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Autore: Nykyo    05/06/2006    8 recensioni
"Esiste un aldilà? Quante volte questa domanda ritorna a colpirci la mente durante il tempo della nostra vita. Continuiamo ad esistere dopo la morte? E, se è così, i morti ci osservano dalle loro rinnovate, intangibili, dimore? Ognuno di noi si interroga almeno una volta su queste pressanti incognite. Sì. L’esistenza non cessa col venir meno del respiro. Muta radicalmente, ma non si estingue. La morte ci trasforma, ma non ci annienta".
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono catastrofi annunziate che desidero esorcizzare prima dell’uscita del 7° libro di Harry Potter.

Dunque eccone una elaborata secondo la mia personalissima visione.

 

Buona lettura.

 

 

 

 

 

Io guardo a te.

 

 

Esiste un aldilà?

Quante volte questa domanda ritorna a colpirci la mente durante il tempo della nostra vita.

Continuiamo ad esistere dopo la morte? E, se è così, i morti ci osservano dalle loro rinnovate, intangibili, dimore?

Ognuno di noi si interroga almeno una volta su queste pressanti incognite.

Sì. L’esistenza non cessa col venir meno del respiro. Muta radicalmente, ma non si estingue.

La morte ci trasforma, ma non ci annienta.

Sì, i defunti possono vedere i vivi. Io ne ho la certezza, perché sono morta da tempo.

Io non sono più, sono già quasi polvere, eppure sono ancora colei che ero: Lily Evans Potter.

Ho abbandonato la mia rossa corona di rame lucente. La linfa verde dei miei occhi riposa nel buio eterno delle palpebre chiuse, ma io vedo ancora.

Le mie mani si intrecciano immote sul petto che nessun respiro più muove, il mio cuore giace immobile. Non batte più, ma non ho smesso di amare.

Anima, pensiero, sentimento sono tornati a me, dopo il verde bagliore fatale, nuovi e potenti, più capaci di un tempo, acuti come non mai.

I morti osservano i vivi. I morti vedono e, finalmente, comprendono ogni cosa.

Ogni segreto è svelato, ogni barriera è infranta.

Io conosco e so ciò che in vita mi era celato. Ascolto le parole, ma percepisco anche anima e pensiero, emozioni e istinto di coloro che guardo.

Non esiste per me il mistero di una frase non detta, di un moto del cuore celato da false espressioni. Io vedo ogni cosa, osservo la verità nuda.

Mai ho cessato di volgermi a coloro che amo.

 

Ho guardato a mio figlio, il mio più grande tesoro, fin dal primo istante di questo mio novello essere. Prima ancora di comprendere il mio nuovo eterno stato, io ero con lui.

Ero creatura appena rinata che scruta confusa nella luce accecante per conoscere il suo mondo, eppure ero già con lui nel primo istante della mia ritrovata consapevolezza.

Il mio Harry, il mio cuore, il mio amore incarnato, la mia speranza e gioia più grande.

E’ cresciuto il mio bambino e si è fatto uomo. Ha sofferto è lottato, ha conosciuto la gioia e l’amore, ha donato e ricevuto tanto, ha imparato il rimpianto, il rimorso e la rabbia, ma ha anche scoperto la forza e il coraggio.

E’ intelligente il mio Harry, ha spalle larghe per portare il pesante fardello di un passato che non dovrebbe avere.

Il mio nuovo essere vibra d’orgoglio per il giovane James che rivedo in lui. Mi struggo nella dolcezza di riconoscere i miei gesti nei suoi.

Mi è negato di stringerlo, ma il mio abbraccio non l’ha mai abbandonato dalla notte in cui gli dissi addio, affidandolo ad un’anima torturata che implorava perdono, traboccando da iridi nere, velate di lacrime non versate.

Hai un padrino, figlio amatissimo, legato a te da un vincolo più forte di qualunque giuramento.

Un padrino segreto. Non amato da te come Sirius, riunito ai suoi amici dalla morte, ora di nuovo mio compagno come un tempo.

Ti ho posto sotto la protezione di un’ombra scura che arde di odio e amore; rimorso che brucia chiunque voglia il tuo male, pur se i suoi aculei spesso hanno ferito anche te.

Eppure, Severus non cesserà mai di proteggerti, per quanto tu gli laceri il petto con la tua sola esistenza, sebbene tu lo accusi attraverso i miei occhi, riportando in vita il disprezzo di tuo padre, mescolato alla rabbia che più di chiunque altro lui sa suscitarti.

