Fandom: Game of Thrones/A Song of Ice and Fire.
Pairing/Personaggi:
Jon/Robb.
Rating:
Pg.
Genere:
Introspettivo, Romantico.
Warning: Incest, Modern!AU, Slash.
Words:
1267 (fiumidiparole).
Summary:
Il Winterfell è il locale in cui si riuniscono sempre Robb, Theon e i loro
amici, e al parcheggio lì davanti lavora una nuova guardia notturna.
Note:
Il titolo è un verso di “Teenage
Dream” di Katy Perry.
DISCLAIMER:
Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù
My
Missing Puzzle Piece
La
chiave gira nel quadro e dopo un borbottio tutto si acquieta. Robb osserva la
scritta al neon Winterfell che
ammicca verso di lui, dall’altro lato della strada. Adora quel locale, sul
serio, praticamente ci è cresciuto dentro, ma la sola idea di raggiungere Theon
e passare la serata a guardarlo flirtare con due ragazze gli prosciuga tutta la
voglia di vivere.
Il
fatto è che il suo migliore amico non riesce proprio a mettersi in testa che
lui è gay ed è convinto che la sua sia solo una fase, che sia confuso e ritroverà la ragione tra le
cosce spalancate di una bella biondina. Rob non riesce proprio a fargli capire
che quello che vuole non sta affatto tra le gambe di una donna, e i capelli
biondi in ogni caso non gli sono mai piaciuti.
Sbuffa,
apre lo sportello ed esce dalla macchina. Solo quando lo richiude si rende
conto che ha lasciato le chiavi dentro, quindi – dandosi del coglione – lo
riapre e sfila il mazzo dal quadro. Rialzandosi,
però – come a confermare che è un coglione,
coglione, coglione, Robb Stark sei un coglione – prende male le distanze e
sbatte la nuca sul tettuccio.
«Ouch!»
brontola, massaggiandosi la testa. Quella sera, l’universo è contro di lui. E
soprattutto contro la sua – non tanto convinta – intenzione di raggiungere
Theon.
«Tutto
bene?» gli domanda una voce, facendolo sobbalzare e, quindi, sbattere sul
tettuccio – di nuovo.
Riemerge
dall’abitacolo con un’imprecazione sulle labbra e, quando si volta in direzione
della voce, la parola gli muore in gola, davvero, perché davanti a lui c’è un
ragazzo all’incirca della sua età, con indosso una divisa da guardiano
notturno, il viso pallido incorniciato da morbidi ricci neri e due occhi scuri
che… wow!
E
«Wow…» bisbiglia lui, perché Robb è uno che le cose non se le sa proprio tenere
dentro.
Anche
lo sconosciuto sembra rimasto congelato a guardarlo. «Sei sicuro di stare bene?»
gli domanda poi e Robb ci mette un po’ a rispondere, perché è molto occupato a
fissare quel velo di barba nera che gli ombreggia la mascella e contorna una
bocca che praticamente supplica di essere violentata.
«Io…
uhm… sì, a meraviglia» riesce a mettere insieme, infine, schiarendosi la voce. «Il
destino sta cercando di dirmi che dovevo starmene a casa, oggi, vedi? Le chiavi
non volevano lasciare la macchina» spiega, sventolando il mazzo, prima di
usarlo per chiudere la portiera.
La
guardia rabbrividisce nell’aria fredda d’autunno. «Condivido la loro opinione.
Al momento ucciderei per un caffè» asserisce, stringendosi le braccia attorno
al corpo. E Robb viene travolto da una voglia imbarazzante di stringerlo a sé e
scaldarlo, e baciare quel naso piccolo e arrossato dal vento e… uhm… Robb Stark, contieniti Cristo, non sai
nemmeno il suo nome.
Si
lecca nervosamente le labbra e tenta un sorriso. «Oh, be’, mi sembra un ottimo
motivo per assassinare qualcuno». Ed il ragazzo diventa tutto rosso in un modo
che… Dio, da dove è uscito questo qui? Dove stava nascosto fino ad ora? E
sembra una cosa tanto da film per adolescenti o da Armony, ma ha l’impressione
di conoscerlo da tutta la vita anche se l’ha appena incontrato. «Io… devo
andare, sì, devo andare» cerca di ricordare a sé stesso, battendo discretamente
in ritirata. Prima di saltargli addosso e prenderlo lì sul pavimento. Cielo, Robb, sembra che non scopi da mesi!
