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Autore: Orange Dream    22/09/2011    2 recensioni
La mia prima AU. Ho bisogno di sapere se i personaggi sono IC o meno.
Shikamaru è un genio dello Shoji, tanto da arrivare alle semifinali dei campionati nazionali del Giappone. Essere intelligenti è una seccatura, ovvio, ma come può il ragazzo sapere che questa volta sarà in pericolo? Chi vuole usare il suo genio?
Genere: Angst, Avventura, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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Prigione di terra

Si nasce veramente solo quando si è liberi
 


Una seccatura. Essere intelligenti era una seccatura. Una vera e propria rottura, a dirla tutta.
Shikamaru osservava sbadigliando le macchine che passavano nel senso opposto al loro, veloci macchie colorate che scorrevano indistinte e indistinguibili, con una monotonia snervante.
La macchina dove si trovava lui non era rumorosa, del resto era un ultimo modello, silenzioso e veloce. I rumori di Osaka, grande e indaffarata città, arrivavano ovattati mentre l'auto saettava tra il traffico. Una radio costosa trasmetteva le note di una canzone con insistenza e Shikamaru faceva di tutto per distrarsi da quel ronzio onnipresente.
Asuma, seduto affianco a lui, interruppe il discorso che stava facendo con l'autista e si rivolse a lui -Non sembri molto entusiasta della possibilità che ti è stata offerta... eppure mi era sembrato di capire che ci tenessi...- gli sussurrò per non farsi sentire.
-Un conto è giocare a Shoji con l'amico di mio padre, vale a dire te, mentre è totalmente diverso gareggiare ufficialmente con i migliori campioni di tutto il Giappone... Io gioco per poter pensare e riflettere... vincere porterà solo altre partite e via così, temo che mi annoierò presto.-
-Fare il giocatore professionista ti porterebbe fama e successo... hai un destino invidiabile da parte di molti.-
-Non da me- ribattè Shikamaru, notando svogliatamente che la macchina color grigiofumo che avevano superato alla curva precedente era di nuovo riapparsa.
Asuma lo capiva. In effetti, tra tutti i suoi allievi, Shikamaru era quello a cui era più affezionato; insegnava in una scuola superiore a Tokyo e, sebbene Storia non fosse una materia seguita con grande entusiasmo, Shikamaru era quello che meglio memorizzava date e schemi di battaglia. Inoltre era il figlio del suo migliore amico Shikakau e Asuma lo conosceva da quando era appena un pupo. Sapeva che i lunghi pomeriggi passati a  giocare con lui gli avevano dato prova dell'eccezionale quoziente intellettivo del giovane Nara, ma gli avevano anche permesso di conoscerlo abbastanza bene da comprendere come quel viaggio fosse per il ragazzo estremamente stressante.
 
L'autista privato della Compagnia Nazionale di Giochi da Tavolo era stato mandato a prendere il vincitore dei provinciali di Tokyo, dove Shikamaru si era piazzato al primo posto senza nessun problema. Lo Shoji era un gioco molto seguito in quel momento, richiedeva astuzia e logica oltre che una buona capacità di previsione dell'avversario. Shikamaru trovava che giocarci gli consentisse di usare la mente in modo divertente per una volta... tutto era banale e semplice per lui che, senza volerlo, capiva al volo ogni soluzione.
Una mente così proficua però era anche nelle mani di un incorreggibile pesaculo.
Quante volte era rimasto sul tetto grigio di casa sua a osservare il cielo e le nuvole di passaggio? Interi pomeriggi buttati a osservare le placide masse bianche che si muovevano sopra di lui e ad invidiare come nessuno a loro mettesse fretta, mentre a lui era toccata una madre rompiballe e un padre che sembrava contento di avere una moglie tanto esigente e dittatoriale...
Pur assomigliando a suo padre, Shikamaru non sapeva davvero come facesse a sopportarla. Da quando si era fatto crescere i capelli li raccoglieva in un grosso codino che poi irrigidiva con il gel: l'acconciatura, sebbene bizzarra, gli stava bene perchè metteva in risalto la fronte alta e i lineamenti affilati ed intelligenti. I suoi stretti occhi castani erano costretti a roteare esasperati verso l'alto ogni volta che gli si chiedeva come mai tenesse i capelli così... che seccatura, sua madre non poteva pensare ai suoi di capelli?
Inoltre il nuovo look sembrava piacere molto alle ragazze... una certa Shio seminava bigliettini d'amore sotto il suo banco, mentre Tayuya, una ragazza bocciata l'anno precedente e che si trovava in un'altra sezione, lo provocava ogni volta che si incrociavano, anche con minacce.
Alla fine, per cedere alle domande insistenti della madre, aveva detto di essersi messo insieme con la sua compagna di classe Ino, la quale alle medie lo considerava un impopolare sfigato, ma che da quando le passava i compiti di matematica alle superiori sembrava essersi ricreduta, poi l'aveva conosciuta perchè erano in classe assieme e in effetti era maturata un po'... eppure a parte questo in lei era cambiato ben poco. Andare dietro ai ragazzi e pavoneggiarsi con abiti costosi era rimasto uno spasso irrinunciabile e, all'ennesima litigata perchè lei l'aveva tradito sentendosi trascurata, l'aveva mollata definitivamente, senza provare alcun rancore o astio. Erano in quarta superiore, non alle elementari. Anche se erano rimasti amici (il ragazzo le aveva pure suggerito qualcuno come possibile compagno) non ci avevano nemmeno più pensato di stare assieme.
Per fortuna però c'era Choji, un amico di infanzia che sembrava essere sempre d'accordo su tutto quello che Shikamaru diceva e che sopratutto trovava un modo semplice e per nulla seccante di motivare le sue preoccupazioni.
 
