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Autore: L_Fy    26/09/2011    0 recensioni
Sono passati due anni dagli eventi raccontati in The Runners. In questo lasso di tempo l’organizzazione delle Orion è molto cambiata: Un nuovo Consiglio governa le Orion, ma tra la gente comune regna una certa anarchia di pensiero che prima, con la Ars Space Corp., non esisteva minimamente. La criminalità dilaga, i Runners, decimati in numero e demotivati, si lasciano facilmente corrompere, la gente sempre più spesso sparisce nei meandri delle enormi navi spaziali e dei loro corpi reali e digitali non si ha più traccia… In questo clima di violenza e di precarietà, la Tau Centauri, longeva squadra di Runners al servizio del CDI, svolge ancora con successo il suo compito di paladina dell’ordine e della legalità…
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Platform:             DN Anemy Pub
Digi-Alias :          Themselves
 
L’Anemy Pub era particolarmente pieno di gente, corsa a festeggiare il pubblicizzatissimo arresto di Masterson. Il CDI ancora non aveva ancora valutato le recenti e sconvolgenti scoperte della Sentinel, quindi la notizia della scoperta di una Nuova Terra era stata accuratamente occultata, per il momento. La faccia seria di Scott riempiva tutti gli olo-visori in circolazione e le sue calme e pacate parole di vittoria scatenavano in continuazione urli di gioia. Cardinale, appena arrivata dal de-digitalizzatore, sentiva appena qualche rumore attutito, avvolta com’era nel suo bozzolo di irrealtà. Che strano: tanta folla e sentirsi lo stesso così soli.
Come un automa andò a sedersi al banco, incurante della gente che chiacchierava, rideva e spintonava intorno a lei. Come un potente anestetico, il pensiero di quello che era successo rendeva ovattato e privo di senso tutto quello che la circondava. Un vortice di immagini e pensieri saettava e rimbalzava nella sua mente: frasi smozzicate, flash di immagini in bianco e nero, ricordi spezzati e su tutti una sensazione dilagante di abbandono e solitudine.
Elijah se n’era andato. Garrie se n’era andato.
Garrie. Andato. Per sempre.
Come potevano quelle semplici parole toglierle tutta l’aria dai polmoni?
“Signora?”
Elijah con la sua incrollabile forza se n’era andato. Garrie con il suo incrollabile sorriso se n’era andato. Garrie. Andato. Per sempre.
Cardinale si portò le mani al viso, coprendolo con i palmi tremanti mentre quelle parole divenute realtà le calavano addosso come mazzate. Mai più frase allusive, mai più bianchi sorrisi ammiccanti, mai più occhi azzurri e ridenti su di lei a scaldarla come un abbraccio…
“Signora?”
Il ricordo del suo ultimo sguardo (dolente, rassegnato…deciso), così diverso dal suo solito,  le affondava dentro lasciando dietro di sé una scia di dolore insopportabile.
Garrie. Andato. Per sempre.
Cardinale spostò le mani sulle orecchie, stringendo forte per non sentire quelle poche parole che le toglievano il sangue dalle vene, che le facevano perdere i battiti e mancare l’aria…
Garrie. Andato. Per sempre.
 “Signora? Vuole qualcosa?”
Il barista aveva urlato per farsi sentire, ma lo sguardo che Cardinale girò su di lui era così assente che egli dubitò di essere stato ascoltato: fece per ripetere la frase quando la donna annuì con un gesto secco.
“Una bottiglia.”  disse con voce remota.
*             *             *
Che buio!! Solo un puntino di luce, lontanissimo. Cardinale arrancò verso quel punto, trascinando faticosamente le gambe, ma più si sforzava più il puntino si allontanava, dispettoso. Cardinale accelerò, inquieta: vagamente si rendeva conto che era importante raggiungere quel puntino, qualsiasi cosa esso fosse. Era importante, perché…perché…perché?
*             *             *
“Capo?”
