Capitolo 5
Rimasi
inebetita per un’istante,
scioccata da quel movimento repentino, ma dopo un attimo mi riscossi e
seguii
Emile, curiosa e anche un po’ preoccupata. Sentivo i suoi
passi che avanzavano
verso l’ingresso e incurante del fatto che fossi in una casa
non mia e che
stessi curiosando in faccende in cui non ero stata invitata a
partecipare,
cercai di concentrarmi per sentire i suoi passi e raggiungerlo. Non mi
curai
nemmeno del fatto che Fede fosse o meno dietro di me: tutto il mio
essere,
nonostante fosse stato appena messo alla berlina, cercava Emile ed era
preoccupato per il guaio a cui di sicuro stava andando incontro.
Raggiunsi
la stanza dove aveva svoltato e
arrivata sulla soglia lo vidi mentre circondava con le braccia la
madre, che in
camicia da notte, era davanti ad una finestra immobile. La musica che
sentimmo
proveniva da un giradischi nel salotto, la stanza in cui eravamo ora:
una donna
dalla voce melodiosa e delicata cantava una melodia un po’
soft ma rilassante.
Non capii subito in che lingua si esprimesse perché nel frattempo osservai
Emile che cercava di
riscuotere sua madre e mi sentii pietrificata non sapendo cosa fare:
«Mamma,
calmati, mamma!»
«C’è
qualcosa che posso fa…»
«Spegni
quel dannatissimo giradischi!»
Saltai
al tono di voce così forte e
carico di rabbia con cui si rivolse a me e mi precipitai a spegnere.
Fede nel
frattempo si era materializzato accanto ad Emile e lo aiutò
a mettere a sedere
la madre: ora che potevo vederla in viso, mi resi conto che stava
piangendo.
«Cos’è
successo?!» chiese
Fede,
assumendo immediatamente il suo atteggiamento professionale e sicuro,
di chi si
ritrova ogni giorno accanto a persone psicologicamente più
fragili.
«Non
è niente, me la cavo da solo, aspettatemi di là.» come al solito, Emile
rifiutava l’aiuto altrui, persino in
una situazione critica come quella.
«Se
le serve un tranquillante, posso somministraglielo io, in
comunità…»
«Ho
detto che faccio da solo!»
Emile
alzò di nuovo la voce, il suo viso
era una maschera di rabbia e i suoi occhi avevano preso il colore
intenso
dell’azzurro. Ma Fede era un osso duro, sapeva come
comportarsi in questi
casi:
«Emile,
so quello che faccio, non disprezzare l’aiuto che ti viene
offerto volontariamente.»
Fede
gli appoggiò una mano sulle spalle e
dovette infondere ad Emile un po’ della sua calma naturale,
poiché si rilassò
all’istante, riprendendo il controllo di sé.
«Dev’essere
riaccompagnata su in camera sua, questa stanza è deleteria
per lei.» a quel
punto mi accorsi del luogo
in cui ci trovavamo: era una grande stanza dai parati nelle
tonalità calde del
senape e legno, mobilia
di legno scuro
arricchiva l’ambiente e sulle pareti erano appese le stampe
di alcune riviste,
delle fotografie in bianco e nero e delle locandine in cui campeggiava
il volto
della madre di Emile, in cui era riportato il nome di Claudine Flaubert
come
nuova stella della musica francese.
Francese!
Ecco qual era la lingua di
quella canzone!
Francese
come il nome di Emile… Sua madre
era francese! Ed era una cantante!
O
forse era meglio dire che era stata una
cantante…
I
due ragazzi portarono la signora
Claudine in camera sua, aiutai Fede a somministrarle un tranquillante,
mentre
Emile le accarezzava il viso come gli avevo visto fare
all’ospedale e quando la
madre sembrò essersi addormentata, ci fece cenno di uscire
dalla stanza (che
pensò bene di chiudere a chiave) e ci fece accomodare nel
salotto offrendoci da
bere.
«Vi
chiedo scusa per la mia maleducazione di poco fa, ma non mi aspettavo
che
accadesse una cosa simile, mia madre non esce da quella da stanza da
tempo.»
«Era
la sua voce che stava ascoltando prima, vero?»
osai chiedergli; iniziavo a capire che quando era in quello
stato, Emile era più propenso a parlare... almeno un
po’ più del solito!