Per questo, una volta sceso dall'auto, a diversi chilometri da casa sua, Shikamaru rimase felicemente sorpreso nel vederlo.
-Hei Choji! Che ci fai qui?
-Ho pensato che una faccia familiare ti avrebbe alleviato la noia... - rispose Asuma, soddisfatto dalla reazione. Choji si pulì la bocca con il dorso della mano dalle briciole delle ultime patatine che aveva mangiato e mentre apriva un altro sacchetto indicò l'albergo dove sarebbe stato Shikamaru, un lussuoso e costoso hotel che, come la macchina, era stato messo a disposizione per gli ospiti del torneo.
Choji ed Asuma sarebbero stati in un appartamento lì vicino, ma quella sera per lo meno poterono passare una stupenda serata al ristorante Italiano di Osaka, dove Choji si abbuffò di pizza e spaghetti al ragù, mentre Shikamaru apprezzò soprattutto il dolce all'ananas che gli offrirono come augurio per l'indomani.
 
Quando Shikamaru fu finalmente solo in camera sua si lasciò cadere a peso morto sul letto, sentendo che era morbido e accogliente. Il viaggio lungo e la pesantezza del cibo gli facevano sentire le palpebre come macigni, ma si sforzò con gesti lenti e stanchi di disfare un po' la valigia e di buttare giù uno straccio di strategia per la partita della mattina successiva.
Si addormentò sulla scacchiera.
 
