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Autore: ShiLalla    02/06/2006    4 recensioni
E se il bacio condiviso da Mon-chan e Inaho sulla Luna non fosse stato affatto il primo? Oneshot su Master Mosquiton
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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Shangai, anno 192X

Shangai, anno 192X

 

La vita proseguiva monotona e regolare nel negozio di orologi, Time, nel centro della città di Shangai. La routine si era impossessata della proprietaria, Inaho Hitomebore, la cui vita si ripeteva, noiosa e uguale ogni giorno. La povera ragazza sarebbe morta di depressione e di solitudine, se la piccola Rita non fosse improvvisamente entrata nella sua esistenza. Rita era soltanto una mocciosa, ma, incredibilmente, era una delle due ragioni per cui Inaho aveva trovato una spinta per continuare a vivere: dopo la scomparsa di Mon-chan, Inaho aveva attraversato un periodo di forte depressione, in cui aveva cercato più volte di farla finita, ogni volta senza successo. Tutte le volte che cercava di porre fine alle sue sofferenze c’era sempre qualcuno che riusciva a salvarla, neanche fosse lei a chiamare tutti i suoi “salvatori”! Era un fallimento persino come suicida…

Poi qualcosa era cambiato:  erano iniziate le nausee e i violenti cambiamenti di umore ( o almeno più violenti del solito ), seguiti da crisi depressive e frequente debolezza fisica; si era quasi convinta di essere gravemente malata e di stare per morire spontaneamente, così almeno si sarebbe potuta risparmiare la fatica di trovare un modo originale di suicidarsi, finché un sospetto l’aveva colta:

aveva comprato un test di gravidanza ed era letteralmente gelata: il risultato dava positivo. Era incinta. Incinta a causa di quella stupida mosca-zanzara, che si definiva vampiro, o meglio Quarter, che rispondeva al nome di Alucard Von Mosquiton. A quel punto, Inaho si era recata, molto lentamente, verso la finestra della sua camera e aveva gridato con tutto il fiato che aveva in corpo una serie di insulti e maledizioni all’indirizzo del “vampiro”, dimenticandosi, per tutta la durata dello sfogo, della tristezza dei giorni precedenti. I mesi seguenti erano stati i peggiori della sua vita:

la nausea sempre più frequente, la debolezza e gli sbalzi d’umore, uniti alla ritornata solitudine dovuta alla mancanza di Mon-chan, si erano fatti sempre più insopportabili, e Inaho era veramente sul punto di scoppiare; tuttavia il pensiero della creatura che stava portando in grembo, e la speranza che Mosquiton mantenesse la promessa, e tornasse, l’avevano aiutata ad arrivare fino in fondo alla gravidanza, facendo nascere la sua piccola mocciosa: Rita.

 

Lo scalpiccio dei piccoli passi della bimba risuonava nel negozio di orologi, mentre la piccola si precipitava giù dalle scale, correndo incontro alla madre: Inaho aveva perso il conto da tempo delle volte che le aveva detto di non buttarsi a rotta di collo dalle scale, ma c’era poco da fare.

Rita era in tutto e per tutto uguale a sua madre: capelli rossi, occhi azzurri, stesso carattere da scapestrata e con pochissimo senso della misura: ma d'altronde aveva solo tre anni, c’era sempre la remota possibilità che migliorasse. L’unica cosa che differenziava la bambina dalla madre, erano due piccole zanne candide e affilate, che avevano spaventato non poco la ginecologa il giorno in cui la bimba era stata portata a una visita, per controllare la crescita dei denti: Inaho aveva rassicurato la donna dicendole che si trattava di un difetto fisico del padre, che doveva essere stato ereditato dalla piccola. Lei le aveva consigliato di far fare degli esami alla bambina, per assicurarsi che non ci fossero altre conseguenze, oltre la presenza di canini decisamente acuminati. Inaho aveva rifiutato, naturalmente: se i medici avessero, per caso, scoperto anche la presenza di sangue “diverso” da quello umano, sarebbero stati veramente guai molto grossi.

