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Autore: Mpc_Pao    19/09/2011    0 recensioni
Una storia sugli dei dell'Olimpo dal punto di vista di povere fanciulle naufragate al liceo classico (almeno una delle due).
Il punto di partenza è l'arrivo di Ganimede sull'Olimpo che creerà non poco scompiglio tra gli dei.
E comunque questa storia si scrive da sola!(o almeno è quello di cui cerchiamo di convincerci).
Tutto iniziò durante un incontro nudico di gruppo, indetto da Zeus, per l’appunto nella città di Troia...
Genere: Demenziale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo sicuramente cinque
Giochi di società e missioni impossibili

«Il mio motto è ...» disse Isabelle con un sorriso sensuale
«"mai meno di diciotto centimetri"»


Mentre tutti quanti si preparavano per l’esclusivo party, dove ci sarebbe stato il Martini, perché No Martini – No Party, Afrodite si guardava allo specchio. Dopo essersi complimentata con se stessa, con lo specchio che le rimandava l’immagine di una creatura dalla bellezza superba, iniziò a leccare un bastoncino, con le lacrime agli occhi.
Il bastoncino all’improvviso si spezzò e riempì la stanza completamente vuota e desolata con uno schiocco sonoro, così Afrodite realizzò che nella sua vita mancava qualcosa: quella troia di Elena di Troia [* (?)NdEra: Ma voi cosa ne pensate delle sirene? Secondo ,e sono tutte delle gran troie.] aveva una collana che si sarebbe abbinata in modo magnifico al suo vestito.
Decise perciò di andare in  missione per il bene superiore.
Passò un’altra oretta davanti al suo guardaroba, a scegliere cosa indossare per la sua impresa piena di insidie e imprevisti: andare a rubar … prendere in prestito la collana di Era. Arrivò alla conclusione che fosse più saggio vestirsi in modo sobrio al fine di non dare nell’occhio. Rivestì il suo corpo con morbida pelle nera, che definire aderente sarebbe stato come dire che lei era un po’ vanitosa, calzò stivali di pelle fino alle ginocchia, col tacco a spillo all’incirca di diciotto centimetri e in testa mise una papalina e degli occhialini da piscina, tutto rigorosamente nero.
Inizio a muoversi con aria circospetta per i corridoi dell’Olimpo con la musica di James Blond nelle orecchie. Afrodite stava al 69esimo piano e doveva arrivare, senza farsi notare da nessuno, al 34esimo, il piano di Elena. Avrebbe dovuto attraversare luoghi oscuri  e impervi, perché avrebbe fatto poco effetto utilizzare l’ascensore.
Cominciò a salire le scale rasente ai muri e, giunta al settimo angolo del trentacinquesimo corridoio del settantesimo piano, la sua missione andò a sbattere contro un’ impotente imponente figura bluastra che spruzzava acqua da tutti pori. Indietreggiò alla velocità della luce tanto che per lei il tempo fece oooolè! Si nascose dietro uno scoglio air week (Scala 1:1) mentre Poseidone camminando con aria indifferente esclamò:«Ciao Afrodite»
Afrodite riprese a correre insieme alla luce e salì un centinaio di rampe di scale come se fosse rincorsa dai Mostrini dell’Inferno.
Si fermò davanti a una fighissima porta a vetri di Murene, controllata da due giganti.
Superandoli con aria stizzita, iniziò a flirtare con la porta finché questa non cedette alle sue lusinghe e si aprì arrossendo lievemente sulle maniglie.
Afrodite entrò nella stanza e vide una cosa che non si aspettava e che non avrebbe voluto vedere: due losche figure la stavano ignorando, Ebe e Era.
Le due giocavano al gioco dell’oca, con dei curiosi teschietti sotto i quali c’erano scritti i nomi “Zeus” e “Gianni”.
«Possiamo ucciderlo qui.»
«No, qua potrebbe usare la linguetta di una lattina per  salvarsi.»
«Questo piano non s’ha da fare, né domani, né mai. E’ troppo stupido, figlia mia.»
