Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Pantesilea    22/09/2011    5 recensioni
Shikamaru ce la mette proprio tutta per passare nella maniera più tranquilla possibile il suo compleanno... peccato che le donne della sua vita non siano propriamente d'accordo.
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I personaggi non mi appartengono (magari fosse così), sono invece di proprietà di Masashi Kishimoto e non c’è alcuno scopo di lucro.
 
Questa è scritta per il compleanno di Shikamaru, e ovviamente non può che mostrare il mio lato nero. Non me ne vogliano le fan di Shiho e dello ShikaShiho… alla fine la crittografa è un personaggio che mi piace, solo che non la vedo accanto alla Testa d’Ananas.


LO STATO DI "AMICO"
 

 

Era una bella giornata a Konoha.
Aveva piovuto tutto il giorno prima, e anche la notte, ma la mattina del 22 settembre il cielo era limpido e frizzantino, come piaceva a lui.
Entrando in ufficio, trovò subito il primo regalo posto accuratamente sopra una pila di documenti ancora non toccati, in bella vista. Un kunai perfettamente forgiato, alla cui estremità era stato applicato un sigillo. Non era un sigillo ninja, ma aveva comunque un significato profondo e chi l’aveva applicato, sicuramente, conosceva bene il ragazzo. “Serenità”, c’era scritto, ed era uno degli auguri che preferiva.
Mentre si rigirava l’arma tra le mani, Shikamaru scorse Ino nell’ombra di un angolo della stanza, muta a osservarlo.
“Ero convinto che non mi volessi più vedere”.
Lei, per tutta risposta, voltò il capo dal lato opposto e sbuffò. “Choji mi aveva avvisato che non avresti mosso un dito, ma io mi ero illusa… comunque ho dovuto arrendermi all’evidenza. Tu non cambi mai”.
Shikamaru non seppe cosa rispondere. Gli serviva una frase pensata, utile a defilarsi in maniera elegante dalla ramanzina che –lo sapeva- l’amica stava per infliggergli, ma il suo tanto decantato cervello non riuscì a trovare nulla di idoneo per evitare l’inevitabile, e se ne uscì con un poco convincente “… e dai, ho avuto tanto di quel lavoro da sbrigare…”
La verità era che non aveva organizzato nulla per quella sera perché non ne aveva avuto voglia. Lo sapeva lui, e lo sapeva benissimo anche lei. Sebbene fosse da più di un mese che Ino gli avesse chiesto di preparare una grossa festa, di modo che i suoi festeggiamenti avessero potuto allacciarsi a quelli del giorno successivo, dedicati invece a lei.
All’inizio Shikamaru le aveva anche dato corda, per non ascoltare i suoi piagnistei, ma poi quella data aveva preso ad avvicinarsi sempre più rapidamente e lui, semplicemente, non aveva mai trovato l’energia necessaria per cominciare a predisporre il tutto.
“Come se non ti conoscessi!” lo apostrofò la bionda.
“Ma non potresti perdonarmi, visto che è appunto il mio compleanno?” domandò il ragazzo con il tono serio e disperato di chi si sta giocando l’ultima carta, sperando perlomeno di riuscire a suscitare un po’ di pietà nell’amica.
Per tutta risposta, Ino gli lanciò il tomo più grosso che trovò nella libreria alle sue spalle. “Idiota! Ti ho già perdonato, altrimenti non ti avrei portato io il regalo mio e di Choji, no? Ma non eri tu il genio di konoha?”
“Ahh…” esclamò lui, riportando gli occhi sull’oggetto che teneva tra le mani, ma tenendo comunque i sensi all’erta, casomai la ragazza avesse deciso di lanciargli ancora qualcosa addosso approfittando della sua distrazione. “Grazie, è molto bello” ammise poi Shikamaru, sinceramente, rigirandosi il kunai tra le dita.
Ino sorrise soddisfatta e vittoriosa, senza la minima traccia della rabbia di poco prima sul volto. “Ovviamente l’ho scelto io!” ammise raggiante. “Ma in qualità di tua amica mi sento in dovere di informarti che non sono stata l’unica ragazza a essersi scervellata per farti un regalo, pigrone!” dichiarò salutandolo con un occhiolino malizioso, seguito dallo svolazzare della sua coda bionda subito cancellato dal richiudersi della porta.
Shikamru rimase a osservare il punto in cui la ragazza era sparita con sguardo vacuo. Sfortunatamente aveva intuito a cosa –o, meglio, a chi- Ino si fosse riferita, e ciò non lo rendeva felice neanche un po’. Sebbene, effettivamente, il suo aspetto non fosse quello del ragazzo particolarmente preoccupato o minimamente turbato. Pensando aveva sbuffato, invero, poi si era lasciato sprofondare nella sua sedia comoda, appoggiando i piedi sulla scrivania, e si era dato una piccola spinta di modo da bloccare lo schienale della seggiola con il muro alle sue spalle, in perfetto equilibrio. Ecco, quella posizione era talmente confortevole da fare scomparire ogni problema dalla sua mente, peccato che poi, voltando lo sguardo verso la finestra, adocchiò quella capigliatura improbabile che tanto lo stava facendo ammattire nelle ultime settimane. “Ohi, ohi… seccatura in arrivo!” ebbe appena la forza di pensare. E nello squarcio di cielo che poteva vedere da quella posizione non c’era neanche una nuvola a consolarlo.
 