Inaho stava mostrando una serie di orologi di antiquariato ad una cliente, quando vide sua figlia buttarsi, correndo, dalle scale, per l’ennesima volta. La bimba si lanciò dagli ultimi scalini, e con un balzo atterrò perfettamente sul pavimento, lasciando sbigottita la signora che stava discutendo degli orologi. Inaho pensò che sua figlia doveva essere molto fortunata ad avere ereditato anche l’agilità vampiresca di suo padre, ma che non era affatto fortunata ad avere lei come madre, perché le era venuta una gran voglia di massacrarla, così forse le avrebbe fatto passare quel brutto vizio.

Rita, ignorando stoicamente lo sguardo assassino della madre, si recò in tutta fretta verso la porta d’ingresso, finché non fu interrotta da Inaho, che le si parò davanti squadrandola in un modo che avrebbe fatto rabbrividire persino il conte St. Germane:

 

“ Dove credi di andare, mocciosa?”

“ Vado a casa di Hideo”

“ E chi ha deciso che puoi uscire così, senza chiedermi il permesso, da sola?”

La bimba guardava Inaho con gli occhi lacrimosi spalancati, con uno sguardo che avrebbe sciolto un iceberg. La donna, tuttavia, sapeva bene cosa significava quell’atteggiamento, e non si lasciò ingannare dai lacrimoni di coccodrillo della figlia, che aveva semplicemente imparato la sua tattica di persuasione preferita.

Così Rita, sconfitta dallo sguardo feroce della madre, tornò, rassegnata, nella casa sopra il negozio.

 

 

Luna

 

Il rumore delle ferraglie rimbombava sulla superficie del suolo lunare, mentre un uomo avvolto in un grande mantello nero trafficava con una serie di lamiere metalliche, nel tentativo di completare la costruzione di uno strano cannone. Mentre l’uomo lanciava maledizioni contro una lamiera che gli era caduta esattamente su un piede, una ragazzina dai grandi occhi verdi saldava le varie parti della strana macchina creando solide lastre di ghiaccio, e un ragazzino dalla pelle scura passava gli attrezzi necessari all’uomo, che osservava il cannone con aria rassegnata.

Quando la solita lamiera cadde per l’ennesima volta sulla testa del più vecchio, il terzetto decise di prendersi una pausa.

 

“Padrone, crede veramente che riusciremo a volare fino alla Terra, con questo ammasso di ciarpame?” , il ragazzino sembrava scettico.

“ Me lo auguro, Onoho. Purtroppo non c’era nient’altro tranne i resti della piramide per costruire il cannone… spero proprio che regga fino a quando non saremo entrati nell’atmosfera terrestre…”

“Cosa faremo se non dovesse reggere, Mosquiton?” chiese la ragazzina

“ Improvviseremo Yuki”

I due sospirarono con rassegnazione.

 

Tre giorni dopo il trio stava effettuando i preparativi per il  “lancio” .

Yuki e Onoho erano impegnati nel sistemare le ultime cose e nel saldare gli ultimi pezzi del cannone, mentre Mosquiton era seduto per terra, assorto nei suoi pensieri:

 

Tre anni prima…

 

Erano passati pochi giorni dal ritorno a casa da Londra, dopo che la ricerca dell’ O-part nella piramide era miseramente fallita. Nel viaggio di ritorno avevano scoperto, grazie alla foto di un certo Abble, che il luogo dove era misteriosamente sparito l’ O-part era la Luna, informazione che aveva ovviamente mandato Inaho su di giri, e, come se non bastasse, si era presentata una figura a loro ben nota: la moglie di Mosquiton, Camille, era tornata all’attacco, con l’intenzione di riprendersi il suo “tesoruccio”, disposta a utilizzare qualsiasi mezzo per riuscirci, anche i più “sporchi”. Inutile dire che da quando erano tornati a Shangai, Inaho aveva tenuto il muso a Mon-chan per i giorni seguenti, finché, una sera, l’argomento Camille era tornato sulla bocca dei due, e, incredibilmente, si era risolto in un modo del tutto inaspettato… da allora i due non avevano più discusso né della vampira, né di quello che era successo quella sera, fino al momento in cui Camille si era presentata alla porta del Time, rovinando definitivamente tutto… da quel giorno la situazione era peggiorata sempre più, raggiungendo l’apice sulla Luna… quel maledettissimo giorno…

 

Onoho finì di raddrizzare l’ultimo ciarpame, che avrebbe fatto da sedile per il “pilota”, e si allontanò dal cannone, per risvegliare il suo padrone dal flusso di pensieri in cui era caduto.