*             *             *            
C’era qualcuno alle sue spalle. Cardinale se ne accorse con un tuffo al cuore, arrancando nell’affannoso inseguimento del puntino di luce. C’era qualcuno alle sue spalle che rideva sommessamente.
“Cardinaleeeee…”
*             *             *
“Cardinale? Allora, ci sei?”
*             *             *
Masterson. Logico che fosse lui. Il terrore invase il petto di Cardinale che provò a correre e non ci riuscì. Masterson sghignazzava, sempre più vicino, sicuro e inevitabile come il tempo.
“Cardinale….”
La donna si girò a fronteggiare l’ombra che le incombeva addosso: ma nei sogni ogni cosa prende connotazioni impreviste e la figura di Masterson che si avvicinava rapidamente non aveva più niente di umano. Era qualcosa di strisciate e infido che si nascondeva nel buio per poi sbucare fuori con un ringhio vittorioso, avvicinandosi.
“Cardinaleeeee…”
Di più, sempre di più.
*             *             *
“Avanti, Cardinale!”
*             *             *
Le fu addosso tutto d’un tratto, inaspettatamente. Non le balzò alla gola come una bestia feroce. Le azzannò i piedi, come un rettile sbucato dalla palude, o forse dalle fogne…
“Cardinaleeeee….”
Denti aguzzi le affondarono dolorosamente nelle ossa dei piedi. La bocca di Masterson si allargava come un enorme buco nero, fagocitandola un pezzo alla volta.
“Che stupidaaaaa….” rideva Masterson mentre le masticava le gambe, schizzando sangue dappertutto “Tante medaglie e niente cuore!! Cosa credi di aver vinto, capitanooooo?”
Cardinale urlò.
Urlò con tutte le sue forze mentre la bocca di Masterson macinava centimetri su centimetri di gambe, ruminando ossa e pelle e sprizzando sangue.
 “Hai perso!!” strillava Masterson, esultante “Hai perso!! Hai perso!! Hai…”
*             *             *
“…voglia di svegliarti, capo?”
La voce di Morales, tranquilla e allegra, raggiunse Cardinale nei bui e nebulosi meandri degli incubi in cui era affondata.
Aprì gli occhi. Ci mise un bel po’ a capire dov’era e nel frattempo un catino era comparso sotto il suo naso e lei aveva iniziato a vuotare l’alcolico contenuto del proprio stomaco con lunghi e dolorosi conati.
“Che strano, ho come un dejà vu” commentò Morales con un sospiro rapito “Tu che vomiti nel catino e io che ti racconto le stupidaggini che hai fatto sotto l’effetto dell’alcool…mi sembra di avere già vissuto questo momento. Dovremmo battezzare questo evento ricorrente “Le faticose imprese del capitano alcolico”. Che sciocchezza, eh?”
Cardinale, svuotata ed esausta, si premette le mani tremanti sulle palpebre abbassate.
“Voglio morire.” gorgogliò con assoluta convinzione e Morales le battè la mano sulla spalla con un gesto solidale.
“Oh, non prima che ti racconti cosa è successo ieri sera.” disse felice e contento, e Cardinale gemette.
“Ti prego, dimmi che stavolta non ha fatto nessuno strip sul tavolo.” pregò sempre ad occhi ben chiusi.
 “No, no, niente strip-tease” cinguettò Morales, garrulo “Stavolta ti sei buttata più sul melodrammatico: hai piagnucolato muco e lacrime sulle spalle di tutti quelli che passavano di lì, raccontando una dolorosa storia di galline e di stie…a proposito, questa delle galline me la devi spiegare, sembra interessante. Comunque, alla fine io e tutti gli avventori dell’Anemy Pub abbiamo capito che ti stavi autoaccusando di essere una povera donnetta isterica e repressa, dalla psiche malata e autolesionista, vergognosamente innamorata di un ragazzo più giovane tuo sottoposto che hai indotto ad allontanarsi da te, per paura di affrontare lui e quello che provavi per lui. Ne è nata una disquisizione molto stile talk show televisivo in cui metà platea si dichiarava disgustata dal tuo comportamento, ti tacciava di pedofilia, vigliaccheria e bassezza morale, votando perchè venissi radiata dall’albo dei Runner ed esiliata su Orion 2 W.”
