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Autore: Deilantha    19/09/2011    5 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 5





 

 

Rimasi inebetita per un’istante, scioccata da quel movimento repentino, ma dopo un attimo mi riscossi e seguii Emile, curiosa e anche un po’ preoccupata. Sentivo i suoi passi che avanzavano verso l’ingresso e incurante del fatto che fossi in una casa non mia e che stessi curiosando in faccende in cui non ero stata invitata a partecipare, cercai di concentrarmi per sentire i suoi passi e raggiungerlo. Non mi curai nemmeno del fatto che Fede fosse o meno dietro di me: tutto il mio essere, nonostante fosse stato appena messo alla berlina, cercava Emile ed era preoccupato per il guaio a cui di sicuro stava andando incontro.

Raggiunsi la stanza dove aveva svoltato e arrivata sulla soglia lo vidi mentre circondava con le braccia la madre, che in camicia da notte, era davanti ad una finestra immobile. La musica che sentimmo proveniva da un giradischi nel salotto, la stanza in cui eravamo ora: una donna dalla voce melodiosa e delicata cantava una melodia un po’ soft ma rilassante. Non capii subito in che lingua si esprimesse perché  nel frattempo osservai Emile che cercava di riscuotere sua madre e mi sentii pietrificata non sapendo cosa fare:

«Mamma, calmati, mamma!»

«C’è qualcosa che posso fa…»

«Spegni quel dannatissimo giradischi!»

Saltai al tono di voce così forte e carico di rabbia con cui si rivolse a me e mi precipitai a spegnere. Fede nel frattempo si era materializzato accanto ad Emile e lo aiutò a mettere a sedere la madre: ora che potevo vederla in viso, mi resi conto che stava piangendo.

«Cos’è successo?!» chiese Fede, assumendo immediatamente il suo atteggiamento professionale e sicuro, di chi si ritrova ogni giorno accanto a persone psicologicamente più fragili.

«Non è niente, me la cavo da solo, aspettatemi di là.» come al solito, Emile rifiutava l’aiuto altrui, persino in una situazione critica come quella.

«Se le serve un tranquillante, posso somministraglielo io, in comunità…»

«Ho detto che faccio da solo!»

Emile alzò di nuovo la voce, il suo viso era una maschera di rabbia e i suoi occhi avevano preso il colore intenso dell’azzurro. Ma Fede era un osso duro, sapeva come comportarsi in questi casi: 

«Emile, so quello che faccio, non disprezzare l’aiuto che ti viene offerto volontariamente.»

Fede gli appoggiò una mano sulle spalle e dovette infondere ad Emile un po’ della sua calma naturale, poiché si rilassò all’istante, riprendendo il controllo di sé.

«Dev’essere riaccompagnata su in camera sua, questa stanza è deleteria per lei.» a quel punto mi accorsi del luogo in cui ci trovavamo: era una grande stanza dai parati nelle tonalità calde del senape e legno,  mobilia di legno scuro arricchiva l’ambiente e sulle pareti erano appese le stampe di alcune riviste, delle fotografie in bianco e nero e delle locandine in cui campeggiava il volto della madre di Emile, in cui era riportato il nome di Claudine Flaubert come nuova stella della musica francese.

Francese! Ecco qual era la lingua di quella canzone!

Francese come il nome di Emile… Sua madre era francese! Ed era una cantante!

O forse era meglio dire che era stata  una cantante…

I due ragazzi portarono la signora Claudine in camera sua, aiutai Fede a somministrarle un tranquillante, mentre Emile le accarezzava il viso come gli avevo visto fare all’ospedale e quando la madre sembrò essersi addormentata, ci fece cenno di uscire dalla stanza (che pensò bene di chiudere a chiave) e ci fece accomodare nel salotto offrendoci da bere.

«Vi chiedo scusa per la mia maleducazione di poco fa, ma non mi aspettavo che accadesse una cosa simile, mia madre non esce da quella da stanza da tempo.»

«Era la sua voce che stava ascoltando prima, vero?» osai chiedergli; iniziavo a capire che quando era in quello stato, Emile era più propenso a parlare... almeno un po’ più del solito!

