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Autore: DumbledoreFan    24/09/2011    20 recensioni
Erano bastate quelle poche parole a far spegnere la luce dei suoi occhi, a portargliela via brutalmente, senza preavviso.
In quel momento apparivano piatti.
Morti.
Perché la luce era stata appena portata via anche dalla sua vita.
“Chris? Chris ci sei ancora?!” gracchiò la voce dal telefono abbandonato per terra.
No.
Non c’era più.
Non c’era più niente.
Chris era rimasto tanto pietrificato che non si era nemmeno accorto come e quando avesse cominciato a piangere. Non sentiva le scie bagnate sulle sue guance e sul collo, non sentiva gli occhi offuscati e pesanti, non sentiva la fronte cominciare a scottare.
Non sentiva più niente.

FanFiction tragica, angst e tristezza a non finire.
{Chris Colfer/Darren Criss}
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera miei cari! Sì, sono tornata con un'altra OS invece che del capitolo di CrissColfer Live! Tour 2011, e mi dispiace, ma avevo queste cose in testa, e finchè non mi liberavo la mente, non potevo andare avanti! Prometto che da domani mi rimetto all'opera con la long e ricomincio gli aggiornamente regolari!
Ora, parliamo di questa FF: non avevo mai scritto niente del genere, perchè l'angst non è proprio il mio genere, sono troppo sensibile. Però ho avuto l'ispirazione per questa FF (ascoltando una canzone di cui nemmeno so il titolo e con un processo mentale molto macchinoso) e ho dovuto scriverla, anche perchè mi piace cimentarmi sempre con cose nuove, io credo che un bravo scrittore debba essere capace di scrivere tutto.
Questa storia è tragica, tragica nel vero senso della parola, ed è ispirata principalmente ad un canto della Divina Commedia, citandone solo una volta un altro. Spero che siate ferrati con Dante, in caso contrario, dopo aver letto la storia, concentratevi sul commento e l'analisi della FF che ho fatto in fondo al capitolo.
Che altro dire, spero abbiate dei fazzoletti a portata di mano!
Enjoy!







Amor condusse noi ad una morte.












Il cellulare cadde con un tonfo ovattato sul tappeto, scivolato dalla mano tremante del ragazzo seduto per terra, nel salotto del suo appartamento.

Aveva le labbra rosee leggermente socchiuse per lo sconcerto, l’espressione pietrificata e il respiro pesante, faticoso, come se avesse avuto qualcosa di talmente opprimente sul petto da togliergli il fiato.

Però, il veicolo principale di quell’immediato dolore che lo stava soffocando, erano gli occhi.

Quegli occhi azzurri, limpidi, brillanti, che in quel momento erano leggermente spalancati e fissi verso un punto che non vedeva, completamente spenti.

Erano bastate quelle poche parole a far spegnere la luce dei suoi occhi, a portargliela via brutalmente, senza preavviso.
In quel momento apparivano piatti.

Morti.

Perché la luce era stata appena portata via anche dalla sua vita.

“Chris? Chris ci sei ancora?!” gracchiò la voce dal telefono abbandonato per terra.

No.

Non c’era più.

Non c’era più niente.

Chris era rimasto tanto pietrificato che non si era nemmeno accorto come e quando avesse cominciato a piangere.

Non sentiva le scie bagnate sulle sue guance e sul collo, non sentiva gli occhi offuscati e pesanti, non sentiva la fronte cominciare a scottare.

Non sentiva più niente.

Anche il dolore si era trasformato in una sorta di spaventosa e asfissiante apatia, perché se avesse precepito in pieno tutte il male che lo attanagliava, era certo sarebbe morto.

Chris non si mosse da quella posizione fino all’arrivo dei suoi amici, che furono costretti a scassinare la porta, dato che il soprano non sembrava sentire il loro disperato bussare e le loro richieste di essere fatti entrare.

Non sentiva più niente.

Non sentì Lea buttarsi disperatamente fra le sue braccia spaventata e preoccupata per la sua reazione, anche lei con gli occhi gonfi e carichi di lacrime.
 
Non sentì i sussurri della sua migliore amica che cercava di confortarlo, non sentì le carezze, il calore, il conforto.
Non sentì le richieste di parlare, di dire qualcosa, di dare un qualche cenno di vita.