Cardinale non osò muoversi mentre lacrime di vergogna cominciavano a bruciarle gli occhi serrati.
“Meraviglioso” sussurrò infine, afona “E l’altra metà della platea?”
“Era sbronza e non ha votato” rispose Morales, sorridendo compiaciuto “Comunque, io, Pat, Kurt e Garrie ti abbiamo nuovamente salvato da un linciaggio collettivo e…”
“Garrie?” lo interruppe Cardinale con un filo di voce così fragile che Morales sorrise teneramente “C’era anche…Garrie? Non…non e-era and-andato via?”
“Ma figurati” sbuffò Morales, magnanimo “Quello è talmente drogato di te che non potrebbe fare nemmeno un passo nella direzione opposta alla tua.”
Cardinale non rispose: se ne stava immobile, con le mani sulla faccia, senza nemmeno respirare. Morales provò un moto di incredibile tenerezza e non potè fare a meno di allungare un braccio e circondare le sue spalle rigide, comprensivo.
“Oh, Eric” mormorò lei una vocina piccola piccola; Cardinale abbassò le mani tremanti, aprì gli occhi e le lacrime presero immediatamente a scorrere dalle palpebre gonfie ed arrossate, mentre il respiro entrava e usciva a singhiozzo dalla gola rattrappita. Morales le strizzò l’occhio, complice e d’un tratto le sue lacrime furono un incontenibile fiume in piena che si riversò sulla spalla del giovane consolatore.
“Coraggio” diceva questi dando leggere pacche sulla spalla alla donna “Non è poi così brutta. Voglio dire, è karmico, dai! Il povero Garrie meritava una tua sana e pubblica umiliazione, galline e stie permettendo. Tutti questi anni a morirti dietro mentre tu te la facevi con Elijah e poi diventavi il suo capitano e poi lo illudevi e poi lo mollavi come una patata bollente… poveraccio, anche lui non poteva di certo continuare così in eterno. E poi, io e Pat siamo stufi di reggervi il moccolo. E persino Lucy ha capito che siete arrivati alla frutta, voialtri due. Nessuno capirà mai cosa ci trovi tu in quel ballerino sculettante, né soprattutto cosa ci trova lui in te che sei la quintessenza della nevrosi psichica…vedendo poi come passi dalla gallina nella stia al pianto, passando per il vomito…Affari vostri. Adesso, da bravi bambini, che ne dite di mollare i vostri stupidi e puerili giochetti per parlarvi seriamente a quattrocchi?”
“Non posso!” ululò Cardinale con la faccia sempre affondata nella spalla di Morales “Devo morire!”
“C’è tempo per queste cose” rispose Morales maternamente “Garrie è qua fuori che aspetta di poter entrare per parlarti una volta per tutte…”
Cardinale si staccò bruscamente dalla spalla di Morales e gli piantò in faccia un attonito sguardo atterrito.
“Garrie qui?” si strozzò quasi a strillare “Io…lui…no!”
“Ma certo, come vuoi” sorrise Morales alzandosi dal letto e avviandosi verso l’uscita “Hai cinque minuti, giusto perché hai appena vomitato e il tuo alito stenderebbe una mandria di draghi, quindi sarebbe meglio lavarsi…oh,  e anche perché con quella faccia sembri un panda che è stato morso da un vampiro e non è certo così che si affronta una dichiarazione d’amore. O presunta tale.”
Cardinale allungò una mano verso di lui, supplice.
“Eric…” mormorò piano ed era così indifesa che Morales provò l’irrefrenabile impulso di correre di nuovo a consolarla. Ma riuscì a trattenersi, le fece di nuovo l’occhiolino ed aprì la porta.
“Cinque minuti.” mormorò prima di chiudersela alle spalle.