«Sì,
in gioventù era una promettente cantante con una carriera
tutta in salita e
quando si riascolta le vengono queste crisi!»
Emile strinse i pugni mentre parlava, di sicuro quello non
era un argomento piacevole e non amava condividerlo con gli altri.
«S-se
hai bisogno di una mano, io e Fede sappiamo come comportarci in questi
casi.» dannata
balbuzie! Ma perché
dovevo sempre parlare come una stupida quando più volevo
essere sicura di me?!
«Vi
ringrazio per l’offerta, ma questo è un caso
isolato. Normalmente c’è sempre
qualcuno accanto a lei, oggi abbiamo lasciato la giornata libera
all’infermiera
perché ci sono io in casa e non mi aspettavo che le venisse
una crisi.»
Fede
lo stava osservando da quando
eravamo tornati nel salotto, di sicuro gli stava leggendo dentro.
«Capisco.
In ogni caso, hai il mio numero Emile, se dovessi avere bisogno,
chiamami senza
problemi.» Fede non
riusciva
a non prendersi a cuore una persona in difficoltà!
*****
Tornai
a casa ripensando a ciò che avevo
appena scoperto sulla famiglia Castoldi: avevo sempre più la
convinzione che
gli abitanti di quella casa conservassero tutti un dolore
così grande da non
poter essere condiviso, o almeno avevo capito che Emile non riusciva a
parlare
né del padre né della madre in modo sereno.
Nemmeno io riuscivo a farlo con i
miei e probabilmente era una caratteristica di noi post adolescenti in
cerca
della nostra individualità (che spesso non era in linea col
pensiero di chi ci
aveva generato), ma il mio caso non era così pieno di
sofferenza come quello
che vedevo riflesso sul volto di Emile ogni volta che accennava alla
situazione
della madre.
Ancora
una volta standogli a contatto, mi
ero ritrovata in un turbine di emozioni contrastanti:
Emile
riusciva a farmi zittire, a farmi balbettare, a farmi
arrabbiare a morte
e a colpirmi al cuore nel giro di qualche minuto! Ogni volta che
pensavo a lui
o che mi trovavo in sua compagnia, perdevo il senso di me stessa e
questo mi
spaventava perché se mi sentivo così conoscendolo
appena, non osavo immaginare
l’effetto che mi avrebbe fatto se mi fossi data il permesso
di accorciare le
distanze tra noi. Non che ci fossero le premesse, avevo
l’impressione di non
essergli molto simpatica e del resto, non credo che io facessi il
contrario nei
suoi riguardi...
Quella
situazione stava raggiungendo un
punto di stasi, che probabilmente avrebbe finito con lo scemare: non
avrei più
rivisto Emile, non avrei più pensato a lui e tutto questo
caos interiore
sarebbe sparito lasciandomi libera! Libera di cosa però,
ancora non sapevo.
Tuttavia, mi resi conto che all’idea di non rivederlo
più, nonostante mi
facesse saltare i nervi ogni volta che lo vedevo, nonostante avesse
quell’aria
saccente e spocchiosa che aizzava i miei istinti omicidi
pericolosamente in
avanti, iniziavo a sentire un vuoto dentro e un dolore lancinante al
centro del
petto.
*****
«Pasifae,
mi spieghi che intenzioni hai?»
La
voce improvvisa di mia madre mi colse
impreparata: ero diretta all’auto per vedere Stè,
quando sentii quella voce e quel
tono che mise in allarme tutto il
mio essere; c’era una bella discussione in arrivo!
«A
cosa ti riferisci mamma?»
inutile
tentativo di fare la gnorri il mio, ma dovevo pur difendermi!
«Non
fare la finta tonta, sai benissimo di cosa sto parlando: sta arrivando
Novembre, i tuoi amici hanno preso tutti la loro strada mentre tu
continui a
vagare senza meta tutto il giorno e non ti decidi a scegliere una
facoltà
universitaria: sai che manca poco allo scadere delle iscrizioni? Hai
già perso
la possibilità di iscriverti nelle facoltà a
numero chiuso, vuoi perdere un
anno così perché non ti decidi a scegliere?»
Eccoci
qua, diretti al punto dolente,
sapevo che questo momento sarebbe arrivato, dovevo affrontare il
discorso “rinuncia
agli studi”. Posai le chiavi dell’auto sul mobile
all’ingresso e mi preparai ad
affrontare una discussione difficile.