-Mamma non rompere... lasciami dormire un altro po'...
-Shikamaru!- insistette la voce.
Il ragazzo aprì leggermente un occhio e una lama di luce lo ferì, facendoglielo richiudere subito. Con un torcicollo impressionante Shikamaru alzò la testa e un pezzo di Shoji che gli si era incollato alla guancia cadde con un tonfo davanti a se. In un lampo ricordò la serata precedente, di come si fosse addormentato sfinito e della partita imminente...
-Shikamaru! Vuoi muoverti che tra cinque minuti inizia la tua partita?!?- Asuma sembrava davvero preoccupato.
Cominciamo bene... pensò Shikamaru passandosi le mani sugli occhi e sul viso. Se non altro era già vestito. In fretta e furia si spazzolò i capelli e si rifece la coda per rendersi presentabile e si precipitò in macchina, dove l'autista del giorno prima lo attendeva con uno sguardo seccato.
La sede dove si sarebbero svolte le gare non era lontana e presto vi arrivarono, parcheggiando però negli ultimi posti: il parcheggio era tutto pieno. Deglutendo Shikamaru pensò a quanta gente l'avrebbe osservato giocare e un brivido di ansia gli ricordò che se avesse perso avrebbe fatto una figuraccia mondiale visto che la partita veniva pure ripresa e mandata in onda... Che palle!
Una grande sala stipata di gradinate gli si presentò davanti e con uno sbuffo Shikamaru pensò al circo: si sentiva messo in mostra come un animale raro... il sorriso incoraggiante di Choji lo aiutò a salire sul palco, dove 5 tavoli con altrettante scacchiere pronte attendevano i giocatori.
La luce lo infastidiva parecchio e si rifletteva ovunque insieme ai flash delle macchine fotografiche, asfissianti insieme al brusio generale della folla. L'annunciatore diede il via alle semifinali e Shikamaru si trovò a giocare con un ragazzo più o meno della sua età, che con aria strafottente inziò la partita scoprendo già il Re.
-Ricordati il nome di chi ti batterà: io sono Sora.
-Come vuoi...- disse Shikamaru coprendo uno sbadiglio con la mano.
Venti minuti dopo il giudice che seguiva la loro partita annunciò la vincita indiscussa del Nara, sotto lo sguardo furioso dell'avversario.
Dopo di lui molti altri giocatori vennero sconfitti con facilità e Shikamaru si chiese se non avrebbe dovuto far durare le partite più a lungo, giusto per non attirare su di se troppi sguardi invidiosi.
La prima sessione di sfide si concluse e per quel giorno Shikamaru era libero. Ine mancavano ancora altri 6, poi sarebbe potuto tornare a casa... nel frattempo avrebbe avuto molte mattinate simili a quella e non gli faceva ne caldo ne freddo. L'unica cosa che davvero gli dispiaceva era che da quella città inquinata nemmeno una nuvola si riusciva a distinguere dal fumo.
Accettò con sorrisi e strette di mano i compimenti che gli vennero rivolti mentre si allontanava dalla sala e firmò persino un autografo. Non si era mai sentito tanto imbarazzato in vita sua, decisamente mettersi in mostra non faceva per lui.
Almeno Choji ed Asuma erano sempre loro e quando si riunirono Shikamaru fu ben felice della familiare pacca sulle spalle del suo robusto amico e del sorriso di approvazione del suo professore. Non si aspettava nulla di più. Non voleva nulla di più.
Al ritorno l'autista guidava più lentamente dei giorni precedenti, così Shikamaru poté chiacchierare indisturbato con Choji di quanto fosse seccante la luce al neon che aveva avuto negli occhi fino a un momento prima o semplicemente per rilassarsi un po'.
Una curva più brusca del solito riscosse Shikamaru dai suoi pensieri, facendolo voltare verso il finestrino, dove una macchina stava passando proprio in quel momento: una grossa macchina girgiofumo.
-Non sembra la strada che abbiamo fatto all'andata... - protestò ad un certo punto Asuma ed indirizzando all'autista uno sguardo interrogativo.
-Siamo quasi arrivati- rispose quello impassibile e in effetti una stradina e due curve dopo la macchina si arrestò all'improvviso.
Asuma scese e si guardò intorno: erano in un vicolo cieco e poco trafficato.
-Dove accidenti siamo?- chiese, facendo il giro della macchina per trovarsi faccia a faccia con l'autista. Quello per tutta risposta scese ed estrasse un cellulare rosso dalla tasca della giacca, premendo un unico pulsante. Shikamaru, che stava per scendere anche lui, si arrestò vedendo che la stessa macchina scura che li aveva seguiti fino ad allora stava svoltando anch'essa nel vicolo, sgommando poi sull'asfalto in modo da porsi a blocco dell'uscita. Erano in trappola.
Con il cuore in gola Shikamaru ordinò a Choji di abbassarsi e non muoversi di un millimetro, poi scese dalla macchina e fronteggiò insieme ad Asuma i nuovi arrivati.
Un uomo dai capelli color platino, alto e molto pallido indirizzò un'occhiata all'autista, indicando poi con il mento Shikamaru. -Sì è lui- rispose l'autista nervoso - Dove sono i miei soldi?-
Un altro uomo scese dalla macchina, aveva i capelli castani e gli occhi verde smeraldo, ma era l'inquietante sorriso affabile che aveva stampato in volto a mettere soggezione. Si avvicinò con una ventiquattr'ore di metallo e fece il gesto di estrarre delle banconote, ma il suono duro di uno sparo attutito da un silenziatore cambiò istantaneamente l'espressione dell'autista che si congelò per sempre in un muto terrore. Il corpo cadde a terra con un tonfo lugubre mentre una grossa macchia di sangue si allargava sotto di esso.
Asuma urlò e spinse Shikamaru dietro di se, facendogli scudo.
-Chi cazzo siete?!? Cosa volete da noi? Non abbiamo soldi, lasciateci andare!-
-Noi? Noi non vogliamo nulla... almeno da te- replicò tranquillamente l'uomo con i capelli platino.
-Noi vogliamo il ragazzo... consegnacelo o Kakuzu dovrà dare anche a te un biglietto di sola andata per l'inferno.- Asuma a quella richiesta ringhiò che se si fossero anche solo avvicinati a Shikamru gli avrebbe rotto il culo in quattro e con uno spintone lanciò il ragazzo oltre il cofano della loro auto per poi ripararsi anch'esso.
Il ragazzo cercò in tutti i modi di pensare a qualcosa, di venire a capo di quella situazione di merda, ma la sua mente sembrava bloccata dalla paura, un nodo alla gola faceva scendere l'aria a dolorosi  spezzoni nei suoi polmoni, si sentiva legato a una morte certa... ma ancora di più temeva di aver condannato involontariamente anche Asuma a Choji. Perchè lo volevano? Chi erano quegli uomini? Avevano ucciso una persona cazzo!
-Chiama la polizia!- gli disse Asuma in un soffio.
I passi lenti dei due uomini rimbombavano sulla strada mentre si avvicinavano, armati e minacciosi.
Asuma fece uno scatto repentino verso il cadavere che ancora teneva in mano le chiavi della macchina, le afferrò mentre Shikamaru componeva il numero sul suo cellulare, ma uno sparo, letale, quasi silenzioso e infinitamente lungo tagliò l'aria in modo netto.
Shikamaru alzò gli occhi per vedere paralizzato la lenta traiettoria del corpo di Asuma, il suo maestro cadere faccia avanti verso di lui, in un ultimo disperato gesto di lanciargli le chiavi. Un urlo che veniva dal suo cuore, dalla sua gola, ma che Shikamaru produsse senza sentire, accompagnò il volo che fecero le chiavi verso di lui. Il tintinnio sull'asfalto. Le risate del tizio platinato. Non esistevano suoni, solo il sordo rombare del sangue nelle orecchie. 
Shikamaru senza pensare, senza riflettere, lasciò cadere il cellulare a terra e si lanciò verso il suo maestro riverso faccia a terra in un lago di sangue. Le mani gli tremavano, il cuore non smetteva di battere tanto forte da far male e gli occhi sbarrati del giovane osservarono terrorizzati quelli del suo maestro, quasi un padre per lui, chiudersi lentamente.
-Sono sempre...stato fiero di... te.-
Un singhiozzo strozzato fu l'ultimo suono che Asuma Sarutobi emise.
Shikamaru posò delicatamente a terra il corpo e con un gesto carico di rabbia, dolore, paura, sofferenza, si lanciò contro i due uomini. Li avrebbe distrutti, rovinati, bruciati, fatti a pezzi e sotterrati con  i vermi! 
-BASTARDI!
Scagliò un pugno come aveva imparato a Judo l'anno prima, ma Kakuzo lo intercettò in un attimo e gli torse il polso. -Hidan, bloccalo!-
L'altro lo colpì forte alla bocca dello stomaco e Shikamaru vide un lampo nero attraversargli gli occhi prima di cadere in ginocchio, sbucciandosi. Ma ignorò il dolore e si rialzò ancora, usando l'altra mano per colpire l'avversario, mentre effettuava anche un calcio diretto al ginocchio, e se Hidan evitò il pugno non vide la scarpa di Shikamaru colpire duramente la rotula con un suono secco.  Tenendoselo Hidan gli diede un pugno sul ventre già ferito, facendogli perdere l'equilibrio, e poi riempendolo di calci insieme a Kakuzu una volta a terra.
-Fermatevi!-
Cazzo no! Pensò Shikamaru. -Vattene Choji!-  Il ragazzo stava in piedi dritto davanti a loro, il volto rigato da lacrime di rabbia.
-Maledizione Kakzu... quel maiale ciccione ci ha visti... occupatene tu.-
L'individuo, massiccio come un lottatore, avanzò prontamente dove aveva lasciato cadere la pistola, ma una sirena interruppe la scena in quel momento. Il cellulare di Asuma doveva aver chiamato la polizia e la confusione della colluttazione aveva attirato i poliziotti!
Kakuzu raccolse veloce la pistola, sparò un colpo diretto a Choji, senza mirare. E andò a segno.
Il ragazzo cadde tenendosi il petto con entrambe le mani.
-Choji!!!
-Choji... poverino... il tuo amichetto sta per morire... andiamocene Kakuzu, gli sbirri saranno qui a momenti, lascialo perdere è spacciato!- 
Il compare ritornò da loro – Non osare darmi ordini- gli sibilò prima di dare un secco colpo con il calcio della pistola sulla nuca di Shikamaru che resistette come potè, ma poi la coscienza venne meno e le botte lo accecarono, facendolo finire in un abisso di tenebre.