Scende
in strada e si dirige a passi svelti verso il Winterfell, ma i suoi piedi si fermano giusto pochi metri prima,
davanti ad un’altra insegna. Resta a fissare la scritta Starbucks per circa mezzo minuto, poi sbuffa un «’Fanculo», entra
dentro ed ordina due caffè da portare via.
Quando
torna al parcheggio, il ragazzo sta ancora gironzolando là attorno con aria
assorta. Robb gli va incontro con in mano il vassoio che regge i due bicchieri,
e la guardia sbatacchia quelle sue ciglia impossibilmente lunghe e scure per la
sorpresa, nel momento in cui lui gli si pianta davanti.
«Pensavo
di salvare il prossimo povero sventurato che ti capiterà a tiro» esordisce,
porgendogli uno dei caffè, e lo sconosciuto – be’, non tanto sconosciuto adesso, magari – gli regala
un sorriso timido in risposta. E Robb è già un po’ innamorato di lui, davvero.
«C’è
un posto dove possiamo sederci?» propone quindi. «Io sono Robb, a proposito».
Il
volto del ragazzo si incupisce appena, osservando la sua mano tesa, ma poi la
stringe e risponde: «Jon». Ed è un nome perfetto, sul serio, che gli riempie il
cuore di una dolcezza ed una nostalgia che fa male – e forse è già un po’ più
che innamorato, accidenti.
Finiscono
per appollaiarsi sul parapetto, proprio davanti alla scritta luminosa del
Winterfell, che luccica negli occhi neri di Jon come tante piccole stelle
bianche.
«Il
tuo amico non ti aspetta al locale?» gli chiede lui e Robb ha qualche
difficoltà a recepire la domanda, perché la bocca della guardia sta diventando
tutta calda e rossa a causa del caffè bollente, e anche se si è appena scottato
la lingua non gliene frega proprio nulla; vorrebbe solo affondare i denti in
quelle labbra che sembrano così
morbide.
«Come
lo sai?» replica stupito, quando il senso delle parole raggiunge l’unico
neurone superstite sul fondo del suo cervello.
«È
quello che sorride sempre, no? Arrivate spesso insieme. Io… uhm… ti ho notato
un paio di volte» borbotta Jon, nascondendosi dietro la tazza, e non è
corretto, davvero, perché lui ha appena perso due o tre – o dieci, anche –
battiti di cuore.
«Mi
hai notato?» ripete Robb, senza poter
fare a meno di sorridere come un idiota.
«Sì,
e… ho visto lui arrivare circa un’ora fa, quindi pensavo… scusa non sono affari
miei» smozzica Jon, abbassando il capo, e forse è ancora peggio – o meglio,
cazzo, molto meglio – perché qualche ricciolo nero cade ad ombreggiargli le
guance arrossate dall’imbarazzo e Robb è a tanto così dal tirare uno di essi per
avvicinare la sua bocca alla propria.
«Ho
trovato una compagnia più interessante» risponde. Il vento risale il parapetto,
mulinando attorno a loro e smuovendo i ricci della guardia. Non è normale, non
è proprio normale che lui si senta così a suo agio in compagnia di un ragazzo
appena conosciuto.
E
poi questi scuote il capo e chiude gli occhi. «Robb…» sussurra in un modo che
gli fa rizzare perfino i capelli corti sulla nuca «… sono Jon Snow». Ed è tutto perfetto, ed ovvio, e
così sbagliato, che lui lascia cadere il bicchiere nel vuoto, gli preme una
mano sulla nuca e lo bacia. Perché ha perso il suo fratellino – fratellastro, in realtà, ma chi se ne
frega? – anni prima, quando sua madre si è stancata di crescere il figlio di
un’altra donna e l’ha affidato al loro zio Benjen perché lo portasse via. Ed
una parte di Robb e sparita con lui, quel giorno.
E
ora la persona che ha amato di più in tutta la sua vita è lì, davanti a lui, e
non c’è proprio nulla del ragazzino minuscolo che ricordava – quello magrolino,
con i capelli corti e dritti sopra la testa, il viso liscio e gli occhiali da
nerd che l’ha salutato l’ultima volta – tranne gli occhi forse, gli occhi
scurissimi e caldi come tazzine da caffè, che ora lo fissano ad un soffio dai
suoi.
«Jon
Snow, certo. Sono proprio un coglione» sussurra Robb, praticamente sulle sue
labbra. «Ciao, Snow» sospira poi, aprendosi in un sorriso.
«Ce
ne hai messo di tempo, Stark» replica lui, in quel modo irriverente che ricorda
tanto bene, ma le sue guance sono ancora rosse e le sue labbra sanno ancora di
caffè, quando lo bacia di nuovo.
FINE.