«Mamma,
è da un po’ che ci penso e avevo intenzione di
dirvelo proprio in questi giorni…»
bugia grandiosa ovviamente, chi
ci pensava più agli studi?! Per me l’argomento era
chiuso, peccato che non
l’avessi fatto presente a chi
aspettava
la mia risposta!
«...
io stavo pensando di non andare
all’università…»
«Cosa?!
E perché mai? Vuoi provare l’anno prossimo con
qualche facoltà a numero chiuso?
Se è così basta iniziare a prepararsi da ora,
puoi prendere i testi e iniziare
anche a studiare qualcosa così recupererai il tempo perso
e…»
«No
mamma, intendo dire che non voglio affatto continuare gli studi.» bomba sganciata, quello
era
l’inizio dell’Apocalisse!
«Pasifae,
io… noi, siamo sempre stati comprensivi con te, abbiamo
sempre cercato di non
importi le cose e farti scegliere con la tua testa, ma è
chiaro che ora stai
perdendo di vista un obiettivo importante…»
«E
quale sarebbe mamma? Avere un pezzo di carta attaccato alla parete del
salotto
di cui potervi vantare con gli amici? Presto avrete quelli di Simona,
che ne
collezionerà di sicuro abbastanza per entrambe!»
«Non
si tratta di questo! È importante per te, perché
non puoi presentarti da
qualche parte senza una laurea alle spalle, perché non
è comprensibile che tu
rinunci ad un’istruzione che molti altri ragazzi faticano a
crearsi! Ci sono
giovani che fanno sacrifici enormi per studiare e tu che hai la
possibilità di
farlo comodamente senza pensare ad altro, getti via questa
possibilità
precludendoti delle
porte aperte nel
futuro!»
Ancora
i sacrifici! Sembrava quasi che i
miei genitori fossero
dispiaciuti del
fatto che non dovessi sudarmi nulla!
«Le
porte che dici tu non m’interessano! Ci sono tantissime
strade aperte per me,
il mondo non è fatto solo di laureati mamma! Ci sono
artigiani di tutti i tipi,
bravissimi, che non hanno avuto bisogno di quel pezzo di carta,
esistono tanti
tipi di lavoro bellissimi e appaganti che non hanno bisogno di un
“dottor”
davanti al nome per essere ammirati!»
Come chi dipinge e mette la sua passione
in quello che fa... o chi canta con tutta la sua anima...
«E
tu vorresti andare a lavorare presso una bottega? Presso un artigiano?
Tu che
hai a disposizione la possibilità di migliorarti e
conoscere…»
«Mamma
non è con lo studio che si migliora! E la conoscenza non
è solo sui libri! Il
mondo è pieno di persone e di avvenimenti e di luoghi tutti
da scoprire! La
vita è un insieme di scoperte! I libri non sono la risposta
a tutto! E non
trovo nulla di male nell’andare a lavorare presso un
artigiano!» se Emile è riuscito a dare nuova vita a
quella cassettiera vecchia, se
le ha donato una nuova bellezza, perché mai si dovrebbe
denigrare il lavoro
manuale che dà così splendidi risultati?
«È
così dunque, vuoi metterci questa vergogna addosso! Tu, la
figlia di due
professori, che va a fare la ragazza di bottega presso qualche manovale!»
Eccolo
lì il nocciolo del discorso: la
solita figuraccia con i vicini, le apparenze! Non ci vidi
più dalla rabbia, ero
stanca di tutte quelle idee antiquate che mi facevano mancare
l’aria e che
avevano causato un trauma non indifferente in mia sorella, che non si
sentiva
libera di essere se stessa.
«Se
è questo che ti disturba, potete anche disconoscermi! Tanto
non sono mai stata
la figlia modello per voi, vi siete sempre vergognati di me
perché alzavo la
voce, uscivo fino a tardi e mi circondavo più di amicizie
maschili che
femminili! Se non siete contenti di avermi in questa casa non
c’è alcun
problema, me ne vado!»
Probabilmente
stavo combinando un vero
disastro, mi stavo mettendo alla porta senza uno straccio di lavoro o
un luogo
in cui rifugiarmi, ma non me ne curai affatto; ero troppo stanca di
quella casa
e di quella famiglia, non volevo restare in quelle mura un attimo di
più, così
ripresi in mano le chiavi dell’auto, ma poi ci ripensai, le
posai e mi diressi
al garage per prendere la bici, diretta a casa di Stè.