Quanto erano carine!
Se non avesse avuto una missione di vitale importanza, si sarebbe unita a loro, anche se le sembrava che alcune regole del gioco fossero cambiate.
«Scusate se vi interrompo, Vostra Magnificenza e … compagnia? – chiese alzando la mano – Per il mare?»
Ebe alzò lo sguardo dal tabellone e la fissò con aria persa: «Al settantesimo piano, da zio Poseidone, trenta piani sotto di noi … »
Afrodite si toccò il mento con un dito e rifletté a voce alta: «C’è qualcosa che non va, io sarei dovuta scendere!»
Era la guardò scocciata, sbraitando: «Senti, Afrodite, vedi di risolvere i tuoi problemi esistenziali da un’altra parte, qua stiamo tentando di organizzare un assassinio come dea, cioè io, comanda», e le indicò l’ascensore.
Afrodite flirtò anche con le porte dell’ascensore, un poco amareggiata per la poca comprensione che aveva ricevuto dalle due dee.
Quando si aprirono le porte entrò nell’ascensore, lasciò Era e Ebe ad analizzare le diverse armi da taglio e cliccò il pulsante trentaquattro, mentre l’ascensore emetteva un sospiro estasiato.
Questo rincuorò la dea della bellezza: aveva ancora un tocco magico.
I numeri dei piani scorrevano lentamente, il conto alla rovescia le faceva palpitare il cuore e quando arrivò a destinazione emise un urletto a metà tra la disperazione e la gioia.
Si ritrovò catapultata in un bordello vecchio stile e ricompose la sua camminata da 007, facendo lo slalom tra i clienti che erano in fila. A un certo punto uno, scocciato, le intimò di prendere il numero e di non superare. Afrodite gli rivolse uno sguardo orripilato come se le avesse detto che aveva le doppie punte e prese il biglietto. Le era capitato il numero sessantanove e tre quarti e l’ultima persona entrata era il -50, e inoltre la fila non ne voleva  sapere di muoversi. Aspettò per circa due minuti prima di rendersi conto di quello che stava facendo. Appallottolò il numero, dopo aver imprecato in modo molto colorito, spalancò le porte del bordello con un calcio da agente segreto, poi le chiuse silenziosamente per non destare sospetti.
Si lanciò alla ricerca della camera da letto.
In giro era pieno di cose strane, strane davvero: parrucche bionde, tette finte e preserv …
No, quello non era strano.
Che Elena stesse nascondendo qualcosa a tutti gli dei?
Era un travestito?
Era calva?
Era grassa?
Era pazza?
Ma … era davvero una lei?
Insomma, la prima ipotesi era quella che la convinceva di più.
Si sarebbe occupata del mistero appena trovata la collana che stava in un portagioie, sepolto sotto una marea di perizoma e boxer usati.
Cosa nascondeva quell’insidiosa creatura?
Si comportava in modo sospetto.
Afrodite si mise la collana dentro il reggiseno e sgattaiolò in giro per gli appartamenti della troiana, alla ricerca di indizi.
Le giunse alle orecchie una melodiosa vocina (quanto le unghie che graffiano la lavagna, per intenderci), che cantava:
«Il triangolo no, non l'avevo consideratoooo ...»
Capendo che la sospettata era in bagno, dove c'erano di certo indizi succulenti, Afrodite entrò di soppiatto in quella stanza e si ritrovò davanti a Eris, in accappatoio, che si metteva una parrucca bionda.
Urlarono tutte e due nello stesso momento:
«Elena? Eris? Troia!!! Perché tu hai due appartamenti e io uno solo?! - Afrodite sembrò riflettere un attimo su qualcosa. - Per non parlare del budget vestiti! - questa volta il suo tono grondava odio. - Brutta vacca!»
«Mostro nero sconosciuto!!»