«Sì, in gioventù era una promettente cantante con una carriera tutta in salita e quando si riascolta le vengono queste crisi!» Emile strinse i pugni mentre parlava, di sicuro quello non era un argomento piacevole e non amava condividerlo con gli altri.

«S-se hai bisogno di una mano, io e Fede sappiamo come comportarci in questi casi.» dannata balbuzie! Ma perché dovevo sempre parlare come una stupida quando più volevo essere sicura di me?!

«Vi ringrazio per l’offerta, ma questo è un caso isolato. Normalmente c’è sempre qualcuno accanto a lei, oggi abbiamo lasciato la giornata libera all’infermiera perché ci sono io in casa e non mi aspettavo che le venisse una crisi.»  

Fede lo stava osservando da quando eravamo tornati nel salotto, di sicuro gli stava leggendo dentro.

«Capisco. In ogni caso, hai il mio numero Emile, se dovessi avere bisogno, chiamami senza problemi.» Fede non riusciva a non prendersi a cuore una persona in difficoltà!

 

*****

 

Tornai a casa ripensando a ciò che avevo appena scoperto sulla famiglia Castoldi: avevo sempre più la convinzione che gli abitanti di quella casa conservassero tutti un dolore così grande da non poter essere condiviso, o almeno avevo capito che Emile non riusciva a parlare né del padre né della madre in modo sereno. Nemmeno io riuscivo a farlo con i miei e probabilmente era una caratteristica di noi post adolescenti in cerca della nostra individualità (che spesso non era in linea col pensiero di chi ci aveva generato), ma il mio caso non era così pieno di sofferenza come quello che vedevo riflesso sul volto di Emile ogni volta che accennava alla situazione della madre.

Ancora una volta standogli a contatto, mi ero ritrovata in un turbine di emozioni contrastanti:  Emile  riusciva a farmi zittire, a farmi balbettare, a farmi arrabbiare a morte e a colpirmi al cuore nel giro di qualche minuto! Ogni volta che pensavo a lui o che mi trovavo in sua compagnia, perdevo il senso di me stessa e questo mi spaventava perché se mi sentivo così conoscendolo appena, non osavo immaginare l’effetto che mi avrebbe fatto se mi fossi data il permesso di accorciare le distanze tra noi. Non che ci fossero le premesse, avevo l’impressione di non essergli molto simpatica e del resto, non credo che io facessi il contrario nei suoi riguardi...

Quella situazione stava raggiungendo un punto di stasi, che probabilmente avrebbe finito con lo scemare: non avrei più rivisto Emile, non avrei più pensato a lui e tutto questo caos interiore sarebbe sparito lasciandomi libera! Libera di cosa però, ancora non sapevo. Tuttavia, mi resi conto che all’idea di non rivederlo più, nonostante mi facesse saltare i nervi ogni volta che lo vedevo, nonostante avesse quell’aria saccente e spocchiosa che aizzava i miei istinti omicidi pericolosamente in avanti, iniziavo a sentire un vuoto dentro e un dolore lancinante al centro del petto.

 

 

*****

 

 

«Pasifae, mi spieghi che intenzioni hai?»

La voce improvvisa di mia madre mi colse impreparata: ero diretta all’auto per vedere Stè, quando sentii quella voce e quel tono che mise in allarme tutto il mio essere; c’era una bella discussione in arrivo!

«A cosa ti riferisci mamma?» inutile tentativo di fare la gnorri il mio, ma dovevo pur difendermi!

«Non fare la finta tonta, sai benissimo di cosa sto parlando: sta arrivando Novembre, i tuoi amici hanno preso tutti la loro strada mentre tu continui a vagare senza meta tutto il giorno e non ti decidi a scegliere una facoltà universitaria: sai che manca poco allo scadere delle iscrizioni? Hai già perso la possibilità di iscriverti nelle facoltà a numero chiuso, vuoi perdere un anno così perché non ti decidi a scegliere?»

Eccoci qua, diretti al punto dolente, sapevo che questo momento sarebbe arrivato, dovevo affrontare il discorso “rinuncia agli studi”. Posai le chiavi dell’auto sul mobile all’ingresso e mi preparai ad affrontare una discussione difficile.

