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Autore: Immanuel I    26/09/2011    0 recensioni
Un ragazzo come tanti, amante dei fumetti, sta per vivere l'avventura dei suoi sogni...o forse no?
-Questo racconto è stato pubblicato in un'antologia, dato il ricevimento del premio come "Racconto più comunicativo" assegnato da un'associazione di giornalisti. Ovviamente ne sono l'autore e decido di pubblicarlo anche qui nella speranza che possa piacere anche a voi.Grazie.-
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Bene, direi che è ora di passare ad un altro argomento.

Anche nell'ultimo angolo libero del foglio non c'era più spazio per scarabocchiare, ora come avrebbe passato il tempo?

-L'economia internazionale studia i rapporti economici tra paesi diversi, nonché i modelli analitici che permettono di interpretarli. Prende le azioni da alcuni risultati dell'economia politica classica...

 

Il rumore di penne che scorrono sui quaderni, lo sfogliare dei libri pagina dopo pagina, i sussurri e i risolini. Il sibilare delle spade che si scontrano in battaglia, il ruggito di una bestia ultraterrena, le parole di un incantesimo mai pronunciato. Bruce fuggiva ancora una volta dalla lezione di economia, con la sua immaginazione. L'ultimo numero del fumetto che era uscito lo aveva coinvolto più che mai; l'unica cosa che gli balenava in testa, era raggiungere di corsa “Il Dungeon” appena fosse terminato il corso.

Oramai quella fumetteria, che distanziava pochi passi dall'università, era divenuta la sua seconda casa. Giochi di ruolo, partite di carte, incontri per scambio di comics; ogni scusa era buona per passare le giornate al negozio.

Dopo aver rinunciato a dare vita ad un proprio personaggio con la matita, sul banco, Bruce notò che gran parte dei suoi colleghi erano già in piedi per raggiungere l'uscita. La lezione era terminata.

Senza ripensarci due volte, salutò i vicini di banco e si fiondò all'esterno della facoltà pronto a dirigersi verso la meta tanto agognata.

Attraversò al marciapiede parallelo, salì il corso per una decina di metri destreggiandosi tra gli altri ragazzi che uscivano dalle varie sedi anche loro, finché girò nel vicolo a sinistra dove a breve avrebbe trovato “Il Dungeon”. Eccola : l'insegna, scolpita sul muro ad arco che faceva d'entrata, lo sovrastava. Dava davvero l'impressione di accogliere i clienti in un antro misterioso.

Bruce gradiva frequentare quel posto, anche perchè vi lavorava il suo migliore amico Peter, il quale sfornava utilissimi consigli su quali fumetti acquistare, senza negargli poi qualche sconto.

Varcò la soglia; anche se con un po' di incertezza. Dietro al bancone notò che non vi era nessuno, e di clienti neanche l'ombra.

-Peet! - chiamò l'amico.

Nessuna risposta, solo uno strano presentimento.

-Ehi! Non c'è nessuno? C'è il vostro cliente di fiducia qui!- riprovò.

-Bruce, sei tu! - non era Peter, bensì un altro commesso che conosceva comunque.

-Fred, come mai è vuoto qui? E Peter non c'è alla cassa?

-È da stamattina che non entra nessuno. Alcuni ragazzi li ho visti soffermarsi fuori, ma poi giravano i tacchi e andavano via – Fred indossava la maglia del negozio, con il cartellino di riconoscimento appeso al taschino, che riportava impressa l'insegna dello stesso : un lungo Quetzalcoat verde che si torceva intorno alla scritta “Il Dungeon”di un color ocra. Il ragazzo invece si presentava con una capigliatura riccia alquanto vaporosa e numerosi piercing alle orecchie.

-E riguardo Peter? - chiese nuovamente.

-Oggi aveva il turno con me, ma non si è ancora presentato. Non mi ha avvisato neanche sul cellulare per dirmi della sua assenza, ho provato a chiamarlo ma risulta sempre spento - ne fece una dimostrazione davanti a Bruce – so che ieri è rimasto fin dopo la chiusura per controllare un ordine alquanto strano arrivatoci ieri. Pare stiano inviando in anteprima a tutte le fumetterie, sotto forma di un'unica copia, il primo numero di una nuova collana di fumetti; l'editore deve essere nuovo, non risulta nel nostro archivio. Comunque sia avrà fatto tardi e ora si starà rigirando nel letto a mie spese.