*****
«Testarossa
che hai combinato? Hai il volto che fa paura!»
Per
tutta risposta mi buttai tra le braccia
di Stè e mi feci coccolare dal suo caldo abbraccio. Testa di
Paglia era un
ragazzone alto un metro e novanta:
un
armadio a muro pieno di allegria e calore umano e i suoi abbracci erano
il mio
conforto più grande, il rifugio sicuro dopo le discussioni
più brutte che avevo
con i miei genitori.
«Io
la odio!»
Stè mi strinse un
po’ per darmi la sua comprensione e rimanemmo per qualche
istante così finché
non mi ripresi:
«Hai
litigato di nuovo con i tuoi?»
feci un cenno di assenso, ancora abbracciata a lui.
«Con
mia madre: mi ha detto che se non mi iscrivo
all’università per andare a
lavorare, sarò la vergogna della famiglia! Questo
è sputare in faccia al lavoro
altrui e ai sacrifici degli altri! Loro sanno solo bearsi di quel
termine
facendosi grandi, ma alla fine i veri sacrifici non sanno nemmeno dove
sono! Li
odio, sono dei bigotti e falsi, non li voglio più come
genitori!»
«Calmati
Testarossa, sfogati un po’ ora, ma non dire cose
così cattive, sono sempre le
persone che ti hanno messo al mondo!»
«Quello
è il mio unico legame con loro! Non ho nient’altro
in comune con quelle
persone, non sono figlia loro e non voglio stare un minuto di
più in quella
casa!»
«E
dove vorresti andare?»
Mi
staccai da Stè per vederlo in faccia,
ma poi abbassai lo sguardo, non avendo una risposta da dargli:
«Non
lo so ancora… ma voglio trovarmi un lavoro e andarmene via
da quella casa, non
riesco più a vivere in questo modo, mi sento soffocare!
Persino Simona inizia a
cedere! Come potrei resistere ancora, dopo essermi sentita dire che
sono la
loro vergogna!»
Avevo
nominato mia sorella e d’improvviso
mi ricordai il motivo per cui ero diretta da Stè prima di
discutere con mia madre:
l’avevo sentito poco prima al cellulare e mi era sembrato un
po’ giù di morale,
il che voleva solo dire che Simona c’entrava qualcosa.
«Basta
parlare di me ora Testa di Paglia, sono venuta qui perché ti
ho sentito un po’
sottotono prima: c’è qualcosa che non va?» Stè si
rabbuiò per un attimo, poi mi sorrise ma con gli occhi
tristi di chi non riesce a celare davvero ciò che sente.
«Stai
tranquilla Testarossa, non è nulla.»
«Invece
c’è qualcosa, Stè! Quando
stai così è a causa di mia sorella, ti ha fatto
qualcosa? Ti ha trattato male?»
A
Simona avevano tolto il gesso ed ora
faceva fisioterapia, ma nel frattempo, le visite
“casuali” di Stè e la serata
trascorsa insieme avevano avvicinato i due e iniziavo a sperare che
finalmente
Testa di Paglia avesse avuto la possibilità di dichiararsi,
soprattutto visto
che Simona lo stava aiutando a capirci qualcosa di matematica. Il mio
biondo
amico aveva scoperto di amare quella materia e si era iscritto a quella
facoltà
che reputavo frequentata da soli geni mezzi alieni che non avevano
alcun nesso
con noi esseri umani “normali”. Così
quando Stè ci disse che si sarebbe
iscritto a Matematica, si trovò davanti i miei occhi
praticamente fuori dal
cranio per quanto erano sgranati. Mai avrei pensato che il mio compagno
di
casini si sarebbe rivelato un apprendista secchione-genio!
Aveva
iniziato a seguire i corsi con
molta tranquillità, com’era suo solito, perdendosi
anche qualche lezione qua e
là, convinto di poter recuperare; ma poi si era reso conto
che la matematica va
seguita e che lui aveva iniziato con il piede sbagliato,
così per recuperare
aveva chiesto una mano a Simona, che in quanto prossima alla laurea in
ingegneria informatica, di matematica ne aveva una signora conoscenza!
Ormai
iniziavo a considerarlo non solo il mio migliore amico, ma anche un
futuro
membro della mia famiglia, probabilmente l’unico membro che
mi sarebbe mai
stato a cuore! Ma a quanto sembrava, le cose non erano così
rosee.