Ti ho avvolto in un roveto spinoso per proteggerti, Harry, mio dolce seme, non per farti sanguinare.

Un giorno lo capirai. Verrà il giorno che comprenderai, anche se tra quelle spine non dovesse mai sbocciare una rosa.

 

Vedo anche te Severus, guardo a te spessissimo.

Ti ho chiesto tanto, lo so. Ho domandato molto al tuo amore, ma non mi sono sbagliata, non mi hai delusa.

Nonostante tutto, hai tenuto fede al nostro muto patto, hai esaudito la mia richiesta mai pronunciata, accettata solo in un lampeggiare di fiamme disperate, levate ad illuminare uno sguardo che da quella notte è stato vuoto e nero ghiaccio.

Non hai mai risparmiato nulla al mio Harry in questi anni, non hai negato la tua indole, non sei stato avaro di te stesso, nel bene e nel male. L’hai ferito ed insieme protetto.

La mia richiesta è stata ascoltata, anche se io ho respinto la tua più intensa preghiera. Era una preghiera impossibile.

 

I morti vedono, i morti ricordano ogni cosa.

Rammento la prima volta che ti notai. Tu, solitamente ombra nell’ombra, a cancellarti agli occhi degli altri, per poter sparire, senza risate di scherno a perforarti le orecchie ed il cuore.

Tu, diverso da chiunque altro, tu unicità non compresa. Forse troppo diverso per me, eppure uguale ad ogni altro nel pulsare del sangue sotto la pelle diafana, nelle speranze, nei sogni, nelle lacrime e nell’avere un cuore.

Ti vidi all’improvviso. Non perché tu avessi fatto qualcosa in particolare, perché ti fossi mostrato con impeto al mio sguardo, ma come ci si accorge, d’un tratto, di qualcosa di interessante che fino ad allora è sempre stato sotto i nostri occhi.

Come quando si osserva per la prima volta con vera attenzione una grande scena corale, raffigurata in un quadro o su un ampio arazzo multicolore, e uno dei personaggi minori spicca nitido nello sfondo, come mai prima.

Allora ci si domanda: come ho potuto non notarlo fino ad ora?

Fu così con te, Severus, un pomeriggio come tanti altri, mentre i miei passi rapidi seguivano solo il ritmo dei miei pensieri ansiosi di vita.

Camminavo nel parco della scuola, ma, in realtà percorrevo l’avvenire con la fantasia. Attraversavo i viali delle mie aspettative, del futuro sperato, dei sogni ancora adolescenti, vaghi e bellissimi, e non vi era nulla intorno a me, sul prato affollato di studenti.

Uniformi uguali salvo che per gli stemmi, indosso a cuori diversi, a indoli distinte, eppure eravamo tutti la stessa cosa: ragazzi.

Io, però, non sentivo e non vedevo altro che i miei desideri, finchè non ho udito il tuo richiamo privo di parole. Non hai detto niente, ma ora so che fosti tu a chiamarmi, con tuo sguardo intenso, che già fissava altrove nel momento esatto in cui mi volsi verso di te.

Sedevi ai piedi di un albero, uno sprazzo di nero nel verde vivido della primavera dei miei quindici anni.

Leggevi, con capo chino sul libro; nient’altro che questo.

Non pensai che eri bello, ma nemmeno mi soffermai a giudicare il tuo aspetto. Però, mi colpì la tua concentrazione ed il vuoto che ti circondava.

Tu eri l’unico ad essere come me: solo, isolato, nonostante fossimo circondati dal chiacchiericcio insistente di un’intera scuola riversatasi al sole.

Io persa in me stessa, e tu? Volontariamente solitario ed insieme abbandonato. Così eri tu, Severus, adesso mi è chiaro.

Tu diverso che voleva rendersi uguale, e che nel contempo rivendicava con fierezza la propria unicità.

Tante volte, in seguito, ho pensato che era come se tu gridassi in faccia al mondo: guardatemi, sono io, sono solo io, nessun altro è come me; guardatemi, ma non giudicatemi!

Ma poi, Severus, chi più di te ha giudicato se stesso? Tu hai emesso il verdetto più implacabile e che ne è di te da allora? Il fuoco vivo si è mutato in ghiaccio.

Il ghiaccio è limpido Severus, hai ragione. Il ghiaccio imprigiona ogni impurità e la respinge, pur trattenendola a sè. Mette a nudo le imperfezioni senza pietà.

