Capitolo 6
«E
tu mi hai fatto venire qui, per questo!?»
Lo
guardai a dir poco allibita: il motivo
per cui era richiesta la mia presenza era una foto che Fede aveva
trovato nella
cassettiera, che IO avrei dovuto restituire ad Emile!
«Pasi,
io qui ci lavoro, non posso entrare e uscire quando voglio! Tu conosci
casa
sua, conosci lui e non impiegherai molto a restituirgliela.»
«Ma
chiamalo e digli di venire a prendersela! Io che c’entro nei
vostri affari?» era
la seconda volta in quella giornata
che facevo la gnorri e la seconda volta che venivo sbaragliata.
«Ancora
tenti di nasconderti? Ti sto offrendo la possibilità di
rivederlo su un piatto
d’argento stupida! Approfittane, a meno che tu non ti sia
decisa a prendere in
mano la situazione trovando occasioni per farlo…», mi guardò con
un sorrisino sarcastico molto simile a quello
che avevo visto sul volto di Emile: ma si stavano prendendo tutti gioco
di me?!
«Fede,
apprezzo molto i tuoi tentativi di trovarmi un ragazzo, ma credo
proprio che tu
abbia sbagliato soggetto! E poi non ho mai detto di volerne uno,
né tantomeno
di essere interessata ad Emile Castoldi!»
Purtroppo
il volume alto della mia voce,
che zittì un po’ tutti in quella sala comune, mi
smentì drammaticamente…
Fede
com’era suo solito non si scompose,
al pari di Stè capiva benissimo che dietro le mie urla
c’era un conflitto che
ancora non avevo avuto modo di risolvere e aspettava paziente che
sbollissi la
rabbia e iniziassi a ragionare.
«Testolina
dura, ho capito che ci vorrà del tempo prima che tu ammetta
a te stessa ciò che
è palese per tutti, però nel frattempo, visto che
io non sono coinvolto e vedo
più razionalmente di te, permettimi di dirti una cosa: Emile
non è un tipo
semplice, ho capito che fa il duro per proteggersi, per allontanare da
sé chi
potrebbe fargli del male. Hai visto anche tu che con qualche parola
chiara e
ragionevole, ha abbassato la guardia e si è mostrato
diverso. Quindi non ti
fermare alle apparenze, non lasciare che il tuo orgoglio ti chiuda gli
occhi e
non ti faccia raggiungere ciò che quel ragazzo protegge
dentro di sé. Osserva al
di là del muro che erge tra sé e gli altri e
guarda chi è veramente. Solo
allora potrai essere sincera con te stessa e ammettere con cognizione
di causa
cosa provi per lui. Ed ora prendi questa foto e fila via da lui.» così dicendo mi
diede la foto
insieme ad un altro foglio e mi buttò fuori dalla
comunità senza troppe
gentilezze.
Aprii
il foglietto, c’era un numero e un
appunto di Fede:
Visto
che sicuramente non avrai la forza di presentarti a casa sua, ti lascio
il numero del suo cellulare, così potrai avvertirlo tramite
telefonata o sms e
proteggerai la tua dignità :P
Fede
era un demone travestito da angelo! Ma Dio solo sapeva quanto ero
felice che
lui e Stè fossero nella mia vita!
*****
Come
preventivato da Fede, non ebbi la forza di presentarmi su due piedi a
casa di
Emile, inoltre era molto facile che non fosse in casa se lavorava, per
cui la
cosa migliore da fare era avvertirlo tramite cellulare: se
l’avessi chiamato
però, ero certa che mi avrebbe assalito l’idiota
balbuzie da quindicenne in
amore, quindi optai per un sms (e sentii il sorriso soddisfatto di Fede
dietro
la mia testa, anche se non ero più lì con lui).
Mi
accomodai su una panchina nei giardini pubblici e dopo
mezz’ora di scritture e
riscritture e revisioni e controlli del testo (doveva essere un sms
senza
fronzoli, senza errori grammaticali, senza alcuna testimonianza che
avessi una
voglia matta di vederlo; mai gli avrei dato una simile soddisfazione!),
mandai
il messaggio mentre l’ansia fece poltiglia di me, che restai
in attesa di
risposta. Quest’ultima per fortuna non si fece attendere
molto: dopo un paio di
minuti arrivò, mandando il mio cuore in gola, mentre lottavo
con la sensazione
che potesse uscirmi dal petto da un momento all’altro.