 

“Padrone. Padron Mosquiton?” L’uomo non sembrava reagire. Onoho cercò di catturare la sua attenzione dandogli una leggera pacca sulla spalla, che ebbe lo stesso effetto di una cannonata:

il vampiro si risvegliò di soprassalto, alzandosi improvvisamente e lanciando un grido sommesso, mentre osservava con gli occhi spalancati il suo servitore. Yuki si avvicinò lentamente al padrone:

“Mosquiton non c’è bisogno di essere così nervoso, andrà tutto bene”

“Si padrone, vedrà che raggiungeremo la Terra senza problemi, non deve preoccuparsi”  aggiunse allora Onoho.

Mosquiton assentì lentamente con un lento movimento del capo, e si recò verso il cannone.

I due ragazzini si sedettero nei posti laterali, mentre il vampiro occupò quello centrale.

 

“Bene, tutti i preparativi sono stati ultimati. Pronti a far volare questo ciarpame?”

Mosquiton guardò alternativamente i suoi servitori.

“ Certo!”  risposero i due all’unisono.

“Allora si comincia. Onoho accendi il motore!”

Il ragazzino si sporse dal sedile, e soffiò una vampata di fuoco verso il “motore”, che immediatamente prese a fare un cupo e sinistro rumore. L’aria si riempì di un fastidioso odore di bruciato, dopodichè il cannone si staccò improvvisamente da terra, e cominciò a percorrere a velocità sempre maggiore la pedana di lancio, che non resse al peso del macchinario e si sbriciolò prima che questo riuscisse a staccarsi completamente. Tuttavia la forza di propulsione del motore era tanto forte, che il cannone riuscì comunque ad involarsi e cominciò a sfrecciare a velocità supersonica verso la superficie terrestre.

 

 

Shangai

 

Inaho stava sentendo distrattamente la radio con sua figlia, mentre aspettava che la bambina cadesse addormentata. Tuttavia sembrava che quella sera dovesse finire prima lei nel mondo dei sogni, della bimba: Rita sembrava completamente presa da uno stupido e noiosissimo dialogo tra pupazzi, e non accennava a sbadigliare né a dare segni di noia, mentre lei si era dovuta costringere più volte a non chiudere gli occhi. Inaho strinse per l’ennesima volta le palpebre nel tentativo di restare sveglia, e rivolse l’attenzione al paesaggio esterno. La città di Shangai brillava nelle tante luci colorate dei locali notturni, e appariva in un qualche modo spettrale, illuminata da quei lumi freddi e distanti. In strada, tuttavia, non c’era segno di vita; la maggior parte della gente si rintanava nei bar e nelle sale da biliardo, mentre gli unici a restare in circolazione erano solo gli ubriachi e i malintenzionati. In effetti, non era una città sicura da percorrere da soli di notte; era decisamente meglio uscire in compagnia, possibilmente di qualcuno che non si facesse spaventare facilmente.

Inaho volse improvvisamente la sua attenzione al cielo: la luna era incredibilmente luminosa quella sera… e grande. Proprio come quando c’era Mon-chan. La donna non riuscì a trattenere un sorriso.

