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Autore: 3lo_2ofi    25/09/2011    3 recensioni
Immaginatevi i personaggi che abbiamo amato, dopo anni, circa dieci.
Giappone, due Clan diversi ma una passione in comune. Le auto.
Come i buoni e i cattivi. In questo periodo della storia delle corse in Giappone sono i cattivi a regnare. Ma Rui, una bionda tutto pepe e ambizione vuole cambiare le cose, arrivando a chiedere aiuto persino a Ciel, arrogante e orgogliosa. Entrambe faranno di tutto per sopportarsi e per vincere coloro che vogliono controllare il Giappone su quattro ruote.
Una sfida dietro l'altra a tutta velocità. Ma non ci vuole solo quello, ma firbizia e macchinazione di tutto quello che gli sta attorno.
Riuscite a immaginarvi la Inazuma competitiva come sempre ma su quattro ruote?
Se ci riuscite aprite questa storia e godetevela, e se non ci riuscte provate a leggere e cambiate idea.
Spero di avervi incuriosito almeno un poco. Buona lettura e commentate!
Genere: Azione, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti coloro che hanno aperto questa Fic!
Prima di iniziare a dire un paio  di cose voglio dirvi che siamo in due che scriviamo, e per farvi capire chi siamo abbiamo inventato una cosa, quando scrive 2ofi ci sarà scritto CapitUlo, come scrive sempre lei, mentre quando scriverò io (3lo) ci sarà scritto semplicemente CapitOlo. E saranno grafie diverse.
Ora, dopo il successo che abbiamo avuto con la Fic "Revolution Girls" abbiamo deciso di scriverne un'altra, con personaggi completamente diversi e cresciuti, soprattutto cresciuti. Speriamo che piaccia anche questa come è piaciuta l'altra.
Ed ora eccovi il primissimo capitolo di questa nuova storia.
Buona lettura e commentate miraccomando!




Fui svegliata da uno strano vociferare concitato alla mia destra, dalla parte del finestrino.
Potei dunque dedurre che il viaggio era terminato, e Tokyo emergeva sotto i nostri piedi.
Mi stropicciai gli occhi, gonfi da quel sonno scomodo e mi tirai su a sedere.
Non feci in tempo a salutare i miei compagni che Dylan mi saltò negli occhi.
-Rui, ci siamo, ci siamooooo!!- era elettrizzato. Era uno dei due ragazzi che avevo incontrato in America, tipo di 21 anni con i capelli di un biondo scuro legati in una coda bassa, e portava sempre degli strani occhiali blu.
-Cerca di controllarti Dylan, non abbiamo ancora appoggiato piede e sei già cosi fuori di testa.- commentò scherzosamente Fidio: ragazzo 22enne italiano, dai capelli castano scuro e dai grandi occhioni blu.
-Tu non puoi capire Fidio, ho sempre desiderato visitare il Giappone e poi, Tokyo, Wow! Ma ti rendi conto?- chiese il biondo sorridendo da ebete.
-Ora smettetela, per favore.- disse l’ultima voce.
-Kru, non preoccuparti ormai siamo atterrati e non dovrai più aver paura di schiantarti!- rispose Dylan, toccandogli amichevolmente una spalla. Kru, ovvero Mark Kruger, era l’altro ragazzo incontrato negli Stati Uniti: aveva i capelli arricciati di un castano dorato e gli occhi verdi.
-Tu dici cosi perché non sai cosa si prova.- continuò lui, con gli occhi chiusi. –Il sonnifero doveva durare finché non saremmo atterrati.- mormorò, stringendo terrorizzato i braccioli.
-Ma Kru, siamo atterrati!- gridai io, alzandomi in piedi seguita a ruota dagli altri. Raggiungemmo lentamente la scaletta che collegava l’aereo all’aeroporto Narita. Come un tornado Dylan ci superò violentemente e rischiò anche di travolgere due anziani davanti a noi.
