Sono le
dieci di martedì sera ed io sono già a letto. Logico: martedì e giovedì sono
serate da coppiette, quindi in giro c’è un mortorio peggio che in Patagonia.
Questa storia del martedì e giovedì per coppiette, però, me la devono spiegare:
Camillo non si è mai fatto vedere nemmeno di striscio in quei giorni, vorrà farmi
capire qualcosa che ha a che fare con “la coppia aperta” o sarà davvero così
preso dallo studio? Fino a qualche tempo fa avrei messo la mano sul fuoco sul
fattore studio, ma adesso…non lo so più. Non è che non mi fidi più di Camillo: è
che, analizzando per bene i fatti, tutto mi porta a pensare che lui stia
cercando di scaricarmi…Esaminiamo le prove a sostegno della mia tesi:
Primo punto: è storicamente
e scientificamente provato che gli ormoni maschili sono molto più svegli di
quelli femminili: è il maschio che fa la prima mossa e la femmina si schermisce con dei finti
“no!no!” che in realtà vogliono dire “sì! sì! E muoviti, perdio!” i quali, in
teoria, dovrebbero far ingorillire ancora di più il maschio. Tra me e Camillo,
le uniche due volte che siamo rimasti sufficientemente soli per poter pensare a
qualche serio sviluppo della situazione, è successo esattamente il contrario.
Camillo non si è mai spinto più in là di qualche bacio quando io bruciavo dalla
voglia di toccarlo ed essere toccata…e quando, timidamente, gli ho sfiorato la
cintura dei jeans, lui è zompato giù dal divano rischiando l’uscita di un’ernia
lombare, balbettando che mi portava troppo rispetto per “correre troppo avanti”
e per “costringermi a fare qualcosa che non volevo”….testuali parole. Lo
ammetto, sono rimasta annichilita dalla sorpresa e dall’imbarazzo. Cioè, non
dovevo essere io quella che diceva “non dobbiamo correre troppo”? Questo gioco
d’anticipo di Camillo mi ha lasciata basita. E sospettosa: non è normale per un
maschio comportarsi così. Certo, nemmeno per una femmina è normale non vedere
l’ora di essere concupita in tutte le maniere possibili, ma insomma…non è
proprio possibile fare una sorta di media matematica degli ormoni e vivere una
normalissima storia d’amore adolescenziale come Dio comanda? Evidentemente no.
Comunque, passiamo al
Secondo punto: quando due
persone si piacciono, è ovvio che cerchino di passare più tempo possibile
insieme. Io e Camillo ci vediamo praticamente tutti i giorni da sempre: siamo
vicini di casa, i nostri migliori amici sono i rispettivi fratello e sorella…
noi due siamo cresciuti legati a doppio filo. Eppure, da quando ci siamo messi
insieme, io e Camillo ci vediamo sempre meno. Quando io vado in casa sua, lui
non c’è: quando lui viene in casa mia, sembra sempre che ci sia qualche
familiare che deve per forza parcheggiarsi sul mio piloro. Andrea, Alice,
Alessio e persino Mariàpi gironzolano per casa entrando e uscendo dalle stanze
come se ci fossero le tende invece che le porte, permettendo a me ed a Camillo
la stessa intimità che avremmo in piazza di Spagna nell’ora di punta.
Oltretutto, Camillo non sembra assolutamente interessato a rimanere solo con me.
Da qui, si ritorna all’ovvia conclusione del punto primo.
Terzo, ultimo e fondamentale
punto in questione: la francese. E qui si apre un capitolo a parte.
*
*
*
Mai come in questo periodo
ho odiato i nostri cugini d’oltralpe: nei miei sogni ho accarezzato più volte
con voluttà l’idea dello sterminio di massa. La francese, tale Odette Lefeburne
(già il nome suggerisce l’idea di una perfetta zoccola, questo dovete passarmela
per buona) è una tizia piombata alla scuola superiore che frequentano Andrea e
Camillo in questo loro ultimo anno scolastico, con la giustificazione apparente
di voler migliorare il suo italiano ma con l’intento subdolo e malcelato di
rovinare la vita a me, Anna Tonelli, normalissima sedicenne italiana. Questa
Odette, battezzata Ochette dalla solita Mariàpi, vero segugio nel cogliere al
volo l’aspetto nevralgico della situazione, potrebbe anche passare per ragazza
simpatica e attraente, in condizioni normali: è piuttosto belloccia con quei
capelli biondi e gli occhi verdi, snella e sorridente, sempre pronta a
sciorinare quel suo snervante accento moscio in qualsiasi discorso. La
combriccola di amici di Andrea e Camillo, ovviamente, le sbava dietro come una
muta di cani da caccia all’inseguimento di un fagiano, cosa che fa venire il
voltastomaco e che fa rimpiangere di avere la stessa nazionalità di quegli
invertebrati sessodipendenti. Lei però tratta tutti con quella maliziosa
alterigia tipicamente francese che fa venire voglia di prenderla a sberle in
venti lingue diverse: si permette di snobbare le avances di tutti compreso
Andrea, il quale, ferito nell’orgoglio di patrio galletto da riproduzione, ha
deciso di ignorare lo smacco e di buttarsi sulle italiche studentesse
universitarie, tra cui riscuote un insospettato successo. L’unica persona per la
quale Odette esprime sincero interesse è nientemeno che Camillo. Già, il povero
Camillo, il MIO Camillo. Confesso che dalla prima volta che ho sentito parlare
di Odette avrei dovuto mettermi in
allarme. Camillo, l’inesperto e timido Camillo, mi aveva proposto di insegnargli
a baciare proprio in vista di un possibile incontro ravvicinato con la francese.