Il cielo era così luminoso, così bello, proprio come quella sera… la sera che, anche se nessuno dei due lo sapeva, avrebbe cambiato la loro vita. Inaho non ricordava esattamente come erano arrivati così in là… sapeva che era impegnata a tenere il muso a Mon-chan per ciò che aveva visto a bordo della nave, durante il viaggio di ritorno.; il broncio era più che altro una sceneggiata, per giocare un po’ come al solito, al quotidiano tira e molla di cui non potevano fare a meno, ma la verità era che lei si rodeva di gelosia; e Mon-chan lo sapeva, lo aveva capito benissimo, anche se fingeva di non saperne nulla. Ma quella sera era diverso… la tensione era decisamente troppa, e l’argomento Camille non aveva tardato a presentarsi in tutto il suo fastidio. Si erano alzati i toni, e l’atmosfera era diventata veramente molto pesante. Non era mai successa una cosa del genere fino ad allora; non si era mai arrivati ad uno scontro diretto. Mosquiton si era improvvisamente alzato da tavola, e, con lo sguardo rabbuiato, se n’era andato dalla stanza. Inaho aveva finto indifferenza per alcuni minuti, ignorando gli sguardi perplessi e severi di Onoho e Yuki, finché non era uscita dalla sala da pranzo senza dire una parola, con l’intenzione di chiudersi nella sua stanza, e non uscire fino al mattino dopo. Nel dirigersi verso la sua camera, però, era passata di fronte alla stanza con il grande orologio a pendolo, e l’aveva visto: Mon-chan era seduto di fronte al pendolo, e osservava il grande orologio con uno sguardo completamente perso. Era seduto a terra, e si abbracciava le ginocchia appoggiando il viso su di esse… sembrava quasi… ferito.  Inaho si avvicinò lentamente al vampiro, finché non lo raggiunse: era tanto assorto nei suoi pensieri che non l’aveva nemmeno notata.

Si sedette accanto a lui e lo guardò dritto negli occhi; Mon-chan sembrò risvegliarsi e la guardò con uno sguardo tra il sorpreso e lo spaventato. Inaho si avvicinò e gli accarezzò una guancia con una mano, dopodichè gli rivolse un caldo sorriso. Lui sembrò risollevarsi un po’, la abbracciò timidamente, e lei si lasciò circondare dalle sue forti braccia, e poi… poi non si sa come e perchè, si ritrovò dietro la porta chiusa a chiave della sua camera da letto, avvolta da un tepore e pervasa da un piacere a lei, fino ad allora, sconosciuti. Non avevano più discusso da allora di Camille. Almeno finché lei non si era presentata a casa loro, una sera, e aveva preteso di riavere Mon-chan sia fisicamente che mentalmente. Quanto si era arrabbiata quando era tornata quella vecchia fossilizzata; per non parlare di quando aveva sentito le sue parole:

 

Per noi la tua vita ha la durata di un istante… si dice che il tradimento sia un vizio intrinseco dell’uomo: quindi ho deciso di lasciar perdere le sue scappatelle con le umane

 

L’avrebbe uccisa. Se non fosse stata immortale l’avrebbe ammazzata con le sue mani. Quando dopo aveva sentito Mon-chan affermare per l’ennesima volta che la bellezza degli esseri umani stava nella brevità della loro esistenza si era sentita morire: aveva avuto paura che anche lui la pensasse come Camille, che per lui lei non significasse nulla di più di una semplice avventura, una “scappatella” , come la vampira aveva detto… ma Mosquiton le aveva dimostrato che non era così… aveva saputo provarle il suo amore fino alla fine.

 

Inaho sospirò profondamente, e fece per alzarsi in piedi, ma un peso sulle ginocchia la costrinse a restare seduta: Rita si era addormentata, accasciandosi sulle gambe della madre, con il viso paffuto sereno e rilassato, la bocca leggermente aperta, e i capelli arruffati che le ricadevano sugli occhi chiusi. Era semplicemente angelica. Inaho sorrise dolcemente e prese in braccio la sua mocciosa, mettendola al riparo sotto le coperte del suo lettino, dopodichè si fermò a guardarla. Improvvisamente Rita si mise a parlottare nel sonno, e a emettere suoni gutturali di assenso o di diniego, a seconda della frase li precedeva. Inaho sorrise divertita.

 

“Esattamente come Mon-chan…”

 

 

Il mattino seguente…

 

Rita stava scendendo silenziosamente dal lettino, mentre osservava con sguardo preoccupato e concentrato la figura addormentata di Inaho. Questa volta ci sarebbe riuscita: sarebbe uscita da sola di casa, e avrebbe raggiunto Hideo nel parco vicino alla casa del bambino. Nessuno l’avrebbe scoperta, sarebbe tornata prima che la mamma si fosse svegliata; oggi era domenica, e lei si sarebbe sicuramente alzata tardi. Non si sarebbe accorta della sua assenza. La bimba scese le scale lentamente, e, una volta raggiunto l’ingresso, si infilò le scarpe. Allora uscì nella fresca aria mattutina di Shangai, diretta verso un parco giochi di cui non conosceva esattamente l’ubicazione…

 

 

Atmosfera terrestre

 

Il cannone-razzo di lamiere proseguiva spedito, lanciato ad una velocità impressionante verso il suolo; l’unica pecca era che, per quanto fosse impressionante, la velocità era comunque inferiore a quella di partenza, molto inferiore… troppo inferiore. Il veicolo stava decisamente rallentando.