Afrodite rimuginò un attimo sulle parole di Eris\Elena, la situazione richiedeva un lampione di genio o sarebbe finita male: la violazione di toilette non non passava inosservata sull'Olimpo. Sfilò velocemente il bigliettino che aveva preso all'entrata da una tasca e con voce tranquilla annunciò: «Sono il numero sessantanove e tre quarti!»
L'altra si tranquillizzò ed esclamò, rivolgendole il suo sorriso più professionale: «Ah, perfetto! Aspettami un attimo in camera, mi sistemo e arrivo!»
Afrodite approfittò dell'occasione e uscì velocemente dal bagno. Prima di chiudere la porta alle sue spalle la dea dai mille volti gridò: «Rossa o bionda?»
Dopo aver risposto distrattamente alla domanda, Afrodite si addentrò nella stanza delle malefatte. Si guardò intorno e decise di sedersi in una poltroncina vicino alla quale c'era una lampada.
Passavano le stagioni e, quando le prime foglie iniziarono a germogliare sull'albero fuori dalla finestra, una nuvola di vapore viohoola uscì dalla porta del bagno, mentre quest'ultima si apriva.
Ne uscì una fanciulla dalla bellezza abbagliante. Il vapore fa brutti scherzi. Elena, o Eris che dir si voglia, si avvicinò con passo felpato (tutto merito dei calzini di lana) al suo letto, i capelli rossi scompigliati da un vento immaginario, noleggiato da Eolo proprio per occasioni come queste.
Si accorse troppo tardi che nessuno poteva ammirare quello spettacolo perché tutte le luci erano spente.
Una luce inquietante illuminò improvvisamente il volto di un ancor più inquietante figura: Afrodite.
Elena la guardò perplessa, mentre arraffava una mutanda.
«Frody, che ci fai qua? Hai per caso fatto scappare l'Omino Nero?»
Afrodite inarcò una delle sue due sopracciglia perfette, non sapendo se a scioccarla di più fosse il nomignolo o la stupidità di Elena.
«Elena, l'Omino Nero ero io.»
Elena continuò a fissarla stupita e così Afrodite sbuffò in modo poco deoso «Rifacciamola» e spense nuovamente la luce.
Si sentì un fruscio nell'oscurità, mentre i neuroni di Elena tentavano di arrivare ad una conclusione accettabile.
La luce si riaccese e un solo grido riempì la stanza:
«L'OMINO NERO!!»
Elena additò nuovamente l'occupante della poltrona e continuò, con un tono di voce isterico: «Cosa ne hai fatto di Afrodite? Era qua fino a un momento fa ... Te la sei mangiata? Non le lo sarei mai aspettata da te!»
Afrodite, spazientita, si tolse gli occhialini.
«Dobbiamo andare avanti ancora per molto? Rifaremo la scena un'ultima volta, vedi di comportarti in modo adeguato stavolta»
Mentre i neuroni di Elena avevano finalmente raggiungo la comprensione (oh, agognata sinapsi!), la luce si spense e si riaccese.
Dalla poltroncina la voce di Afrodite esclamò, mentre la dea guardava l'altra con sguardo minaccioso:«Mi devi qualche spiegazione, signorinella!»

****

Nel covo delle VIG (Very Important Godess ♥) si trattava un argomento molto gettonato: come le nostre due dee preferite dovessero occupare il tempo libero. Avevano finito quello che -erroneamente- Afrodite aveva considerato il gioco dell'oca, Ebe non aveva più lavoro, visto che aveva finito la missione pro-Artemide e Era era annoiata, perché aveva troppi impegni da non svolgere. Ebe, con la testa fra le mani e l'aria di una che avrebbe voluto torturare qualcuno ma non poteva, chiese alla madre: «Mamma, cosa facciamo quest'oggi?»
Era, come presa da un'improvvisa illuminazione, rispose:
«Quello che facciamo tutti i giorni, figliuola cara, progettare la prossima morte di tuo padre!»
«Ma lui è intoccabile, almeno per un po'. Lasciamolo vivere per qualche altro mesetto, fino al mio compleanno, così mi apre il fondo fiduciario che mi ha promesso. Dedichiamoci a qualcun altro che, ultimamente, sta complicando la vita di noi Olimpi ... Che so, Gianni!»