Non sentiva più niente.

Chris non si mosse e non pronunciò una sola parola per tutta la sera, perché non poteva farlo. Sentiva come se, ricominciando a muoversi, a parlare, a vivere, il dolore non sarebbe stato sopportabile.

E non sarebbe stato giusto.

Non sarebbe stato giusto vivere quando lui non poteva più farlo.

Alcuni dei suoi amici furono costretti a sollevarlo di peso e portarlo a letto, sperando che riuscisse almeno a dormire qualche ora, per non pensare, per non rendersi conto di quello che era successo.

Di quello che aveva perso.

Ma Chris non riuscì a chiudere occhio. Rimase steso sul letto fino alla mattina successiva, con gli stessi occhi spenti e senza smettere di piangere silenziosamente.

Non un singhiozzo, non un tremito, non un lamento.

Solo lacrime.

Lea rimase al suo capezzale per tutta la notte, addormentandosi di tanto in tanto, e pregando incessentemente il soprano di dire qualcosa, qualsiasi cosa.

Ma non ottenne risultato.

Quando, fattosi giorno, tornarono anche gli altri per accertarsi delle condizioni di Chris, pensarono tutti che fosse rimasto profondamente shockato dall’accaduto, ed era più che comprensibile.

Perdere una persona tanto cara, e tanto giovane, sarebbe stato traumatizzante per chiunque.

Ma loro non potevano capire che dietro a tutto quello, c’era qualcosa di diverso, di più profondo. Non sapevano quello che era davvero successo e cosa Chris avesse davvero perso.
Non sapevano che aveva perso tutto.

La quiete della stanza, creatasi dopo che tutti si erano arresi all’evidenza che avrebbero dovuto soltanto aspettare, venne rotta dall’acuto squillare del cellulare di Lea.

La ragazza rispose cercando di schiarirsi la voce, divenuta roca e graffiante a causa del pianto e delle preghiere, e trasalì all’istante, quando riconobbe la voce dall’altro capo del telefono.

La sua espressione tramutò da sorpresa a confusa, e sì limitò ad annuire per tutta la durata della breve conversazione.

“Faremo del nostro meglio per farle sapere” rispose Lea, e la signora dall’altro capo del telefono riagganciò senza dare il tempo alla ragazza di ricambiare il suo saluto, probabilmente spaventata dall’idea di ricevere le ennesime condolianze.

Anche se Lea non gliele avrebbe fatte comunque.

Non c’è condolianza per una madre che perde un figlio.

“Era la mamma di Darren” disse Lea, facendo sobbalzare tutti nella stanza.

Anche Chris, che comunque era rimasto immobile, percepì un minimo stimolo sentendo quel nome.

“Ha detto che ha trovato dei messaggi sul suo cellulare” continuò la ragazza, voltandosi poi a guardare il soprano.

“Messaggi di Chris” disse stirando le labbra in un sorriso tanto triste che soltanto a vederla gli occhi di tutti si fecero lucidi.

In quel sorriso c’era una tenera consapevolezza, smorzata dalla tagliente sensazione di perdita, che avrebbe fatto sciogliere il ghiacciaio più solido.

La ragazza si inginocchiò davanti al letto del soprano e posò una mano sul suo braccio, senza smettere di sorridere in quel modo straziante.

“Chris, tesoro…mi ha appena chiamato la mamma di Darren. Se lei riesce a parlare, puoi farlo anche tu…” gli disse la ragazza, facendo scendere la mano per intrecciare le sue dita con quelle del suo migliore amico.

“Mi ha detto che hanno recuperato il suo cellulare, rimasto intatto, e che ha letto i tuoi messaggi…che cos’è successo, Chris? Che cosa ci avete tenuto nascosto?” sussurrò quasi Lea, cercando di fare leva sul soprano, nonostante sapesse che lo avrebbe ucciso.

Ma dovevano sapere, era giusto che almeno i genitori di Darren sapessero.

Chris sbattè velocemente le palpebre, sentendosi come trascinato da dei tentacoli invisibili verso il mondo da cui si era isolato, il mondo in cui non aveva più senso vivere.

Rimase ancora in silenzio, ma avvertì forte il modo in cui tutto ciò che era si stava dilaniando.