-Un nuovo fumetto hai detto? Ti prego di dirmi subito dove lo avete sistemato, vorrei dargli un'occhiata – l'assenza dell'amico non gli interessava affatto, di fronte all'idea di sfogliare una rarità.

-Credo l'abbia messo su uno degli scaffali del reparto che stiamo allestendo sul retro – Fred gli indicò la direzione, dopodiché ritornò alla sua mansione; al momento era quella di riordinare le ristampe.

Bruce oltrepassò la sezione delle action figures, e giunse sul retro. Era chiaro fosse ancora in preparazione; l'illuminazione era scarsa, parecchie scatole semi aperte lasciavano poco spazio per muoversi, e numerose pile di fumetti che partivano da terra, davano l'idea di un lavoro non ancora finito. In fondo alla stanza, di fronte alla sua posizione si trovava una teca alta quasi quanto lui, illuminata da dei faretti al suo interno. Era aperta, e vuota; ad eccezione di un quadernetto sottile posto in bilico su di una mensola.

Bruce intuì subito che si trattava dell'oggetto che bramava particolarmente in quell'ultimo quarto d'ora. Lasciò lo zaino sul pavimento e si avvicinò lentamente, per non danneggiare gli scatoloni che aveva davanti ai piedi. Lo prese con delicatezza, come solo un appassionato sa fare, e si spostò sotto le luci della vetrina. “Jèon: La Guerra Eterna”, il titolo non era dei più originali, anche se quel nome non lo aveva mai letto prima d'ora. Suonava come incantevole, ammaliante quasi. La copertina riportava una spada incrociata con uno strano fucile accessoriato, sullo sfondo una mappa alquanto bizzarra: in una zona riportava un tipico villaggio medioevale, in quella opposta un raggruppamento di bunker o qualcosa di simile.

Lo sfogliò con cura, come se le pagine fossero fatte di carta velina; rimase di sasso. Erano interamente bianche, tutte.

Fece un passo avanti deluso, per riporlo al suo posto, ma la sensazione di aver calpestato qualcosa lo bloccò. Sollevò il piede e si chinò per raccogliere l'oggetto in questione: il cartellino che portavano i commessi della fumetteria. Lesse il nome del proprietario, era di Peter.

“Beh, Fred lo ha detto che era stato qui. Ma lasciare tutto così incompleto non è da lui” pensò tra sé.

Dopo averlo infilato nella tasca dei pantaloni, fece per lasciare il fumetto sulla mensola quando il retro dello stesso lo incuriosì in particolar modo: riportava delle parole racchiuse ad anello, ma non sembrava nessuna delle poche lingue che conosceva, ed era abbastanza informato da poter affermare anche, che non appartenevano alle altre del mondo intero. “Dijfep jm qfsnfttp”, anche se non aveva alcun significato, Bruce aveva la convinzione di poterla decifrare. Con la mente ritornò a quando trascorreva il tempo d'estate risolvendo giochi di enigmistica: rebus,cruciverba, sciarade. Nessuna di queste soluzioni poteva aiutarlo. D'un tratto ebbe un'idea.

“In realtà è tutto molto semplice! Basta sostituire ogni lettera con quella che la precede” quindi iniziò a leggere, scandendo per bene

-Chie...do...il...per...me...sso! - l'anello di lettere si sciolse; come un serpente pronto a strisciare verso la sua preda, fuoriuscì dalla pagina e si allungò avvolgendosi attorno a Bruce, impedendogli di muoversi. Lasciò cadere il fumetto per terra, mentre questo lo risucchiava al suo interno in pochi istanti. Tornò la quiete, e le lettere al proprio posto; ora formavano, però, una nuova parola: “Cfowfovup”.

”Benvenuto”.

 

-Bip...bip...bip- un suono fastidioso risuonava nella sua testa.

-Bip...- Bruce provò ad aprire gli occhi lentamente. Era tutto dolorante, come se fosse caduto da un punto notevolmente alto. Riuscì a sollevare di poco le palpebre, il tempo di vedere un sentiero sfocato attraverso due fessure.

-Ehi! Cosa aspetti? Scostati da lì! - l'udito era lo stesso di sempre, questo avvertimento lo aveva sentito decisamente bene.

-Non mi hai sentito? Sei caduto accanto ad una mina esplosiva! - il “bip” continuava a fare da sottofondo.