Era guardò Ebe con aria ancora più annoiata, come se sua figlia le avesse proposto di dedicarsi al punto croce.
«Quel ragazzo non mi dà alcun fastidio al momento e non credo potrebbe mai riuscirci».
Le porte del covo non tanto segreto (dovevano rivedere il loro sistema di allarme!) si spalancarono per la seconda volta in quella serata e tre baldi giovani fecero irruzione, con strane coreografie.
Apollo si posizionò al centro, Ermes alla sua destra e Eolo si catapultò sotto le gambe di Apollo (che erano leggermente divaricate) sgambettando allegramente come una ragazzina innamorata.
Ebe guardò malissimo i tre nuovi arrivati, che avevano interrotto un discorso della massima importanza: erano arrivate le due comari dell'Olimpo e il loro tirocinante.
Era sorseggiò un po' di ambrosia e applaudì distrattamente, come si fa per dare un contentino a un bambino. Tutto questo prima che i tre ruzzolassero per terra, guadagnandosi un'occhiata di puro disprezzo dalla regina.
I tre si ricomposero velocemente e squittirono in coro estasiati:
«Mie signore il falco è nel nido!»
Ebe e Era si guardarono perplesse ed esclamarono all'unisono:
«Il cosa è dove?!»
Mentre Eolo si lanciava nella spiegazione inopportuna di cosa fosse un falco, Apollo replicò prontamente:
«Il pacco è alle poste!»
«Eh?», chiese Ebe sempre più scioccata.
«Se ti ho chiesto di farmi spedire qualcosa, manda Ilizia a ritirare il pacco e non stressarmi», fece Era.
«Ma no! Non capite! La pagnotta è nel forno!»
«Senti carciofo, se non mi spieghi subito di cosa stai parlando ti ci infilo io in un forno!»
Ermes fermò tempestivamente il suo compagno, che voleva continuare a pronunciare frasi prive di senso e prese una pergamena da una borsa azzurra a strisce argentate, con riflessi dorati e pagliuzze di rame, che portava a tracolla, la quale era rigorosamente gialla a pois viola con baricentro in E.
Si schiarì la voce e iniziò a elencare:
«Come saprai le nostre fonti sono certe, infatti c'è stato detto dal padrino della nipote di secondo grado (o era di terzo?)...»
«No, no, era di secondo, Ermy, l'ho letto su YouGod».
«Ok, di secondo, grazie, Polly».
«Ti ho detto di non chiamarmi Polly!»
«Va bene, Feby».
«Ti ho detto di non chiamarmi Feby!»
«Zitto, Babbuccio! Dicevamo, questa ragazza, veramente squisita, ti consiglio di conoscerla, non so se lo sai, da poco ha avuto due gemelli che ha battezzato quella tua amica ... Come si chiama?»
«Ma chi, Tea? Aaah, me ne ha parlato proprio bene, dice che fa delle torte veramente deliziose. Poveretta, ha avuto una storia proprio tristissima».
«Ah, sì? Perché? Cosa le è successo?»
«Sono scappati i genitori quando aveva solo 23 anni, sai volevano vivere all'avventura. Lei ha dovuto procurarsi i beni di prima necessità da sola ...»
«Ma poi è stata fortunata, ha conosciuto quel giovine che l'ha sposata ...»
«Sì, ma non è affidabile, sai. L'altro giorno sono andato a trovare i genitori di lui e non sai cosa mi hanno raccontato».
«I genitori di lui? Chi quei gentili signori delle focacce al nettare di eucalipto? Fanno bene alla gola, le focacce non i signori, ne ho comprato a centinaia quando avevo perso la voce ...»
«Sì, sono proprio quelli, tu avevi perso la voce durante la guerra, vero? Mio nonno lì ha perso una gamba!»
«Nooo, poverino, ma poi l'ha ritrovata?»