Emile
rispose che stava per uscire da lavoro, quindi se gli avessi detto
dov’ero mi
avrebbe raggiunto: gli spiegai dove mi trovavo e attesi che arrivasse.
Nel
frattempo iniziai a guardare quella fotografia con attenzione.
C’erano tre
persone ritratte, un uomo una donna e un neonato: avevo riconosciuto la
signora
Claudine anche se in quella foto il suo sguardo era diverso come il
giorno lo è
dalla notte! Era felice, aveva una grande luce negli occhi ed era
davvero bella!
Accanto a lei c’era quello che doveva essere suo marito: un
bell’uomo alto dai
capelli ricci portati lunghi fino alle orecchie, con un sorriso allegro
che mi
ricordava molto quello di Stè; il padre di Emile doveva
essere una persona
altrettanto allegra e serena… o forse lo era stato un
tempo... Quello che per
deduzione logica doveva essere Emile, era un fagottino in braccio alla
madre,
avvolto negli abiti enormi dei neonati che insieme alle braccia della
genitrice,
non lasciavano vedere molto del piccolo che proteggevano, ma
già si intravedeva
quella chioma rossa che lo contraddistingueva.
Mi
innamorai all’istante di quell’immagine: nella mia
famiglia i sorrisi da foto
erano sempre falsi, appena accennati e ovviamente di circostanza,
mentre in
questa istantanea c’erano due persone davvero felici che
mostravano la loro
gioia a chi la guardava; erano riusciti a trasmetterla persino
attraverso il
negativo!
In
un secondo momento però mi assalì la tristezza:
la felicità di Claudine dov’era
andata a finire? Perché si era spenta in quel modo?
Perché ora in quella
famiglia non c’era più la gioia che tanto gli
avevo invidiato due secondi
prima?
Ed
Emile... Emile era riuscito mai a vedere quel sorriso felice sul volto
di sua
madre? Di certo non poteva ricordarsi il momento in cui fu scattata la
foto e
non sapendo nulla sulla causa della malattia di Claudine, mi chiesi
quanti anni
avesse avuto suo figlio quando la madre aveva perso definitivamente il
sorriso.
Fu osservando la testa rossa di quel neonato che mi resi conto anche di
un
particolare: entrambi i genitori di Emile avevano i capelli
castani… allora da
dove proveniva quel color carota che tempestava i miei sogni da
settimane?
«Scusa
se ti ho fatto attendere, ma oggi c’era un traffico
impossibile!»
Per
poco non saltai dalla panchina: Emile comparve dietro le mie spalle
senza
annunciarsi e sicuramente mi aveva anche visto mentre osservavo la foto
della
sua famiglia! Mi alzai in tutta fretta decisa a fuggire via per la
vergogna,
poi mi resi conto che doveva aver corso perché era
affannato: ci teneva così
tanto a quella foto? Del resto non poteva essere altrimenti,
probabilmente era
l’unica immagine felice della sua famiglia, come poteva non
essere importante
per lui?
«Ma
hai corso? Hai l’affanno! Non c’era bisogno di
affrettarsi, vieni siediti…»
«Non
ce n’è bisogno… sono solo fuori
esercizio… dov’è la foto?» la
solita
gentilezza! In questi casi mi chiedevo davvero cosa ci trovassi in lui!
«E...eccola,
la tenevo in mano per non rovinarla in borsa…»
«Grazie,
scusa per il disturbo.»
«Ma
no figurati, non avevo nulla da fare! C-come sta tua madre?»
Ero sinceramente
preoccupata per la signora Claudine così osai chiedere, ben
sapendo che mi
aspettava un'altra frase lapidaria della serie: “Non sono
fatti tuoi”.
«Oh
sta molto meglio, oggi mi ha cacciato dalla sua stanza e si
è chiusa dentro!»
«Cosa?
Allora sta meglio!» Si era risvegliata! Ero felice che fosse
più reattiva, ma
osservando con attenzione il volto di Emile, mi resi conto che parlava
con la
solita maschera arrogante e sarcastica.