Mosquiton guardò con aria preoccupata i suoi assistenti, che gli restituirono lo sguardo con altrettanta ansia. Onoho aveva appena aperto la bocca per dire qualcosa, quando il motore emesse un suono poco rassicurante. Quando il terzetto si girò per vedere che era successo il propulsore stava andando a pezzi. I tre gridarono all’unisono con gli occhi spalancati dal terrore, e Yuki iniziò a creare lastre di ghiaccio per cercare di tenere insieme il cannone, che sembrava sgretolarsi come fosse fatto di sabbia. Intanto Onoho cercava di riaccendere il motore, per cercare di riguadagnare velocità, ma più soffiava fiamme, più le lastre di Yuki si scioglievano. Intanto la superficie terrestre si faceva sempre più vicina. I ragazzini stavano per arrendersi, quando Mosquiton li prese entrambi per i colletti delle maglie e spiccò il volo. Sarebbero arrivati a terra. Con o senza il cannone ce l’avrebbero fatta.

 

 

Erano le otto del mattino quando a Shangai una vecchia casa abbandonata nel centro della città crollò improvvisamente. Una grande folla di persone si raggruppò intorno alla costruzione, ma stranamente non trovarono nulla; eppure sembrava che qualcosa si fosse abbattuto sull’edificio ad una velocità impressionante. Inaho si svegliò di soprassalto, spaventata dall’improvviso botto. La rossa si sorprese parecchio, quando si affacciò alla finestra, nel vedere la vecchia casa abbandonata della via di fronte crollata improvvisamente, come se fosse stata colpita da un meteorite. Sembrava che non ci fosse nulla, eppure qualcosa non la convinceva…

La donna si girò verso il lettino di Rita, e gelò nel notare l’assenza di sua figlia. Con gli occhi spalancati si gettò a capofitto per la casa, chiamando la bimba a voce alta, ma di lei neanche l’ombra. Colta da un brutto presentimento Inaho si vestì alla svelta e si gettò in fretta e furia fuori dalla porta.

 

 

Era un’ora che vagava per le strade della città, senza capire dove si trovava. Aveva seguito la strada fino all’asilo, dopodichè non ricordava dove aveva girato, e non aveva più trovato la strada. Rita si era definitivamente persa. La piccola scrutava la strada dove era finita con occhi spaventati e tristi, mentre correva nel tentativo di ritrovare la via di casa; nella sua corsa verso un incrocio non vide una tubo sporgente dal marciapiede, e cadde, sbucciandosi un ginocchio. La bimba scoppiò a piangere, tenendosi la gamba ferita, e ripetendosi mentalmente che non avrebbe dovuto allontanarsi da casa, desiderando di trovare la sua mamma al più presto: voleva sentire la sua voce, non le importava niente se l’avesse sgridata, o se si sarebbe presa un ceffone, di sicuro avrebbe fatto meno male del suo ginocchio in quel momento. Il pianto disperato della bambina  sembrò attirare l’attenzione di un uomo, che si piegò sulle ginocchia e appoggiò una mano in modo confortante sul capo della piccola. Rita sollevò lo sguardo per vedere il viso preoccupato di un uomo dai capelli sul violetto-azzurro: era sporco di polvere e aveva i vestiti laceri in alcuni punti; indossava uno strano mantello nero.  Quell’uomo dava alla bambina un senso di sicurezza e di tranquillità assoluto, e la piccola sembrò calmarsi. L’uomo sembrò in qualche modo sconcertato quando vide il volto della bimbetta che aveva di fronte, ma cercò di ricomporsi e rivolse lo sguardo verso il ginocchio ferito.

 

“Ti sei fatta male, piccola?”