 
Un sapore metallico e salato gli riempiva la bocca. Con un sussulto Shikamaru sputò un grumo di sangue sul pavimento lercio davanti a sé, riscuotendosi dal topore.
Era legato a una sedie di legno, i polsi erano così stretti che non sentiva più le mani.
-Dove...-
-Sei sveglio.-
La stanza era in penombra, solo una scassata lampadina pendeva dal soffitto.
-Chi sei? Fatti vedere!-
Un dolore al petto continuava a stritolarlo e non erano le corde. Era la sofferenza che minacciava di sopraffarlo per la morte di Asuma e forse... anche di Choji. Non poteva fare nulla per loro, tanto valeva non pensarci.
Una ragazza spettinata, con quattro codini scompigliati e un vestito da spogliarellista nero fatto di rete e cinghie, con una frusta legata al fianco, si avvicinò a lui, per nulla turbata dal suo abbigliamento.
-Chi cazzo sei?-
-Temo che tu non sia nella posizione di pretendere qualcosa...- mormorò lei con voce triste. Non c'era superbia o presa in giro, era solo una costatazione.
-Comunque sono Temari... non mi sembrava fossi messo tanto bene, i mie padroni non ci vanno di certo leggeri... ti ho medicato le ferite, ma ho dovuto tenerti legato, ora ti slego, ma ti avverto: è inutile provare a scappare da questa stanza, siamo chiusi dentro.-
Si avvicinò decisa e con mani abili sciolse il nodo che lo teneva stretto. Anche volendo Shikamaru non sarebbe riuscito a stare in piedi.
-Hai una costola incrinata- La ragazza lo trascinò debolmente sul letto dietro di loro e lo aiutò a distendersi. Shikamaru era a disagio per il vestito (se si poteva definire tale) che indossava la sua aiutante, ma si diede dello stupido per pensare a certe cose in un momento del genere e si concentrò a camminare fino alla branda.
-Non so perchè tu sia qui, ma qualsiasi cosa sia soddisfa i miei padroni, non ho tempo per medicarti altre volte.- Disse Temari e senza un sorriso o uno sguardo fece per farsi aprire la porta, quando Shikamaru la riprese 
-Grazie- mormorò. 
Lei tornò indietro e gli diede un violento sberlone sul viso, facendogli parecchio male. 
-Ma...che cazzo ho detto?- sbottò lui furioso.
-Non mi ringraziare. Ti ho preparato al tuo giorno di torture, che può essere l'ultimo come il primo di una lunga serie.- Si avvicinò minacciosa e nella scarsa luce della stanza Shikamaru vide i chiari occhi verde acqua fissarlo rabbiosi
-I miei padroni sono crudeli e  fieri di esserlo e io sono stata educata a ringraziare quando mi maltrattavano. Dovevo ringraziarli per divertirli. Non mi sembra di aver fatto altrettanto con te, quindi non fare altrettanto, per me “grazie” è solo una parola per prendermi per il culo. 
Ucciderti sarebbe stato un gesto di cui ringraziarmi sul serio, invece ti ho curato e tu non sei nulla, solo altra carne in questo inferno, vedi di non farti un'idea sbagliata, io non sono la balia di nessuno- Nonostante la voce dura e aspra un lampo di dolore passò negli occhi smeraldini prima che Temari mollasse il bavero del giovane e si dirigesse a passi pesanti verso l'uscita, la quale si aprì alla sua voce, lasciando Shikamaru di nuovo solo con la penombra dolorosa che lo circondava.
Un odore di muffa stagnava nella stanza e il pavimento lercio era ora cosparso di bende e scarti di cerotti, oltre che del disinfettante finito. 
Shikamaru si guardò il corpo e vide che delle bende gli stringevano il torace e una gamba, mentre vari cerotti attaccati alla cazzo gli pendevano dal viso e dalle spalle. Era in boxer, dei suoi vestiti nemmeno l'ombra.
La gola secca e riarsa lo tormentava e così la fame. Quanto tempo era rimasto svenuto? Provò ancora a mettersi in piedi, ma non riuscì a sollevarsi. Sarebbe dovuto per forza rimanere disteso. Umiliazione e rabbia lo invasero, lo resero pieno di odio e si sommarono al dolore fisico. Sentiva la  furia ribollirgli nello stomaco, ma urlare non sarebbe servito a nulla, doveva recuperare le forze.
E capire che cazzo volevano da lui.
 
Dopo un tempo indeterminato Shikamaru si svegliò di soprassalto. Aveva provato in tutti i modi a non prendere sonno, ma era caduto sopraffatto dalla stanchezza. L'improvviso sbattere della porta lo riscosse: due uomini si avvicinarono prendendolo di peso e Shikamaru ne memorizzò i lineamenti: uno con i capelli rossi e che si muoveva a scatti come una marionetta e un altro, biondo, con un lungo ciuffo e un modo di fare strafottente. Lo spinsero senza troppi riguardi per corridoi bui e poco illuminati, Shikamaru soffriva da morire ad ogni passo, ma non poteva fermarsi.
 Finalmente in una bassa stanzetta verde di fermarono, la luce diffondeva un alone grigiastro intorno a loro. Era una costruzione opprimente e Shikamaru penso seriamente di essere sottoterra visto che non una sola finestra si trovava nel percorso che avevano seguito.
Un uomo alto con lunghi capelli neri e occhi altrettanto cupi sedeva su una costosa poltrona in pelle dietro una scrivania.
Shikamaru fu gettato a terra, dove cadde rovinosamente. 
-Inchinati- sghignazzò lo scagnozzo biondo. Shikamaru per tutta risposta sputò ai piedi del tizio in poltrona, ricevendo un forte pugno dietro alla testa che lo fece cadere ancora più in avanti.
-Una volontà di ferro... - ironizzò lo sconosciuto, che Shikamaru aveva capito essere il capo – Ma il ferro si può piegare, e anche tu ti piegherai ragazzino, non dubitarne.-
-Cosa volete da me?!?-
Un gesto dall'uomo seduto e Shikamaru ricevette un altro colpo in testa.
-Obbedienza. Primo: taci-
Shikamaru lo fissò astioso, ma non replicò: doveva studiare il proprio nemico.
-Io sono Madara Uchiha. Avrai sentito parlare della mafia giapponese? Io penso di sì... ti abbiamo scelto per un motivo dopotutto... sei intelligente, molto intelligente. Non uno di quei bambini che giocano al computer tutto il giorno... tu ci servi.-
Madara si alzò lentamente, portandosi una tazza di caffè alle labbra. La sete tremenda di Shikamaru si fece sentire nuovamente, amplificata dall'aroma della bevanda.
-Intendiamo fare solo il nostro lavoro... siamo degli onesti mafiosi dopotutto... e abbiamo appena identificato in te un ragazzo abbastanza sveglio da aiutarci: tu Shikamaru Nara progetterai per noi i furti e le rapine, i piani di evasione e di scambi. Basterà addestrarti un po', ma obbedirai a noi come un cane fedele... non temere. La tua vita dipenderà da questo d'ora in avanti, non sei contento? Hai l'opportunità di servire veramente a Shikaku e Yoshino Nara...-
-C-cosa?- si strozzò Shikamaru, perdendo tutto il fiato che aveva nei polmoni.
-Sì Shikamaru, sappiamo della tua famiglia, dei tuoi amici... ora dipendono tutti da te.-
Un tremito irrefrenabile prese Shikamaru affondando in lui come lame di ghiaccio insieme a brividi di sudore freddo. Era spacciato. Il suono di quei nomi l'aveva pietrificato.
-Cominciamo domani... Deidara, Sasori, riportatelo nella sua stanza e fategli portare qualcosa da mangiare... che non si dica che l'Akaktsuki tratti male i suoi ospiti...-
 