«Mamma, è da un po’ che ci penso e avevo intenzione di dirvelo proprio in questi giorni…» bugia grandiosa ovviamente, chi ci pensava più agli studi?! Per me l’argomento era chiuso, peccato che non l’avessi fatto presente a chi  aspettava la mia risposta!

«... io stavo pensando di non andare all’università…»

«Cosa?! E perché mai? Vuoi provare l’anno prossimo con qualche facoltà a numero chiuso? Se è così basta iniziare a prepararsi da ora, puoi prendere i testi e iniziare anche a studiare qualcosa così recupererai il tempo perso e…»

«No mamma, intendo dire che non voglio affatto continuare gli studi.» bomba sganciata, quello era l’inizio dell’Apocalisse!

«Pasifae, io… noi, siamo sempre stati comprensivi con te, abbiamo sempre cercato di non importi le cose e farti scegliere con la tua testa, ma è chiaro che ora stai perdendo di vista un obiettivo importante…»

«E quale sarebbe mamma? Avere un pezzo di carta attaccato alla parete del salotto di cui potervi vantare con gli amici? Presto avrete quelli di Simona, che ne collezionerà di sicuro abbastanza per entrambe!»

«Non si tratta di questo! È importante per te, perché non puoi presentarti da qualche parte senza una laurea alle spalle, perché non è comprensibile che tu rinunci ad un’istruzione che molti altri ragazzi faticano a crearsi! Ci sono giovani che fanno sacrifici enormi per studiare e tu che hai la possibilità di farlo comodamente senza pensare ad altro, getti via questa possibilità precludendoti  delle porte aperte nel futuro!» 

Ancora i sacrifici! Sembrava quasi che i miei genitori  fossero dispiaciuti del fatto che non dovessi sudarmi nulla!

«Le porte che dici tu non m’interessano! Ci sono tantissime strade aperte per me, il mondo non è fatto solo di laureati mamma! Ci sono artigiani di tutti i tipi, bravissimi, che non hanno avuto bisogno di quel pezzo di carta, esistono tanti tipi di lavoro bellissimi e appaganti che non hanno bisogno di un “dottor” davanti al nome per essere ammirati!» Come chi dipinge e mette la sua passione in quello che fa... o chi canta con tutta la sua anima...

«E tu vorresti andare a lavorare presso una bottega? Presso un artigiano? Tu che hai a disposizione la possibilità di migliorarti e conoscere…»

«Mamma non è con lo studio che si migliora! E la conoscenza non è solo sui libri! Il mondo è pieno di persone e di avvenimenti e di luoghi tutti da scoprire! La vita è un insieme di scoperte! I libri non sono la risposta a tutto! E non trovo nulla di male nell’andare a lavorare presso un artigiano!» se Emile è riuscito a dare nuova vita a quella cassettiera vecchia, se le ha donato una nuova bellezza, perché mai si dovrebbe denigrare il lavoro manuale che dà così splendidi risultati?

«È così dunque, vuoi metterci questa vergogna addosso! Tu, la figlia di due professori, che va a fare la ragazza di bottega presso qualche manovale!»

Eccolo lì il nocciolo del discorso: la solita figuraccia con i vicini, le apparenze! Non ci vidi più dalla rabbia, ero stanca di tutte quelle idee antiquate che mi facevano mancare l’aria e che avevano causato un trauma non indifferente in mia sorella, che non si sentiva libera di essere se stessa.

«Se è questo che ti disturba, potete anche disconoscermi! Tanto non sono mai stata la figlia modello per voi, vi siete sempre vergognati di me perché alzavo la voce, uscivo fino a tardi e mi circondavo più di amicizie maschili che femminili! Se non siete contenti di avermi in questa casa non c’è alcun problema, me ne vado!»

Probabilmente stavo combinando un vero disastro, mi stavo mettendo alla porta senza uno straccio di lavoro o un luogo in cui rifugiarmi, ma non me ne curai affatto; ero troppo stanca di quella casa e di quella famiglia, non volevo restare in quelle mura un attimo di più, così ripresi in mano le chiavi dell’auto, ma poi ci ripensai, le posai e mi diressi al garage per prendere la bici, diretta a casa di Stè.

