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Autore: AlexysBlack    20/09/2011    1 recensioni
Inizia tutto con una preda, e ancora non so come finirà.
Collocata in un tempo alternativo rispetto al telefilm, tempo in cui anche le vittime sono importanti, questa è la storia di una di queste.
Una preda tutta particolare che ancora non si sa a cosa porterà.
Per quanto il sangue di una preda potesse essere analgesico ed anestetizzante non faceva dimenticare davvero.
Non lo aveva fatto per centoquarantacinque anni, e continuava a non farlo.
Soprattutto da quando quella voce contuava a ricordargli quanto dimenticare fosse impossibile, soprattutto attraverso il sangue di persone innocenti. Eppure, nonostante la coscienza gli urlasse di interrompersi, il cacciatore voleva ancora sentire la sinfonia di una vita spezzata, per l'ennesima ultima volta e adesso, con i canini affondati nel collo purpureo di una ragazzina di diciassette anni, con il sangue dolce, puro, e delizioso, lui non faceva che ricordare.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Monster;                                                                                                                         Dedicata a Simply, che ha amato Lei forse più di me.
                                                                                                                        E ti ringrazio così, con una modifica e un nuovo episodio,
                                                                                                                        sperando di non aver tradito l'idea di Lei che ti eri fatta.

Symphony of Destruction

Correva ancora la preda dell'oscurità, senza rendersi conto che così facendo incrementava solamente la sete del  cacciatore.

