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Autore: L_Fy    26/09/2011    0 recensioni
Sono passati due anni dagli eventi raccontati in The Runners. In questo lasso di tempo l’organizzazione delle Orion è molto cambiata: Un nuovo Consiglio governa le Orion, ma tra la gente comune regna una certa anarchia di pensiero che prima, con la Ars Space Corp., non esisteva minimamente. La criminalità dilaga, i Runners, decimati in numero e demotivati, si lasciano facilmente corrompere, la gente sempre più spesso sparisce nei meandri delle enormi navi spaziali e dei loro corpi reali e digitali non si ha più traccia… In questo clima di violenza e di precarietà, la Tau Centauri, longeva squadra di Runners al servizio del CDI, svolge ancora con successo il suo compito di paladina dell’ordine e della legalità…
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cardinale uscì dal negozio del parrucchiere seguita dallo sguardo traboccante di soddisfazione del proprietario: effettivamente, doveva ammettere che quel ridicolo ometto che sventolava parecchio le mani aveva fatto un ottimo lavoro, trasformando la matassa informe dei suoi capelli bruciacchiati in una chioma invidiabile. Certo, adesso erano parecchio più corti, pensò toccandosi le ciocche morbide che le sfioravano appena le spalle…ma dalle occhiate ammirate che le rivolgevano i passanti, pensò che andava comunque bene così. Si trastullò con l’idea di fermarsi a comperare anche un vestito…quelli che aveva addosso, forniti dal CDI all’uscita dell’ospedale, la facevano sembrare un insaccato del secolo precedente. Si fermò davanti ad una vetrina, dove un abitino rosa di morbido e costoso PlatinumTex molto corto e molto scollato sembrava supplicarla di comprarlo. Tentennò, dubbiosa: poi entrò decisa nel negozio e ordinò al commesso di farle provare il vestito con piglio militaresco. Lo indossò e, girandosi verso lo specchio tridimensionale, vide che le stava d’incanto. Fuggevolmente, il ricordo di una certa Jude vestita di rosa le passò nella testa come una meteora (niente dura per sempre…), ma Cardinale lo scacciò irritata. Non aveva mai comprato un vestito del genere: era troppo sfacciatamente femminile e faceva vedere un po’ troppa pelle per i suoi gusti. Ma la faccia incantata del commesso (e la prospettiva di indossarlo davanti ad Elijah) la convinse: pagò una somma davvero esorbitante prima di cambiare idea e si tenne addosso il vestito mentre usciva di nuovo sul ponte principale di Orion 3W. Aveva preso una decisione importante al salone di bellezza, a metà tra lo shampoo e l’impacco energizzante: sarebbe tornata da Elijah e gli avrebbe parlato. Evidentemente, aveva bisogno della compagnia di un uomo, o non si sarebbe sentita così debole nei confronti di…degli altri. La sua mente rifuggiva con così tanta convinzione da quel nome che le ronzava nella testa che il suo passo si fece ancora più spedito mentre si incamminava verso l’appartamento di Elijah. E poi, ammise a se stessa arrossendo segretamente, Elijah provava ancora sicuramente qualcosa per lei, l’aveva capito benissimo mentre erano nella tana del Morlock, da cui il desiderio di comprare il vestito rosa…Si ripromise di essere molto, molto paziente. E anche accomodante. Bè, non esageriamo, pensò poi ridimensionandosi. Arrivò davanti all’ingresso di quello che era stato il loro appartamento emozionata e confusa come una ragazzina e con il cuore che le batteva veloce nel petto. Prima di ripensarci o farsi prendere dal panico, aprì la porta con la scheda magnetica che aveva conservato ed