***

 

Shiho entrò nel suo ufficio dopo aver bussato tre volte. Avanzando, quasi inciampò nei suoi stessi piedi, e la cosa ebbe l’effetto di farla arrossire ancora di più, nonché di irritare maggiormente il figlio di Shikaku.
“Ciao Shiho, che c’è?” le domandò Shikamaru, che faceva il possibile per metterla a suo agio, sperando che così riuscisse a risultare un po’ meno imbranata.
“Ho-ho saputo da Ino che oggi è il tuo compleanno, quindi sono passata per farti gli auguri…”
“Grazie, è molto gentile da parte tua”, le rispose educatamente lui, rimanendo a fissarla. La rossa se ne stava immobile davanti alla sua scrivania, senza proferire altra parola, ma senza neanche accennare a voler uscire dall’ufficio.
“Shiho?”
“Ehm… sì?”
“Hai altro da dirmi?”
“Io, io volevo darti questo!” trovò alla fine il coraggio di dichiarare la ragazzina, allungando verso Shikamaru il pacchetto che aveva in mano da prima, ma che lui aveva volutamente cercato di ignorare.
“Non dovevi”, rispose sinceramente, visto che non gli piaceva affatto l’idea che Shiho si sentisse nella posizione di potergli fare dei regali; non erano forse cose riservate solo agli amici?
Lui, comunque, sapeva già di cosa si trattava. “Techine di scacchi 2: la figura del cavallo”. Qualche giorno prima, per liquidarla velocemente, le aveva detto che gli sarebbe piaciuto leggerlo, ma che non l’aveva ancora acquistato. Ora, però, la forma del regalo gli aveva fatto capire che la sua risposta, all’apparenza perfetta, aveva dato alla crittografa l’imput per potersi presentare a lui con un pacchetto. Grave, grave errore da non commettere più… si disse.
Non che le stesse propriamente antipatica, intendiamoci. E forse all’inizio era anche stato piacevole sapere di avere qualcuno che gli stava facendo il filo, come solitamente capitava agli altri e non a lui. Ma la cosa era diventa presto una scocciatura. Shiho non aveva il carattere adatto per essergli amica –e lui, comunque, di amiche ne aveva già troppe da sopportare- in più, utilizzando una terminologia tanto cara a Kiba e Naruto, non era neanche “scopabile”.
Invero, Shiho non era brutta, trasandata sì, ma non brutta. Quindi poteva rientrare anche nella categoria delle “scopabili” dal punto di vista dell’aspetto fisico, ma semplicemente Shikamaru non voleva saperne di lei. In conclusione, visto che non le interessava sotto nessuno dei due punti di vista dal quale un uomo come lui può interessarsi alle donne, Shiho rimaneva una presenza inutile e, come tale, una seccatura nel vero senso del termine. Un qualcosa in più a cui dover pensare, ecco.
Per dirla tutta, comunque, c’era stato anche un momento in cui lui aveva deciso di provarci. A diciotto anni, sentiva il bisogno fisico di ampliare il suo rapporto con il gentil sesso, spinto sia dai suoi istinti più bassi che dalle battute degli amici in proposito. Aveva quindi chiuso un occhio sulla sciatteria di lei, sulla sua goffaggine, e anche sul suo modo di parlare e lavorare, che sembrava volergli ricordare in ogni momento che essere intelligenti non era sufficiente, bisognava anche studiare. Per l’approccio aveva scelto una battuta sarcastica e un po’ spinta, servitale su un piatto d’argento nel caso avesse voluto cogliere al volo l’opportunità offertale, ma lei niente. Si era limitata, nell’ordine, ad arrossire, emettere dei risolini insulsi e annuire. Quello spettacolo privo di qualsivoglia carattere, grinta o pathos smorzò sul nascere qualsiasi pulsione il genio di Konoha avesse potuto cercare di provare nei suoi confronti.
Sicuramente nel mondo c’erano un sacco di ragazzi che stavano cercando una ragazza dolce, delicata e ingenua come lei, anzi, Shikamaru era anche disposto ad ammettere che fossero la più parte, ma non lui. Lui aveva bisogno di sensazioni più forti. In quel momento aveva realizzato che la sua donna avrebbe potuto avere mille difetti, ma che mai e poi mai sarebbe potuta essere senza spina dorsale.
E anche adesso, che Shiho se ne stava lì, pietrificata davanti a lui, ne aveva la conferma.
“Shiho? Ora ti dispiace lasciarmi lavorare?”
Forse –anzi, sicuramente- era stato ingiusto nei suoi confronti, ma era il suo compleanno e non voleva intromissioni di sorta nella sua placida quotidianità. 

