Emptyness 'n' cigarettes.
Personaggi:
Gilbert Nightray; Xerxes Break
Genere: Angst
Rating: Verde
Avvertimenti: Flashfic
Note: La mia prima fanfiction del fandom di PH. In realtà, è partita tutta dalla porcata della pistola, suggerita dalla mia venerabile moglie. Avrei dovuto scrivere qualcosa di allegro, ma tutto ciò che è all'infuori dell'angst non fa per me. Il titolo del cavolo è, in verità, un titolo del cavolo. Non avevo voglia di rifletterci su. Buona lettura.
Nessuno gli credeva mai quando si parlava dell’argomento, così aveva smesso di dare spiegazioni e aveva iniziato a tenere il suo atteggiamento irriguardoso nei confronti della sua famiglia senza che nessuno capisse il perché. Tutte le volte che lo riprendevano per il fatto che si era allontanato dai Nightray, Gilbert semplicemente non diceva nulla. A cosa sarebbe servito spiegare? Chi l’avrebbe ascoltato se avesse detto che stare rinchiuso tra quattro mura insieme a persone che lo detestavano e pericoli insostenibili non faceva proprio per lui? I più audaci, a quella risposta ribattevano che avrebbe dovuto essere grato dei privilegi che aveva ottenuto dall’essere adottato da una delle quattro famiglie ducali. Allora, lui ci pensava un po’ su e poi rideva. Elliot avrebbe potuto strillargli contro i suoi rimproveri quanto diavolo voleva: la sua vita non era per nulla semplice, e colui che anni prima si era presentato a lui durante una tempesta –allegoria di ciò che lo attendeva una volta entrato a far parte della sua vita― come Xerxes Break aveva impunemente deciso di renderla il più simile possibile un inferno. Nonostante fosse diventato un nobile, tutti i vantaggi che ne erano conseguiti e le onorificenze di cui era stato insignito non avevano dissuaso quel fastidioso individuo dal torturarlo e prendersi gioco di lui come quando era ancora un povero orfano, mero servo di un bambino sperduto risucchiato dal vuoto.
Rendere la sua
vita un inferno, aveva detto. In realtà, non pensava davvero questo di lui, ma
cosa si può pretendere da un uomo stanco e spossato che, al termine di una
giornata intensa e devastante, vuole solo fumare una sigaretta in santa pace?
Niente. Per questo motivo nessuno lo rimproverò di nulla quando uscì furente
dalla stanza lasciando cadere a terra con un tonfo fragoroso la sedia su cui si
era abbandonato fino a pochi secondi prima e con un fruscio impercettibile la
sua tanto agognata sigaretta.
Break era imprevedibile. Non si aspettava che comprendesse il suo bisogno di
essere lasciato riposare anche per una sola volta, per il semplice fatto che
avere delle aspettative su Xerxes Break era riservato ai cretini e ai malati
mentali. L’albino avrebbe sicuramente asserito che lui apparteneva alla prima
categoria, eppure in dieci anni di forzata convivenza Gilbert aveva imparato a
conoscerlo e addirittura coesistere quasi pacificamente con lui. Quasi.
Non era la prima volta che scappava da una conversazione intavolata da quella
malalingua, non era la prima volta che perdeva il controllo a causa delle sue
parole taglienti come lame e pesanti come sassi. Ora se ne stava seduto immobile
su una panchina in fondo a un viale alberato, senza ricordare bene la strada
percorsa per arrivarci e senza aver la minima voglia di tornare indietro. Solo,
sarebbe rimasto lì aspettando che la rabbia sbollisse.
« E poi sarei io
quello frustrato. »
In tutto ciò, va precisato che Gilbert era notoriamente e a parer di tutti una
persona lenta di comprendonio, e realizzare che Break l’aveva raggiunto dopo la
sua melodrammatica uscita da tredicenne isterica e che ora gli stava davanti con
un sorriso smaliziato da manuale gli costò non poco tempo. La sorpresa, una
volta digerita a fondo, lo portò a emettere un gemito tra lo sconcertato e
l’indispettito.
« Tra me e te,
sei tu quello con più precedenti e attestazioni della tua perenne depressione.