entrò nell’appartamento chiudendosela subito alle spalle. Il profumo di Elijah che permeava la casa la aggredì subito, provocandole un insolito languore dalle parti del cuore. La stanza era vuota e dal bagno giungeva lo scroscio attutito dell’acqua corrente. Elijah stava facendo la doccia, senza canticchiare (e stonare ignominiosamente) come era invece suo solito fare. Cardinale decise prudentemente che era meglio aspettarlo in salotto. Aveva il vestito rosa nuovo e per niente al mondo avrebbe rinunciato a vedere la sua faccia quando fosse uscito. Si guardò intorno, per distrarsi: sul divano giacevano scomposti i vestiti di ricambio che Elijah aveva indossato all’uscita dell’ospedale; un bicchiere a metà di cognac aspettava il suo turno sulla mensola e  il computer portatile era aperto e acceso sul tavolo di plastica. Come screensaver c’era la Tau Centauri sulla DDW di loro proprietà che sguazzava nella Jacuzzi di Pat. Quel filmato risaliva a due anni prima, quando ancora Elijah era capitano della squadra. Un’improvvisa, folgorante nostalgia si insinuò in Cardinale mentre guardava Morales e Garrie che afferravano una Cardinale in costume pre-bellico e la buttavano di peso in piscina, sollevando grandi spruzzi d’acqua. Lentamente, si avvicinò al computer e mosse il mouse per cancellare l’immagine: non era il caso di farsi prendere dalla malinconia proprio adesso, no? Ci sarebbero state ancora migliaia di occasioni per ritornare alla Jacuzzi tutti insieme… Lo sguardo di Cardinale stava per scivolare indifferente sullo schermo che si era aperto su una pagina di testo quando fu attirato da un nome che Elijah aveva scritto. Incuriosita si avvicinò ancora di più e lesse, ignorando bellamente la vocina oltraggiata nella sua testa che la informava che stava spiando. Il testo era un promemoria informale. Scorse velocemente i dettagli della gita nella tana del Morlock, alcune riflessioni personali…poi…La sua faccia impallidì gradatamente, come se il sangue defluisse dal suo corpo goccia a goccia. Inchiodata davanti allo schermo, gli occhi spalancati, il viso immobile, sentì a poco a poco i rumori allontanarsi sostituiti dal battito pesante e lento del suo cuore. Incredulità. Sospetto. Un accenno di dolore e delusione…e poi, scintillante e potente, la rabbia, che spazzò via tutto il resto, misericordiosamente, incendiando i pensieri di pura, benedetta, autentica furia. Non si era nemmeno accorta che lo scroscio della doccia era terminato: Elijah comparve sulla soglia del soggiorno con un asciugamano annodato in vita. Per poco non gli prese un colpo quando vide una figura  ritta in piedi rigidamente di spalle in mezzo alla stanza con un improbabile vestito rosa addosso. Solo dopo qualche secondo la riconobbe come Cardinale.
“Jude!” esclamò col cuore che gli batteva veloce per lo spavento, la sorpresa…e per la gioia di vederla finalmente di nuovo a casa. Fece un passo verso di lei, che non aveva risposto e continuava a voltargli le spalle. La rigidezza della sua nuca e la contrattura delle braccia lo fermarono.
“Jude?” ripeté, incerto.
Cardinale si voltò e quello che Elijah lesse nei suoi occhi quasi lo fece indietreggiare, sconvolto.
“Tu…bastardo…lurido bugiardo doppiogiochista…” mormorò Cardinale senza quasi muovere le labbra.
Con una rapida occhiata alle sue spalle, Elijah vide lo schermo del computer aperto sul suo promemoria e tutto gli fu chiaro: le spalle gli si abbassarono di colpo e la bocca perse improvvisamente di sensibilità.
“Jude…lascia che ti spieghi.” tentò di dire, scoraggiato in partenza.