«Certo,
non lo sai che chi soffre di depressione ha dei momenti di calo totale
e in
seguito un’euforia innaturale?! Alcune volte si è
arrampicata sui tetti per
mettersi a ballare e l’abbiamo dovuta trascinare
giù!»
Quel
discorso stava assumendo dei toni surreali, iniziavo a credere che
Emile si
stesse prendendo gioco di me...
«Ah
davvero? Beh allora è una persona fantasiosa!»
stetti al suo gioco: se credeva che fossi una stupida da
impressionare
si sbagliava alla grande!
«Oh
sì, certo! A volte ha delle energie invidiabili: anni fa
cacciò anche mio padre
dicendo che non lo voleva più nel suo letto, mettendolo in
imbarazzo davanti
alla famiglia riunita!» Emile si era curvato leggermente su
di me e mi guardava
di nuovo con quell’espressione tra il divertito e
l’arrogante, come se mi
volesse dire “Sei una stupida se credi che ti dica la
verità”.
«Una
volta ha anche tentato di uccidermi
sai?!»
Vabbè
questo era troppo, a quel gioco stupido infantile e perverso non volevo
starci
più ed esplosi:
«Senti
tu, stupido borioso saccente, io sono davvero preoccupata per tua madre
e non
tollero che mi si tratti come un’imbecille prendendosi gioco di me e delle mie
buone intenzioni! Se
tu non riesci a capire quando una persona è sinceramente
preoccupata, beh
allora ti compatisco!»
«Mi
compatisci?» gli occhi di Emile si strinsero in una fessura
mentre si ergeva su
tutta la sua statura mettendo distanza tra di noi. In quel momento
sentii la
sua furia irradiarsi come un’aura dal suo corpo:
«Tu
mi compatisci? Sai cosa mi sembri? Una mocciosa impicciona che non
arrivando al
suo scopo inizia a denigrare ciò che voleva raggiungere! Sei
proprio come
credevo al concerto dei TresneT,
una
bambina che non avendo argomenti insulta con la più banale
delle offese! Mi
stai attorno da settimane, t’impicci dei miei affari e della
salute di mia
madre fingendoti una gentile crocerossina, ma sai che
c’è’? Di persone come te,
finte missionarie, ne ho viste a bizzeffe! Sai quante persone hanno
mostrato a
me e mio padre i loro volti misericordiosi, infilandosi in casa nostra,
solo
per spiare la situazione e spettegolare sulla salute di mia madre?! Sai quanti hanno offerto
il loro aiuto per
poi sparire alla prima crisi ingestibile?! Non me ne faccio nulla della
vostra
carità, non voglio la vostra pietà e non
m’interessa il vostro falso aiuto!»
Ora
sì che era furioso, ma lo ero anche io! Per chi mi aveva
preso? Io una
pettegola! Proprio io che odiavo tutte le chiacchiere di cortile e la
tipica
frase dei miei genitori “Poi la gente che ne
pensa?”!? Come osava paragonarmi a
loro!
«TU
NON SAI NIENTE DI ME STUPIDO IDIOTA! Non sai nulla di come sono, non
sai nulla
di quello che faccio e vedo che non ti sei preso nemmeno la briga di
farlo!
Fede ti ha detto che io e lui trattiamo con le persone psicologicamente
fragili
da tempo e hai visto tu stesso che siamo stati in grado di gestire la
crisi di
tua madre! Se fossimo stati dei pettegoli saremmo solo rimasti a
guardare e poi
saremmo scappati via a riportare l’accaduto, riempiendolo di
urla che tua madre
non ha dato e di scene drammatiche che non ci sono mai state! Eppure Fede te
l’ha anche detto! E sembravi
aver capito che eravamo felici di darti una mano! Invece sei solo un
pallone
gonfiato che ha le manie di persecuzione! Tieniti la tua stupida foto e
sparisci dalla mia vista! Anzi no, me ne vado io!»
Così
dicendo, girai le spalle a quel ragazzo che aveva osato paragonarmi ai
miei
genitori e mi allontanai, prima che la furia che mi pervase in quel
momento mi
portasse a salire su quella panchina e allungare le mani sul suo collo
per
strangolarlo!
