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Autore: Temari    20/09/2011    1 recensioni
- "Sembra quasi una notte qualsiasi, sembra di essere a casa—una notte di tarda estate, con l'odore della terra un po' arida che riempie le narici mentre, steso all'aperto, si osserva il cielo cambiare gradualmente colore, senza alcun pensiero a turbare la quiete. Se chiudessi gli occhi, potrei quasi illudermi, potrei credere di essere nuovamente là." -
10° classificata al contest 'La Poesia nelle Storie' indetto da NonnaPapera e Gabby_8827
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! =D
Finalmente mi è possibile postare questa storia che è rimasta ad attendere da marzo, poveretta... essendo stata la prima originale che ho scritto, ero impaziente di pubblicarla ^^
Sinceramente non ho molto da dire a riguardo, quindi vi lascio alla fic!

Ja ne,
Temari


Tired Eyes on a Mocking Sky






"Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte,
d'aver visto la terra che non cambia."


- Il tuo sorriso,
Pablo Neruda -




        Alzo gli occhi al cielo, lo sguardo stanco e desideroso di rifugiarsi nella sicurezza che dà il sogno, ma so che non mi è possibile - e non è detto che i sogni che mi attendono, una volta finito il mio dovere, saranno piacevoli, perciò, per ora, mi costringo a resistere - così mi limito a fissare le stelle; il cielo è stranamente limpido, le stelle brillano alte, lo spicchio di luna ben visibile anche attraverso le sagome dei palazzi diroccati che mi circondano.
        Lo trovo... sì, stranamente rilassante.
        Sembra quasi una notte qualsiasi, sembra di essere a casa—una notte di tarda estate, con l'odore della terra un po' arida che riempie le narici mentre, steso all'aperto, si osserva il cielo cambiare gradualmente colore, senza alcun pensiero a turbare la quiete. Se chiudessi gli occhi, potrei quasi illudermi, potrei credere di essere nuovamente là.
        Sospiro, piano, un'impercettibile esalazione d'aria che non deve essere sentita da nessuno, e chiudo un attimo gli occhi, azzardando di rilassare i muscoli per una frazione di secondo... nello specchio della mia mente compare un viso: familiare, dolce, sorridente, con occhi carichi di orgoglio e di fiducia e di paura - perché, pur tentando di nasconderlo, so bene che dietro quel sorriso si nasconde il terrore di non rivedermi mai più... e in questo momento, mentre ritorno vigile come prima, vorrei averti accanto per sussurrarti "Anche io. Anche io temo di non rivederti.".
        Ma non posso.
        Con queste mani, ora come ora, non potrei mai.
        Mi chiedo se avrò più il diritto di stringerti fra le braccia...
        —Scuoto la testa per liberarla da quei pensieri: sono troppo intimi, troppo sacri, per questo posto.
        Steso a terra, a contatto con il duro cemento, lascio per un istante che il mio peso ricada completamente sul braccio sinistro mentre sgranchisco la schiena un poco. Quest'attesa inizia a snervarmi e faccio il possibile per stare calmo, non posso rischiare di fallire; nelle mie mani risiede il destino di molte vite - per quanto io non creda nel destino; non nel destino ineluttabile, per lo meno... no, sono certo che il destino sia deciso da noi, non da altri - e sebbene ne senta il peso, enorme, enorme, io non posso fallire.
        Inspiro ed espiro nuovamente, ritrovo uno stato di vigilanza e riprendo la mia posizione. Il metallo freddo fra le mani mantiene la mente concentrata, pur se non allevia quell'accenno di angoscia che sempre mi accompagna.
        La luna, sopra di me, si muove lentamente, il tempo sembra non passare mai.
        Attendo un segnale.
        Abbasso lo sguardo e socchiudo un occhio, mettendo a fuoco la scena a una decina di metri da me attraverso il mirino: un salotto, arredato piuttosto comunemente e che rispecchia la tradizione di queste parti, con un divano che si intravede dalla finestra, un tavolino basso al centro della stanza, un tappeto elaborato (senza dubbio prezioso), una grande credenza in legno scuro con delle foto in cima, molto probabilmente una TV fuori dalla mia visuale, giocattoli sparsi sul pavimento.