“Sapevi tutto…” mormorò Cardinale, ignorandolo: la sua voce trasudava disprezzo e disgusto “Lucy…Lucy!! E Masterson…”
“Jude, io…sono il capo dei SuX” la interruppe Elijah, stancamente “Sono dei servizi segreti delle Orion. Avrei tanto voluto dirtelo, ma non potevo… ”
“Già. Hai preferito tentare di sbattermi fuori dal CDI. Mentirmi, usarmi. Me e tutti i tuoi amici. Complimenti vivissimi, signor generale.”
“Era una questione di sicurezza nazionale.” disse piano Elijah: sembrava di colpo più vecchio e molto, molto esausto.
“Ficcatela dove dico io, la sicurezza nazionale!” sibilò Cardinale “Ci hai tenuto all’oscuro…e sapevi dall’inizio. Polaris. Lucy. Masterson!!”
“Jude…ho cercato di tenervi fuori da tutto…”
“Facendomi licenziare? Ottimo metodo, generale!”
“Tu non puoi capire” mormorò Elijah, vinto “Sei troppo impulsiva. Se solo ci pensassi un attimo…”
“E io che pensavo addirittura di tornare da te. Che maledetta stupida.”
Finalmente la voce dura di Cardinale si spezzò, facendo accartocciare di pena il viso di Elijah.
“Jude, ti prego..”
Cardinale si allontanò di scatto verso la porta, senza nemmeno guardarlo negli occhi: la sua voce gli giunse in un sussurro carico di ira, di disprezzo e di rimpianto che ferì Elijah come una lama piantata nel cuore.
“Sa, generale Benson, in questa casa abitava un uomo onesto…un amico, un collega, l’uomo che amavo. Non so cosa ne abbia fatto lei di questa persona. Se lo rivede, gli dica addio da parte mia.”
Elijah sentì la disperazione montargli dentro. Fece un passo verso Cardinale, che si allontanò subito di riflesso.
“Jude, lasciami spiegare…è proprio perché sono un Runner che ho fatto quello che ho fatto..”
“No, generale” mormorò Cardinale senza guardarlo “Il Runner che era in lei è stato ucciso dal capo dei SuX.”
“Jude…”
“Non dire Jude!” gridò Cardinale aprendo la porta di scatto “Sono il capitano Cardinale per lei. A mai più rivederci, signor generale.”
Uscì senza nemmeno sbattere la porta. Passarono almeno 10 minuti prima che Elijah trovasse la forza di ricominciare a respirare.
*             *             *
Garrie fu svegliato da un rumore fastidioso e insistente: quando capì che era il video telefono e che erano le tre e mezza di notte, decise di girarsi sul fianco, mandare a fare in culo chiunque fosse così scriteriato da chiamare a quell’ora e ignorare lo squillo. Ma dopo due minuti ininterrotti di belante insistenza, si arrese e accese il video telefono con un pericoloso broncio sulla faccia assonnata, maledicendo Morales nella stanza accanto che dormiva praticamente in stato di coma irreversibile.
“Se non ho vinto un miliardo di crediti alla lotteria, ritieniti morto o, quanto meno, evirato di brutto…” minacciò prima ancora di vedere chi era l’interlocutore. Si interruppe quando vide la faccia solitamente scanzonata del suo amico Richard, il barista dell’Anemy Pub.
“Ciao vecchia spugna, stavi dormendo?” esordì il barista ignorando le minacce di Garrie.
“No, stavo risolvendo qualche equazione matematica, così per passare il tempo” ribatté questi inacidito “Allora, che diavolo vuoi a quest’ora?”
“A dir la verità, non so se ho fatto bene a  chiamarti” rispose incerto Richard con un gran sorriso innocente “Ma qui la situazione sta degenerando e siccome tu la conosci e sai come gestirla vorrei sapere da te come mi devo comportare prima che inizi ad ammazzare qualcuno o cose così…”
Garrie, confuso, lo lasciò parlare mentre cercava di trovare le parole chiavi del discorso che potessero aiutarlo a decifrare quello che Richard stava tentando di comunicargli.
“C’è qualcuno di pericoloso lì al Pub?” intuì Garrie e Richard annuì entusiasta.