In sottofondo Ebe si schiarì la voce, mentre Eolo prendeva freneticamente appunti di ciò che dicevano Apollo e Ermes.
«Sì, sì, era sotto le macerie del vecchio Partenone, una donnola cercava di portarsela via».
«Mai fidarsi delle donnole, una mi ha mangiato le galline!»
«Ma erano di peluche!»
«Come erano di peluche?! Loro avevano un'anima!»
«Lo so, Erm, ma le donnole non le capiscono certe cose!»
«Io me ne sono fatto una ragione, ormai mi sono convinto che tutti gli animali siano loschi».
Un imbarazzante momento di silenzio seguì le parole di Eolo, a spezzare la lastra di ghiaccio che il tirocinante aveva provocato ci pensò Ebe, che chiese:
«Volete finalmente spiegarc ...»
«Ti stavo dicendo, Erm, la pentola a pressione che ho comprato da Olimpyonix ...»
Era si alzò in piedi e sbraitò, lanciando loro contro la sedia in cui era seduta e facendo strike:
«Ora basta! Ho addirittura finito tutta quanta l'ambrosia. Le vostre chiacchiere mi fanno venire l'emicrania, come quando sento la genealogia della mia famiglia. Dunque» e a questo punto scoccò loro una dolce occhiata che avrebbe ucciso il più impavido guerriero, «tacchini, arrivate al punto o non sarà il giorno del Ringraziamento quello di cui dovrete preoccuparvi!»
I tre aprirono bocca, poi la richiusero, non avevano evidentemente capito il collegamento tra un tacchino e la loro sorte.
Ebe schioccò le dita ripetutamente e li riporto alla ragione.
«Ragazzi, ragazzi, avanti cosa siete venuti a dirci? Veloci, non vogliamo avere altre tre morti sulla coscienza ... Cioè, le nostre prime tre!»
Il gruppetto, dimostrando che Ebe si sapeva spiegare meglio di Era, si consultarono per qualche minuto, come a voler scegliere un ambasciatore e alla fine spinsero Ermes davanti a Era, borbottando qualcosa come "ambasciator non porta pena".
Ermes guardò le due reali con sguardo cuccioloso e disse, con voce tremante: «Zeus è stato avvistato correre mano nella mano con Ganimede, felice sui prati. Alcuni aggiungono che i monti sorridevano». Poi, come pentendosi di ciò che aveva  affermato, aggiunse precipitosamente: «Ma sono solo voci, per me era un ghigno beffardo».
La faccia di Era assunse varie tonalità, una dopo l'altra e le orecchie iniziarono a fumarle. Ebe, da brava figlia previdente, si rese conto della gravità della situazione, buttò fuori in tutta fretta i tre, ringraziandoli per la visita inattesa, invitandoli a non tornare mai più, spronandoli a vincere il record "abbandona la stanza il più velocemente possibile", con minacce di morte, urla isteriche e un coltello.
Si liberò dei tre scocciatori abbastanza velocemente, chiuse le porte alla loro spalle e si girò lentamente verso la madre, che ricambiò il suo sguardo impassibile.
Finalmente la regina di tutti gli dei sembrava essersi calmata e, sorridendo in modo malefico alla sua figlia più malvagia, ringhiò:
 «Ok, prendi il bazooka, faremo le cose in grande stile».

****

«Non è come sembra ... Io sono innocente!»
Afrodite in risposta alle parole dell'altra dea si esibì nel suo gesto tipico: inarcò un sopracciglio.
Elena\Eris la indicò e affermò in tono solenne:
«Non parlerò se non in presenza del mio avvocato!»
Poi prese delle ventose e iniziò ad arrampicarsi su una parete a specchio comparsa dal nulla (i misteri dell'Olimpo).
Afrodite la guardò perplessa, alzò gli occhi al cielo ed esclamò:
«Smettila di arrampicarti sugli specchi!»
La Travestita scese mogia dalla parete e dopo un profondo sospiro iniziò a raccontare.