        Attendo.
        Attendo.
        Non so quanto tempo passi - non ho più interesse nell'osservare la luna, ora - prima che una luce fioca proveniente da un'altra stanza catturi la mia attenzione mentre una porta viene aperta, illuminando il salotto. Contraggo i muscoli mentre cambio in fretta posizione di quel tanto che mi permette di avere una presa più salda—è una questione di secondi.
        Attendo.
        Poi, l'auricolare gracchia e prende vita.
        Una parola - "Ora." - e l'auricolare torna silenzioso.
        Inspiro, prendo la mira accuratamente... l'incrocio del mirino puntato con precisione sulla tempia sinistra del bersaglio—
        Fotografie... giocattoli...
        ... Perdonatemi.
        —Premo il grilletto. Il colpo raggiunge il bersaglio in pochi millesimi di secondo e rimango ad osservare mentre il sangue e la materia grigia risaltano contro la luce che filtra da un'altra stanza, imbrattando il tavolo basso, il tappeto prezioso, un angolo del divano e i giocattoli. Rimango immobile mentre la radio riprende la comunicazione e una voce secca mi entra nelle orecchie, dicendomi di aver fatto un "Ottimo lavoro, degno della posizione di miglior cecchino del reggimento."...
        Parole, quelle, che cadono nel vuoto.
        Vuoto, come mi sento io ora che il mio 'dovere' si è concluso e non resta nulla a proteggermi dal senso di colpa che mi attanaglia. Rilascio un respiro tremante, lasciando andare finalmente il metallo che d'un tratto sembra bruciare e rimango per più di un minuto a fissare le mie mani... il rosso scuro che le macchia
, pur non fisicamente presente, va irrimediabilmente ad unirsi al fiume che, nella mia mente, rappresenta le vite che ho stroncato, protetto dalla convinzione di essere 'nel giusto'.
        Un altro macigno che si posa sulla coscienza.
        Un altro strato di sangue che mi sarà impossibile lavare via.
        Un altro ostacolo che mi impedirà di stringerla fra le braccia, di accarezzarla, di baciarla.
        —Alzo gli occhi al cielo; occhi stanchi, occhi aridi come la terra che li circonda, occhi privi di vita pur essendo vivi... occhi che non vedono più un viso familiare e dolce ma un volto rigato di lacrime, in disperazione, che si chiede come spiegare ai bambini che papà non c'è più...
        Questa vita è dura, immensamente dura, e a volte non fai altro che chiederti cosa ti spinge a continuare - me lo chiedo ogni volta che premo il grilletto ed ogni volta fatico a ricordare la risposta... mi dico che lo faccio perché sono dalla parte della giustizia, perché devo proteggere le persone che mi sono care... ma in fondo, quando tutto ciò che riguarda le 'parti' viene accantonato, non vale lo stesso anche per i miei nemici?
        —Il cielo sereno, con le sue stelle brillanti, si prende gioco di me e di noi tutti.
        Mi fa capire che nonostante quello che penso, nonostante ciò che sono convinto di poter cambiare macchiandomi di questi crimini... la Terra rimarrà sempre la stessa, essa non si cura di coloro che la abitano.
        E l'unica cosa che posso chiedermi è "Avrò mai più il diritto di stringerla a me, con queste mani?".
        ... Solo questo.




 



 

'La Poesia nelle Storie' contest -

Giudizio di NonnaPapera

Grammatica:
 10 punti 
Lessico e sintassi: 10 punti 
Caratterizzazione dei personaggi: 10 punti 
Originalità: 9.5 punti 
Utilizzo della frase scelta: 10 punti 
Gradimento personale: 4 punti
 
Tot 53,5 


Giudizo di Gabby_8827
Grammatica:
 9.5/10 punti 
Lessico e sintassi: 10/10 punti 
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10 punti 
Originalità: 10 punti 
Utilizzo della frase scelta: 10 punti 
Gradimento personale: 4 punti 

Totale: 53.5/55


Totale complessivo: 107/110

   
 
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