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Autore: effewrites    22/09/2011    17 recensioni
Talia si rannicchiò nell’angolo della cucina, osservando sua madre che riempiva ancora una volta il suo bicchiere di vino rosso. Un tempo Talia trovava nauseabondo quell’odore; adesso, invece, le sembrava quasi anormale trovarsi in una stanza che non ne fosse completamente impregnata.
Talia è solo una bambina, una bambina che sua madre non ha mai voluto.
Breve oneshot dedicata a un personaggio rimasto nell'ombra, e di come ho immaginato fosse il suo rapporto con Talia.
{Rating Giallo per presenza di violenza su un minore}
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FOR THE LOVE OF A DAUGHTER.
{http://www.youtube.com/watch?v=PNmqRo4-FQU}

 
Talia si rannicchiò nell’angolo della cucina, osservando sua madre che riempiva ancora una volta il suo bicchiere di vino rosso. Un tempo Talia trovava nauseabondo quell’odore; adesso, invece, le sembrava quasi anormale trovarsi in una stanza che non ne fosse completamente impregnata.
 
Le pareti, le tende, il mobilio. Sua madre. Ogni cosa era satura dell’odore del vino. Talia si domandò quando quel puzzo si sarebbe attaccato addosso anche a lei, e rabbrividì. No. Non avrebbe permesso che succedesse.
 
«Sei tornata?» domandò sua madre, sorseggiando avidamente il liquido rosso scuro che ondeggiava nel bicchiere, una sigaretta accesa nell’altra mano e i capelli biondi tenuti su sulla nuca con uno di quei mollettoni a poco prezzo che si trovavano nel negozio all’angolo.
 
Talia non aprì bocca. Teneva le labbra serrate e i pugni chiusi. Era bastato respirare una volta per rendersi conto che oggi stava andando ancora peggio. Quanto aveva bevuto, quella donna? Ed era soltanto metà mattinata…
 
«Non rispondi, uh?» biascicò la donna. Posò il bicchiere e sfogliò svogliatamente le pagine della rivista che stava leggendo, senza neanche rivolgere lo sguardo alla figlia. Fosse stato per lei, Talia sarebbe anche potuta non tornare affatto. E un giorno lo farò, si disse la bambina. Un giorno non tornerò in questa casa. Me ne andrò per sempre e di certo non sentirò la tua mancanza.
 
Talia sobbalzò quando sua madre fece stridere la sedia contro il pavimento, alzandosi. Prese un’ultima boccata dal mozzicone di sigaretta che aveva in mano, poi lo gettò nel lavandino e lo spense aprendo il rubinetto.
 
«Non mi piace che te ne vada in giro senza dirmi nulla» sbadigliò, e Talia cercò di spiaccicarsi ancora di più contro il muro della cucina. Immaginava le spire di alito puzzolente di alcol della madre che strisciavano verso di lei, cercando di essere assorbite dalla sua pelle, dai suoi capelli, dai suoi vestiti.
 
«Davvero?» mormorò la bambina, inarcando un sopracciglio e cercando di far trasparire più sfrontatezza di quanta davvero ne possedeva. «Questa sì che è una sorpresa»
 
La donna dai capelli biondi si voltò, e guardò sua figlia per quella che poteva essere la prima volta da due interi giorni. Inarcò le labbra sottili in un’espressione disgustata. Quei corti capelli scuri, e l’espressione fiera e sfrontata: sembrava impossibile che una bambina potesse somigliare tanto a suo padre.
 
«Togliti quello schifo che hai in faccia» le ordinò, osservando quegli arrabbiati occhi blu cerchiati di nero. Talia continuava a rubarle i trucchi. La signora Grace si appuntò mentalmente di relegarli in posti dove sua figlia non avrebbe più potuto trovarli, per conciarsi come una poco di buono. «Sei troppo piccola per truccarti»
 
«Non è vero» ribatté Talia, mentre sua madre si versava l’ennesimo bicchiere di vino, mandandone giù una buona metà in un paio di sorsi. La bottiglia poggiata sul tavolo la faceva arrabbiare. Voleva prenderla e svuotarla nel lavandino, e fare così con tutte le altre bottiglie che aspettavano impazienti nel frigorifero, o nella credenza, o ovunque in quella stramaledettissima casa.
 
La donna inarcò un sopracciglio, e per un istante lei e la figlia sembrarono molto più simili di quanto nessuna delle due avrebbe voluto. «Sono tua madre e devi fare quello che ti dico» sibilò, stringendo forte il bicchiere.
 
Talia strinse i pugni ancora più forte. Le nocche diventarono bianche. «Sei mia madre solo quando ti fa comodo»
 
Nell’impatto con il pavimento il bicchiere si frantumò, e il vino rosso al suo interno schizzò ovunque. Il rumore dello schiaffo fu la prima cosa che Talia riuscì a sentire; poi le comparvero fastidiose macchie nere davanti agli occhi. Il dolore arrivò per ultimo, e fu come se la guancia le fosse appena stata strappata via.
 
Gli occhi le si riempirono di lacrime di rabbia. Non voleva piangere davanti a sua madre, ma più cercava di non piangere più si accorgeva che lo stava già facendo, e più le lacrime continuavano a scendere. «Tu non sei mia madre! Io non ce l’ho più una madre!» gridò.
 