Feci
qualche passo per schiarirmi le idee, poi mi fermai quando capii che
ero
lontana da occhi indiscreti: cercai di prendere a pugni un albero, ma
il
risultato fu deleterio per le mie nocche, così decisi di
rilassarmi con qualche
dose di respirazione profonda.
D’improvviso
mi resi conto che quel giorno avevo detto a mia madre che me ne andavo
di casa,
ma che non avevo uno straccio di luogo in cui rifugiarmi!
A
casa non ci sarei tornata di sicuro, avevo il mio orgoglio da difendere
e
volevo dimostrare ai miei di avere seri propositi, quindi avrei dovuto
rimediare un letto per la notte e l’indomani iniziare a
cercarmi un lavoro.
Dove
potevo andare? Chi poteva ospitarmi?
Ma
certo! Margherita!
*****
Margherita,
che voleva farsi chiamare Rita, era una donna di mondo. O meglio ne
aveva tutta
l’aria: era di famiglia benestante e desiderosa di avere la
sua indipendenza;
così una volta scelta la facoltà universitaria,
nonostante non abitasse lontano
da essa, decise, utilizzando i suoi fondi per gli studi, di trovarsi un
appartamento per poter studiare in pace e iniziare a vivere in modo
indipendente
dalla famiglia. Aveva trovato un lavoro part-time e, essendo una
fissata della
forma fisica, trovava anche il tempo per cure estetiche e palestra e i
suoi
studi non ne erano minimamente compromessi: una specie di genio! In
questo era
molto simile a Simona, ma al contrario di mia sorella, Rita amava
divertirsi:
magari centellinava le uscite, programmava i suoi impegni, ma quando
serviva
una mano lei c’era, era una buona amica e aveva sempre una
parola di conforto
per tutti.
Rita
e Fede erano più grandi di me e Stè, avevano
l’età di Simona, ventitré anni e
forse per questo erano così protettivi nei nostri confronti
e molto
probabilmente io vedevo in loro un fratello e una sorella che non avevo
mai
avuto, se non addirittura dei genitori! Rita aveva scelto un piccolo
appartamento in cui vivere da sola, ma mi aveva sempre detto che in
caso di
bisogno, quelle mura erano casa mia e sarei sempre stata la benvenuta
lì.
Motivo per cui, in quel momento di sconvolgimenti importanti della mia
vita,
decisi di rifugiarmi nella tana che mi attendeva da anni.
Appena
le dissi cos’era accaduto con mia madre, fece spazio
nell’armadio per metterci
la mia roba (che immaginava andassi a prendere) e mise a mia completa
disposizione tutti i suoi spazi. Poi mi fece accomodare sul divanetto
in cucina
e mi chiese come stavo.
«Non
c’è solo questo, vero Pasi? Ti vedo
particolarmente giù di tono oggi.»
«Diciamo
che il litigio con mia madre è stato l’inizio, ma
poi la giornata è andata
sempre peggio!»
Raccontai
per sommi capi della telefonata di Fede e la litigata furibonda con
Emile, le
dissi di cosa mi aveva accusato e quanto profondamente mi avesse
offeso, le
spiegai del giorno al pronto soccorso e di come quel ragazzo fosse
diverso quando
era in compagnia della madre. Rita ascoltò senza battere
ciglio finché non
terminai il mio racconto.
«Certo
che tu e quel tipo non riuscite proprio a parlare come comuni mortali!
Tu
t’inalberi per un nonnulla, lui offende senza troppe
remore... che bella
coppia!»
«Non
siamo affatto una coppia! Assolutamente non ho nulla da spartire con
quello
lì!» a parte il fatto che mi avesse offesa
terribilmente e fatta sentire
un’emerita idiota per essermi preoccupata per lui e per la
sua famiglia!
«Pasi,
si vede lontano un miglio che quel tipo t’interessa, tu forse
non te ne sei
resa conto, ma ti sei già presa a cuore tutto quel che fa e
quello che lo
riguarda, seguendo le sue esibizioni e preoccupandoti della madre. Sono
certa che
anche Fede sia arrivato a questa conclusione, altrimenti non ti avrebbe
spedito
ad incontrarlo!»