“Bè, sì! E’ entrata stasera che non sembrava nemmeno lei, una sventola con la minigonna… Mica me lo avevate detto che sotto quell’aria da colonnello in pensione c’era un così bel bocconcino! Tutto il pub si è girato a guardarla ma lei, con sta faccia di pietra come se qualcuno le avesse tolto il cervello dal cranio , ha cominciato a dire “Dammi da bere”, e vedessi quanto ha bevuto!! Ha resistito intera come un manico di scopa e con quegli occhi da morta fino alla fine della terza bottiglia, poi si è sgelata tutto d’un colpo: si è messa a ballare sul tavolo e tutti questi deficienti di sotto a guardarla sbavando come cani da caccia…adesso è qui che ce li ha tutti addosso, prima o poi qualcuno allungherà troppo le mani e lei, conoscendola, prenderà la pistola e spargerà il cervello di quel poveretto sul mio bancone del bar…non è che hai voglia di venire qui a dare un’occhiata?”
Garrie si massaggiava la fronte, esasperato e rassegnato allo stesso tempo.
“Hai il tuo servizio di sicurezza, no? E poi, se qualche sciroccata dà di matto  falla arrestare dal CDI. Io sono momentaneamente fuori servizio, sai? Capita anche a me, ogni tanto.”
“Oh, certo, pensavo anch’io di fare così…”
“Ecco, bravo.”
“…ma siccome è il tuo capo pensavo che magari volessi provare a convincerla…”
Lo sguardo di Garrie divenne improvvisamente attento e lucido.
“Cosa hai detto?” mormorò, anche se aveva capito benissimo e già iniziava ad afferrare i vestiti sparsi sul pavimento infilandoseli a casaccio.
“Stasera siete tutti molto strani” si lamentò Richard querulo “Il tuo capo, ho detto. Cardinale. Potreste venire a prenderla prima che mi distrugga il locale, grazie?”
Garrie non fece neanche finta di pensarci su: era già vestito prima ancora che Richard finisse di parlare.
“Stiamo arrivando.”
*             *             *
Meno di un quarto d’ora dopo Garrie, Patterson e Morales entrarono all’Anemy Pub tutti trafelati. Richard li aspettava davanti ad de-digitalizzatore, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione sul viso a metà fra l’inquietudine e la meraviglia.
“Hei, ragazzi” disse fiacco senza staccare gli occhi di dosso a Cardinale “Fortuna che siete arrivati: i tizi lì intorno sembrano ormai cotti a puntino per saltarle addosso da un momento all’altro.”
Garrie gettò un’occhiata al locale e per poco non gli cascarono gli occhi dalle orbite: i pochi avventori rimasti a quell’ora notturna facevano cappello intorno ad una figura femminile che ballava su un tavolo al languido ritmo della musica. La donna era scalza, vestita con un vestitino rosa che risaliva sulle cosce ad ogni movimento del bacino: aveva un modo di muoversi lento e assente, come se non sapesse di essere al centro dell’attenzione o non le importasse. Ma era incredibilmente seducente e gli uomini intorno al tavolo sembravano tanti lupi pronti a buttarsi sulla preda appena questa avesse ceduto un attimo.
“Mi chiedevo sempre cosa ci trovaste in quel manico di scopa isterico” continuò piacevolmente Richard, placido “Insomma, non avete occhi che per lei e, francamente, non mi sembrava così speciale…Adesso, invece, capisco…”
“Ma è Cardinale?” domandò Patterson a fior di labbra che ancora non riusciva a credere ai suoi occhi.
“E’ lei, è lei.” confermò Richard ridacchiando .