*             *             *
Cardinale si trascinò davanti allo specchio con la dolorosa cautela di una vecchia ottuagenaria: vide un volto congestionato e chiazzato di rosso, una matassa informe di capelli spettinati sulla testa e un vestito tutto stazzonato che le pendeva addosso. Per un attimo non seppe se le dava più la nausea il suo aspetto o il pensiero che Garrie stava per entrare nella sua stanza.
“Ma guardati” si disse con odio “Il capitano della Tau Centauri! Sembri un  mandriano alcolizzato. Ti vedesse Scott, ti licenzierebbe in tronco, e farebbe solo bene.”
Si lavò i denti e la faccia con ferocia, poi rimase a fissarsi per un po’, insultandosi mentalmente, come in attesa dell’intervento divino. Quando sentì la porta aprirsi e chiudersi discretamente, si girò verso di essa, tenendosi saldamente aggrappata al lavandino. Garrie era in piedi con le mani in tasca che la guardava con il suo solito sguardo mite e ridente, e tutte le belle e sensate parole che Cardinale aveva disperatamente raffazzonato su per scusare il suo comportamento da sbronza, naufragarono miseramente in quel liquido mare di allegria. Per un pezzo non dissero niente, uno da una parte e una dall’altra della stanza, immobili come se avessero avuto il potere di fermare il tempo. Poi, Garrie sorrise, il solito sorriso malizioso e radioso da cherubino, e Cardinale sentì distintamente il cuore che si separava dagli altri organi fatti di carne e sangue per trasformarsi in qualcosa di arioso e leggero, qualcosa fatto di puro ed inafferrabile spirito.
“Ciao, astemia.” le disse Garrie e la sua voce era così placida, così tenera, così maledettamente tipica di Garrie che Cardinale non resse l’emozione: il suo viso si accartocciò in una smorfia di pianto mentre le sue mani salivano a coprire la faccia. Con due lunghi passi Garrie le fu vicino e l’abbracciò, delicato e leggero, mentre lei iniziava a piangere con i singhiozzi accorati di una bambina piccola.
“Sssshhh…” le mormorò Garrie quasi affondando la bocca dietro il suo orecchio e cullandola dolcemente “Va tutto bene, Jude…è solo la sbornia che ti ha aperto i rubinetti…”
“Che stupida…” balbettava Cardinale con liquida convinzione “Che dannatissima… maledetta… stupida!”
“Concordo perfettamente.” disse Garrie con un sorriso segreto mimetizzato dai capelli di Cardinale: in quel momento, con quella donna spettinata, sconvolta ed innamorata tra le braccia, si sentiva così grande e pieno di luce che si sarebbe messo a cantare fino a perdere la voce. Invece, scostò con delicata decisione le mani dal viso di Cardinale che però continuò a tenere gli occhi ostinatamente chiusi.
“Sono…così…stupida…” balbettava con la voce che le usciva in tremolanti singulti “Così…stupida…”
Garrie le passò una mano sulla guancia, asciugandole le lacrime con umile dedizione: guardava il suo viso congestionato con una fame, con una tenerezza così dolce che l’avrebbe fatta sciogliere, se solo si fosse decisa ad aprire gli occhi.
“Sì” mormorò piano “Sei una stupida. La mia rissosa, bellissima, stupida astemia.”
Altre lacrime grosse e trasparenti bagnarono il viso di Cardinale che si azzardò finalmente ad aprire un occhio gonfio ed arrossato: Garrie era sempre lì, col suo solito sorriso canzonatorio, con gli occhi azzurri scintillanti di un enorme, incrollabile affetto e Cardinale capì che  se mai avesse avuto una domanda, nella sua vita, la risposta era lì, tra quelle ciglia chiare, tra quelle braccia delicate e ferme.
“L’hai fatto apposta, vero?” mormorò Cardinale, in uno spazzo di lucidità “L’hai fatto apposta a dire che te ne andavi cosicché io mi sbronzassi e mi umiliassi davanti a tutto l’Anemy Pub?”