Shikamaru cadde di nuovo nella propria stanza, a terra. Provò a strisciare fino al letto, ma a metà strada dovette fermarsi a riprendere fiato. Il fianco destro gli dava delle fitte lancinanti.
Si trascinò ancora sul pavimento sudicio. Uno scarafaggio enorme gli passò su una mano sudata e lui lo schiacciò con rabbia. Una rabbia che non trovava sfogo. 
Non riuscì ad arrampicarsi sul bordo del letto. Ci provò, ma una fitta più intensa lo fece cadere a terra ancora, stringendosi il torace.
-Ti avevo detto di non farti più picchiare...- gli disse una voce nota.
-Temari... - borbottò Shikamaru
-Chi ti aspettavi? Oltre a me solo i miei fratelli si occupano dei prigionieri... in altri modi però. 
Se vedi uno con i capelli castani sai che è mio fratello Kankuro: lui picchia. L'altro, quello con i capelli rossi, fa domande. Io a volte aiuto entrambi, ma spesso curo quelli troppo malconci... ora sai che succederebbe se li vedessi... ma del resto per noi è un ordine.-
-Ordine?- riuscì a esalare Shikamaru mentre lei lo aiutava ancora una volta  a distendersi.
-Ordine. Anche tu avrai avuto degli ordini-
-Sono dei criminali... vogliono che li aiuto nelle rapine... Ah!-
-Non muoverti, fai peggio. Devi restare il più fermo possibile. Non te lo ripeterò ancora.-
-Mi costringono loro a muovermi! Mi hanno trascinato dal loro capo...-
-Hai visto Madara?- chiese lei con voce piena di preoccupazione.
-Sì...-
-...- Temari sbuffò forte e raccolse un vassoio che aveva lasciato all'entrata: spinaci e un brodo marrone non identificato. - Non c'è acqua perchè hai già il brodo.- spiegò.
Shikamaru si avventò sul cibo con voracità, spazzolando tutto e senza fermarsi al pessimo odore e sapore che avevano le pietanze.
Temari raccolse il vassoio vuoto e se ne andò.
Shikamaru si trovò a riflettere sul comportamento della ragazza: lei era l'unica con un po' di umanità là dentro. Aveva detto che eseguivano degli ordini. Non ne sembrava felice. Non tanto per cosa le era comandato, visto che nemmeno di suo era tanto dolce... lei non sopportava eseguire degli ordini, e Shikamaru lo capiva perchè era una cosa che detestava anche lui.
Il lampo di dolore che le era passato negli occhi la sera prima gli ritornò alla mente. Avrebbe dovuto conoscerla meglio, probabilmente era la sua unica speranza per uscire da là.
Si addormentò ancora in un sonno agitato e spesso interrotto dalle scosse di dolore provenienti dal costato. Dopo un tempo che ancora una volta risultò incalcolabile Shikamaru sentì dei suoni metallici contro la parete. Urla, gemiti, richieste di pietà... Un rumore lungo, straziante, che gli impedì di dormire. Immaginò che qualcuno stesse venendo torturato e il pensiero che, se fosse scappato, lo stesso avrebbero fatto con la sua famiglia, lo atterrì. Una lacrima, poi un'altra e un'altra ancora gli corsero agli occhi. Si era trattenuto fino a quel momento, non ce la faceva più. Il mondo sembrava divenuto un unico incubo senza fine: Asuma, Choji, la prigionia... si sentiva troppo impotente. Quando le urla cessarono e il silenzio si fece ancora più pesante, continuò a piangere anche nel sonno, mentre sognava la sua famiglia torturata, divisa, uccisa...
-Ehi Crybaby... - una voce bassa lo riscosse. Non si era accorto di essersi ancora addormentato.
-Si parlo con te crybaby, sono venuta a prenderti, devo portarti da Itachi.-
-E chi è Itachi?-
-Un membro della banda- 
Shikamaru si passò una mano sulla fronte, la sentì bollente -perchè sei venuta tu?- chiese aspro e pieno di rancore per essere stato visto piangere. Lei sussultò difronte a tanto astio e rispose infastidita, come se non se lo fosse aspettato -ordini, e vedi di obbedire ai tuoi e di non darmi rogne.-
Lo fece alzare e lo sostenne fino a un'altra stanza. Conosceva il percorso bene perchè Shikamaru non vedeva nulla e si affidò totalmente a lei.
 