-Come? Una mina? - Bruce raccolse le poche forze che aveva e, ancora con la vista appannata, si diresse verso l'uomo che lo aveva allarmato un secondo prima. Questo lo accolse sotto il suo braccio e lo fece accucciare insieme a lui dietro un enorme masso.

Un'esplosione di media potenza, si innescò nel punto dove si trovava esattamente il ragazzo poco prima. Il forte boato non fece altro che aumentare la sua confusione, per poi stordirlo nuovamente.

-Meglio se lo portiamo al villaggio. Caricatelo su di un cavallo! - ordinò l'uomo, senza ancora un volto.

 

Non fece alcun sogno, o almeno al suo risveglio, non ricordava di averne fatto uno; probabilmente sarà stato causa della stanchezza. Quando Bruce riaprì gli occhi, questa volta le immagini erano nitide: al di sopra vide un soffitto a volta, interamente in legno, circondato da mura di ardesia naturale.

“Come un castello” pensò.

-Noto che vi siete destato – era lui, lo stesso uomo che lo aveva salvato. Capelli scuri di media lunghezza, barba incolta e occhi profondi. Ma il tratto più interessante, erano i suoi abiti: una cotta di maglia, spada al fianco e un elmo sotto il braccio. Era un cavaliere.

-Dove cavolo mi trovo? E da cosa sei vestito? - ovviamente Bruce, era incredulo a ciò che aveva davanti agli occhi.

-Alquanto bizzarro il vostro modo di parlare. Ne deduco che siete un forestiero, è buona cosa portarvi dal re in persona, allora.

-Il re?! Ma cosa..!? - a tratti credeva di aver trovato una spiegazione alla sua situazione, ma poi la confusione tornava ad incombere; date le circostanze, decise di seguire quell'uomo.

-Logan, potete chiamarmi Logan – il cavaliere, scoperto il suo volto, ora aveva anche un nome.

Bruce aveva visto bene, si trovavano proprio all'interno di un castello. Lunghi corridoi illuminati da fiaccole, stendardi distesi sulle pareti, alti portoni in legno rinforzati con ferro battuto. Tutto ciò che poteva osservare lo meravigliava; non era più ne “Il Dungeon”, non si trovava in aula, né all'interno della sua stanza. Era in un altro mondo, ora ne era certo. Era nel fumetto.

Mentre camminava con Logan, si chiedeva se e come tutto ciò potesse essere reale. Non era sicuro se potesse definire tutto ciò spettacolare o pericoloso; cosa ne avrebbero fatto di lui? Come sarebbe tornato indietro?

-Come avrai notato le dame e i cortigiani ti scrutavano in malo modo, mentre li oltrepassavamo. Sarebbe opportuno cambiarti d'abito. Dirigiamoci dalle sarte – Bruce trovava alquanto buffo il suo modo di parlare, ma intuì che per non creare problemi sarebbe stato meglio adeguarsi.

Fu fortunato a trovare dei vestiti della sua misura: pantaloni e maglia in cotone beige, stivali e gilet in pelle marroni; proprio come un villeggiante che vuol passare inosservato.

-Così il re non si insospettirà maggiormente – osservò il cavaliere.

-Non so come ringraziarla...ehm...Sir Logan – trovava un po' di difficoltà a interloquire in quel modo, ma i numerosi libri letti ed i videogiochi terminati gli sarebbero tornati utili di sicuro.

-Non devi, è nel nostro ordine aiutare chi è in difficoltà. Poi mi diverte creare dei grattacapi a mio padre – concluse sorridendo, strizzando un occhio.

“Suo padre? Il re è suo padre?”.

Giunsero nella sala del trono.

La presentazione dinanzi al re andò bene; fu Logan a parlare per tutto il tempo, il che servì parecchio a rabbonire il sovrano che, comunque, non trovava alcun pericolo nella presenza di Bruce al villaggio.

Il cavaliere decise di portare il ragazzo con sé nelle proprie stanze; il che era un enorme onore per la gente comune, o i servi del castello.

-È ora che ti dica come stanno le cose, ragazzo – Logan poggiò l'elmo su un mobile simile ad uno scrittoio.

-Cosa vuole dire, principe? - Bruce era stupito, e anche intimorito.