Il ghiaccio è fragile, Severus, può sciogliersi all’improvviso in rivoli amari attraverso i tuoi occhi, può essere scalfito duramente.

Quante incrinature nascondi anche a te stesso, Severus? Quanti strati ha il tuo cuore? Quante maschere indossi?

Ti ricordo ancora ragazzo, ti rammento freddo di un gelo solo esteriore che non mi ha mai ingannata, molto meno intenso di quello che ti imprigionò dopo la mia morte, la notte in cui io sconfissi Voldemort, calpestando l’anima che tu credevi di non avere già più.

Io ti ricordo come una fiamma, Severus. Tanto ardente da bruciare perfino te stesso. Una fiamma preziosa.

Non fu facile avvicinarmi a te. Non accadde quel giorno, non il giorno dopo o quello ancora successivo.

Non so dire quando e come. Che importa? Non fu mai reale vicinanza se non negli sguardi, nelle parole sussurrate e, più ancora, in quelle taciute, nella banale, importante, complicità di un suggerimento tra i banchi di scuola.

Ora ti conosco davvero, Severus. Ti ho conosciuto la notte in cui sono morta. Allora no, allora ti intuivo soltanto.

 

Il mio istinto mi parlava di te, Severus. Mi raccontava la tua sofferenza segreta e la tua rettitudine che non è mai mutata, anche se i tuoi passi hanno imboccato il sentiero sbagliato, forse anche a causa mia, quando l’orgoglio ti ha accecato il cuore, divenendo la tua unica stella polare.

Un uomo onesto resta sempre un uomo. La tua intelligenza non ti ha salvato Severus, nemmeno ora lasci che ti soccorra spiegandoti che siamo creature fallaci.

Il tessuto dei sogni ci abbaglia con i suoi colori cangianti e, spesso, cadiamo nel fango, ma la trama dell’anima è più robusta di noi, resiste ai nostri errori, può essere lavata dalle colpe più oscure, sbiancata dall’amore.

Il mio istinto mi portava a difenderti, contro ogni logica. Perché sapevo in realtà di ferirti, arrogandomi il diritto di proteggerti, sapevo di umiliarti, te lo leggevo negli occhi.

Eppure, erano talmente taglienti i tuoi insulti, anche se non li credevo veri.

Cosa provavo per te? Chissà, Severus, chissà…

Il mio cuore me l’avrebbe svelato, se avessi compreso il tuo amore.

Non lo vedevo, ero cieca. Forse desideravo solo che nulla cambiasse ancora, già troppo sofferente nel vederti tenere davvero a distanza anche me.

Vera lontananza tra noi. Non quella fittizia che c’era sempre stata; menzogna incapace di velare il fatto che le nostre anime tendevano a comprendersi, timorose di svelarsi troppo l’un l’atra.

Fu James a dividerci, lo so. Ma lo amavo. A me mostrava il giovane uomo che era celato agli altri, a me donava le sue insicurezze, la verità sotto la scorza di chi mostra di avere il mondo tra le dita e finge di possedere ogni certezza, nascosta tra le pieghe del proprio mantello.

Con me James si sforzava di essere reale, proprio quando tu cominciasti a incatenare in tuo cuore, ogni volta che anelava a me.

Suona sciocco, lo comprendo, Severus, ma James mi baciò. Tu non mi hai mai baciata. Mai.

Ora so che lo facevi nel cuore. Mille volte, col dolore nel petto, col respiro mozzato, mi hai baciata con dolcezza e timore, con impeto misto a imbarazzo, con venerazione ed amore, solo nella tua anima.

Le tue labbra sono state mie da subito, a volte con travolgente passione, che ti lasciava tremante e vuoto. Sempre e solo mie, ma io non le ho mai assaggiate.

Avresti dovuto lasciarle libere di rincorrere il loro sogno, Severus. Allora il mio cuore avrebbe dato il suo sincero verdetto.

I morti comprendono, Severus.

 

Invece, l’ho capito solo allo scadere del mio tempo cosa provavi realmente per me, quanta luce portavo nel nero delle tue ombre, quanto male ti avevo fatto e quanto, nonostante ciò mi amavi.

L’ho compreso pochi istanti prima di spegnere le tue speranze, nel buio che mi serrava gli occhi, chiudendoli per sempre su uno sfrigolante lampo verde.