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” rispose Garrie, ironico e sibillino insieme “Avevo aspettato anche troppo che ti muovessi e tu…avevi bisogno di una bella scrollata.”
“E se non fossi andata al pub, ieri sera?” domandò lei con voce flebile, cercando di pensare in quanti pezzi si sarebbe rotto il suo cuore in una simile eventualità.
Garrie inarcò un sopracciglio con gli occhi azzurri sornioni e scintillanti.
“Avrei seguito il consiglio di Pat e ti avrei sbattuta sulla prima superficie orizzontale disponibile per approfittare molto mascolinamente di te. Non avresti avuto nessuna possibilità di resistermi.”
“Caro Pat…il solito gentiluomo.”
Le labbra di Cardinale tremarono in un sorriso mentre alzava gli occhi su di lui: prese fiato e, d’un tratto, dire quello che sentiva fu naturale e necessario come respirare.
“Io ti amo, Garrie O’Brian.” mormorò con voce tremula e vergognosa, aspettandosi quasi che il cielo le cadesse sulla testa o che Garrie sparisse in una nuvola di fumo infernale per avere ammesso qualcosa di così palesemente eretico e sbagliato.
Ma il cielo non le cascò sulla testa e Garrie non sparì inghiottito da Lucifero in persona.
“Bene” si limitò a dire lui, dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte “Era ora che te ne accorgessi.”
“Bene?” borbottò Cardinale, vergognandosi improvvisamente come un ladro beccato in flagrante delitto “Io, Jude Cardinale, il tuo stramaledetto capitano, mi umilio ufficialmente davanti a te e tu non dici nient’altro che “bene”?”
“No” rispose Garrie dopo una breve riflessione “Ho anche detto: era ora che te ne accorgessi.”
“Ma… che diamine, tutto qui?” berciò Cardinale, decidendosi ad arrabbiarsi “Non dovevi essere il più grande tombeur des femmes delle Orion? Tutta la tua esperienza in fatto di relazioni sociali e l’unica cosa che riesci a partorire è una frase così insulsa? Mi aspettavo qualcosa di molto meglio di un era ora che te ne accorgessi!”
Garrie si lasciò sfuggire un sospiro a metà tra l’esasperato e l’estatico: le posò le mani sul collo, saggiando con una concentrazione quasi accademica la curva della mandibola con i pollici.
“Un giorno ti stupirò con effetti speciali e frasi da olo-fumetti alla saccarina” mormorò a fior di labbra, leggermente rauco “Adesso però fammi il santo piacere di chiudere il becco: devo incamerare quanti più ricordi possibili di te che mi dici che mi ami, e se parli mi distrai troppo.”
Cardinale aprì la bocca per replicare, poi recepì il senso delle sue parole e ammutolì. Sorridendo della sua espressione pietrificata, Garrie si chinò lentamente verso di lei e prese a baciarle le guance bagnate di lacrime con religiosa lentezza. Poi, le baciò il naso umido, le ciglia tremanti. Le sue labbra furono leggere quasi come un sospiro quando si posarono sulla bocca, ma Cardinale agognava e insieme paventava da talmente tanto tempo quel momento che le sembrò lo stesso di ricevere una scarica elettrica. Chiuse gli occhi e lasciò che la sensazione di bruciante sensualità che quel tocco leggero le trasmetteva la invadesse lentamente, diffondendosi nel suo corpo fino in recessi segreti che nemmeno sapeva di avere. Si arrese con immenso sollievo e si lasciò trascinare da quella corrente di desiderio, socchiudendo la bocca, invitando e supplicando insieme. Garrie sembrò esitare un attimo, ma poi inclinò la testa bionda e con un sussurro che sembrava quasi un gemito di resa la baciò.