Garrie taceva, la faccia aggrottata come raramente capitava di vederla: era, buon Dio, lo era davvero, arrabbiato. Vedere Cardinale su quel tavolo che danzava con aria lasciva e tutti sotto che la guardavano come se stessero per mangiarsela, gli aveva fatto andare il sangue al cervello in men che non si dica. Non aspettò nemmeno la risposta di Richard: a passo spedito si avvicinò al tavolo, spostando con leggeri ma decisi colpi di spalle gli uomini che dondolavano lì attorno. Salì sul tavolo con un agile salto e prese Cardinale per un gomito con piglio risoluto: lei si girò a guardarlo appena appena, gli occhi semichiusi e velati, sulla bocca un sorrisetto assente…era bellissima. E completamente sbronza.
“Sciao Garrie…” mormorò con una voce che veniva da lontanissimo. Garrie non l’aveva mai vista così: frastornato, pensò che era la prima volta che vedeva Cardinale così…vulnerabile. La cosa lo sconvolse letteralmente.
“Andiamo a casa, capo.” disse piano ma con un tale tono di comando nella voce che Cardinale annuì senza nemmeno sapere cosa le avesse detto.
“Hei, così ci rovini lo spettacolo!” esclamò uno dei tizi intorno al tavolo, ma bastò che Patterson si avvicinasse con aria minacciosa per farlo ammutolire e arretrare di un passo. Senza una parola, Garrie scese dal tavolo, aiutò Morales a tirare giù Cardinale ed insieme la trascinarono verso il de-digitalizzatore. Lei li seguì, docile e ondeggiante, sbattendo le palpebre come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno, anche quando la infilarono nell’uovo di plexiglas e prepararono la sequenza di de-digitalizzazione. Rientrati al CDI, i tre videro Cardinale che, aiutata da uno sconvolto paramedico, cercava di rimanere in piedi, ondeggiando paurosamente, sempre con quell’espressione di vacua beatitudine stampata sulla faccia.
“Ragazzi” esclamò il medico con sollievo quando li vide “Ma che è successo al capitano?! Quasi non la riconoscevo così…”
Non trovando un termine che non fosse offensivo, arrossì vistosamente.
“E’ solo ubriaca.” tagliò corto Morales mentre Cardinale, mollando definitivamente gli ormeggi della ragione, iniziava a dimenarsi piagnucolando con una vocetta triste da spezzare il cuore. Prima che cadesse lunga distesa per terra, Patterson la prese in braccio facilmente come se fosse una bambola di pezza e lei cominciò a singhiozzare sulla sua spalla, farfugliando cose senza senso.
“Non sembra nemmeno Cardinale” mormorò Morales trasecolato “Se non fosse per la targhetta da Runner non la riconoscerei assolutamente. E’…così….sbronza!”
Cardinale intanto si era messa a blaterare del SuX, di Masterson, di Lucy e di tradimento, sputando fuori ogni tanto il nome di Elijah come se fosse un boccone avariato. Masticandosi furiosamente l’interno delle guance, ma senza profferire parola davanti agli sguardi imbarazzati di Morales e Patterson, Garrie trascinò tutti fuori dalla sede del CDI, miracolosamente vuota a quell’ora della notte. Si fermò davanti al blocco ascensori, indeciso sul da farsi: Cardinale intanto penzolava addosso a Patterson continuando il suo salmodiare, gli occhi semichiusi e l’aria bamboleggiante.
“Portiamola a casa nostra.” decise Morales per tutti quando capì che era la cosa migliore da fare.
“Eric” sussurrò Cardinale girandosi verso di lui, riconoscendolo “Ci ha tradito, Eric…che bas…bastardo…”
Morales la fissò in viso, aggrottato ed esterrefatto: lei riprese a piagnucolare con rassegnata disperazione e la situazione sarebbe sembrata anche comica, se solo Cardinale non fosse apparsa così triste. Sull’ascensore il suo piagnucolio diventò una specie di ululato imbarazzante e Morales cercò persino di tapparle la bocca.