-Dylannnnn fai attenzione, accidenti!!- gridai inferocita, alzando il pugno nella sua direzione. Ma lui non mi stava prestando minimamente attenzione. Era concentratissimo ad appoggiare pianissimo il piede destro a terra, appena sotto la scaletta.
-Sono il primo uomo americano ad aver toccato Tokyo!!- urlò esaltato. Io lo raggiunsi con un balzo e gli diedi un pugno sul braccio.
-Semmai il primo coglione ad aver toccato Tokyo.- sbuffai infastidita dal suo atteggiamento da emerito imbecille.
-Eddai Rui-chan, non fare cosi …- rispose, camminando per indietro. –In fondo, sei tornata a casa e cercavo solo di alleggerire la tensione scherzando.- Non gli risposi. Non ne avevo voglia.
Arrivammo in breve dentro l’aeroporto. Mi ero dimenticata di quanto fosse enorme questo posto. Mi guardai in giro, sperduta. Fidio intercettò il mio sguardo.
-Tu dovresti aiutare i turisti come noi ad orientarci siccome è casa tua, ma sembra il contrario!- disse sorridente. Io contraccambiai.
-Da questa parte, andiamo a prendere i bagagli!- dissi ai ragazzi. Loro mi seguirono senza fiatare.
Trovammo i nostri bagagli senza nessun problema fortunatamente. Ricordo in uno dei miei tanti viaggi, che quando ero atterrata in Brasile, avevo perso la mia valigia. Era stato terribile! Fortuna che lì la gente è gentilissima, altrimenti non saprei come avrei potuto cavarmela. Soprattutto Falcao da Silva, giovane del posto che era accorso in mio aiuto. È diventato un mio grande amico. La voce di Kru mi riscosse dai miei ricordi.
-Ora dove si va? Odio l’aeroporto.- confermò serio. Io sorrisi.
-Dobbiamo prendere il Narita Express per raggiungere il centro di Tokyo, per poi andare al porto, a recuperare le nostre auto.- rispose Fidio, armeggiando con un opuscolo, di Tokyo e le sue vicinanze.
-La mia bellissima macchinaaaaaaaaaaa!- gridai istericamente. I ragazzi mi guardarono annoiati.
-Hai voluto tu, farla partire lo stesso giorno che avevamo il volo. Cazzi tuoi.- disse Kru, alzando le spalle. In poche parole, incolpandomi.
-Ma se non lo facevo, lei avrebbe pensato che io non la considerassi sul nostro stesso livello.- mugugnai, lamentosa. Tutti avevano gli occhi sgranati.
-È un’auto. Un oggetto. Non prova nulla.- aggiunse Kru. Ma Dylan controbatte.
-C’è qualcosa che può provare, ovvero la fame. Prova a non farle il pieno per un po’, vedrai che poi ti passa la voglia di dire certe balle.- ringraziai mentalmente Dylan: almeno per una volta mi aveva aiutata.
-Forza andiamo.- concluse il discorso Fidio sventolando una mano, e uscendo da quel luogo traboccante di gente. Fummo fuori, in cielo c’era un sole che brillava come non mai. Mi era mancato il Giappone, ma viaggiare era sempre stata la mia passione.
Arrivammo alla stazione e il treno non si fece attendere. Salimmo con tutti i nostri bagagli e ci sedemmo di nuovo, ma sta volta per un brevissimo tragitto.
Arrivammo in centro che nemmeno ce ne fossimo accorti. Appena fuori dal veicolo ferroviario riconobbi immediatamente la mia città. Gente, ovunque! Ero stata anche in altre città caotiche, ma Tokyo le batteva in tutto e per tutto!
-Ora che si fa? Mi sembra di scoppiare!- disse Dylan guardandosi attorno sperduto come non mai.
-Non temete miei prodi, ci sono qui io a guidarvi!- gridai euforica. Camminammo per qualche minuto, poi finalmente trovai quello che stavo cercando.
-TAXIIII!!- dissi io sventolando agitata una mano. Un ragazzo mi vide, e corse subito da me.