La scia del suo profumo succulento era facile da seguire, in un posto come quello, che il cacciatore conosceva come le proprie tasche.
Un bosco di notte è forse il posto peggiore per fuggire.
Un bosco di notte è forse il posto peggiore per dimenticare.
Ma il cacciatore, per quanto potesse apparire mostruoso, con i denti aguzzi e la fame di un cibo che il suo corpo non avrebbe potuto ingerire, sapeva quanto si stesse illudendo.
Per quanto il sangue di una preda potesse essere analgesico ed anestetizzante non faceva dimenticare davvero.
Non lo aveva fatto per centoquarantacinque anni, e continuava a non farlo.
Soprattutto da quando quella voce contuava a ricordargli quanto dimenticare fosse impossibile, soprattutto attraverso il sangue di persone innocenti. Eppure, nonostante la coscienza gli urlasse di interrompersi, il cacciatore voleva ancora sentire la sinfonia di una vita spezzata, per l'ennesima ultima volta e adesso, con i canini affondati nel collo purpureo di una ragazzina di diciassette anni, con il sangue dolce, puro, e delizioso, lui non faceva che ricordare.
E ricordare, risvegliava quella voce, che si materializzava magicamente nella propria testa.
Un ritmo martellante, come quello del cuore della giovane che ora, solo dopo il secondo sorso, andava affievolendosi.
Si staccò dunque dal collo della propria preda,il cacciatore, il senso di colpa ad attanagliarlo.
Ma non per la ragazza in se', che ora stava manipolando con la mente, e che si stava lentamente riprendendo dallo shock subito.
Il senso di colpa era per la voce, quella che da un po' di tempo lo faceva rinsavire dal suo essere mostruoso.
Si ripulì la bocca con il dorso della mano, il cacciatore, camminando avanti ed indietro davanti allo sguardo non più atterrito della ragazza.
"Hai intenzione di uccidermi." La voce della allettante preda dai capelli ricci richiamò la sua attenzione.
Non era stata una domanda, la sua. Inclinò la testa nella notte, Damon Salvatore, di fronte ad una frase che non si sarebbe aspettato.
Di solito lo dicevano con atonia, e non lo dicevano e basta, ma lo chiedevano, come se lui all'improvviso potesse decidere di smettere di essere ciò che era. Lo chiedevano come se a lui potesse importare di qualcosa.
A lui che era senza cuore, senza anima, senza vita.
La ragazza sanguinava ancora dal collo, ma lievemente, niente di eccessivamente traumatico.
Lui aveva bisogno di distrarsi un po', e la riccia gli era sembrata adatta ad un tipo di distrazione che non fosse puramente fisico. E forse ci aveva preso. "La rassegnazione non è molto saporita", commentò il suo carnefice, guardandola di sbieco.
Sapeva benissimo cosa lui fosse ancor prima che le ordinasse di correre.
Sapeva benissimo cosa le sarebbe accaduto ancor prima di incontrare i suoi canini.
Sapeva benissimo  cosa non le sarebbe accaduto: salvarsi.
"Non ho paura di te."
Damon si avvicinò alla ragazza: aveva dei lineamenti piacevoli, era formosa, non una di quelle anoressiche che sanno solo di alcool e droga, insomma. Lei sapeva di cibo. Di vino pregiato, invecchiato. Di  bourbon di ottima qualità.
E per Damon Salvatore quella era una qualità niente male. "Forse dovrei fartela provare, allora."
Ma la ragazza provò comunque a stare al suo gioco, ormai era spacciata. E dopotutto, era pervasa dalla sensazione di conoscere quell'individuo della notte. "Forse potresti scegliere un'altra cena."
Il cacciatore ghignò. "Forse dovrei ordinarti di tacere."
"Forse dovresti semplicemente uccidermi e smetterla di giocare al gatto e al topo. Non sarei in grado di correre oltre", commentò la giovane tossendo e posando le mani sulle ginocchia. Il non muoversi le bloccava i piedi, non tutto il corpo.
Lui le si precipitò davanti in un millesimo di secondo, o forse anche meno, non seppe dirlo con certezza. "Avresti dovuto tenerti in forma, allora." Disse lui alzandole il viso per il mento usando solo due dita. "Senti, se devi mangiarmi abbi almeno la gentilezza di non commentare il mio stato fisico", rispose lei  guardando a forza gli occhi cerulei di lui.
Vi lesse un po' di tutto, dalla fame, alla rabbia, alla frustrazione, a qualcosa che non seppe nemmeno lei decifrare. "Ma probabilmente é più facile criticare me che farlo con te stesso."
Cosa impedì a Damon Salvatore di uccidere quella ragazza, in quell'esatto momento, fu forse quella frase.
Quella frase che gli ricordava quella voce, quelle labbra a pronunciarla, quegli occhi a mimarla.
Quella frase che gli ricordava Elena.
Se si trovava lì era a causa sua, di Elena. Perché il dubbio, l'incertezza, la fragilità dei suoi sentimenti verso di lui lo rendevano pazzo.
Perché lei, in fondo, non poteva amarlo. Eppure in ogni gesto, in ogni schiaffo, in ogni frecciatina, in ogni sguardo furente, Damon vedeva un riflesso di ciò che provava lui nei suoi confronti.  
Elena, quell'aroma agrodolce che penetra nelle narici, fino a rimanere intrappolato sottopelle, sempre presente.
Costante assenza che lo riporta sempre alla sua umanità perduta, alla sua vita perduta.
"Come ti chiami?" Chiese lui, cercando di non domandarsi se in quel momento Elena gli stesse pensando, se si stesse chiedendo chi sarebbe morto per mano sua. "Davvero ti importa?" Damon sorrise, mordendosi un polso, ancora indeciso sul da farsi. Voleva farla guarire, ma non voleva trasformarla. Voleva berla, ma non voleva ucciderla.
"A dire la verità no. Ma era così, tanto per fare conversazione."
La ragazza dai capelli castano rossicci sospirò. Il collo le doleva terribilmente. Le gambe le dolevano terribilmente. Il fiato era troppo corto.
Odiava il suo corpo e quello che il vampiro -ancora stentava a crederci- le aveva fatto. "Sono Arwen. E sì, mi hanno chiamato così per l'elfa del Signore degli Anelli. E sì, dispiace anche a me di non somigliarle fisicamente." Incrociò le braccia al petto, Arwen, scocciata. "Mi fa male tutto."
Damon le fu di fronte, e si rese conto che gli occhi della ragazza dovevano essere verdi, ma non verde bottiglia, di un verde sporco, impuro.
"Vuoi che ti uccida?" Chiese, accarezzandole una guancia morbida, intenerito da quella ragazza così spigolosa.
Arwen ci pensò su. Era in fuga anche prima di incontrare il vampiro, anche se al momento le risultava faticoso ricordare in quali circostanze l'incontro fosse avvenuto.
Era in fuga da un luogo che voleva troppo da lei, un luogo che la avrebbe solo portata all'auto-distruzione. 
E grazie a quella cosa strana che lui le aveva detto prima, e che lei riteneva come la propria verità, non voleva muoversi da lì; non voleva scappare, ma nemmeno restare. Voleva che tutto terminasse, ma non era certa che fosse perchè non volesse morire. La sua vita non era poi questo gran ché, e forse la morte sarebbe stata utile. Indecisa, si convinse a rigirare la frittata: aveva la sensazione di conoscere quel vampiro da sempre, dall'infanzia che le era stata rubata troppo precocemente, e questo la portava a fidarsi più di un assassino che si se' stessa.
"Non voglio sentire dolore, e voglio che finisca questa cosa. Ma la morte...sul fatto di morire non lo so. Dovresti saperlo tu, se vuoi uccidermi o no." Ma Damon in realtà era nuovamente di fronte allo stesso dilemma. Ucciderla o non ucciderla?
Sentiva il suo profumo, aveva il suo sapore sulle labbra, non poteva vivere senza nutrirsi di lei.
La voce tornò prepotente, ricordandogli che c'era un altro modo, che poteva cambiare, che poteva essere quell'uomo migliore, Damon.
In realtà, ciò a cui non poteva rinunciare, non era il sangue umano.
Era Elena.
Era la consapevolezza di non poter essere in un certo modo a spingerlo a comportarsi come sempre, perchè se avesse provato ma avesse fallito sarebbe stato orribile. Perché se solo avesse dato la prova definitiva alla ragazza che lui era quell'uomo migliore, forse lei lo avrebbe amato, e lui avrebbe ottenuto un pizzico di quella felicità che da un secolo e mezzo agognava.
Ma è sempre stato un po' masochista, Damon, fin da piccolo.
E infatti si era innamorato sempre della donna sbagliata, perché in fondo amava soffrire e amava ancor di più rinchiudersi dentro una gabbia di solitudine che non sopportava. Arwen lo guardava ancora con quell'aria innocente, e lui aveva deciso.
Le pupille si contrassero, e lei fu soggetta nuovamente al suo volere.