Io, ecco, a differenza di te ci vedo benissimo. »
Si era pentito di ciò che stava dicendo già a metà frase, e pensò che non era
proprio da lui dire una cosa del genere. Finì di parlare solo perché
evidentemente era davvero arrabbiato. Naturalmente l'altro, che non si sarebbe
scoraggiato nemmeno di fronte a una dichiarazione di antipatia nei suoi
confronti da parte del padre eterno, scoppiò a ridere e cinguettò cattivo: «
Eppure mi pare che sei tu quello più sincero, tra me e te. Ti ricordi quando hai
detto che hai imparato a usare la pistola pensandomi? »
Gilbert era notoriamente una persona lenta, ma quando capì la battuta volgare
pensò di strangolarlo davvero in fretta. Sfortunatamente, non c’era nessun
cappio nei dintorni e la mano sinistra gli doleva terribilmente.
« Sei disgustoso. »
« Non sono io,
sei solo tu che mi dipingi così. »
Sebbene Gilbert fosse lento era inequivocabilmente una sigaretta quella che
Break aveva estratto da una tasca della giacca. Lo vide portarsela
flemmaticamente alle labbra e sfiorarla appena.
« Hai da accendere? » chiese con noncuranza.
« Fumi? » rispose senza nascondere l’espressione più inebetita del globo.
L’altro sbuffò.
Posò la sigaretta tra le labbra e si stiracchiò sulla panchina con fare felino e
vagamente predatorio –quand’è, poi, che si era seduto?
Senza che avesse il tempo di ribattere o protestare, Break gli passò una mano
attorno alla vita e rubò l’accendino dalla tasca del suo cappotto. Rabbrividì al
contatto mentre si correggeva mentalmente: assolutamente predatorio e
dichiaratamente malizioso.
« Se inizi a
preoccuparti così per la mia salute dovrò chiamarti “mamma”, oppure “Liam-san”.
»
Ridacchiò. Una sottile lingua di fumo uscì dalle sue labbra.
« Era solo una domanda. Non mi interessa quello che fai. »
« A me invece quello che fai tu interessa eccome. Ti fai ancora le seghe
pensandomi? »
Non si era alzato dalla panchina per ucciderlo, come sarebbe stato doveroso e
giusto. Sharon avrebbe pianto. Voleva solo correre via. Di nuovo.
Si voltò a guardare Break mentre si alzava dalla panchina e gli andava incontro,
aspirando svogliatamente una boccata di fumo. Quando lo vide allontanare il
filtro dalle labbra con un movimento fluido, da qualche parte nella sua testa
Gilbert si chiese se anche lui sembrava così sensuale quando fumava. Sicuramente
no. Inebriato dalla sua figura eterea, non protestò quando questi intrecciò una
mano dietro la sua nuca e posò le labbra sulle sue.
Se li avessero guardati da lontano, avrebbero potuto dire che si erano baciati.
In realtà, Break soffiò il fumo che aveva aspirato pochi attimi prima sulle sue
labbra, frastornandolo. Indugiò un solo istante sulla sua bocca, poi fu di nuovo
distante come poco prima e la realtà riemerse da una coltre cinerea. Lo vide
tirare un’altra boccata e poi buttare la sigaretta a terra, indeciso se
calpestare il mozzicone o meno.
« Perché tutto
ciò che fai non deve essere mai comprensibile? Perché non riesci a non
complicare la tua vita e quella degli altri? »
Fece una pausa. Sorriso stanco ma sincero.
« Io non ti
capisco. Tutti questi anni, e non capisco. »
Break rise. Si voltò verso di lui e disse in un sussurro: « Non c’è nulla da
capire, ormai. È solo che l’idea di lasciarti un brutto ricordo di me mi stimola
tremendamente. »
Sorrise e andò
via, proprio come era arrivato. Già. Pensò che forse doveva essere una sorta di
ossessione, per quell’uomo, dare il meglio di sé in ogni caso, come in una
piccola recita. Forse voleva andarsene dalla sua vita allo stesso modo di come
era entrato: con turbolenza e lasciando dietro di sé un gusto amaro. Chissà,
forse Break aveva paura del buio della solitudine e della dimenticanza in cui
anni di forzato egoismo e l’inesorabile avanzare della malattia l’avevano
segregato. O forse era soltanto impossibile capire a cosa stesse pensando e non
avrebbe mai saputo il perché di quel bacio.
Fissò il mozzicone di sigaretta ancora acceso e, dopo averlo calpestato, si
sentì tremendamente solo.