-Buongiorno! Quanti siete, e dove volete andare?- chiese meccanicamente, restando immobile. Il tipo in questione, aveva all’incirca la mia età, capelli a spazzola blu notte e occhi altrettanto blu.
-Ciao, siamo in quattro e ti chiediamo, per favore di portarci al porto di Tokyo.- chiesi gentilmente, sorridendogli. Lui arrossì violentemente.
-C-certo. Lasciatemi i vostri bagagli ed accomodatevi.- disse imbarazzato. Noi abbandonammo le valige e ci accatastammo nell’auto. L’interno del taxi profumava di pino e i sedili erano morbidi e puliti. Si vedeva subito che aveva appena iniziato quel mestiere. Poco dopo sentimmo sbattere il baule, e fare la sua entrata in auto. Accese il motore e partimmo.
La musica che usciva dalle casse era rilassante ma non faceva altro che infastidirmi maggiormente. Optai per rompere il ghiaccio e chiacchierare di qualunque cosa mi venisse in mente.
-Come ti chiami?- domandai avvicinando il volto al suo sedile. Lui si sorprese.
-Io sono Toramaru Utsonomiya.- disse, spostando velocemente lo sguardo dallo specchietto, alla strada davanti a se.
-Io invece mi chiamo Rui.- dissi, senza che me l’avesse chiesto. Poi continuai segnando i miei amici. –Quello accanto a te è Dylan. Poi alla mia destra c’è Kru e alla sinistra Fidio.- loro non fecero una mossa. Attimo di silenzio.
-Da quanto fai questo lavoro?- domandai, conoscendo già la risposta.
-D-da poco, ho appena iniziato.- rispose timidamente. Io annui. Pensai ad un’altra domanda.
-E ti piac …- non feci in tempo a finire che Kru mi tirò leggermente i capelli. Mi avvicinai a lui, captando il segnale.
-Che diavolo fai?- chiese leggermente scocciato.
-Cerco di comunicare col tassista.- risposi salutandolo lievemente.
-Ma non vedi che lo stai mettendo in imbarazzo?- disse lui, a tono di voce bassissimo.
-Suvvia, che sarà mai un po’ di fascino di Rui?- cinguettai. Lui chiuse gli occhi, paziente.
-Eddai Kru, voglio solo che ci dimezzi il prezzo. A Tokyo i taxi costano un fottio.- sussurrai.
-Allora è solo per questo che socializzi con lui?- domandò di nuovo, alzando leggermente il tono di voce.
-Ragazzi che succede? È un po’ che confabulate.- disse Fidio, aggiungendosi al discorso.
-No, anche perché mi stavo annoiando. E questa musica mi da ai nervi.- risposi fissandolo negli occhi.
-Non so di cosa stiate parlando … ma per la musica c’è rimedio!- confermò l’italiano. –Hey Toramaru-san, metti qualche Cd?- chiese lui gentilmente. Il ragazzino al volante annuì.
-Scelgo io.- disse Dylan, magicamente ripreso da una specie di coma.
-Ma Dylan … dormivi?- domandai a bruciapelo.
- … ho chiuso gli occhi per qualche minuto.- rispose assonnato. Tutti scoppiammo a ridere.
Il rimbambito americano scelse un Cd misto, con varie canzoni davvero carine. La voce di Toramaru mi arrivò improvvisa.
-Siamo arrivati.- disse semplicemente voltandosi verso di noi. Uscimmo e il vento marino ci investì in pieno. Mi riempi i polmoni di quell’aria cosi buona.
Andammo a cercare un certo tizio, ovvero colui che ci aveva dato le indicazioni in America, per ritrovarlo anche in Giappone. Lo riconobbi in lontananza. Mi avvicinai sbracciandomi. Era un vecchio decrepito e per giunta, antipatico.
-Mi scusi? Le nostre auto dove si trovano?- domandai, ormai davanti a lui. Lui smise di armeggiare con un foglio per poi spostare il suo sguardo, su di me.  
-Voi sareste?- chiese facendo finta di non ricordare, e tornando a ignorarci.
-Siamo i giovani che un giorno fa siamo venuti da lei al porto americano .- rispose Fidio.