 

Il tono dell’uomo era pacato. Rita sembrò ricordarsi solo allora della ferita, e le lacrime tornarono a solleticarle gli occhi.

 

“Si. Sono caduta” la piccola scoppiò allora in un pianto liberatorio, buttandosi fra le braccia dello strano uomo.

“Ehi calma. Non è niente, è solo un taglietto. Come ti chiami, bimba?”

“Rita”  la bambino singhiozzò rumorosamente contro il petto dell’uomo.

“ Rita… io sono Mosquiton. Sai, tu assomigli tantissimo a una persona… puoi chiamarmi Mon-chan, se preferisci”

 

Non sapeva perché l’aveva detto. Solo Inaho poteva chiamarlo con quel nomignolo, eppure quella bambina gli suscitava una tenerezza particolare… come se fosse un suo dovere consolarla e proteggerla. Mosquiton stava osservando con curiosità la bimbetta, quando notò un particolare che lo lasciò di stucco: canini lunghi… troppo lunghi; affilati e candidi. No non canini, zanne. Quella bambina aveva delle zanne acuminate, fatte apposta per piantarsi saldamente nelle carni. Quella creaturina, identica in tutto e per tutto a Inaho, aveva un paio di meravigliose e appuntite, piccole zanne vampiresche. Mosquiton osservava la bimba con gli occhi spalancati, mentre un dubbio lo assaliva sempre più. Diavolo lei e Inaho era assolutamente identiche! Il vampiro non poté trattenere un sorriso, mentre il dubbio prendeva sempre più concretezza.

 

Rita…

 

 

Inaho voltò l’ennesimo angolo, passando come una furia sul marciapiede, incurante delle lamentele della gente che travolgeva nel suo passare. Stava praticamente correndo, quando improvvisamente la vide: la sua bambina era in fondo alla strada, seduta terra, col viso rigato di lacrime, stretta nell’abbraccio di uno strano uomo, dai vestiti sporchi e laceri. La rabbia prese il sopravvento su Inaho, che si gettò come una furia verso lo strano individuo. Quel bastardo non l’avrebbe passata liscia: nessuno poteva pensare di sfiorare la sua bambina e poi uscirne incolume.

 

 

Mosquiton stava sorridendo, di fronte allo sguardo perplesso della bambina, quando fu assalito da una specie di belva assetata di sangue, che non desiderava altro che farlo letteralmente a pezzi. Il volto di Rita sembrò illuminarsi, mentre il mostro si avvicinava al poveretto con un balzo felino:

 

“Mamma!”

 

In quell’istante Mosquiton si ritrovò spiaccicato sull’asfalto, mentre la belva dalla chioma rossa e gli occhi azzurri lo tempestava di pugni nello stomaco e sul petto, emettendo ruggiti ed esclamazioni rabbiose, da far arrossire uno scaricatore di porto. Un momento: capelli rossi, occhi azzurri e… ruggiti? Mosquiton si riprese improvvisamente e, con un sorriso sulle labbra, fermò con una mano i pugni della donna: perché di una donna si trattava, e non di una qualunque…

 

“Inaho…”  il vampiro guardava la ventenne con dolcezza, mentre la stringeva tra le sue braccia.

Inaho, dal canto suo, era completamente incapace di parlare, e patè solo affondare la testa nell’incavo della spalla di lui, lasciando che le lacrime scendessero dai suoi occhi.

 

Rita li guardava con gli occhioni azzurri spalancati. La sua mamma stava abbracciando quell’uomo così strano, e piangeva. La mamma non aveva mai abbracciato nessuno che non fosse lei, ma aveva spesso parlato di un uomo, anche quando sognava lo nominava sempre.

 

“Mon-chan!”

 

 Mosquiton e Inaho alzarono finalmente gli occhi verso la piccola

 

“Tu sei Mon-chan! Tu… tu… »

La bambina guardava il vampiro con gli occhi lacrimanti. Inaho guardò sua figlia con un sorriso dolce.

 

“Tu sei il mio papà”

 

Mosquiton non riuscì a trattenere un sorriso, e un dolce tepore gli pervase il cuore.