Una stanza circolare con un uomo alto e con lunghi capelli corvini lo accolse, gelida. Ancora nessuna finestra, dovevano proprio essere sottoterra. 
Temari lo lasciò solo e Itachi gli mise davanti senza una parola la piantina di una banca con segnati tutti gli antifurti e il modo in cui si attivavano.- Come penetreresti qui? Hai 3 ore di tempo per pensarci.-
Anche l'uomo lasciò la stanza, chiudendo a chiave la porta dietro di se e sigillando la mente di Shikamaru a quell'oscuro compito.
 
Tornò puntuale 3 ore dopo insieme a Kakuzu. Al vederlo Shikamaru  strinse i denti. Lo odiava come odiava Hidan, ovvero più forte che chiunque altro. Ma questi non ebbero da lamentarsi: in tre ora il ragazzo aveva ragionato sui tempi di accensione di ogni antifurto e trovato tre possibili modi per penetrare nella banca: dal sotterraneo, da una via della manutenzione o dal condotto dell'aria.
Soddisfatti i delinquenti se ne andarono, lasciando che Temari lo accompagnasse nuovamente alla sua prigione.
Mentre la ragazza lo sosteneva Shikamaru notò un particolare che prima gli era sfuggito al buio: Temari aveva una grossa botta violacea intorno al collo, come se qualcuno avesse tentato di strangolarla. Si tenne le sue domande finchè non fu di nuovo a letto:
-Che hai al collo?-
-Cazzi miei, non ti immischiare-
-No, dimmelo.- replicò Shikamaru testardo
-Cosa?- chiese Temari, come se davvero non potesse credere che Shikamaru le avesse dato un ordine. Si avvicinò e fece per tirargli un altro schiaffo, ma lui la bloccò e la tirò a se con un grosso sforzo. - Chi ti ha fatto del male?-
-Tu!- esplose lei con un sorrisino senza gioia, fatto tanto per prenderlo in giro. - Ho insistito che non ti trascinassero più per i corridoi e guarda cosa ho ottenuto: doverti portare io e una minaccia di morte se ti avessi lasciato scappare!-
Shikamaru la lasciò andare con la bocca semiaperta dalla sorpresa e Temari incurvò le sopracciglia a fissarlo.
-Ho finito le mie esibizioni allo spogliarello per oggi... non voglio andare nella mia stanza, Gaara e Kankuro stanno lavorando.-
-Resta.-
-Non serva che me lo dica tu di certo- ribattè lei orgogliosa.
Shikamaru sorrise di fronte a tanta testardaggine.
-Che lavoro fai qui di preciso? Non credo che curi soltanto i feriti con ciò che hai addosso.-
-Mi stai dando della puttana?-
-No...ecco... lo sei?-
-Più o meno- disse quella divertita dalla faccia rossa di Shikamaru.- Faccio degli spettacoli ma niente sesso per fortuna... mi basta e avanza mentre muovo il culo in faccia a quei maiali... tanto la mia dignità è già andata in malora...- Shikamaru tanta asprezza in una voce non l'aveva mai sentita.
-La dignità di una persona non la fanno gli altri, ma la persona stessa. Sei decisa e sicura di te... non ti arrendi a questa situazione...infatti mi hai aiutato.-
-Devo ripeterti di non farti strane idee? Per me contano solo i miei fratelli qui dentro.-
-Come ci siete finiti a lavorare per questa gente?- la interruppe Shikamaru.
Temari lo guardò con una strana espressione, si strinse nelle spalle, come se avesse deciso tra se che tanto non cambiava nulla dirglielo, e parlò – Nostro padre ci ha venduto per debiti di gioco. Io sono la più grande e allora avevo 6 anni.-
-Mi dispiace-
-Non cambia nulla anche se ti dispiace-
-Lo so-
Temari si alzò stanca dalla branda dov'era seduta, si lisciò il vestito a rete che indossava e con un'ultima occhiata alle spalle uscì dalla stanza, chiudendola a chiave prima di addentrarsi negli stretti ed angusti corridori della prigione che aveva dovuto accettare come casa.
Camminò svelta senza più badare alle grosse ragnatele che da bambina la spaventavano o al freddo ed umidiccio spiffero che risaliva il corridoio, unico condotto d'aria là sotto. Vivere sottoterra come una talpa l'aveva resa così desiderosa di spazi aperti e di poter vedere il cielo e le nuvole che si era ripromessa tante volte che una volta uscita da quel postaccio sarebbe tornata al deserto che l'aveva vista nascere: niente più pareti e soffitti bassi claustrofobici, solo spazi aperti alla libertà.
Aveva una voglia così grande di sentirsi libera e indipendente da quel mondo oscuro che la usava per i suoi scopi... invece la realtà era così dolorosa da sopportare da renderla davvero insensibile a tutto. Non provava pena per quel nuovo ragazzo, nemmeno sapeva il suo nome. Se non fosse stato per i suoi fratelli, di cui si era dovuta occupare mentre erano piccoli, avrebbe perso ogni barlume di sentimento che non fosse utile a vivere là sotto. A Gaara era successo e lei non spaeva più che fare per togliere l'odio dagli occhi di quel ragazzo.
Raggiunse la sua camera spoglia, le pareti vuote e incombenti su di lei. Si prese la testa tra le mani come per non sentire più il silenzio che la circondava, che premeva su di lei prepotente, con la forza di annientarla. In quel momento entrarono Gaara e Kankuro che a vederla così si preoccuparono. Loro erano pieni di sangue non loro, ma nonostante questo la abbracciarono. Il sostegno era una cosa che si davano raramente: abituarsi a una vita complicata era molto più facile che cercare di evitarla sapendo che non avevano la forza per migliorare veramente qualcosa.
 
