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Autore: Lyra Lancaster    22/09/2011    2 recensioni
Mi dicordo di quel giorno come se fosse stato ieri. Io ero aiutante di campo e vicino a me c’era proprio Milziade. I suoi nervi erano tesi. Un corno risuonò da qualche parte.
“Arrivano?” La mia voce era meno incerta di quanto pensassi.
“Arrivano.” Nella sua, invece, vi era eccitazione ed angoscia al contempo. Morte o vittoria. Feci un respiro e strinsi la lancia con più forza.
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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IlDono più grande

Il Dono Più Grande




 

Io intraprendo la narrazione di avventure che a molti parranno incredibili e della maggior parte delle quali sono stato io stesso testimonio oculare. Le Muse mi ispirino nel ricordare l’angoscioso timore di perdere la patria, le imprese del prode Leonida e l’astuzia dell’impavido Milziade.

L’ombra di Dario, re di Sumer e di Akkad, delle quattro parti del Mondo e dell’intero Universo, si era allungata sino ai confini dell’Ellade, non sazia abbastanza delle ricchezze in cui si pasceva. Per la sua avidità minacciava la nostra libertà, il dono più prezioso degli dei. Appena era giunta la notizia del suo enorme esercito che incombeva su Atene, la città era sprofondata nel panico. L’inquietudine aleggiava e, come una cappa di calore, risaliva l’etere. A quell’epoca io ero stato appena eletto membro dell’Eliea, il tribunale popolare al quale potevano partecipare tutti i cittadini, quando il mio compagno d’armi, nonché polimarco, Milziade annunciò che i Persiani erano alle porte. Il gran Re non aveva gradito l’insurrezione di Mileto nove anni or sono; infatti era stata rasa al suolo. Dicono fosse stata una delle più belle città  dell’Asia, con templi, palazzi ed ogni dono che Apollo potesse darle. Ora restavano solo rovine, vedove ed orfani che piangevano. A questa scelleratezza era seguito un boato di disapprovazione, alzatosi da ogni dove: Tassaglia, Acaia, Attica. L’unico modo per sfuggire alle truppe di Dario era allearsi tra di noi. Così era nata la Lega del Peloponneso.

 La presenza più richiesta era quella dell’invincibile Sparta, potenza terrestre. I suoi opliti marciavano in file serrate, una accanto all’altra; gli scudi sulla sinistra, a proteggere il compagno, la lancia sulla destra,  per trafiggere ogni nemico che avesse avuto l’ardire di sfidarli. Erano allenati sin da bambini a svolgere  quel mestiere; all’età di sette anni lasciavano le famiglie e, con solo una mantello ed un paio di sandali, veniva imposto loro di procacciarsi il cibo da soli. A chi, rubando, veniva sorpreso spettava la frusta, che lo colpiva non per il furto, ma  perché non era stato abbastanza scaltro ed era stato scoperto. Così fino all’età di vent’anni, quando entravano nell’esercito.

 Tuttavia la nostra più grande alleata non avrebbe soccorso perché in quel tempo erano in corso i Sacri Giochi dedicati al dio Apollo e questo implicava che Sparta non sarebbe venuta a Maratona, luogo dello scontro. I Giochi per gli dei erano intoccabili. Se i Lacedemoni avessero trascurato la regola che vieta le guerre durante quel periodo, gli dei si sarebbero accaniti contro l’intera Grecia, scatenando la loro ira e favorendo la vittoria persiana, la nostra disfatta e decenni di carestie, dolori e sventure.

 Dario giunse a Maratona in una lugubre giornata di pioggia, raggiungendo la costa con le nere navi silenziose, che strisciavano sull’acqua ed uscivano dalla nebbia, quasi fossero degli spettri. Gli uomini, ormai, non erano più così sicuri di poter salvare i propri cari, senza l’aiuto di Sparta.

Mi dicordo di quel giorno come se fosse stato ieri. Io ero aiutante di campo e vicino a me c’era proprio Milziade. I suoi nervi erano tesi. Un corno risuonò da qualche parte.

“Arrivano?” La mia voce era meno incerta di quanto pensassi.

“Arrivano.” Nella sua, invece, vi era eccitazione ed angoscia al contempo. Morte o vittoria. Feci un respiro e strinsi la lancia con più forza.

I Persiani non attaccarono subito; distesero le loro armate sulla spiaggia come una leonessa che si acquatta fra le stoppie prima di balzare sulla preda. Dal canto suo, il nostro comandante attendeva il momento propizio per sferrare il suo attacco o, più probabilmente, temporeggiava nella speranza che qualche altro disperato si unisse a lui nella battaglia decisiva contro l’invasore. La Storia gli diede ragione. Sotto lo scrosciare della pioggia udii un rullare di tamburi, accompagnato dai flauti.

“Sparta ci aiuta!” gridarono alcuni. Il morale sul campo si faceva sempre più alto. Nonostante tutto Sparta ci avrebbe aiutati! Poi scorgemmo il verde e il giallo, simbolo di un’altra città. Platea ci era rimasta fedele e marciava in nostro aiuto.

Dopo tre giorni che sfuggivamo lo sguardo degli uomini di Dario, decidemmo di sfidarli. In un batter d’occhio Milziade mi passò davanti e, con il sorriso sulle labbra, partì all’assalto dei Persi che, sbigottiti, racimolavano le armi e si schieravano, pronti a ricevere gli onori di casa, offerti dal nostro polemarco.

Un brivido percorse l’intero schieramento, portando un sentore di morte. Però ogni oplita, ogni peltasta, ogni stratega, aveva in cuore la determinazione che ogni uomo possiede quando viene minacciato di perdere ogni cosa. Un fuoco che ardeva in ogni individuo, che portava coraggio, perché nessuno, nessuno, in quel campo aveva intenzione di sottostare alla tirannia di Dario. Nessuno voleva perdere la libertà. Nessuno si sarebbe ritirato di fronte al nemico.

Sguainammo le spade.

I barbari furono rispediti alle loro navi dopo qualche ora di combattimento. Sfiniti, decimati, furono costretti a battere in ritirata. Tentarono di circumnavigare il promontorio sul quale sorgeva Maratona ed attaccare da lì, prendendo di sorpresa i danai alle spalle; tuttavia Milziade aveva preso in considerazione questa ipotesi e si presentò sulla costa allineando le fila. I persiani non osarono nemmeno avvicinarsi ma ripiegarono e tornarono in patria.

Immensa fu la gloria per gli eroi! Grande il compenso per i salvatori della patria! Sarà ricordata nei millenni a venire l’impresa impossibile di coloro che sfidarono il più grande impero del mondo per conservare il dono più grande: la libertà.

Note: Questa storia è stata scritta per un concorso letterario in cui, a partire da uno degli incipit di libri esitenti, decisi dalla giuria, bisognava trarne uno scritto.
  
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