 

 

*****

 

«Testarossa che hai combinato? Hai il volto che fa paura!»

Per tutta risposta mi buttai tra le braccia di Stè e mi feci coccolare dal suo caldo abbraccio. Testa di Paglia era un ragazzone alto un metro e novanta:  un armadio a muro pieno di allegria e calore umano e i suoi abbracci erano il mio conforto più grande, il rifugio sicuro dopo le discussioni più brutte che avevo con i miei genitori.

«Io la odio!» Stè mi strinse un po’ per darmi la sua comprensione e rimanemmo per qualche istante così finché non mi ripresi:

«Hai litigato di nuovo con i tuoi?» feci un cenno di assenso, ancora abbracciata a lui.

«Con mia madre: mi ha detto che se non mi iscrivo all’università per andare a lavorare, sarò la vergogna della famiglia! Questo è sputare in faccia al lavoro altrui e ai sacrifici degli altri! Loro sanno solo bearsi di quel termine facendosi grandi, ma alla fine i veri sacrifici non sanno nemmeno dove sono! Li odio, sono dei bigotti e falsi, non li voglio più come genitori!»

«Calmati Testarossa, sfogati un po’ ora, ma non dire cose così cattive, sono sempre le persone che ti hanno messo al mondo!»

«Quello è il mio unico legame con loro! Non ho nient’altro in comune con quelle persone, non sono figlia loro e non voglio stare un minuto di più in quella casa!»

«E dove vorresti andare?»

Mi staccai da Stè per vederlo in faccia, ma poi abbassai lo sguardo, non avendo una risposta da dargli:

«Non lo so ancora… ma voglio trovarmi un lavoro e andarmene via da quella casa, non riesco più a vivere in questo modo, mi sento soffocare! Persino Simona inizia a cedere! Come potrei resistere ancora, dopo essermi sentita dire che sono la loro vergogna!»

Avevo nominato mia sorella e d’improvviso mi ricordai il motivo per cui ero diretta da Stè prima di discutere con mia madre: l’avevo sentito poco prima al cellulare e mi era sembrato un po’ giù di morale, il che voleva solo dire che Simona c’entrava qualcosa.

«Basta parlare di me ora Testa di Paglia, sono venuta qui perché ti ho sentito un po’ sottotono prima: c’è qualcosa che non va?» Stè si rabbuiò per un attimo, poi mi sorrise ma con gli occhi tristi di chi non riesce a celare davvero ciò che sente.

«Stai tranquilla Testarossa, non è nulla.»

«Invece c’è qualcosa, Stè! Quando stai così è a causa di mia sorella, ti ha fatto qualcosa? Ti ha trattato male?»

A Simona avevano tolto il gesso ed ora faceva fisioterapia, ma nel frattempo, le visite “casuali” di Stè e la serata trascorsa insieme avevano avvicinato i due e iniziavo a sperare che finalmente Testa di Paglia avesse avuto la possibilità di dichiararsi, soprattutto visto che Simona lo stava aiutando a capirci qualcosa di matematica. Il mio biondo amico aveva scoperto di amare quella materia e si era iscritto a quella facoltà che reputavo frequentata da soli geni mezzi alieni che non avevano alcun nesso con noi esseri umani “normali”. Così quando Stè ci disse che si sarebbe iscritto a Matematica, si trovò davanti i miei occhi praticamente fuori dal cranio per quanto erano sgranati. Mai avrei pensato che il mio compagno di casini si sarebbe rivelato un apprendista secchione-genio!

Aveva iniziato a seguire i corsi con molta tranquillità, com’era suo solito, perdendosi anche qualche lezione qua e là, convinto di poter recuperare; ma poi si era reso conto che la matematica va seguita e che lui aveva iniziato con il piede sbagliato, così per recuperare aveva chiesto una mano a Simona, che in quanto prossima alla laurea in ingegneria informatica, di matematica ne aveva una signora conoscenza! Ormai iniziavo a considerarlo non solo il mio migliore amico, ma anche un futuro membro della mia famiglia, probabilmente l’unico membro che mi sarebbe mai stato a cuore! Ma a quanto sembrava, le cose non erano così rosee.

