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Autore: Impulse    22/09/2011    2 recensioni
Dicevi che mi amavi.
Sono stata assassinata. Da te.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I was murdered
 
Ti osservo dalla finestra. Non mi vedi. Non puoi vedermi. Nessuno può.
Il tuo salotto non è cambiato un gran che. E’ solo più malinconico, vuoto, senza di me.
Stai comodamente seduto sul divano davanti alla TV con il camino accesso. Il tuo volto non mostra niente, è duro e monotono. Dov’è finita tutta quella dolcezza dei tempi passati? I tuoi occhi azzurri sono diventati ghiaccianti, non esprimono niente. Il vuoto, forse, sempre se l’esso si può definire. Dov’è finita quella fiamma di passione che ti danzava nello sguardo? I tuoi cappelli nero corvo sono disordinati facendoti sembrare un bambino. Ma il fatto che sei solo un uomo poco cresciuto con un segreto sporco, cancella dalla mia mente ogni segno del pensiero sulla tua vulnerabilità e compassione di un seienne.
Sorrido vagamente. E’ un sorriso pieno di rabbia, dolore e, dopotutto, un briciolo d’amore. Sì, sono ancora innamorata di te e ti amo, nonostante la crudeltà del tuo gesto. Ma allo stesso tempo ti odio a morte, ti odio per quello che mi hai fatto. Sai, dicono che l’odio assomiglia all’amore, che senza amore l’odio non esiterebbe. Comunque sia, lo sai che facendo ciò, mi hai portato via il sogno e ogni speranza che avevo? Tueri questo sogno, tu mi davi la speranza. Ed io ero il tuo sogno, ricordi? Ma tu eri ceco, perso, e uscito di mente. Eri convinto che solo compiendo ciò, sarei rimasta tua per sempre e di nessun altro essere umano su questo insulso pianeta. Mi volevi così profondamente che la passione si è trasformata in ossessione. Questa tua ossessione era malata, non era più amore.
Come ti senti quando sai che non potrò mai più starti accanto? Ti brucia il cuore, ti divora il cervello o ti provoca pura indifferenza? Ti ha ucciso dentro?
Indossi i tuoi soliti jeans blu larghi e schiariti, e la tua maglietta nera preferita con dietro disegnate le ali di un angelo. Ma tu non sei un angelo. Forse lo eri tempo fa, quando ti conoscevo bene. Ora chi sei? Ti sei trasformato in un mostro, perché? L’amore non porta a certi gesti. O si?
Continuo a fissarti. Non cambi né l’espressione né la posa. Sembri una bambola di cera messa lì giusto per occupare il posto. Fredda e ormai inutile per qualsiasi altra cosa.
Fa freddo qui fuori, sai, ma io non sento il freddo. Non sento niente di quello che mi circonda. Sento solo quel dolore assassino, mischiato con la rabbia e quel pizzico d’amore che ancora giace nel mio cuore inesistente. Perché tu non sai come si sente a essere un fantasma. Un fantasma condannato a vagare, uno spirito che non riesce a trovare pace, un’anima persa e destinata a ritornare da te ancora e ancora in eterno. Per colpa tua.
Dimmi, come fai a vivere con questo peccato? Spiegami. Non ti stanno divorando i rimorsi e le paranoie? Non stai andando fuori di testa, impazzendo? Scusa, dimenticavo che tu già avevi perso la battaglia contro la tua ragione. L’hai dimostrato. Che mai potrebbero provocare le mani sporche di sangue a un matto?
Mi guardo i piedi scalzi. Il mio sguardo passa sempre più in su’ esaminando il mio corpo trasparente, ormai solo un riflesso di quello che ero. Mi tocco il collo, dove mi sono rimaste le impronte violette e verdastre delle tua dita forti. Non sento dolore mentre me le tocco. Sai, un fantasma non sente dolore fisico, solo psichico. Ma non è un vantaggio, anzi.
Avvolta in un vestito bianco panna entro attraverso il muro e mi avvicino piano a te. I miei cappelli biondi svolazzano leggermente attorno al mio viso e il vestito sobbalza un tantino. Ti guardo con i miei occhi verde smeraldo che ormai riflettono un colore rossastro. Ti accarezzo il viso, piano. Il mio tocco gelido, più gelido del ghiaccio, e rabbrividente ti fa tremare per un secondo. Ti rabbrividisci e ti guardi attorno. Scuoti la testa come per riprenderti. Non sai che sono qui, ma ti senti osservato. Percepisci il tormento di una vaga presenza che sarei io. Sentimi dentro di te, sussurro nel tuo orecchio. Riesci a sentire il mio mormorio e ti guardi alle spalle confuso. Credi che sia la tua paranoia? La tua mente fottuta? I tuoi rimorsi? Il tuo inconscio? No, tranquillo. Sono solo io, la tua amata. Ma tu non lo sai, non puoi saperlo. Rido.
Mi sposto davanti a te e ti respiro su una guancia. Il mio fiato ghiacciante al sapore di paura te l’accarezza causandoti brividi. Ti guardo attentamente. Tu ti scuoti. Il tuo sguardo vaga nelle varie direzioni. Quando capisci che non c’è nessuno, fai un respiro di sollievo e torni nel tuo mondo.
Perché sembri così calmo, come se non fosse successo mai niente? Ti sembra giusto? Io, una persona, un essere umano come te, sono morta perché tu eri ossessionato. Ossessionato da me. Perché tu mi volevi tua per l’eternità, solamente tua, fino a tal punto da uccidermi. Ma cos’hai ottenuto? Solo la certificazione che non poserò mai più le mani su un altro uomo. E’ quello che volevi, no? Sei felice ora? Bhe, dovresti esserlo. Almeno spero che lo sei. Almeno spero che ne sia valsa la pena. Sono tua ora, sì, come volevi. E ti aspetterò, sarò paziente. Credi che assassinandomi sei riuscito a trattenermi a casa? Sai, in fondo su questo non ti sbagli.
Dicevi di amarmi, dicevi che mi vuoi per sempre tua. Se mi ami davvero, mio caro, questo è stato un modo molto strano per dimostrarmelo.
Sono stata assassinata. Da te.

  
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