Elena tornava da casa Salvatore, dopo una seratina romantica con Stefan che era finita col litigare riguardo la dieta del fratello, cosa che accadeva ormai sempre più di frequente. Una strana sensazione l'aveva attanagliata quando ai limitari del bosco aveva notato una macchina con i fari accesi e nessuno dentro. Una forza, un legame la spinse a rallentare esaminando la situazione: tutto di quel luogo le puzzava di pericolo all'eucalipto. Era come se l'aura pericolosa di Damon avesse lasciato una traccia, era come se qualcuno la stesse chiamando.
Un brivido la percorse, quando si rese conto di invidiare -in parte- quella preda (certamente una ragazzina).
Ed accostò, Elena, afferrò dalla borsa la pistola
con dei proiettili alla verbena o qualcosa di simile che le aveva dato Stefan e si avviò dentro il bosco seguendo la scia di una conoscenza onirica non ben definita.
Stefan le aveva spiegato in lungo e in largo come funzionasse e come lui e Alaric l'avessero costruita, ma Elena si accorse presto di non ricordare assolutamente nulla di quella conversazione. Era stata per tutta la serata assente finché non si era parlato di lui, il mostro che ora -nel mezzo del bosco- stava al centro di una radura, tenendo per le spalle una ragazza che stava immobile a fissarlo.
Damon.
Damon.
Damon.
Aveva sperato che lui la percepisse, e la smettesse di fare quello che stava facendo.
Poteva immaginare le sue mani sporche di sangue.
Poteva immaginare le sue labbra sporche di sangue.
Poteva immaginare il suo vampiro svegliarsi, uccidendo l'uomo.
Poteva immaginare il suo piano assassino prendere forma.
E mentre premeva il grilletto di quell'arma sconosciuta che non lo avrebbe ucciso, sentì un altro tassello del loro rapporto sgretolarsi.
Ma avrebbe salvato la ragazza.
Perché Elena non avrebbe sopportato vederlo uccidere nuovamente, non sapendo quanto a lui costasse poi guardarla negli occhi.
E non avrebbe rinunciato ai suoi occhi nemmeno per tutto l'oro del mondo.
Damon aveva sentito un battito cardiaco avvicinarsi, e dei passi, un respiro, e un profumo a lui ben noti.
Ma doveva finire ciò che aveva cominciato, e così, nonostante lo scoppio, aveva terminato la sua opera.
Poi aveva sentito un urlo, un urlo di Elena, e poi dolore.
Prima era stato solo un foro, poi qualcosa gli si era aperto dentro, lasciando che un liquido bruciante gli si diffondesse direttamente nelle vene.
Verbena. Elena. Arwen. Verbena. Elena. 
I suoi pensieri erano confusi, ed ora lui ed Arwen urlavano insieme e lui si contorceva, aspettando che il bruciore si fermasse mentre il veleno continuava a diffondersi, facendo ardere ogni sua terminazione nervosa. E poi ad urlare fu Elena, che vide la ragazza abbassarsi verso Damon, come se non le avesse mai fatto del male. La luce della luna splendeva su di loro.
"Vattene, Arwen. Prima che cambi idea." Grugnì contorcendosi il vampiro, ma guardandola fissa negli occhi. Le pupille gli si strinsero di nuovo, e lei andò via, scivolando lontana da quel luogo di distruzione.
Elena corse da Damon senza esitazione, lanciando uno sguardo furtivo a quella ragazza. Qualcosa di lei le parlò di loro due, e fu scossa per un attimo da una stranza sensazione. "Potrai mai dimenticare quello che ho appena fatto?"
Elena aveva lasciato cadere la pistola fumante chissà dove, prendendo il corpo del vampiro fra le braccia e cullandolo.
Non ricordava che Stefan le avesse detto che avrebbe fatto così male ad un vampiro.
Non ricordava che Stefan le avesse detto nulla.
Anzi, non ricordava affatto Stefan.
"Potremo mai fuggire da questa situazione?"
Soffiò il vampiro, lasciandosi cullare, mentre una strana sensazione lo avvolse, e capì che forse un rapporto per iniziare deve prima distruggersi.
Elena si abbassò sul volto di lui, baciandolo con ardore, sentendo forse un retrogusto di sangue nella sua bocca.