Anche Shikamaru cominciò a sentirsi male per la mancanza del cielo, ma almeno le ombre ed il buio non lo disturbavano. Dovevano essere vari giorni che era là sotto. Aveva progettato un altro piano dopo che il suo primo era andato a segno... si era sentito malissimo quando glielo avevano detto, aver causato la morte di dieci poliziotti e il furto dei soldi che servivano a varie famiglie lo faceva stare male, era colpa sua...
Inoltre il senso di preoccupazione che aveva per Choji aumentava di giorno in giorno: Itachi era infiltrato nella polizia e aveva scoperto che il ragazzo non solo era sopravvissuto, ma aveva anche memorizzato la targa dell'auto sulla quale avevano portato via Shikamaru.
Ancora una volta Shikamaru si disse che non poteva farci nulla. Senza che lui lo sapesse passarono ben tre mesi dal suo sequestro. Shikaku e Yoshino si erano rivolti ai migliori investigatori, ma i risultati erano pochi e sparsi.
 
Temari continuò ad essere l'unico legame umano che  Shikamaru avesse là sotto e che gli prestasse un po' d'attenzione. Le disse il suo nome, le parlò di quanto trovava bello e rilassante fissare il cielo, di quanto temesse per il suo amico e per la sua famiglia...
La ragazza lo fissava senza dire mai nulla, apparentemente senza nemmeno provare nulla. Costretta a una vita dove i sentimenti non contavano le era difficile esprimere qualcosa. Eppure non voleva mostrarsi bisognosa di quei racconti e spesso se ne andava piantandolo in asso e cercando di convincere prima di tutto se stessa di essersi stufata.
 Quella ragazza era imprevedibile e cocciuta: diceva sempre che non le importava un accidenti della sua storia e poi lo ascoltava... Era davvero una selvaggia e come se non bastasse lo prendeva per il culo e Shikamaru di certo non sopportava che una ragazza osasse tanto. Zittirla con battute stupide era fuori discussione perchè, sebbene Temari non potesse avere lo stesso QI di Shikamaru, era comunque molto sveglia e sagace.
 
Un giorno ( o forse una notte, non poteva saperlo) Shikamaru era in camera sua, bagnato fradicio dopo la sua unica breve e fredda doccia settimanale, quando Temari irruppe dentro, chiudendo svelta la porta dietro di se. Le lacrime agli occhi verdi correvano forti, disperate. Senza badare al fatto che shikaamru cercava qualcosa da mettersi e intanto imprecava, corse da lui e lo abbracciò così forte che il ragazzo sentì la costola quasi guarita dare segni di insofferenza.
-Ma che cazzo... Temari, che diamine è successo? Sono nudo come un verme, aspetta un attimo!-
Ma la ragazza continuava a piangere con singhiozzi da adulto, trattenuti, spezzati, non riusciva a calmarsi. Mai in tutti quei mesi Shikamaru l'aveva vista così: piuttosto aveva sempre avvertito la sua fragilità nascosta dietro a tanta finta aria di superiorità, ma lei piuttosto che rivelargliela si sarebbe staccata un braccio. E ora gli piangeva addosso. Era una situazione assurda. 
Con un sospiro Shikamaru la scostò delicatamente da se e la posò sul letto, prese un asciugamano da legarsi intorno alla vita e si distese affianco a lei. Temari aveva smesso di singhiozzare e solo la macchia bagnata sul suo materasso indicava che avesse pianto. Si tirò su risoluta, i capelli sciolti dai suoi soliti codini e ancora più spettinati. Il trucco pesante era sbavato e una spallina del suo corsetto rotta.
-Che è successo?-
-... devo andare-
-No! Tu ora resti qui e mi dici che diamine è successo.-
Temari lo guardò decisa, non avrebbe mai ubbidito eppure... eppure Shikamaru era il primo ragazzo che le chiedeva chi fosse lei veramente... in quei giorni, in quelle settimane in cui l'aveva aiutato persino ad andare in bagno (con grandissime proteste del ragazzo e grande ilarità da parte sua) l'aveva conosciuto davvero bene, arrivando a dispiacersi di averlo chiamato Crybaby in una situazione tanto drastica, ma senza smettere di farlo, per provocarlo... Credeva di non aver bisogno di nessuno, di potersela cavare da sola, che nessuno l'avrebbe piegata e poi... poi in mezzo a tutta quell'angoscia aveva trovato Shikamaru, anzi lui aveva trovato lei. Shikamaru era stato un vero amico: insistendo, tenendole testa anche quando questa minacciava di picchiarlo, sfidandola con battute e frasi che la facevano sentire normale si era quasi sentita una ragazza come le altre... o come immaginava almeno che fossero le ragazze che erano cresciute in una vera casa e con dei genitori che le volevano bene... fu per questo, per il bisogno che sentiva di sfogare tutta la libertà che le mancava e il bisogno di lasciarsi alle spalle la vita da schiava che lei non aveva mai accettato che parlò.
-Volevano che mi prostituissi. Io mi sono rifiutata, non volevo che mi fosse tolto anche questo per soddisfare quel grasso magnate... volevano... volevano obbligarmi e Kankuro e Gaara... gli è stato ordinato di tenermi ferma e invece hanno attaccato Hidan e Kakuzu, li hanno pestati. Poi però sono arrivati gli altri e allora sono stati i miei fratelli a essere picchiati. Non posso andare da loro, sono chiusi in camera e il magnate è andato via con il naso fratturato... non so cosa succederà...Non possono fare del male a Gaara o Kankuro... non possono...-
-Non possono continuare a tenerti prigioniera. Ne te ne i tuoi fratelli, scappiamo, ora Temari! Andiamo da loro e portiamoli fuori, ho un piano.-
-Non deve fallire, o siamo tutti morti, i miei padroni...- Shikamaru le prese la testa tra le mani con dolcezza, ma anche con fermezza.
-Tu non hai padroni, non ne hai mai avuti, sono stato chiaro?-
Forse Temari stava per ribattere.
Forse avrebbe detto che non serviva che glielo dicesse lui.
Di sicuro accolse il bacio sucessivo come un assetato cerca l'acqua, rispose alla sicurezza che cercava di dargli Shikamaru con passione, come per dimostrare che era lei quella più sicura e decisa. 
Eppure il Nara la sentiva così fragile tra le sue braccia che non la riconosceva nemmeno, però sentiva che era sempre lei, quella forte, orgogliosa, coraggiosa e testarda ragazza con negli occhi verde acqua racchiudeva il colore della libertà.
 