“Diamine, Jude, chiudi il becco!” le mormorò allarmato all’orecchio “Ti sentiranno in tutta Orion 3W! Aspetta che arriviamo a casa prima di farti prendere da una crisi isterica!”
Per tutta risposta, Cardinale iniziò a singhiozzare ancora più forte, chiamando Garrie a gran voce come una disperata mentre Patterson la teneva a distanza di sicurezza dalla sua spalla, disgustato da tanto femminile abbandono.
“Senti, biondo, questa sta dicendo un rosario su di te: vedi di farla smettere.” incalzò rivolto a Garrie che si avvicinò a Cardinale, imbarazzato.
“Capo…hei, calma, benedetta donna.” mormorò con voce dolce.
Cardinale, quando si accorse di averlo vicino, pianse ancora più forte. Gli buttò le braccia al collo, rischiando di far cadere Patterson, Garrie e  lei stessa lunghi distesi sul pavimento e gli inondò il petto di calde lacrime mentre lui le batteva imbarazzato la mano sulla spalla.
“Forza, Cardinale…non fare così…” balbettava sconvolto: Morales e Patterson erano indecisi se scoppiare a ridere o iniziare a preoccuparsi per davvero.
“Quello schi-schifoso bu-bugiardo…” miagolava Cardinale con una litania senza fine “Elijah c-ci ha mentito… e tutti gua-guardano Lucy e lei è tanto be-bella… perché Garrie non mi chiama mai Jude?… “
Uno sguardo a metà tra il sorpreso e l’allarmato passò dagli occhi turchini di Garrie a quelli saputi di Morales mentre Cardinale continuava imperterrita il suo personalissimo rosario.
“Il suo computer era lì…b-bastardo bugiardo…s-sapeva tutto…E-lijah ci ha t-traditi e G-Garrie non mi chiama mai Jude…”
Patterson prese a sghignazzare con gli occhi scintillanti di sadico divertimento mentre Garrie, per la prima volta in vita sua, arrossiva guardando stupefatto il suo capo che grondava di lacrime.
“Senti, pigliatelo te questo sacco di patate piagnucoloso” suggerì spazientito Patterson scrollando la ragazza che piagnucolò ancora più forte “E fai in modo che chiuda quella fornace di bocca. Dalle una botta in testa, fai quello che vuoi ma chiudile il becco, o la strozzo.”
Garrie prese in consegna il corpo morbido e semisvestito di Cardinale: la sua testa gli ciondolò addosso e i suoi capelli gli fecero il solletico sotto il naso.
“Buona, Cardinale…va tutto bene, ora.” le mormorò all’orecchio con voce dolce e Cardinale, appoggiata la testa sulla sua spalla e rovistato un po’ con il naso contro il suo collo, si addormentò di botto iniziando a russare, immobile come un cadavere.
Morales e Patterson rimasero muti a guardarla con la stessa espressione vacua e perplessa con cui si guarda un insetto raro spuntato dallo scarico del lavandino.
“Avete preso nota?” disse infine Patterson mentre un ghigno satanico gli increspava il faccione “Non vedo l’ora di ricordarle secondo per secondo quello che ha detto questa sera. Sempre se sopravvive a questa sbronza, ovviamente.”
“Ho paura che saranno altre le cose di cui dovremo parlare.” sentenziò cupo Morales. Il silenzio cadde dentro all’ascensore, interrotto solo dal sommesso russare di Cardinale.
*             *             *
Cardinale era nel bel mezzo della savana. Il sole picchiava come un maglio sopra alla sua testa dolente e un banco di gnu correva tutto intorno a lei con un rumore assordante di zoccoli. La terra tramava e vorticava e a Cardinale sembrava di stare sulle montagne russe.
“Cardinale.”
La voce di Morales arrivò attutita dall’assordante rumore degli animali. Come puzzavano quegli animali, Dio mio. E giravano intorno. Giravano, puzzavano, e giravano di nuovo…
“Dio…” mormorò Cardinale senza aprire gli occhi “Manda via questi maledetti quadrupedi o giuro che vomito…”
“Capo…? Non scherzare, dai. Devi svegliarti. Dobbiamo parlare.”