 
***


 
Sabaku No Temari non aveva mai creduto nei compleanni. Quando era piccola non le era stata data la possibilità di farlo e ora, che avrebbe potuto festeggiare perlomeno il suo, o quello dei suoi fratelli, si limitava a celebrazioni formali, senza troppe smancerie. Non era ancora abituata a scambi così convenzionali d’affetto, la facevano sentire debole.
Ciononostante si rendeva perfettamente conto che la maggior parte delle altre persone ci credeva, mostrandosi sinceramente interessata alla pratica dei regali e a tutto quello che ne seguitava.
“E lui, ci crederà?” si chiedeva, per poi rispondersi con un accusatorio “femminuccia…”, sibilato appena tra i denti, mentre compilava la relazione del suo operato in quel di Konoha per conto di suo fratello il Kazekage.
Quella mattina Shiho aveva portato un pacchetto a Shikamaru. Se ne era accorta mentre osservava la porta dello sgabuzzino riservato a quest’ultimo per sistemare e aggiornare gli appunti su quel suo libro di famiglia. Non che generalmente osservasse quella porta, ovviamente. Solo ogni tanto le capitava di farlo. A volte le balenava in mente qualche argomento di cui discutere con il ragazzo, o altre volte si sforzava per trovarne uno, e poi s’infilava in quell’ufficio ridicolo per parlargliene. Generalmente si trattava di chiari riferimenti alla debolezza degli uomini come lui, o alla presunta superiorità militare di Suna, o ancora agli errori commessi da Shikamaru stesso nello svolgimento del suo lavoro. Anche quella mattina il punto della discussione doveva vertere su qualcosa del genere, ma poi aveva visto la crittografa starsene in piedi davanti quella porta con un pacchetto in mano, quindi aveva preferito lasciar perdere e fare dietrofront. Peccato, perché sicuramente avrebbe avuto di che discutere col testardo stratega di Tsunade. Lui non s’arrabbiava mai. Certo, le diceva che era una “seccatura”, questo sì, ma le rispondeva sempre. Genio com’era, aveva sicuramente intuito che risponderle era il miglior modo per spronarla a continuare, di questo Temari era certa, ma nonostante ciò non aveva mai smesso di farlo.
Negli anni poi, tra un battibecco e l’altro, i due avevano anche finito per parlare di cose importanti e quando tornava a Suna Temari sentiva la sua mancanza.
Con il tempo, era arrivata perfino a considerarlo un amico, ma si rendeva conto da sola che quella definizione era fallace, non idonea a descrivere la pienezza del loro rapporto, perlomeno per quanto la riguardava. Non le risultava, dopotutto, che sugli amici fosse lecito fare certi pensieri, né tantomeno certi sogni spinti… non così frequentemente, perlomeno.
 


***

 
 