«E va bene, la mia storia ha iniziò tanto tempo fa», spiegò la Disgraziata coi capelli rosso, guardando Afrodite dritto negli occhi. «Devi sapere che fin da piccolina mi sono sentita esclusa da tutti i giochi, non ero amica proprio di nessuno. Tutti mi disprezzavano perché adoravo fare i dispetti, ma era un semplice segno d'affetto. Le conseguenze delle mie innocenti azioni furono disastrose. Giunta al mio settantesimo compleanno, ormai appena maggiorenne, gli dei mi evitavano per strada, ero esclusa dalla vita di corte. Così mi dedicai alla cura delle barbabietole. Anche le barbabietole non mi volevano e dopo qualche secolo si suicidarono. Cominciai a vivere alla giornata, senza preoccuparmi del mio futuro, che mi appariva sempre più grigio. Passavo il mio tempo in compagnia di un albero di miele e delle zucchine. Ben presto fui costretta a scegliere tra di loro - in questo momento non mi ricordo perché - e scelsi le mele. Fu una sofferenza abnorme abbandonare le mie care zucchine, erano le più preziose amiche che avessi mai avuto, ma l'amore è cieco e la torte di mele mi aveva conquistato.
«Un giorno stavo andando a rubare le uova delle galline di Ermes quando, ferma dietro la buca delle lettere delle galline, sentii un discorso scioccante tra il messaggero degli dei e il suo fidatissimo amico Apollo. Leggendo tra le righe dei loro discorsi, che variavano ogni secondo e toccavano ogni tipo di problema mondiale, capii che ero stata esclusa per l'ennesima volta dagli affari della mia cosiddetta famiglia».
La Sfortunata bevve un bicchiere d'acqua, asciugandosi una lacrimuccia che solitaria solcava il suo viso e riprese:
«Scusa ma adesso vorrei passare a parlare di me in terza persona, perché il dolore è troppo grande: non posso sopportare che sia successo a me!»
Afrodite le accordò il permesso annuendo con la testa.
«Quella *colpo di tosse* di Teti e quel *colpo di tosse* di Peleo stavano organizzando sotto il suo naso un matrimonio coi fiocchi senza invitarla! Decise così di fare qualcosa per ricordare a tutti quanti la sua esistenza. I suoi piccoli furti e le sue schermaglie quotidiane sembravano non sortire l'effetto desiderato: continuavano tutti ad ignorarla. Il giorno del matrimonio si presentò al banchetto nuziale vestita di tutto punto (nel vero senso della parola: tutto ciò che indossava era a pois), era persino andata dalla parrucchiera per l'occasione, che le aveva fatto un morbido chignon fermato da due lame. Visto che non aveva avuto il tempo di comprare un regalo e non poteva presentarsi a mani vuote, colse una mela dal suo albero delle mele d'oro e, arrivata al banchetto, decise di recapitare il regalo in modo originale e aerodinamico. Lanciò la mela in mezzo al tavolo in cui erano seduti gli sposi, Era, Zeus, Afrodite, Atena, Ade, Poseidone, Persefone e Ilizia. Accompagnò il lancio dicendo "alla più bella". Tutti quanti cominciarono a spostare le sedie con un gran fracasso per afferrare la mela - brutti egocentrici - e così il resto della sua frase, "Teti, al volo, è per te!", si perse nel chiasso».
Afrodite sbottò, guardando l'altra dea, oltraggiata:
«Ma lei è un cesso, come tutti voi! Non dovevi mentirle solo perché era il giorno del suo matrimonio!»
«Volevo soltanto essere carina, va bene? E comunque Zeus me l'ha fatta pagare per questo slancio di affettuosità: vedendo che ben tre dee dell'Olimpo avevano iniziato a litigare per l'ambito titolo di Miss Olimpo - le altre si erano ritirate dopo aver scoperto chi erano le loro avversarie, non perché si reputassero meno belle, ma per paura delle conseguenze - il nostro benamato Re decise che io avevo superato ogni limite. Brutto bamboccione babbeo, mi bandì dall'Olimpo, quando è lui l'unico che se ne dovrebbe andare!