*             *             *
Che Garrie baciasse maledettamente bene, Cardinale lo aveva sempre immaginato, ma nemmeno nelle sue più sfrenate fantasie si sarebbe immaginata quel tocco avvolgente, quella passione a malapena trattenuta ma  intuibile dal tremito delle labbra, quel calore febbrile e sensuale delle dita che le carezzavano le spalle e la nuca… quelle stesse dita eleganti e leggere che sapevano esattamente dove trovare i suoi punti deboli tanto da spazzarli via tutti, senza pietà, strizzandole fuori il respiro in una violenta ondata di desiderio. Fu con stupefatta sorpresa che sentì Garrie staccarsi da lei, allentando leggermente la stretta che l’aveva legata a lui quasi senza che se ne accorgesse.
“C-Cardinale…” gracchiò con una voce roca proveniente da lontanissimo “Io non credo …anzi, io credo…che…”
Interruppe il balbettio, distratto dallo sguardo confuso che Cardinale gli lanciò quando socchiuse gli occhi. 
Era così bella. Così maledettamente invitante con quella bocca socchiusa e umida, con quelle guance rosa, quegli occhi torbidi e pieni di un’unica, imperiosa supplica.
“Co-cosa…?” mormorò lei con il cuore pulsante saldamente incastrato in gola.
“F-forse…dovremmo…ehm…”
Garrie parlava come se fosse sott’acqua.
Nebulosamente, Cardinale capì che Garrie tentava di fare il gentiluomo e di lasciarle il tempo per abituarsi all’idea di loro due insieme…ma, dopo quel bacio travolgente, Cardinale non aveva nessunissima intenzione di perdere altro tempo. Anzi, il pensiero di aggiungere un solo secondo a tutti quegli anni sprecati, le risultò insopportabile. Afferrandolo per il bavero della camicia attirò Garrie a sè; lo baciò con forza, premendosi contro di lui in ogni centimetro possibile…un bacio lungo, avvolgente nel quale Cardinale infuse tutta se stessa, respirando il respiro di Garrie, assaporando il suo desiderio, infilando le dita tra i suoi capelli biondi e lasciando che il cuore corresse da lui perché ne facesse quello che voleva. Un rauco verso di resa uscì dalla gola di Garrie mentre le sue mani scendevano ad accarezzarle la schiena, le sfioravano i fianchi, la avviluppavano con un dolcissimo tocco di possessiva umiltà. Cardinale nemmeno si accorse di essere scivolata sul letto, mezza seduta e mezza sdraiata, ma sentì forte come uno sparo il rumore discreto del primo bottone della sua camicia che veniva aperta con scioltezza dalle dita traditrici di Garrie. Gli spalancò gli occhi scuri addosso rovesciando la testa all’indietro.
“Garrie…”
“Non ci provare” le mormorò lui attirandola con forza per la nuca e riportando le loro labbra a contatto “Non ho intenzione di fermarmi nemmeno se mi ammazzi.”
Cardinale si lasciò cadere definitivamente sul letto, trascinando con sé il corpo di Garrie che le scivolò addosso con seducente leggerezza.
“Proprio non hai capito” mormorò con lo sguardo più sincero e rovente che gli avesse mai rivolto in tutta la vita “Io non ti voglio ammazzare. Voglio che mi chiami Jude.”
Garrie non sprecò tempo a pensarci sopra: la baciò di nuovo mentre le sue mani si infilavano con maliziosa e consumata perizia sotto alla camicia. La baciò e già il respiro affannoso di Cardinale era un tutt’uno con il suo, già la sua pelle sognata e segreta bruciava sotto il tocco impaziente delle sue dita. I loro vestiti frusciarono scandalizzati mentre venivano strappati con forza e abbandonati sul pavimento. In uno sprazzo di coscienza, Cardinale si chiese con remota indulgenza se in quel momento una certa Jude vestita di rosa se la stesse ridendo di gusto nel vederla così… riversa sul letto, completamente in balia dei propri sensi, con le mani e la bocca di Garrie che la esploravano dovunque con furiosa e deliziosa invadenza.
“Jude…” mormorava Garrie contro le sue labbra “Jude, Jude, Jude…”
La chiamava e basta e Cardinale pensò stordita e scandalosamente felice che avrebbe ascoltato pronunciare il suo  nome in quel modo anche per tutta la vita.
  
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