L’idea le venne a pomeriggio inoltrato e, quando si fece strada nella sua mente, Temari dovette convenire che era giusta, e che fino a quel momento aveva già perso abbastanza tempo. Era stata codarda, forse, ma lo aveva fatto per una buona causa.
Kankuro aveva avuto la bella pensata di mandarle una missiva nella quale la informava di essere stata invitata ufficialmente al matrimonio di Hiroshi Watanabe, e aveva anche concluso la lettera con quella che, sicuramente, riteneva una domanda retorica: “rimpianti?
Ma Kankuro non aveva ancora capito che lei, dalla vita, cercava qualcosa di diverso.
Hiroshi era stato il suo ragazzo anni prima. Anzi, più precisamente, era stato il suo unico ragazzo. Era un belloccio dalla parlantina facile che l’aveva colpita per coraggio e abilità. Faceva infatti parte della squadra speciale di Suna quando Temari non era ancora jonin. La loro relazione durata alcuni mesi aveva finito con il naufragare tra i suoi viaggi in qualità di ambasciatrice e le missioni speciali di lui. A mettere la parola fine alla loro unione fu quel momento. Quello -per utilizzare le stesse parole che Temari aveva sentito uscire dalla bocca di Matsuri- di fare il grande passo e di diventare più donna-.
A quel punto Hiroshi aveva cominciato a non piacerle più, a darle quasi il disgusto. Non tanto per lui in sé, o per qualcosa che facesse o dicesse, ma per l’ingiurioso confronto che la sua testa aveva cominciato a fare tra il ragazzo e il ninja svogliato che l’hokage continuava a rifilargli come collega quanto si trovava a Konoha.
Ridicolo! Si era detta all’epoca la kunoichi. Era palese che Hiroshi non avesse niente da invidiare a Shikamaru, anzi, che probabilmente quest’ultimo era anni luce lontano dalla perfezione del suo fidanzato, eppure la ragazza non riuscì a fermare quella sensazione di inadeguatezza che la sua relazione ufficiale le dava, così alla fine lo aveva lasciato senza troppe spiegazioni.
Poi era arrivata la guerra e “il suo momento di diventare più donna” era passato in fondo alla lista delle priorità. E, dopo la guerra, c’era stata la ricostruzione. Non che non avesse potuto sciogliere il nodo del suo rapporto con il genio di Konoha in quel momento, ma la paura di perdere l’amicizia che li univa l’aveva bloccata. Forse, piuttosto che non potergli più parlare, preferiva non alterare il precario equilibrio che li univa.
Ma adesso lei era lì, con il suo ex che si stava per sposare e una sciacquetta qualunque che faceva regali al suo “amico”, e improvvisamente aveva capito che l’avrebbe perso comunque. Forse non sarebbe stata Shiho, ma qualcuna, prima o poi, l’avrebbe preso e l’avrebbe tenuto tutto per sé. E a quel punto sarebbe finita anche l’amicizia.
Pensando a questo, Temari entrò nel giardino di casa Nara verso mezzanotte, quando tutto pareva calmo. Se proprio doveva perderlo, tanto valeva accadesse per causa sua.

 