Ma un bosco di notte è forse il posto peggiore per fuggire.
Un bosco di notte è forse il posto peggiore per dimenticare.


Angolo "Autrice":
Rieccomi con una nuova creazione, sperando che vi sia piaciuta (:
In tutta onestà ho solo modificato la Shot pre-esistente, per adeguarla al "seguito" (che chissà se sarò in grado di protrarre xD) che troverete fra poco. Non molto letta ed apprezzata, l'ho riadattata e semplificata, cambiando leggermente lo stile e le parole usate.
Il titolo è quello di una canzone dei Nightwish, "Symphony of Destruction", e ogni capitolo avrà il titolo di una canzone.
Scusate se sono incredibilmente prolissa, non lo faccio volontariamente: sono le parole che vengono fuori in questo modo! xD
Simply, è tutto merito tuo. Ho peggiorato la situazione? O è carina comunque? Dovevo modificarla un po', sai, causa di forza maggiore...
Per ora l'ispirazione c'è, e il seguito anche, quindi...beh, spero davvero che vi piaccia.
Arwen è la mia piccola creatura, non distruggetela, please (:
Consigli, critiche, insulti...sono tutti comunque graditi, davvero!
Commentate, dai! So che in fondo in fondo lo volete... (o almeno lo spero xD).
Bene, detto ciò, ci rileggiamo (WTF?! xD) presto!
Il titolo del prossimo capitolo è "Angels Falls First", canzone e album ancora dei Nightwish.
Spero di ritrovarvi "numerosi" (:
 -Alexys-

P.S.:Simply, piaciuta la cioccolata? xD









  
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