-Nomi prego. I porti in America sono numerosi e anche i giovani, purtroppo.-disse concentrato.
-Siamo Mark Kruger, Dylan Keith, Fidio Aldena e Rui.- rispose Kru, fissandolo. Il vecchio, tirò fuori dalla borsa a tracolla un taccuino che prese a controllare diligentemente.
-Eccovi qua. Direi che le vostre auto sono arrivate.- confermò, riponendo il blocco per le note.
-Dove dobbiamo dirigerci?- chiese Dylan, guardandosi attorno curioso.
-Da questa parte prego.- cosi s’incamminò senza lasciarci il tempo di seguirlo.
-Vado a pagare Toramaru-san. Passate e recuperarmi!- dissi, prima di allontanarmi da loro. Lo vidi, appoggiato alla portiera del taxi, mentre controllava l’orario.
-Torakunn!-gridai facendolo voltare, imbarazzato. Accidenti che tipo!
-Rui-san.- rispose. Io feci no con il dito.
-Niente suffissi tra di noi, ok?- commentai, facendogli l’occhiolino. –Allora quanto ti … devo?- domandai, con un tono di voce basso e malizioso. Lui s’immobilizzò, rosso in viso.
-B-bé diciamo che mi devi, c-cioè mi dovete 5’500 yen.- disse, abbassando lo sguardo. Io sorrisi sotto i baffi. Il prezzo vero sarebbe stato molto superiore. Ma con il potere femminile si può ottenere qualunque cosa.
-Bene, ecco a te!- urlai, dandogli una pacca amichevole. Lui sorrise, poi fece per salire in auto.
-Ed ecco la mia mancia …- sussurrai, regalandoli 2000 yen. Poi lo salutai dolcemente, mentre ripartiva e spariva all’orizzonte. Dopo pochi istanti senti rombi di automobili mi voltai e sorrisi, involontariamente.
Davanti a me si trovava una Ferrari Spider rossa fiammante. I cerchioni in lega rigorosamente grigi cromati, e Fidio che aggiustava lo specchietto, sorridente.
Poi dietro di lui vi era una seconda auto: una Hyundai Accent WRC grigia, con delle aerografie rappresentati la bandiera americana, con un alettone da far paura, ed una minuscola presa d’aria e con cerchioni neri. Poi la suoneria di Hazzard mi fece voltare, dove vidi l’ultima auto del nostro gruppo. Una Dodge RAM, arancione fluorescente e delle fiamme bianche a percorrerne il diametro. Io puntai diretta verso la Ferrari.
-La mia è la migliore.- commentò Fidio, mentre inseriva la 1°. Io risi silenziosamente.
-È la migliore finché non è presente la mia.-risposi beffarda.
-Dove devo andare?- chiede avvicinandosi sempre di più a Tokyo.
-Vai in centro. Cristonerai non poco per il traffico, ma il mio appartamento si trova proprio li.- risposi, scegliendo un Cd. Glielo feci vedere lui accennò un lieve “si” con la testa.
Avevo detto giusto. Fidio ne tirò giù talmente tante, che stufo di dirle in giapponese prese a ripeterle nella sua lingua madre.
Ma alla fine riconobbi la mia via.
-Vai dentro di li.- indicai una stradina strettissima. Lui svoltò cauto.
-Sei sicura che ci sia il posteggio per quattro bolidi?- chiese lui, facendo attenzione ai pedoni.
-La mia casa potrà anche essere misera e piccola, ma credimi. Quello che non manca è proprio il posteggio.- lo tranquillizzai.
-Ecco, lo vedi quel cancello aperto? Entra di lì e vedrai che spettacolo.- accennai appena.
Appena fu dentro i suoi occhi già brillanti divennero ancor più luminosi.
Non avevo mai detto nulla di casa mia. Possedevo un intero e gigantesco cortile, dove l’avevo riempito di pezzi di ricambio, cerchioni, vernici e chi più ne ha più ne metta di oggetti per personalizzare la mia auto.