Cardinale aprì un occhio. Morales e i suoi tre gemelli ballarono sbiaditi davanti a lei. La nausea le attanagliò lo stomaco, riempiendole la bocca di saliva.
“Ohhh…” mugugnò disperata. Morales le piazzò un catino davanti al naso e Cardinale vomitò anche l’anima per cinque minuti buoni. Poi, piombò di nuovo sul letto, raggomitolandosi su se stessa e gemendo.
“Cardinale, svegliati” ordinò Morales con voce impaziente “Non è il momento di stare male. Ci devi delle spiegazioni.”
“Vattene, Eric, non vedi che sto per morire?” biascicò Cardinale, supplice.
“Non stai per morire” sentenziò lui scrollandola con forza “Dopo un paio di caffè di Pat allora sì che ti sembrerà di morire. E dopo una doccia fredda, vorrai essere morta con tutto il cuore. Poi fra un’oretta, quando faranno effetto gli analgesici, ti sembrerà di assumere di nuovo forma umana. Ma non possiamo aspettare tanto. Avanti, Lazzaro, alzati e cammina!”
“Non posso” mugugnò la ragazza col viso sprofondato nel cuscino “Non riesco a capire in che parte dell’universo conosciuto sia andato a finire il mio apparato digerente…e le gambe…devono avermele sostituite con dell’esplosivo al plastico mentre dormivo perchè se le muovo sono sicura che scoppio…e la testaaaaa….”
“Se ti decidi ad alzarti, ti dico che cosa hai fatto ieri sera.” la blandì Morales, serafico. Cardinale aprì un occhio sospettoso e glielo puntò contro.
“Non ho fatto niente” si difese, annaspando e cercando di ricordare qualcosa che si ostinava a rimanere incagliato nei recessi della memoria “Dove siamo? Che ci faccio qui?”
Morales si sedette a gambe incrociate sul letto come un guru indiano, la bocca che tratteneva a stento un sorriso maligno.
“Siamo a casa mia. Pat e Garrie sono di là che cercano ancora di riprendersi dopo aver assistito alla tua performance di ieri sera.”
“Per…performance?” mormorò Cardinale allarmata: aprì tutti e due gli occhi con non poca fatica e li puntò su Morales “Di cosa stai parlando?”
“Di te e del tuo vestitino da meretrice di Babilonia…all’Anemy Pub hanno già fondato un tuo fan club, sai? Aspettano tutti il bis del tuo ormai famoso “sexy strip on the table”…La prossima volta però dovrai gettare al pubblico almeno le mutandine.”
Cardinale ascoltava, ansimando piano mentre gli occhi le si riempivano di terrore.
“Che cosa ho fatto…? Dimmi cosa è successo, maledizione!” sibilò afferrando debolmente Morales per il bavero della tuta. Lui sogghignò, estasiato.
“E’ successo che sei andata tutta sola all’Anemy Pub vestita come una ballerina del Moulin Rouge e ti sei sbronzata come un mandriano alcolizzato. Hai fatto una specie di sexy show sui tavoli e quando stavi per concederti al primo che ti offriva da bere, siamo arrivati  Pat, Garrie ed io che abbiamo salvato la tua ormai traballante virtù. Tu allora hai cominciato a piangere come una fontana e sull’ascensore hai fatto un casino che quasi quasi chiamavamo la guardia nazionale. Hai fatto nomi, cognomi e luoghi del progetto Cosmos peggio che se ti avessero imbottito di Pentothal: hai parlato di SuX, di Lucy, di Masterson e di Elijah, tutto mescolato e confuso.”
“Gesù.” deglutì Cardinale, con la faccia di gesso.