«No
Pasi, non mi ha fatto o detto nulla di male… è
che…»
tirò un sospiro «...credo
proprio di non avere speranze con lei!»
«Stè
ma questo lo dici da cinque anni! Non è una
novità che mia sorella sia l’unica
al mondo a farti sentire insicuro e ad abbatterti! Continuo a non
capire cosa
tu ci trovi in lei, ma ultimamente inizio anche a pensare che tu le
faccia
bene, la vedo più serena, per quanto lei lasci trapelare
quello che sente!»
«Davvero
è più serena? Io non vedo cambiamenti Testarossa!
La frequento da un po’ ormai,
ma sembra sempre un pezzo di ghiaccio nei miei confronti, non riesco a
capire
cosa provi...»
«Stè,
quello non riesco a capirlo nemmeno io! Simona è un rebus e
anzi, io credo che
tu sia l’unica persona in grado davvero di comprenderla!
Ricordi cosa mi
dicesti quel pomeriggio? “Tu non la capisci”,
invece tu ci riesci! Mia
sorella si è confidata con te, sei stato l’unico
che sia riuscito mai a farla aprire, a farle mettere a nudo una sua
paura. Stè
tu hai un legame speciale con lei, la capisci e lei si fida di te come
se ti
conoscesse da una vita!»
«Ma
mi conosce da una vita! Sono otto anni che frequento casa tua!»
«Sì
ma per vedere me, non lei! Quanto avete parlato voi due in questi otto
anni?
Quanto sapete l’una dell’altro e viceversa? Eppure
tu sei riuscito a farla
parlare!»
«Perché
ero lì quando aveva bisogno di qualcuno con cui farlo
Pasi…»
«No
Stè, perché a quel punto avrebbe potuto anche
parlare a me! Se avesse solo
voluto sfogarsi, avrebbe preso la prima persona a caso e
l’avrebbe fatto,
invece ha mentito, mantenendo la sua facciata di brava ragazza e solo
con te è
riuscita a mettersi a nudo, solo con te ha abbassato le sue difese!» Cosa
che non ha fatto Emile con me!
«Non
so Testarossa, sono confuso...»
Non dirlo a me Testa di Paglia! Io ho un
caos dentro che non potrei nemmeno descrivertelo!
«Stè
fatti coraggio e credi in te stesso; io sono convinta che se tieni
duro, potrai
farcela!» quella era
una
frase che inconsciamente, rivolgevo anche a me stessa.
Abbracciai
Stè per dargli un po’ di
conforto quando squillò il mio cellulare: era Fede.
«Non
ho mai ricevuto così tante chiamate da te come in questi
ultimi giorni! Ti stai
forse innamorando di me?»
iniziai a prenderlo in giro, desiderosa di cambiare un po’
argomento e di
rilassarmi con due chiacchiere stupide.
«Oh
sì PASIFAE, non hai idea di
quanto io t’ami, ad iniziare dal tuo bellissimo nome!» questa me l’ero
cercata:
Fede=1, Stupida
Pasi=0.
Non
avevo intenzione di ribattere e
continuare all’infinito un discorso che mi faceva saltare i
nervi… soprattutto
in quel giorno in cui tutto ciò che mi ricordava mia madre
doveva essere
bandito!
«Ok,
ho capito cambiamo discorso… cosa c’è
Fede? Serve una mano in comunità?»
«A
dire il vero non proprio, ma in qualche modo è collegato;
vieni appena puoi, ti
aspetto.»
così dicendo, chiuse
la chiamata lasciandomi alquanto
perplessa: che cosa significava quella frase?!
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NDA - ovvero: Angolo dei Ringraziamenti xD
Lo so che mi dite che non ce n'è bisogno, ma io vi ringrazio lo stesso perchè il vostro appoggio è prezioso :*
Grazie di cuore alla mia tomdachi/beta Iloveworld [pubblicità progresso: andate a leggere la sua storia "Ali d'argento" perchè anche se è work in progress, i capitoli finora pubblicati sono una meraviglia *_*] e tutte le mie sorelle : Ana-chan, Cicci, Ely, Niky, Saretta e Vale.
Grazie di cuore, per le belle parole di elogio, gli incoraggiamenti e l'entusiasmo. <3<3<3<3
E grazie come sempre a tutti coloro che passeranno di qui e si fermeranno a leggere ^ ^