Rita
mi aveva circondato le spalle con un braccio e mi consolava, proprio
come avrei
voluto che facesse una sorella: mi sentii realmente piccola e indifesa
in quel
momento. Lei e Fede erano davvero i miei fratelli/genitori, soprattutto
alla
luce del loro passato.
Erano
stati insieme quando frequentavano le scuole medie superiori e a detta
loro si
erano amati davvero molto. Però crescendo si erano resi
conto di essere
cambiati e che i quindicenni che si erano innamorati, erano diventati
diciottenni
insoddisfatti che non sapevano più cosa volevano,
così di comune accordo si
erano lasciati e adesso erano buoni amici.
Non
che troncare la loro storia fosse stato facile.
Non
si erano più sentiti per qualche anno, allora non
c’erano le premesse per
venirsi incontro e guardarsi sotto altre spoglie che non fossero solo
quelle
dell’ex. Ma con qualche anno di distanza e qualche esperienza
di vita che li
aveva fatti crescere, quando si erano ritrovati si erano anche accorti
di
riuscire ad essere buoni amici ed ora guardavano con
serenità e senza alcuna
recriminazione al loro passato. Io non sarei mai riuscita ad essere
amica di un
mio ex ragazzo, probabilmente perché le mie storie erano
finite sempre in
litigi… Sapevo di non poter piacere a tutti e comprendevo
che le critiche
spesso erano costruttive, ma quando qualcuno a cui tenevo mi criticava,
alzavo
subito le barriere e attaccavo a mia volta! Ero così stanca
di essere criticata
da chi invece volevo solo che mi sostenesse, che non riuscivo a
mantenere un
contegno razionale né tantomeno pensare di rivedere un mio
ex ragazzo senza
ripensare a tutto ciò che aveva avuto da ridire sul mio
conto! Ed ora mi stavo
innamorando di un tipo che non solo criticava gratuitamente, ma
riusciva anche
a farmi sentire una vera stupida…
«Rita
non voglio!» assumendo la voce lagnosa di una bambinetta mi
rifugiai tra le braccia
della mia madre acquisita: «Ti ricordi come sono stata male
quando è finita la
storia con Alessio? E quali sono stati i miei propositi quando tutto
è passato:
basta farmi mettere l’orgoglio sotto i piedi dal primo
ragazzo che capita! Non
ti sembra che io sia stata umiliata già abbastanza?! Non
voglio innamorarmi di
un tipo simile! Non voglio impegnarmi in quest’altra
battaglia, che mi lascerà
solo più incattivita e cinica!»
«Pasi
ti stai fasciando la testa prima di romperla: chi ti dice che sia una
storia
destinata finire? E soprattutto, se te ne sei innamorata, evidentemente
hai
visto qualcosa in lui che ti ha colpito, al di là del suo
caratteraccio. Lo sai
che gli esseri umani
sono un insieme di
tante piccole sfumature di carattere, siamo creature terribilmente
complesse e
ciò che vedono di noi gli altri, non sempre corrisponde a
ciò che veramente
siamo. Probabilmente Emile ha solo un modo di fare aggressivo che
nasconde
qualche insicurezza. Certo se ti fa star male, se quando pensi a lui
sei solo triste
e arrabbiata, allora forse non ne vale la pena... ma se ti è
capitato più volte
di sentirti emozionata all’idea di vederlo, se la sua voce o
il suo nome o
qualsiasi più piccola cosa a lui connessa ti scombussola,
allora significa che
il tuo cuore sta
già sognando e tu devi
solo adeguarti alla sua volontà.»
Che
belle parole sapeva dire Margherita, com’era dolce e sognante
il suo modo di
vedere le relazioni umane! Nessuno avrebbe mai pensato che una persona
così
attiva e presa dall’epoca moderna fosse così
sognatrice, eppure anche lei
nascondeva dentro di se un animo tale! Probabilmente aveva ragione,
dovevo
concedere al mio cuore il beneficio del dubbio e cercare di capire chi
si
nascondeva dietro quegli occhi di ghiaccio, quel sorriso sarcastico e
quelle
parole taglienti. Anche Fede mi aveva spronato a farlo, forse dovevo
davvero
credere ai miei amici/genitori! D’un tratto però
mi resi conto di un
particolare non indifferente: stavamo facendo i conti senza
l’oste, perché io
non avevo la più pallida idea di cosa Emile provasse per me
e se pensavo alla
lite avuta qualche ora prima, potevo sicuramente affermare che mi
disprezzasse
non poco!