Tu eri con Lui, Severus, quando venne con la morte che gli aleggiava intorno, ammantandolo di una regalità terribile e spietata.

Eri dinnanzi a me, al mio petto straziato dalla consapevolezza che il tonfo sordo che aveva ferito le mie orecchie un attimo prima era il suono di un sacrificio inutile, il suono del lutto per il mio uomo.

Il mantello copriva il tremore, e la maschera di sogghignante argento ti deturpava il viso, negando ciò che realmente eri e sei sempre stato, ma eri privo di veli davanti alle mie braccia spalancate sulla culla di Harry.

Anche se tu avessi taciuto, io ti avrei riconosciuto dall’anima, Severus, perché la portavi negli occhi, oltre le pupille troppo dilatate dal terrore. Il mio stesso terrore: quello di perdere chi si ama.

I morti vedono, Severus. I morti ricordano, giudicano. A volte assolvono ed altre condannano.

Io ti ricordo, ritto in piedi, dietro il Padrone che le tue iridi gridavano di non voler più servire, torturato dalle tue stesse scelte, incapace di sfuggire all’orrore.

Ho ascoltato le tue parole, ma ho sentito solo il tuo cuore contratto, ridotto a sperare ciò che tu stesso ritenevi ingiusto.

Parlavi del tuo corpo e delle tue voglie, chiedevi me, viva per il tuo diletto, per null’altro che riempirti le notti e saziare la tua carne.

Bugie, enormi menzogne inesperte, che Voldemort volle credere solo perché io non lo interessavo. Ero inutile per lui, tu eri inutile per lui, il mondo intero lo era; contava solo il trionfo assaporato con troppo anticipo, in una sicurezza di sé che era follia pronta a farsi sconfitta.

La Profezia, la vita del mio bambino, solo questo importava.

Parlavi, ma oltre la maschera crudele e vuota, oltre le spalle del mago che avevi creduto un mentore, ti confessavi finalmente a me, dolorosamente nudo.

Non volevi vendetta per la sofferenza di sapermi di un altro, desideravi solo la mia pietà, che avevi sempre respinto, il perdono e la mia vita perché io continuassi a viverla.

Poteva funzionare Severus. Poteva davvero, e funzionò, con Voldemort.

Ma non con me. Non c’è salvezza per una madre se in cambio le viene chiesto di guardare il sangue di suo figlio versato fino all’ultima goccia.

Lo sapevi anche tu, Severus, per questo la tua disperazione mi ha avvolta come un anticipato sudario, prima ancora che io gridassi il mio no.

 

E’ stato rapido, Severus, non ho sofferto, se non del rimpianto al pensiero che mio figlio sarebbe stato cresciuto da altri, se fosse sopravvissuto.

Non potevo sapere cosa avevo fatto per lui, quale scudo possente avevo innalzato davanti alla mia creatura. Morivo trionfante e non me ne resi conto, ma ero pervasa da una serenità sottile.

Ancora il mio intuito, Severus? O solo l’amore che già mi portava a comprendere l’imprevedibile?

Una sola certezza per me, nel brillante bagliore della morte: se Harry vivrà, Severus non cesserà mai di proteggerlo.

Perché il tuo sguardo me l’aveva appena giurato.

Volevi morire con me, Severus. Una morte certa, quando ti fossi parato tra l’Oscuro Signore e le sue vittime.

La prima volta che hai desiderato la morte, di certo non l’ultima.

Forse ora avresti la pace, ma io te l’ho impedito. I miei occhi parlavano la medesima lingua dei tuoi quella notte.

Furono dure, crudeli, le mie parole non dette. Furono accusa e condanna, e richiesta che tu ripagassi i tuoi torti sopravvivendo e prendendoti cura della vita per la quale accettavo di spegnermi, se mai mio figlio non mi avesse seguito nella morte.

Mi dispiace, Severus, non avevo scelta, dovevo vincolarti con le più robuste catene, non potevo non aggrapparmi al tuo amore ed al rimorso del tuo cuore, perché Harry era più prezioso di tutto.

Come per Voldemort, anche per me, in quegli ultimi istanti solo Harry contava davvero.

 

I morti osservano e giudicano, Severus.

I morti perdonano. Io ti ho perdonato, sin da allora.

Nel momento meno plausibile, con il cuore volto solo a mio figlio, pur piangendo il mio James, quella notte, Severus, ti ho amato, ti ho amato davvero.

 

 

 

FINE

 

   
 
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