro lavanderia alle otto del mattino, avevano trovato il cadavere di una ragazza in una delle lavatrici del negozio.

  
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