Mi
stava salendo di nuovo la rabbia al pensiero del modo maleducato e
gratuitamente velenoso in cui mi aveva trattato, quando sentii il
cellulare
squillare: potevano essere i miei genitori? Erano in ansia per me? Non
osavo
pensarlo!
Mi
staccai dall’abbraccio di Rita per prendere il telefono e
vidi un numero che
non conoscevo, accettai la comunicazione e per poco non mi cadde il
cellulare
di mano quando sentii la voce di Emile:
«Ciao…
volevo chiederti scusa per prima, sono stato davvero maleducato e
sgarbato, ho
capito dopo di averti insultato gratuitamente, perché ora
avrei davvero bisogno
di aiuto e mi sono reso conto che tu e Federico siete stati bravissimi
con mia
madre l’altro giorno...»
Dopo
l’iniziale sorpresa di sentirlo, iniziai a ragionare: Emile
si stava scusando…
ma ad Emile serviva anche un aiuto immediato… Avevo il
sospetto che se sua
madre non avesse avuto bisogno di me all’improvviso, quella
telefonata non
avrebbe mai avuto luogo!
«Perché
non chiami Federico, di sicuro lui è meno invadente e
persecutore di me!»
Non
potevo cedere così su due piedi, non ero certo il suo
cagnolino, gli avrei
fatto vedere di che pasta ero fatta!
«Federico
non può venire e mi ha detto di chiamare te!»
Parlò a denti stretti con un tono
che mal celava la sua irritazione: quindi ero la sua ultima scelta! Era
stato
costretto a chiamarmi dal precipitare degli eventi... E cosa gli faceva
pensare
che avrei acconsentito?
«Quindi
mi stai dicendo che non volevi chiamarmi, ma sei stato costretto a
farlo perché
non avevi via d’uscita e ti è toccato anche
scusarti!» Ah come gongolavo! Per
una volta ero io a guardarlo dall’alto in basso, anche se
solo metaforicamente!
Beccati questo rossino malefico: Pasi=1, Pel-Di-Carota=0!
«Sì,
lo so sono un bastardo cinico e opportunista e capirò se mi
dirai che posso anche
andarmene al diavolo, io e mia madre, ma a quel punto potrò
anche immaginare
che davvero non t’importi nulla di lei, perché io
devo assolutamente uscire,
mio padre non è in casa e mia madre non può stare
da sola!»
Assurdo,
mi stava chiedendo un aiuto e tuttavia lo stava pretendendo rigirando a
suo
favore il mio discorso! Oddio che voglia di strangolarlo che avevo!
Però
sentivo anche la sincera preoccupazione nella sua voce e tutto sommato
quando
avevo offerto il mio aiuto ero stata sincera...
Decisi
di andare, tuttavia feci ancora un po’ la preziosa:
«L’infermiera
non c’è? Non hai detto che ce
n’è una fissa accanto a tua madre?»
Pausa.
Si sentì un sospiro e poi Emile tornò a parlare:
«Non
riesco a contattarla, la sera normalmente è libera
perché c’è sempre qualcuno
di noi in casa, quindi non è tenuta ad essere
rintracciabile!» disse a denti
stretti, trattenendo di sicuro qualche bell’insulto: doveva
essere davvero
disperato… «Vabbè, fa nulla, scusami
per il disturbo e scusami ancora se sono
un imbecille!»
«D’accordo
ora vengo, ma dammi un po’ di tempo perché non ho
l’auto.»
«Ok…
grazie.»