-Qualche giorno fa è giunto un altro straniero nel nostro paese. Era vestito in modo bizzarro anche lui, narrava di un altro mondo al di fuori di questo; forse è solo un pazzo, pensai. Ma il fato ha voluto che il giovane finisse nelle grinfie dei nostri più acerrimi nemici: i “Venturi”. Ora, essi, lo hanno innalzato a profeta, portatore del sacro verbo; un segno della loro prossima vittoria sul nostro villaggio. Inizialmente non vi credevo e ho pregato affinché i nostri dei mi dimostrassero che tutto ciò non era possibile; e a quel punto sei arrivato, tu, dal cielo. Appena ti vidi capì tutto: sei il nostro prescelto, la chiave che ci guiderà verso la sconfitta dei nostri avversari.

-Mi dispiace deluderla, ma credo si stia sbagliando di grosso. Non saprei neanche come impugnarla, una spada – il ragazzo ovviamente paragonò il suo discorso a quello di uno psicotico.

-È scritto nel tuo destino. Nel tuo animo, saprai già cosa fare – ogni sua parola pareva sempre più convincente; ma fu quando Sir Logan gli porse la propria spada sul palmo della sua mano, che Bruce sentì una potente energia percorrergli il corpo dalla testa ai piedi, rendendolo fiero e sicuro come non mai in pochi istanti. Sapeva davvero come agire e quali decisioni prendere, la prima delle quali fu quella di armarsi a dovere. Stava vivendo l'avventura che sognava da sempre, ma al tempo stesso era cosciente del fatto che non si trattava per niente di un gioco.

 

Bastarono poche settimane di intensi allenamenti, affinché Logan lo giudicasse un combattente efficiente.

La notte prima della grande battaglia, Bruce dormì il tempo necessario per ritrovarsi in forze il giorno dopo. Poi, l'alba giunse.

Le due fazioni, mediante messaggeri, avevano selezionato come campo per lo scontro, una grossa radura al centro del “Bosco Parlante”, chiamato così per il frusciare delle foglie durante le giornate ventose.

I due popoli arrivarono nella zona prestabilita nello stesso momento. Ogni cavaliere del villaggio prese posizione; alla vista di ciò, fecero lo stesso anche i loro avversari. I Venturi avevano un aspetto totalmente diverso, quasi futuristico rispetto ai nemici. Ogni soldato della loro fazione possedeva un'arma da fuoco,e al posto delle armature indossavano delle strane tute imbottite di colore viola.

Il ragazzo comprese finalmente, cosa intendeva il suo addestratore quando affermava che i loro avversari possedevano armi demoniache, che scagliavano ad una velocità invisibile all'occhio umano dei pezzi di metallo infuocati. Fu allora che capì di dover richiamare sul campo di battaglia, l'asso nella manica del Villaggio: gli stregoni. Essi professavano un'arte ai Venturi sconosciuta, e contro la quale non potevano nulla. Durante quello scontro però, il loro compito principale sarebbe stato quello di creare barriere magiche contro le loro armi avanzate. Quello di Bruce, invece, era di occuparsi solamente del suo opposto; colui che chiamavano “Il profeta di un altro mondo”.

-Mostrati!- gridò Bruce dal centro della prima fila.

Le schiere dinanzi a lui si aprirono, creando nel mezzo una sorta di corridoio per il loro vate, che avanzò a passo moderato. Indossava degli abiti simili al resto dei Venturi, ma più sfarzosi e con un mantello. Il volto era quello di un ragazzo, forse coetaneo di Bruce; la barba leggermente incolta, gli occhi del colore delle foglie, i capelli castani raccolti in una piccola coda. Il suo viso portava i segni di un intensivo e longevo allenamento, quasi a nascondere ciò che era prima di piombare in quel mondo. Bruce lo riconobbe in ogni caso.

L'essere che avrebbe dovuto sconfiggere, il profeta che il Villaggio temeva da lunghi mesi, non era altri che il suo migliore amico, Peter.

Lo fissò negli occhi, sperando di trovare in lui la capacità di riconoscerlo. Quando questi ebbe terminato la sua entrata sul campo, alzò gli occhi verso Bruce. Sussultò. Lo strano popolo che lo aveva accolto pretendeva che uccidesse l'unica persona sulla faccia della terra che lo comprendeva come nessun altro. I due ragazzi, capirono di dover parlare lontano da sguardi indiscreti.

Un corno risuonò nella valle. La guerra ebbe inizio.

Innumerevoli cecchini puntarono subito verso Bruce, il quale difeso dal potere degli stregoni riuscì a destreggiarsi tra la massa di soldati ora divenuta una folla eterogenea delle due fazioni.