-Ma … ma … è bellissimo!! È il paradiso di ogni ragazzo!- disse lui con occhi incollati, fuori dal finestrino.
-Attento al muro!- dissi, acciuffando il volante e girando all’ultimo minuto.
-Vai fuori a guardare, cosi posteggio la tua Spider …- mormorai, buttandolo fuori dalla vettura. La misi perfettamente dritta, cosi gli altri due non avrebbero fatto fatica a mettere le loro. Non ci misero molto ad arrivare. E fecero la stessa scena di Fidio, solo che stavolta non c’ero io a salvare il muro!
-RAGAZZI!!- urlai inferocita, riprendendoli dalla loro trans momentanea. Fortunatamente cinque minuti dopo, le auto erano salve e loro erano ancora attaccati al mio garage.
-Davvero non capisco perché non ci hai mai detto che possedevi tanto bene di Dio!- disse Dylan, incantato. Io mi spiaccicai una mano in volto, sconfitta.
-Perché sapevo che avreste reagito cosi, anche a miglia di distanza.- loro non si voltarono.
-Volete vedere l’interno della mia casetta?- domandai, dondolando sui talloni. Non reagirono.
-Potete stare anche qui, ma vi avverto. Dormirete fuori.- ancora niente.
-Potete prendere qualcosa quanto tornerete a casa.- sbuffai. Loro presero a gridare.
-Grazie, grazie, grazie!- dissero in coro, inchinandosi. Percorremmo le scale a chiocciola che portavano al secondo piano, dove si trovava il mio appartamento. Apri la porta, e ritrovai tutto come l’avevo lasciato. Il salotto con divano e televisione, la piccola cucina. Poi il bagno provvisto di doccia, e due altre stanze. Una la mia e la seconda la stanza personale del mio gatto. Ora che ci pensavo … il mio gatto! L’avevo lasciato al mio vicino.
-Ragazzi mettetevi comodi, io torno subito!- gridai, lasciando cadere bruscamente la mia valigia e facendo a grande falcate le scale. Arrivai alla porta e bussai con vigore.
-Chi è a quest’ora?- disse una voce aldilà della porta. Poi poco dopo, mi apri un uomo non troppo vecchio. Con due bei baffoni ed un cappellino spelacchiato.
-Signor Veteran sono io, Rui!! Sono tornata!- salutai pimpante. Lui sorrise.
-Rui carissima … ho tenuto bene il tuo gatto che ora è morto.- confermò serissimo lui. Poi mi chiuse la porta in faccia. Io ci rimasi di merda. Tornai dai miei amici, scioccata.
-Che hai Rui, hai una faccia …- chiese Dylan, a testa in giù sul divano sgranocchiando qualcosa.
-Ecco, quando sono partita ho dato il mio gatto al mio coinquilino. Sono appena andata su per riprenderlo ma mi ha detto che e morto.- una risata mi fece voltare verso Kru.
-Scusa, m-ma non sono riuscito a trattenermi.- disse asciugandosi una lacrimuccia dall’occhio. Io lo fissai imbronciata.
-Direi che per oggi basta. Io vado nella mia stanza e porto Fidio con me.- lui arrossi vistosamente, dal mio commento.
-C-come?- chiese acuto. Io sorrisi.
-Scusa, volevo vedere la tua reazione. È vero sei davvero carino, ma non abbastanza per essere il mio tipo.- commentai fissandolo con occhio clinico.
-Voi potete scegliere tra il divano oppure, nella stanza del mio gatto che è crepato, - un risolino da parte di Kru, -ci sono due letti. Vedetevela poi voi.- poi spari dalla loro vista, entrando furtivamente nella mia camera. Mi svestii rimanendo in intimo e m’intrufolai nelle coperte.
Li senti leggermente discutere su come dormire, ma poco dopo ci fu di nuovo silenzio.
E istanti dopo i miei occhi si chiusero meccanicamente, distrutti.






Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto!
A presto! Aggiorneremo ogni settimana.
Ciao!

3lo_2ofi

  
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