 

 

Quando Onoho e Yuki riuscirono finalmente a ritrovare il loro padrone, rimasero sbigottiti da quello che videro:

 

Mosquiton era a terra, avvinghiato ad una donna dai capelli rossi, mentre una bambina assolutamente identica a Inaho li guardava piangendo. Sui volti dei tre tuttavia c’erano dei sorrisi. La piccola piangeva solo di commozione, mentre la donna abbracciata al padrone… era senza dubbio Inaho. I due guardiani si guardarono con un sospiro di sollievo.

 

 

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EPILOGO

 

 

Erano trascorsi tre mesi da quando Mosquiton era tornato sulla Terra, per riunirsi alla sua ritrovata famiglia. Rita e Mon-chan erano assolutamente inseparabili, mentre Inaho… bé Inaho era tornata la solare combina guai di sempre: ora le sue giornate non erano più monotone, ripetitive e tristi. Adesso poteva dedicarsi molto di più alla cura del suo guardaroba e del suo aspetto, mentre Mon-chan pensava al negozio e a Rita; e anche a colazione, pranzo e cena. A volte, ma di rado, pensava anche alle pulizie… e poi c’erano i momenti speciali. Quelli in cui il tempo sembrava fermarsi, e Inaho e Mosquiton potevano passare ore a parlare e ridere senza accorgersene; a volte quei momenti potevano trasformarsi in momenti ancora diversi, ma per questi occorreva che Rita, Yuki e Onoho fossero profondamente addormentati…

 

Tuttavia c’era qualcosa che spezzava questa serenità: la consapevolezza che prima o poi sarebbe finito tutto.

 

Mosquiton sapeva che Inaho non sarebbe mai stata completamente felice con la certezza che prima o poi sarebbe morta, e che la gioia sarebbe finita. D’altro canto lui non voleva continuare a vivere senza Inaho: era già stato sufficientemente duro vivere tre anni su quella maledetta Luna senza lei, non poteva immaginare un’eternità passata in quel modo.

 

Era uno dei momenti speciali, quello in cui quest’argomento prese forma sulle labbra dei due conviventi. Mon-chan si schiarì la voce e si rivolse a Inaho:

 

 “Inaho, vorrei parlarti di una cosa molto importante”

 

La donna lo guardava curiosa

 

“Ecco… ricordi quella storia della vita eterna di tre anni fa, l’O-part e tutto il resto?”

 

 Inaho scoppiò a ridere

“Lo chiedi proprio a me, Mon-chan? Certo che ricordo l’O-part!”

 

Inaho osservava il vampiro divertita

 

“Già. Ecco, vedi, mentre ero sulla Luna ho trovato un libro, di Rasputin, e… bè, quello che cercavamo noi non era il vero O-part”

 

Ora la donna guardava Mosquiton con un sguardo tra lo stupito e l’invasato

 

“Tu mi stai dicendo… che l’O-part non è andato distrutto sulla Luna?”

“Esatto” Mon-chan sembrava nervoso

“Ma…?”

“Ma… si trova sotto le fondamenta della Sfinge, in Egitto”

 

Seguirono due minuti di silenzio in cui Mosquiton tentava di decifrare l’espressione del viso di Inaho, che cambiava colore ogni due secondi circa.

Infine il silenzio fu rotto da un grido di gioia, che risuonò per tutta Shangai:

 

“ L’O-PAAAAAAAAART!!!!!!!!!!”

 

 

Onoho e Yuki accorsero nel salotto, per trovarsi di fronte un Padron Mosquiton molto impegnato a tenere ferma una iper eccitata, affetta da isterismo, Mamma Inaho, mentre Rita sbadigliava assonnata.

 

“Ci risiamo”

 

Onoho sembrava rassegnato

 

“Si, e stavolta sarà peggio di prima”

 

Aggiunse una abbattuta Yuki.

 

 

THE END

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Beeene questa è la prima fanfiction che completo! ( Ma se una Oneshot! Nd Onoho Ma che t’importa! E’ finita!!! Nd Autrice )  Visto, visto! Non mi sembra ci fossero fanfiction su Master Mosquiton, e così ho voluto crearne una! Che ve ne pare? Mi raccomando lasciate commenti, che ci tengo a sentire la vostra opinione! Holaaaa  a presto!!

 

By ShiLalla

 

 

 

 

  
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