Non ti ricordi che sono la tua bambina?
Come hai potuto spingermi fuori dal tuo mondo?
Hai mentito alla tua carne e tuo sangue
 Hai messo le mani su quelli che giuravi di amare.


La signora Grace rimase con la mano alzata, formicolante per via dell’impatto con la guancia morbida e indifesa di sua figlia, ipnotizzata da quelle lacrime nere che le insozzavano il viso.
 
Da giovane aveva giurato che non avrebbe mai avuto bambini, perché non sopportava vederli piangere. Ed eccola ora, nella cucina di uno squallido appartamento in affitto, con una figlia in lacrime.
 
Perché stava piangendo? Spostò lo sguardo sulla sua mano. Piangeva perché l’aveva picchiata. Piangeva perché le aveva fatto del male.
 
«Vattene via» mormorò, ma Talia non si mosse. Si teneva la guancia con una mano, odiandola, lanciandole sguardi che erano pugnalate in pieno petto.
 
«Ti ho detto di andare via!» La afferrò per le spalle, scuotendola con violenza e spingendola fuori dalla cucina, fuori dal suo mondo e fuori dal suo cuore. Le sbatté la porta in faccia, poggiandosi poi ad essa e chiudendo gli occhi, sentendo le tempie che pulsavano e tutto intorno a lei che perdeva senso e le vorticava intorno.
 
Sotto quella poca luce che entrava dalla finestra, il pavimento risplendeva per via del vino rosso caduto per terra. C’erano frammenti di vetro ovunque, e la signora Grace si disse che avrebbe dovuto pulire, perché camminando scalza Talia avrebbe potuto tagliarsi e farsi male.
 
Era questo che facevano le madri, no? Evitavano che i loro figli si facessero male.
 
Colpì la porta con un pugno violento, scoppiando in singhiozzi dal retrogusto di vino. Si lasciò scivolare contro la superficie liscia, cadendo in ginocchio e coprendosi il viso con le mani, le stesse che aveva alzato contro sua figlia.
 
Talia doveva odiarla. Talia doveva desiderare di non vederla mai più. Se Talia fosse sparita per sempre dalla sua vita non glie ne avrebbe fatto una colpa. L’idea di vivere una vita insieme a lei la terrorizzava; l’idea di non averla più accanto, ancora di più. Ma quella sarebbe stata l’unica via di uscita.

 

Non ti ricordi che sono la tua bambina?
Come hai potuto gettarmi dritto fuori dal tuo mondo?
 
Oh mamma, ti prego mamma
Mi piacerebbe lasciarti da sola, ma non posso lasciarti andare.

 
Rimase con la fronte contro la porta per minuti, forse ore. Quando riaprì gli occhi in casa c’era solo silenzio, e la cucina aveva un odore rivoltante. Doveva assolutamente pulire quel disastro sul pavimento.
 
Si alzò in piedi, e la testa le girò così tanto da darle la nausea. Si poggiò alla maniglia della porta, perdendo quasi l’equilibrio quando venne spinta all’indietro. Abbassò lo sguardo, confusa.
 
Talia dormiva rannicchiata su se stessa, con il trucco nero lavato dalle lacrime e la guancia grottescamente decorata dall’impronta rossastra di una mano. La signora Grace si accovacciò su sua figlia, e carezzandole la guancia si accorse con orrore che il segnaccio combaciava perfettamente con la sua, di mano.
 
Spostò i capelli neri dalla fronte della bambina. Lei l’aveva picchiata, ma Talia non se n’era andata. Non l’aveva lasciata sola. Come ogni altra volta. Era sempre lì.
 
Per quanto tentassero di ignorare il fatto, Elizabeth aveva bisogno di sua figlia tanto quanto sua figlia aveva bisogno di lei.
 
La signora Grace prese in braccio la sua bambina. Forse c’era un altro modo, per far finire ogni cosa. Forse poteva essere una brava madre. Per amore di sua figlia, forse avrebbe potuto provarci.
 
Perché, di questo ne era sicura, Talia non avrebbe mai agito come suo padre. Talia non l’avrebbe mai lasciata. Nel bene e nel male, sarebbe stata per sempre lì insieme a lei.
 

 Oh mamma, ti prego mamma
Metti giù la bottiglia per l’amore di tua figlia.















L'angolo della Malcontenta: Se devo essere sincera, la fine mi lascia a desiderare. Avrei voluto svilupparla meglio, ma ho il tremendo difetto di non riuscire a cambiare qualcosa una volta che termino di scrivere -.-
Ho sempre desiderato approfondire il legame tra la signora Grace e Talia. Poi qualche ora fa ho sentito la canzone di Demi Lovato, e BOOM! Ispirazione, se così la si può chiamare.
Nella mia testa c'è questo rapporto di amore/odio tra Talia e sua madre (avrei preferito non darle un nome, ma poi "Elizabeth" mi è balzato in testa e, per un certo senso, me l'ha resa più umana)
La signora Grace era un'alcolizzata, questo è un dato di fatto, e ovviamente la shot è situata prima della nascita di Jason. Spero che non sia venuto fuori un papiello confuso .___." 
Per favore, fatemi sapere quello che ne pensate.
Vostra,
Eff.





Le citazioni sono di "For a love of a daughter" di Demi Lovato, modificate per far sì che la canzone si rivolgesse alla madre e non al padre.

  
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