“Poi, che altro?” continuò Morales, allegramente “Ah, hai fatto una mezza dichiarazione d’amore a Garrie, molto impastata per la verità, poi, quando lui ti ha preso in braccio, hai pianto di nuovo tipo diluvio universale prima di cominciare a russare come una marmotta. Al momento non mi viene in mente nient’altro, ma ti farò sapere se ricordo ancora qualcosa.”
Cardinale era rotolata di nuovo a faccia in giù, immobile: il suo silenzio innaturale insospettì Morales che le diede un colpetto sulla spalla giusto per accertarsi che fosse ancora viva. Quando le scoprì il volto, vide che stava piangendo ad occhi chiusi e con le labbra pressate nello sforzo di contenere le lacrime.
“Hei, capo” mormorò immediatamente, intenerito “Non fare così, dai…”
“Che…che vergogna…” balbettò Cardinale sempre ad occhi ostinatamente chiusi “Che vergogna! Eric, ti prego, ammazzami…voglio solo morire…”
“Andiamo, vecchia spugna” sorrise Morales scrollandola “Ne hai passate di peggio di questa. Sopravviverai. Adesso alzati, fatti una doccia fredda, togliti quel vestito da meretrice e vieni in soggiorno. Dobbiamo parlare di quello che ti è successo ieri. Ok?”
“Nonono…voglio morire….che ho detto a Garrie? Dio! Voglio morireeeee!” ansimò la ragazza, completamente nel pallone.
“Forse ho un po’ esagerato” la ammansì Morales, impietosito “Non è che gli hai detto proprio qualcosa di compromettente...”
“Davvero?” esalò Cardinale sbucando dal suo nascondiglio con aria supplice: gli occhi gonfi, le guance chiazzate e inondate di lacrime, la bocca tremante e i capelli arruffati avrebbero dovuto renderla un mostro. Invece era bellissima, pensò fuggevolmente Morales prima di picchiettarle incoraggiante la spalla con la mano.
“Certo. Gli hai solo sbavato sulla spalla peggio di un mastino napoletano…e hai farfugliato qualcosa sul fatto che lui non ti chiama mai Jude…ma a parte questo, direi che non ti sei compromessa troppo.”
“E lui…lui che ha detto?” balbettò Cardinale tirando su col naso, in piena prima infanzia. Morales si morse l’interno delle guance per non sorridere, indulgente: quella poveretta era trasparente come un vaso di cristallo…poteva quasi vedere il suo cuore pronto a spezzarsi come un ramoscello secco a seconda della sua risposta.
“Oh, Garrie ha una lunga esperienza in fatto di sbronze colossali” minimizzò con finta leggerezza “Ricordo che una volta, ubriaco fradicio, ha cercato per un’ora intera di convincere un attaccapanni a sposarlo e a fare dei figli con lui. Era talmente cotto che non volle sentir ragioni e se lo portò persino a casa. E’ ancora di là in salotto: il più grande e torrido amore consumato dal tenente O’Brian, senz’ombra di dubbio.”
Le sue parole riuscirono a strappare un timido sorriso al viso congestionato della ragazza.
“Allora, ti muovi?” la esortò Morales alzandosi in piedi.
Cardinale annuì strisciando sotto il cuscino e mandando gli ultimi, dolenti singhiozzi.
“Dammi…un…minuto…” balbettò supplice e Morales si alzò con un sospiro.
“Te ne darò cinque. Ma dopo, se non sei ancora uscita, torno qui… con una videocamera in mano. Capito?”
Cardinale annuì, continuando a piagnucolare sotto il cuscino. Morales si avviò verso l’uscio e lanciò un ultimo sguardo alla figura raggomitolata sul letto, alle lunghe gambe scoperte ed alla schiena liscia che sussultava per i singhiozzi. Un lampo passò rapido (tenerezza? rimpianto?) prima che la porta si chiudesse dolcemente alle sue spalle.
 
  
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