Corsero fino alla camera chiusa a chiave che Temari condivideva con i fratelli e Shikamaru la buttò giù con una spallata. Gaara e Kankuro si tenevano la pancia, entrambi feriti da un taglio orizzontale all'altezza del ventre, ma non era mortale se curati subito.
Shikamaru strappò in due un lenzuolo e lo avvolse intorno a Kankuro, mentre Temari si occupava di Gaara. Lo bendò stretto e poi lo aiutò ad alzarsi. Kankuro una volta era stato costretto a picchiarlo perchè uno dei piani criminali che Shikamaru era stato costretto a prepare era fallito, ma poi si era scusato attraverso Temari. I fratelli comprendevano che quel tizio con la coda ad ananas doveva valere molto per la loro sorellina se riusciva addirittura a farla sorridere.
Incespicarono lentamente verso l'uscita. Temari era l'unica che poteva ricordarsela, dunque stava davanti a tutti e procedevano in silenzio, tesi e spaventati. L'aria si fece più respirabile e fresca man mano che salivano delle scale, ma per Gaara e Kankuro erano un supplizio, il dolore era forte ed il sangue lasciava una scia dietro di loro. Erano sempre più pallidi.
Temari, agitata, corse avanti per vedere la porta e finalmente la trovò: chiusa.
Si fermarono sul pianerottolo in cima a delle scale, ansanti.
-Qual'è il tuo piano ora genio?-
-Lasciami fare...- Shikamaru tirò fuori un filo di ferro piegato in modo da forzare una serratura, aveva strappato una molla del letto.
Con pazienza ed abilità la piegò ancora per adattarla alla serratura. Forzava e modellava, forzava e modellava finchè con un sorriso di trionfo il filo non si adattò perfettamente. Cominciò a girare, ma in quel momento delle voci dall'altra parte della porta li fecero indietreggiare: stava arrivando qualcuno!
La porta si aprì verso l'interno e prima che fosse aperta del tutto Temari  la respinse con forza all'esterno, colpendo violentemente in faccia chi la stava aprendo. Kakuzu cadde a terra tenendosi il naso sanguinante, ma tutti gli altri si avvicinarono con foga, pistole alla mano. Temari li precedette ed uscì per prima.
-Al fuoco! Ha preso fuoco la sala con le poltrone rosse, un corto circuito! -
Si sentirono le voci concitate dei membri della banda: c'era tutto il bottino di quell'anno e i piani futuri là dentro! 
Shikamaru, Gaara e Kankuro si nascosero dietro la porta che anche aperta al massimo sbatteva contro la parete, creando un triangolo stretto di spazio tra muro e legno. Come previsto la banda si precipitò a salvare il salvabile e loro poterono uscire velocemente. Ma non avevano ancora chiuso la porta alle loro spalle che Madara, voltandosi di scatto ordinò di tornare indietro: il sangue che i ragazzi feriti avevano perso era stato notato.
Il più vicino a loro però, Deidara, scivolò sul gradino dove si trovava, rovinando addosso a tutti gli altri e le strette scale formarono uno scivolo dove si travolsero tra di loro.
Shikamaru uscì, sbarrò la porta con un'asta di acciaio che era a terra e corse via con gli altri.
Erano in mezzo a una discarica di automobili e il pomeriggio tardo faceva già vedere la luna in cielo. Il fiato si condensava in fitte nuvolette davanti al loro viso, i rumori della città erano così lontani eppure non c'era suono più melodioso...
L'incubo era finito. 
 
-Allora Crybaby era questo il tuo piano? Non credo che sarebbe riuscito così bene senza di me...-
Erano soli in una camera d'ospedale. Shikamaru stava aspettando l'arrivo dei suoi e già immaginava la madre, arrabbiata, felice, troppo contenta per immaginarsela, incitare Shikaku ad andare a 200 all'ora per arrivare prima e vedere suo figlio, ritornato proprio nel giorno del suo compleanno. Choji aveva collaborato con la polizia per il ritrovamento ed era stato presente all'arrivo di Shikamaru in ospedale.
-Hai ragione... sei stata utile.-
-Non come te invece...-
-Già.-
-Sei una seccatura Crybaby-
-Veramente questo dovrei dirlo io...- rise lui
Temari si avvicinò con una faccia che non ammetteva repliche -Tu non mi hai mai visto piangere.-
-Certo Seccatura, tutto quello che vuoi.-
Temari lo spinse sul letto candido della stanzetta, e Shikamaru si sistemò meglio. Dovano stare al buio perchè la luce lo accecava. Temari era abituata a stare sotto i riflettori, così come Kankuro e Gaara usavano la luce nei loro interrogatori, ma Shikamaru era sempre stato pressochè al buio, e ora temeva per la sua vista.
Per fortuna non servivano gli occhi per baciare.
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Temari sarebbe poi stata accolta insieme ai suoi fratelli in casa Nara, dove avrebbe ricevuto un'istruzione e un'ottima accoglienza. Yoshino e la ragazza avevano lo stesso carattere, quindi se nessuna delle due voleva cedere a volte si finiva davvero in una guerra senza quartiere, ma anche litigare, si sa, fa parte di una famiglia. Questo ovviamente finchè Temari potè prendersi un appartamento suo (o quasi...).
I funerali per Asuma si erano tenuti mesi prima, ma sulla sua tomba Shikamaru trovò Kurenai, con suo figlio appena nato in braccio e l'aiutò a sistemare i fiori. Divenne in seguito il padrino del piccolo.
Temari gli fu accanto in quei momenti difficili, ma anche in altri molto più belli, e sopratutto non fu più costretta a fare nulla, nemmeno ad amare.
 

The End

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