*****
Quando
arrivai, Emile aprì le porte di casa prima ancora che
bussassi, di sicuro stava
di vedetta dietro la porta con l’ansia addosso! Mi rammaricai
di non averlo
fatto attendere di più, ma poi pensai che il fatto stesso di
chiamarmi e di
chiedere il mio aiuto dovevano essere stati una bella punizione al suo
orgoglio
spocchioso e mi godetti quel momento di superiorità. Entrai
e con un debole cenno
del capo a mo’ di saluto,
iniziò a
parlarmi:
«Mia
madre ora dorme, ma sarebbe meglio restarle accanto, non ha avuto altre
crisi,
ma ultimamente è più imprevedibile del solito,
per cui è meglio tenerla sotto
controllo…» si fermò un istante, con
l’aria combattuta, poi si decise a
guardarmi in faccia: «Scusami davvero per oggi e per poco fa,
ti ho trattata
davvero malissimo e invece tu sei qui a darmi una mano: dammi anche
dell’idiota
o insultami come preferisci, stavolta non ribatterò
nulla!»
Mi
stava guardando per la prima volta con uno sguardo sincero, privo di
del solito
sarcasmo o della rabbia: quelli erano gli occhi del suo animo, gli
occhi della
persona che lui proteggeva da tutti? Mi sentii ipnotizzata da quel
grigio
azzurro così limpido e intenso e non riuscii a dir alcuna
parola velenosa:
«È
successo qualche imprevisto grave?» andai dritto al sodo, non
volevo discutere,
ma non volevo nemmeno minimizzare l’accaduto, così
cercai per lo meno di sapere
il motivo per cui alle otto e mezzo della sera io mi ritrovassi in una
casa
sconosciuta a prendermi cura della madre di Emile.
«No,
per fortuna… mio padre è fuori casa
perché stasera sarei dovuto restare io con
mia madre, ma all’improvviso mi hanno chiamato i ragazzi per
un’esibizione
organizzata all’ultimo minuto e mi sono ritrovato a non saper
chi chiamare e...
il resto lo sai.» abbassò di nuovo la testa
colpevole, per poi tornare a
parlare: «Scusami davvero… sono proprio un
imbecille borioso!»
Restai
davvero senza parole. Solo qualche ora fa mi aveva riempito di insulti
ed ora
non la smetteva di chiedere scusa: ma chi era il vero Emile?!
«Senti,
finiamola con queste scuse, ok? Sei inquietante ora, non ci sono
abituata! Tu hai
esagerato, io ho esagerato; ora
mettiamoci un
macigno su e non pensiamoci più!»
Mi
guardò con un misto di stupore e di divertimento sul viso,
poi fece un
sorrisetto appena accennato diretto più a se stesso che a me
e annuì.
«Ora
devo proprio andare, ma appena mi libero torno subito a casa. Se ti
viene
sonno, in camera di mia madre la poltrona è reclinabile, se
hai fame la cucina
è a tua disposizione. Hai avvisato i tuoi che sei
qui?» Quell’ultima domanda mi
lasciò interdetta: credeva che fossi una bimbetta? E poi non
volevo affatto
pensare ai miei genitori in quel momento!
«È
tutto ok, stai tranquillo! Il mio numero ce l’hai se vuoi
controllare ogni
tanto come va, quindi ora muoviti o farai tardi, ci vediamo
dopo!» e così
dicendo sfoderai un bel sorriso rassicurante, che ebbe
l’effetto di far
sorridere anche lui:
«Allora
a più tardi, ciao!» e dopo avermi lasciata
inebetita per quel sorriso improvviso,
chiuse la porta di casa dietro di sé,
uscendo dalla mia visuale. Così, mi ritrovai
sola (o quasi) in casa di
Emile: al piano di sopra mi aspettava la signora Claudine, ma prima di
andare
da lei, avevo il desiderio spasmodico di osservare la casa in cui
viveva il
protagonista dei miei turbolenti sogni.
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NDA
"Qualcosa si muove all'orizzonte... i nostri eroi riusciranno ad avere una conversazione civile, prima o poi? La risposta nella prossima puntata" xD
E dopo questo delirante commento, passo allo scopo principale di quest'angolo: i ringraziamenti a tutte le mie sorelline che mi seguono, si entusiasmano e rendono la sottoscritta felice e orgogliosa ^ ^
Grazie all'infinito a Iloveworld, Ana-chan, Cicci, Ely, Vale, Niky e Saretta. Grazie davvero tesore mie!!!
E grazie anche a tutti
coloro che si fermeranno a leggere, e a chi segue questa
storia con interesse. Grazie grazie grazie!