Peter con delle brevi litanie incendiò all'istante le frecce dirette verso di lui, ma qualcuno con un semplice spintone lo atterrò, trascinandolo dietro una gigantesca quercia poco distante dal campo di battaglia.

-Peter sono io – Bruce lo aveva portato in un posto dove nessuno potesse vederli.

-Lo vedo Bruce, lo vedo – gli disse, spolverandosi il mantello sporco di terra.

-Ho notato che te la cavi egregiamente con la magia. Bene. Rendici invisibili, o fa qualcosa di simile prima che i tuoi compagni ci polverizzino.

Peter ascoltò il consiglio di Bruce e innalzò una fitta cappa di nebbia attorno a loro.

-Bruce, tu cosa ci fai qui?

-Guarda, che stavo per chiederti proprio la stessa cosa. Tu, un profeta? - e scoppiò in una sarcastica risata.

-Immagino sia inutile dirti che è colpa del fumetto, dato che sei davanti ai miei occhi in questo momento – era offeso, molto probabilmente.

-Decisamente. Ma rimandiamo i convenevoli e parliamo di cose serie, non abbiamo molto tempo. Come si fa ad uscire?

-Da dove? - chiese stupito Peter.

-Da qui, ovvio!

Il mago dei Venturi si scostò dal tronco dell'albero al quale era appoggiato, dando le spalle all'amico.

-Perchè dovremmo? Anche tu, come me, sei un eterno “nerd”. Qui è come vivere in un videogioco, non è sempre stato il nostro sogno? Ricordi quando da piccoli...

-Non dire stronzate! Questa non è la realtà! - Bruce non accettava le parole dell'amico.

-Qui la magia esiste per davvero, Bruce. Io sono un mago! Ma ci pensi? - quello sul suo volto, era il sorriso di un pazzo.

-Peter mi dispiace, è per il tuo bene.

Bruce cambiò l'impugnatura della spada, con l'elsa puntata verso la nuca dell'amico, pronto per stordirlo; aveva intenzione di catturarlo e metterlo sotto torchio per fargli cambiare idea. Il suo colpo si bloccò a metà strada. Una fortissima luce scaturì dal mezzo dello spazio che c'era tra di loro: come una piccola sfera di energia, che va sempre più allargandosi, la strana entità avvolse i due ragazzi, assopendoli.

 

Bruce fu il secondo a svegliarsi. Dinanzi a lui c'era Peter con la divisa da lavoro, in mano aveva “Jèon: La Guerra Eterna” mentre riprovava a recitare la formula che poco tempo prima li aveva trasportati in un'altra dimensione.

-Peter, siamo tornati – osservò gli scaffali in allestimento de “Il Dungeon”. Sì, erano di nuovo nella fumetteria.

-Non funziona, Bruce. Non funziona più – il ragazzo era disperato, il che inquietava sempre di più l'amico.

-Non importa, siamo tornati ora... – tentò di avvicinarsi cautamente verso Peter, il quale lo spinse per allontanarlo.

-Questo numero è finito. Vedi? La storia termina con l'incontro dei due eroi. Ma sotto c'è scritto continua... - porse il giornaletto sotto il naso di Bruce.

-E allora? - Bruce non voleva capire.

-Allora vuol dire che ce ne sono altri. Dobbiamo trovarli! - quell'espressione maniacale tornò sul suo viso.

-Peter è da pazzi!

-Non vuoi venire con me? Non importa. Ma questo non vuol dire che dovrai intralciarmi – Peter allargò il pugno che ha tenuto chiuso per tutto il tempo: sul palmo della sua mano vi era una polvere azzurrina.

-Se è per il tuo bene, ti seguirò ovunque. Ti mostrerò quanto sia in realtà pericoloso quel mondo e che, ciò che tu chiami sogno potrebbe trasformarsi nella tua fine – ma Peter non lo stava ascoltando.

-Sabbia elettrizzante, un piccolo souvenir da Jèon. Chissà se funziona anche qui; non preoccuparti dormirai solo per un po' – soffiò delicatamente su di essa, e la diresse verso il compagno. Bruce, al primo contatto con un solo granello si contorse in potenti scariche di energia, che lo stesero all'istante.

-Peet...non andare... - prima di chiudere gli occhi ancora una volta, l'ultima cosa che Bruce vide fu il suo migliore amico che correva verso l'uscita con in mano il Primo numero di “Jèon” e un'espressione beffarda impressa sul suo volto.

  
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