«No Pasi, non mi ha fatto o detto nulla di male… è che…» tirò un sospiro «...credo proprio di non avere speranze con lei!»

«Stè ma questo lo dici da cinque anni! Non è una novità che mia sorella sia l’unica al mondo a farti sentire insicuro e ad abbatterti! Continuo a non capire cosa tu ci trovi in lei, ma ultimamente inizio anche a pensare che tu le faccia bene, la vedo più serena, per quanto lei lasci trapelare quello che sente!»

«Davvero è più serena? Io non vedo cambiamenti Testarossa! La frequento da un po’ ormai, ma sembra sempre un pezzo di ghiaccio nei miei confronti, non riesco a capire cosa provi...»

«Stè, quello non riesco a capirlo nemmeno io! Simona è un rebus e anzi, io credo che tu sia l’unica persona in grado davvero di comprenderla! Ricordi cosa mi dicesti quel pomeriggio? “Tu non la capisci”, invece tu ci riesci!  Mia sorella si è confidata con te, sei stato l’unico che sia riuscito mai a farla aprire, a farle mettere a nudo una sua paura. Stè tu hai un legame speciale con lei, la capisci e lei si fida di te come se ti conoscesse da una vita!»

«Ma mi conosce da una vita! Sono otto anni che frequento casa tua!»

«Sì ma per vedere me, non lei! Quanto avete parlato voi due in questi otto anni? Quanto sapete l’una dell’altro e viceversa? Eppure tu sei riuscito a farla parlare!»

«Perché ero lì quando aveva bisogno di qualcuno con cui farlo Pasi…»

«No Stè, perché a quel punto avrebbe potuto anche parlare a me! Se avesse solo voluto sfogarsi, avrebbe preso la prima persona a caso e l’avrebbe fatto, invece ha mentito, mantenendo la sua facciata di brava ragazza e solo con te è riuscita a mettersi a nudo, solo con te ha abbassato le sue difese!» Cosa che non ha fatto Emile con me!

«Non so Testarossa, sono confuso...» Non dirlo a me Testa di Paglia! Io ho un caos dentro che non potrei nemmeno descrivertelo!

«Stè fatti coraggio e credi in te stesso; io sono convinta che se tieni duro, potrai farcela!» quella era una frase che inconsciamente, rivolgevo anche a me stessa.

Abbracciai Stè per dargli un po’ di conforto quando squillò il mio cellulare: era Fede.

«Non ho mai ricevuto così tante chiamate da te come in questi ultimi giorni! Ti stai forse innamorando di me?» iniziai a prenderlo in giro, desiderosa di cambiare un po’ argomento e di rilassarmi con due chiacchiere stupide.

 «Oh sì PASIFAE, non hai idea di quanto io t’ami, ad iniziare dal tuo bellissimo nome!» questa me l’ero cercata:  Fede=1,  Stupida Pasi=0.

Non avevo intenzione di ribattere e continuare all’infinito un discorso che mi faceva saltare i nervi… soprattutto in quel giorno in cui tutto ciò che mi ricordava mia madre doveva essere bandito!

«Ok, ho capito cambiamo discorso… cosa c’è Fede? Serve una mano in comunità?»

«A dire il vero non proprio, ma in qualche modo è collegato; vieni appena puoi, ti aspetto.» così dicendo,  chiuse la chiamata lasciandomi alquanto perplessa: che cosa significava quella frase?!















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NDA - ovvero: Angolo dei Ringraziamenti xD

Lo so che mi dite che non ce n'è bisogno, ma io vi ringrazio lo stesso perchè il vostro appoggio è prezioso :*

Grazie di cuore alla mia tomdachi/beta Iloveworld [pubblicità progresso: andate a leggere la sua storia "Ali d'argento" perchè anche se è work in progress, i capitoli finora pubblicati sono una meraviglia *_*] e tutte le mie sorelle : Ana-chan, Cicci, Ely, Niky, Saretta e Vale.

Grazie di cuore, per le belle parole di elogio, gli incoraggiamenti e l'entusiasmo. <3<3<3<3

E grazie come sempre a tutti coloro che passeranno di qui e si fermeranno a leggere ^ ^

   
 
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