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Autore: love is outlaw    25/09/2011    1 recensioni
questa storia parla principalmente di me, e di quello che provo nell'ultimo periodo. ho messo anche i one direction, perchè sono l'unica cosa che importa, e skins, ciò che mi insegna a vivere.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1 
 
Camminavo sotto la pioggia con le cuffiette nelle orecchie ed il cappuccio. Mani nelle 
tasche, e sguardo basso, non mi piaceva attirare l'attenzione. Abbassai il volume e 
lentamente mi levai le cuffiette riponendo l'i-Pod nella tasca della felpa. Rallentai e mi 
misi ad ascoltare il rumore della pioggia. Ero molto stressata ultimamente, e trovare un 
attimo di libertà era diventato praticamente impossibile da quando papà era morto. 
Mamma era caduta in depressione, e l'unica cosa a cui potevo appoggiarmi erano il fumo 
e i miei amici, se cosi si possono definire. Ricominciai a camminare svelta, non volevo 
arrivare in ritardo.
Salii le scale quasi correndo per arrivare in tempo, ma ce la feci. Aprii la porta che si 
richiuse un attimo dopo alle mie spalle.
"Ciao Ann" la voce squillante di quella donna mi irritava sempre, ma dovevo sopportarla, 
per il mio bene.
"Salve" mi sforzai di rispondere sorridendo e mi tolsi il cappuccio.
"Prego, siediti pure" disse indicando la sedia con un gesto involontario della mano.
"Mi avvicinai e mi sedetti sulla sedia girevole davanti alla sua scrivania.
"Sai perchè sei qui, vero?" Abbassai involontariamente lo sguardo, nonostante odiasi 
mostrarmi debole.
"Hai mollato li studi, tua madre è preoccpuata per te.." Sospirai. Odiavo sentirmelo dire. 
Ma non avevo altra scelta. Ormai avevo preso le mie decisioni, e tornare indietro sarebbe 
stato inutile. 
"Io vorrei aiutarti, ma se non collabori sarà molto difficile, sei sempre stata una paziente 
un po' "speciale" e so bene che non mi darai ascolto nemmeno questa volta" 
Non mi piaceva essere definita una paziente, mi ricordava tanto qualcosa di negativo, e 
non volevo esserne contagiata, non ancora.
"Sì, lo so.. ho provato a frequentare gente nuova, come mi avevi consigliato, ma non c'è 
stato verso. E riguardo agli studi, cercherò lavoro appena possibile"
Mi osservò così attentamente con quei suoi due occhi azzurri ghiaccio che mi fece 
rabbrividire.
"Ann, forse non mi sono spiegata bene.. io e tua madre pensiamo sia meglio per te se 
ritorni in clinica per un po'. Tutti hanno un periodo buio nella propria vita, ma in media 
passa dopo qualche mese. Il tuo invece, no.."
Non sapevo cosa dire. Non avevo intenzione di giustificare le mie azioni, ma mi rendevo 
pienamente conto di aver creato un casino per le persone che tenevano a me. 
Preoccupazione, paura, troppe emozioni per mia madre, soprattutto dopo quello che era 
successo. Mi sforzavo ogni giorni di essere gentile con lei, e rassicurarla in ogni 
momento, ma tutti i conflitti passati non potevano essere considerati inesistenti.
"Capisco Kate, ma non voglio tornarci la. Ho odiato quel posto e credo che mi abbia solo 
peggiorata. Non sono fatta per essere esternata dal mondo, questo non mi guarirà"
Per la prima volta la vidi pensierosa, come stesse cercando qualcosa da dire. Stetti in 
silenzio ed aspettai una sua affermazione.
"Sì, forse hai ragione, non sei come loro. Però non vedo altre soluzioni.. cosa credi sia 
meglio per il tuo bene?"
Questa era la mia occasione, avrei potuto inventarmi non so quante scuse per farmi 
servire e riverire fingendomi bisognosa di aiuto, ma in quel momeno la mia mente era 
offuscata dai mille pensieri negativi sprigionati dal mio corpo.
"Credo sia meglio restarmene sola per un po', e poi prenderemo provvedimenti"
"Cosa intendi con "sola"? Tua madre è al corrente delle tue idee?" 
"Gliene parlerò il prima possibile, ho intenzione di starmene da un'amica per qualche 
giorno"
"E credi che tutto ciò servirà a qualcosa, Ann?"
"Lo spero signorina Anderson, lo spero."
  
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