«Così per non perdere i gossip dell'Olimpo e non sentirmi esclusa dalle news più piccanti, decisi di assumere le sembianze di una ragazza che da lì a poco diventò una specie di VIG: Elena di Troia. Incontrai qualche difficoltà ...»
«Aspetta, ma che fine ha fatto Elena?»
«Che sciocca che sei. Non è mai esistita, fino a quando io non ho deciso di crearla. Ti dicevo delle mie difficoltà. Stavo per entrare nelle grazie di Priamo per arrivare al suo pargoletto, quando tale Menelao mi costrinse a sposarlo. Dopo la mia giustificatissima fuga si scatenò una guerra. Che ci posso fare, sono la dea della Discordia, non è colpa mia. Durante quei dieci anni di atroci battaglie ricevetti una lettera di Zeus, tramite Ermes, che spiegava come Era si annoiasse senza di me sull'Olimpo e lo stesse costringendo a organizzare duelli clandestini di galli per intrattenerla. Urgeva dunque la mia presenza e io fui riammessa sull'Olimpo. Non potevo smettere i panni di Elena, cara ragazza, mi ero affezionata e poi ... Dieci anni di guerra! Quei poveretti ... Non mi sentivo di lasciarli così. Dunque decisi di dividere il mio tempo tra Elena e Eris. Ero Elena in Grecia e Eris sull'Olimpo, ma presto ho capito che tutti quei continui viaggi erano insostenibili. Tu ti eri da poco messa con Ares e avevi smesso di intrattenere i nostri ospiti, ci è voluto poco per convincere Zeus che era doveroso trovarti una sostituta al più presto: l'altra me. E tutto ha funzionato benissimo, fino ad ora, quando tu mi hai scoperto. Brutta impicciona!»
Ad Afrodite brillavano gli occhi: iniziò ad applaudire e a gridare, come una fan esagitata:
«Brava! Ottima interpretazione! Meriteresti l'Oscar! Ma io come ti devo chiamare? Oh, va be', non importa! Comunque» e prese in mano il famoso biglietto «ho preso questo coso all'entrata, non avrò sprecato il mio tempo per niente?»
«Afrodite, noi non possiamo ...»
«Non vorrai che vengano a conoscenza di questa umiliante storia strappalacrime?»
«Non oseresti!»
«Io oso eccome! Sono la dea della Bellezza!»
«Questo non c'entra niente!»
«E quindi?» Afrodite guardò Eris come se avesse appena detto un'assurdità. «Lo facciamo o no?»
Eris le lanciò uno sguardo afflitto e si avvicinò con aria sensuale ad un armadio, dal quale prese una scatola che lanciò ad Afrodite.
La dea della bellezza la afferrò al volo e balzò sul letto a gambe incrociate, con la faccia di una bambina la mattina di Natale.
Eris si sedette sul letto, aprì la scatola e biascicò:
«Lo sai che questo non porterà a niente, vero? Stiamo facendo una sciocchezza!»
«Non tutto deve portare a qualcosa!»
Eris sospirò, rassegnata:
«Poi non prendertela con me se non riusciremo a mettere la parola fine a questa faccenda».
Afrodite la guardò scocciata e la rossa borbottò contrariata:
«Almeno voglio Parco della Vittoria!»
Detto questo aprì il cartellone del Monopoli e iniziò a contare i soldi e dividere i terreni.










Guida all'INcomprensione del testo:
*
NdEra: Ma voi cosa ne pensate delle sirene? Secondo me sono tutte delle gran troie.

Angolo in cui le Autrici parlano senza coerenza:
Ebbene sì! Eccoci qui!
Non siamo neanche tanto in ritardo!;) Abbiamo aggiornato presto, no?:)
Vi informiamo però che il sesto capitolo è ancora in cantiere...
Sì, ok, non l'abbiamo nemmeno iniziato. Ma lo inizieremo e lo finiremo! Fidatevi!
MPC & Pao.
  
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