“Chris…Chris, lo devi ai suoi genitori. Gli devi la verità” insistette Lea, stringendo la presa intorno alla sua mano.
Passarono altri vari minuti in cui il soprano si rese conto di essere tornato a ragionare, a pensare e a ricordarde.

Era stato riattirato alla realtà e aveva assimilato le parole della sua migliore amica, a cui dovette, inevitabilmente, dare ascolto.

Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

“Stava venendo da me” mormorò Chris con un fil di voce appena udile.

La sua gola era affaticata a causa del silenzio, e gli bruciò al vibrare delle corde vocali, ma nemmeno ci fece caso. Non era quello il dolore che doveva affrontare.

“La prima volta che vidi Darren, mi resi conto che il mondo non mi era mai apparso tanto luminoso. Improvvisamente, intorno a me, tutto sembrava dipinto di colori brillanti e vivi. Quel ragazzo era vita, era felicità, era amore. Tutto intorno a lui sembrava sprizzare vitalità, e ne fui travolto, come si è travolti da una tempesta. Mi ci volle davvero tanto per ammettere a me stesso di essere innamorato di Darren, quando la verità era che me ne ero innamorato dal primo momento”

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte.

“Me ne innamoravo ogni giorno di più, me ne innamoravo come un fringuello s’innamora della primavera. Darren era quel qualcosa che era sempre mancato dalla mia vita: qualcuno che riuscisse a capirmi. Non che provasse a farlo, ma che guardasse dentro di me con la stessa facilità di qualcuno che guarda il fondo di uno stagno limpido. Fra noi due tutto era intesa, tutto era sintonia, tutto era chimica”

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta;

“Ed è stato così spontaneo il modo in cui anche Darren si è innamorato di me. Non ha mai avuto un pensiero, un dubbio, una paura. Non gli importava che fossi un ragazzo, non gli importava dell’etichetta che avrebbero potuto mettergli: lui era innamorato di me, per tutto ciò che ero e non ero, per il modo in cui riusciva a parlare con me, per il sarcasmo con cui cercavo, invano, di frenare la sua prorompente esuberanza, per il modo in cui riuscivo sempre a sapere quello che stava pensando. Io e Darren ci amavamo in tutti i modi possibili. Eravamo amici, amanti, confidenti, fratelli, eravamo tutto quello di cui avevamo bisogno”

Quando leggemmo del disiato riso
Essere baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremente.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.

“E ci amavamo in un modo così ovvio che ancor mi stupisco se penso a quanto tempo abbiamo impiegato per dichiararcelo, per fronteggiare i nostri sentimenti e affrontarne le conseguenze. E, ancora una volta, dopo averci fatti conoscere, ci hanno aiutato Kurt e Blaine. Una mattina, Darren si precipitò a casa mia euforico come non lo avevo mai visto, parlava a raffica e saltellava contro ogni resistenza umana. Gli era appena arrivato il copione di Original Songs, ed era corso da me per poterlo leggere insieme. Io non capivo come mai di tanta eccitazione, così mi sedetti sul divano con lui e cominciai a sfogliare le battute. Lessi ad alta voce la prima scena, e Darren mi seguì leggendo la parte di Blaine. Arrivati a metà, ogni forma di esaltazione era sparita; entrambi eravamo immersi nell’atmosfera dell’episodio, persino l’aria intorno a noi sembrava carica di emozione per quello che stava per succedere. Di tanto in tanto incrociavamo gli occhi riconoscendo in quelli dell’altro gli stessi sentimenti, le stesse sensazioni, e quando leggemmo di Blaine che si sporgeva per baciare Kurt, Darren, esitando, si avvicinò a me con incertezza e timore, e sfiorò le mie labbra con le sue, in cerca di conferma, e di amore. E io non glielo negai. Le altre battute, le leggemmo soltanto il giorno delle riprese”

Amor condusse noi ad una morte.