***
 

 
Shikamaru non aveva il sonno pesante. Anche quando sua madre lo chiamava alle sei del mattino, in realtà, si svegliava sempre al primo strillo. Però ovviamente faceva finta di nulla e continuava a crogiolarsi nel letto, attendendo di chiudere nuovamente gli occhi. Una vera beffa del destino quella, per un amante del beato dormire come lui.
Bastò infatti una leggera scossa al pannello della sua camera per svegliarlo, ma lui, come da copione, finse di non aver udito niente e provò ad auto convincersi che si fosse trattato di un qualche animale notturno.
Quando il pannello s’aprì, però, non poteva più gongolare nella beata ignoranza dei fatti fuori la sua stanza. L’intruso a quanto pareva aveva intenzione di entrare proprio lì –maledetto!- e ora si trattava di spirito di sopravvivenza. Probabilmente era un banale ladruncolo, ma c’era anche la remota possibilità che a fargli visita fosse un ninja nemico, quindi, controvoglia, afferrò il kunai che teneva sotto il cuscino e lo lanciò in direzione dell’entrata.
L’ombra, però, ne deviò la traiettoria meccanicamente, senza rispondere all’attacco, e compì quel piccolo e aggraziato passo in avanti che le avrebbe permesso di entrare in camera sua.
“Bei riflessi!” si congratulò quella che aveva tutta l’aria di essere una voce conosciuta.
Shikamaru socchiuse gli occhi, come se in tutto quel buio potesse servire a qualcosa. Vedeva solo una sagoma nera muoversi, invero, però, si trattava di una sagoma abbastanza facile da riconoscere. “Temari?” tentò. “Cosa diavolo ci fari qui?”.
La ragazza avanzò, tenendo il pannello un po’ aperto, di modo che la luce lunare potesse penetrare nell’ambiente e renderla visibile, non appena gli occhi dell’altro si fossero abituati al buio. “Sono qui per te, Craybaby. Oppure è tardi per festeggiare il tuo compleanno?” domandò lei, che forse aveva anche provato a rendere sensuale il suo tono di voce. Più di quanto già non lo fosse, ovviamente.
Shikamaru deglutì rumorosamente. La figura della biona di Suna si stagliava di fronte a lui, abbozzata appena dal candore lunare. La intuì muoversi, armeggiare con l’abito che portava indosso, lasciar cadere qualcosa a terra –la cintura, forse?- e poi qualcos’altro di più pesante. Shikamaru intuì subito che si trattava del kimono, ma prima di capire che Temari, ora, se ne stava nuda di fronte a lui, impiegò qualche secondo.
Si bloccò, deglutì ancora, poi maledisse la notte, che lo rendeva semicieco, ma nonostante questo sentì l’ingenuo impulso di coprirsi, per nascondere l’erezione.
Forse gli occhi di Temari, già abituati alla notte, avevano captato il gesto, o forse no. Fattostà che lei riuscì in qualche modo a raggiungere il suo tatami e a sedersi ai piedi del lenzuolo. Nel farlo, sfiorò distrattamente con i glutei una gamba scoperta del collega di Konoha.
Shikamaru fu come investito da miriadi di sensazioni e impulsi che, tutti nello stesso momento, tentavano di fiondarsi nella sua mente per dargli un messaggio preciso, ma l’accozzaglia di sensazioni diverse gli impediva di captarne anche uno soltanto. Per una volta, il suo cervello e la sua pacatezza non parvero funzionare.
E poi c’erano i capelli biondi di lei, che non aveva mai visto di quella tonalità, al riflesso dei raggi di luna. E il suo profumo, quello il buio non lo avrebbe mai sconfitto. E la sua fisicità. Ecco, soprattutto la sua fisicità. Shikamaru aveva già vissuto quella situazione, ma questa volta era diverso, perché la kunoichi era lì, e non possedeva affatto la sfuggevolezza tipica delle fantasie, ma la concretezza di una bella donna che se ne stava nuda seduta al bordo del suo giaciglio. Poteva sentirla respirare, e vedere la curva dei suoi seni muoversi a ogni sospiro.
“Be’… devo andarmene o posso restare?” domandò piccata lei.
“No!” si affrettò a risponderle il ragazzo scattando verso di lei e afferrandola per le spalle, per paura che tutto finisse prima ancora di esser cominciato. “È che… non me lo aspettavo”.
In quel momento Shikamaru era talmente in imbarazzo da non saper come muoversi. Forse lei lo aveva già intuito, forse avrebbe riso di lui, dopo. Della sua inesperienza. In quegli attimi, la differenza d’età che c’era tra loro e che gli aveva sempre impedito di approcciarsi a lei – perché lei era più grande, più avanti, più tutto… e figurarsi se calcolava uno stupido chunin di tre anni più piccolo- pesava come un macigno. Ciononostante era stata Temari a entrare in camera sua. E ora, se l’avesse lasciata andare, l’avrebbe persa per sempre. L’avrebbe persa a un attimo dalla possibilità di farla sua, di realizzare quel desiderio talmente impossibile che, a volte, si rimproverava anche solo di averlo pensato.
Accantonando i timori, quindi, lui la baciò, senza dire altro. Poi l’adagiò a terra, e la studiò per quanto le condizioni di luce gli permettessero. Era stupenda. Candida. Bellissima e generosa come una dea pagana.
Le succhiò le labbra avidamente, poi scese sul collo, finendo presto per dedicarsi al seno, liscio e perfetto come l’aveva sempre immaginato. Temari lo lasciò fare. Chissà se si divertiva a vedere come se la cavava lui in quella situazione, magari lo stava mettendo alla prova. Probabilmente, dopo, lo avrebbe preso in giro.
Gli importava davvero?
Per tutta risposta il ragazzo le afferrò le cosce, aprendole e adagiandosi sopra di lei, con dolcezza, certo, ma anche con il fermo desiderio di farla sua immediatamente.
Quando la penetrò, poté sentire Temari sussultare appena, cercando di trattenersi. Quel tremito, instillò incertezza in lui. Che anche per lei potesse essere la prima volta, non lo aveva proprio pensato.
Poi Temari si alzò appena, e lo baciò delicatamente sul collo, come per dirgli che andava tutto bene, che non c’erano problemi.
 
Infatti andava tutto bene. E, infatti, non c’erano problemi. Temari era solo un po’ più donna di prima, e Shikamaru un po’ più uomo. E loro due… be’, loro due erano un po’ di più che “amici”.

 
 

 

FINE!

 

Un saluto a tutto THE BLACK PARADE!

Happy Birthday Mr Craybaby!
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Pantesilea