“Io e Darren avevamo deciso di non rivelare il nostro amore, perché ne eravamo troppo gelosi, e sapevamo che nessuno avrebbe potuto capire il legame che ci univa. Ma il clima stava diventando sempre più teso, nascondere una cosa tanto grande è difficile, è stressante, è insopportabile. Volevamo essere spontanei, volevamo concederci la libertà di non dover calibrare ogni gesto e parola. Così, ieri sera abbiamo un po’ litigato, al telefono…non una vera e propria discussione, ma io ero stanco, e suscettibile, e avrei semplicemente voluto che tutto fosse semplice. Non avrei dovuti riattaccargli, perché Darren si è spaventato. Erano giorni che non ci vedevamo, e lui è corso da me. E’ corso, capite? E’ stata tutta colpa mia. E’ stata tutta colpa del nostro amore”

Chris non disse altro, si limitò ad abbassare lo sguardo sulle proprie mani, mentre fitte lacrime gli solcavano il viso affaticato e spento.

Nessuno ebbe il coraggio di commentare, nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi a Chris, anzi, dopo una veloce occhiata complice, tutti se ne andarono dalla stanza, lasciando il soprano solo con quello che era rimasto di lui.

Ma di lui non era rimasto niente.

*

Anche quella notte, non riuscì a dormire.

Crollava di tanto in tanto per l’umana stanchezza, ma subito veniva destato da spaventosi incubi, nonostante ognuno di quelli fosse migliore della stessa realtà, a cui Chris ormai non si sentiva più di appartenere.

La mattina, Lea arrivò a casa sua per portarlo al funerale, e il soprano riuscì a mala pena a vestirsi e camminare.

Non aveva toccato cibo dalla sera dell’incidente di Darren, e non era intenzionato a farlo. Lea non gli dette troppa importanza: Chris aveva appena perso l’amore della sua vita, a soli 24 anni, era il minimo che gli fosse passata la fame. Ma gli sarebbe tornata, prima o poi.

Per quanto crudele e assurdo, il corpo sopravviveva al dolore dell’anima.

Arrivato al cimitero, non si sedette insieme agli altri partecipanti, ma rimase distante, praticamente nascosto, perché non avrebbe sopportato di vedere anche il dolore degli altri, e perché tutti avrebbero parlato di Darren senza conoscere davvero quello che gli stava succedendo, quello che stava provando, quando era morto.
 
Quando finalmente tutti se ne furono andati, Chris pregò Lea di lasciarlo da solo, e lei non potè che acconsentire.

Una volta che si fu allontanata anche la sua migliore amica, il soprano si avvicinò finalmente alla tomba di Darren, inginocchiandosi davanti e passando due dita sulla foto del suo amato.

Come sempre, come in ogni momento della sua vita, stava sorridendo, con quel suo sorriso tanto raggiante da essere capace di far brillare l’oscurità.

Io suoi inseparabili occhiali rosa erano stati appoggiati davanti alla lapide, e Chris sfiorò anche quelli, timoroso; timoroso che gli dessero l’impressione, l’illusione che Darren fosse ancora vivo, quando non lo era.

Darren era morto, gli era stato strappato via brutalmente, e nessuno gliel’avrebbe restituito.

Nessuno gli avrebbe restituito la luce e l’amore di cui Darren gli aveva fatto dono, perché nessuno avrebbe mai potuto capire cosa c’era fra loro.

E Chris in quel momento si concesse finalmente di piangere disperato, di lasciarsi cadere sulla tomba del suo amato con le braccia conserte al petto che lo stringevano in una morsa senza via di fuga e la febbre che iniziava a salirgli per gli spasmi.

Si concesse di invocare il nome di Darren, con un ululato tanto straziante che avrebbe spezzato il cuore di chiunque l'avesse ascoltato.

Sì concesse di desiderare la morte, nonostante si sentisse già morto, nonostante si sentisse già annientato.

Non era più niente.

Chris pianse tutto il suo dolore, pianse per tutto quello che aveva perso, pianse per l’ingiustizia, per la crudeltà, per il senso di colpa, pianse cercando di esternare, di scacciare, di buttare fuori tutto questo, ma non poteva riuscirci, non ci sarebbe riuscito neanche se avesse continuato a piangere per sempre.

Però ci provò.

Pianse per quelle che sembrarono ore.

Pianse finchè non si svenne.

E caddi come corpo morto cade.

Quando riaprì gli occhi, per la prima volta in quei due giorni, provò qualcosa di diverso dalla pura e atroce sofferenza.

Chris provò sorpresa.

Era sorpreso di essere ancora vivo.

Non poteva esserlo.

Non esisteva al mondo che fosse sopravvissuto ad una cosa del genere.

Non esisteva al mondo che potesse sopravvivere quando Darren non lo aveva fatto.

Si tirò su stancamente, a fatica, e puntò i suoi occhi gonfi e sfiniti sulla foto sorridente del suo amato.

E allora capì.

Capì che era proprio vero: di dolore non si muore.

Poscia più che 'l dolor potè 'l digiuno.








Spazio dell'Autrice.


...
*alexa si soffia il naso rumorosamente e si asciuga gli occhi*

Ok. Un attimo per riprendersi xD

Questa cosa è discretamente atroce, lo so, ne sono consapevole. Però, prima di lasciarvi alla disperazione che traspare da questa storia, devo giustamente spiegarvi un po' di cose per chi non masticasse la Divina Commedia.

Già, è molto strano accostare una FF alla Divina Commedia, ma io ho subito una specie di lavaggio del cervello xD Mia mamma è una Dantista, e invece delle favole da piccola mi leggeva la Commedia, quindi sono cresciuta male...

Il canto citato praticamente per tutta la storia, è il canto V, quello dedicato al girone dei lussoriosi, e alla storia di Paolo e Francesca. Ho cercato di ricollegare tutte le mie parti preferiti al racconto di Chris, come se in questo caso lui impersonificasse Francesca.

E' chiara la differenza, ovvero che Chris è vivo, ma in realtà, è come se fosse morto anche lui, perchè senza Darren, dice di non sentire più niente.

Non lo specifico, perchè sinceramente non ho trovato l'occasione spontaneamente, ma Darren muore in macchina, mentre va a casa di Chris.

La storia del loro primo bacio ricalca proprio quella di Paolo e Francesca, che si baciano leggendo di Lancillotto che bacia Ginevra, ho ripreso la scena perchè mi sembrava un bell'accostamento, e una cosa fattibile.

Il verso su cui dovete porre più attenzione di tutte però, è l'ultimo:

"Poscia più che 'l dolor potè 'l digiuno"

Questa è l'unica citazione che non ho preso dal canto di Paolo e Francesca (che non so se avete notato, ma è il mio preferito xD), ma dal canto del Conte Ugolino.

Questa in particolare è una delle frasi più controverse della Divina Commedia: per farvela breve, il Conte Ugolino viene imprigionato con i suoi figli in una torre, finchè non muoiono di fame, e i figli propongono al padre di mangiarli per sopravvivere (macabro, lo so).

Ora, questa è la frase con cui si conclude il racconto che fa lo stesso Ugolino, ed è una frase molto ambigua.

Considerando che Dante mette tanti piccoli indizi e rimandi all'interno del canto, riguardanti l'area semantica del mangiare, molti hanno pensato che questa frase voglia dire: "poi, più che il dolore, vinse il digiuno, e per questo li ho mangiati". Nel senso, il dolore di padre, venne surclassato dalla fame.

Ma, molti critici l'hanno interpretata in modo diverso, ed è una cosa che mi ha colpito, perchè effettivamente quando io ho letto per la prima volta questa frase, ho pensato quello che anche altri critici hanno ipotizzato: "più che il dolore, vinse il digiuno", nel senso che più che di dolore, sono morto di fame. Perchè di dolore effettivamente non si muore, e anche se era quella la cosa per cui sarebbe stata più logica morire, sono morto di fame perchè è il corpo che comanda.

Dunque l'interpretazione che io gli ho dato, anche in questa storia, è "più che di dolore, sono morto di fame".

...che cosa vuol dire questa frase messa in fondo alla FF?

Beh, ora che l'ho spiegato, sembra chiaro, no?

Chris si suicida. Si lascia morire.

Non volevo scriverlo esplicitamente, mi sembrava troppo, ma credo sia l'unica fine adatta per una FF del genere.

Bene, dopo tutta questa allegria, vi lascio...non mi viene in mente nient'altro da spiegare, se avete dei dubbi, chiedetemi pure ^^

Spero nonostante i temi tragici vi sia piaciuta!

Un bacione, e grazie di cuore a tutti quelli che leggeranno e recensiranno!

Buona notte! <3
   
 
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