In seguito agli sviluppi della situazione (io mi ero innamorata di Camillo
proprio durante la nostra sessione di prove su strada, tanto per intenderci)
avevo dimenticato completamente la sua esistenza fino a quando non me la sono
trovata davanti, un giorno che ero andata ad aspettare Camillo davanti alla sua
scuola. Ero appoggiata contro il muretto davanti al parcheggio delle bici e
stavo contemplando lo sciame di persone che usciva dal portone, quando vidi
Camillo avvicinarsi, ciondolante nella sua solita camminata desertica. Il mio
cuore si esibì nella sua solita sequenza di capriole ed avvitamenti (come riesca
quella figura dinoccolata e goffa abbinata a quel faccino angelico e stupefatto
a scatenarmi tutta una inconfessabile serie di pruriti erotici non riesco a spiegarmelo, ma è così che va ogni volta
che lo vedo). Comunque, ero lì tutta presa dalle mie personalissime vampate di
calore quando una figura color pastello veleggiò giù dalla scala, leggiadra come
una libellula, e piombò alle spalle di Camillo avviluppandolo in un abbraccio
fin troppo entusiastico. Naturalmente, quella figura pastello era la francese:
non mi aspettavo che fosse così carina, devo ammetterlo. Avevo in mente
l’immagine di una specie di baguette occhialuta dal naso all’insù, mica questo
pò pò di Tromp d’oeil. E non
m’aspettavo nemmeno che salutasse con tanto entusiasmo Camillo, il MIO Camillo:
se lo abbracciava tutto, ossicini a vista e boccoloni da cherubino compresi,
scatenandomi un improvviso attacco di bile come mai mi era successo in vita mia.
Rimasi basita sul posto con una specie di smorfia post ictus cerebrale a
deformarmi la faccia là dove prima c’era un amorevole sorriso estasiato mentre i
due si avvicinavano, mitragliandosi a vicenda con una sequela di vomitevoli
cantilene piene di “ù” e “je”. Quando mi arrivarono davanti, poco mancò che
saltassi in groppa alla biondina, pronta a strapparle gli incisivi uno per uno
con la sola forza del pensiero, ma Camillo mi posò un braccio sulle spalle e,
con un sorriso abbagliante d’orgoglio, mi presentò come la sua ragazza. La
francese mi radiografò per bene, sempre con quel sorriso furbetto sulla faccia,
indugiando trionfale sulle mie odiose ed ingombranti tettone (si vede che le
donne francesi sanno capire subito
qual è il punto debole delle avversarie e ci schiaffano immediatamente sopra
quei loro ributtanti occhietti alla Gerard Depardieu).
“Ma che piascere conosertì!”
aveva trillato poi sbaciucchiandomi sulle guance “Camilò parla sompre di te,
Anà: ero davver curiosà di vederti. Mon
Dieu, mais elle est très très jolie, mon cher!”
L’ultimo farfuglio era
rivolto a Camillo che sorrise a tutte gengive, gonfio come un
tacchino.
“Lo so. E’ bellissima,
vero?” disse poi raggiante ed io per poco non gli sputai in faccia dal nervoso:
odio quando parlano di me in terza persona, come se fossi un’epigrafe di marmo
invece che una persona capace di interagire verbalmente.
“Anna, lei è Odette, la
studentessa francese.” terminò poi Camillo ed io mi sforzai di sorridere; devo
ammettere che la cosa non mi riuscì molto bene.
“Heilà, vecchia, come
butta?” mormorai magnanima, ma Odette sembrò non capire: il suo sorriso si
raffreddò di un centinaio di gradi mentre sbatteva le ciglia,
oltraggiata.
“Vechia?” domandò compunta
“Sarais…vieille? E’ uno scherso?”
“E’ un modo di dire” si
affrettò a giustificarmi Camillo “Sai, slang giovanile…”
“Oh. Je
comprend.”
Mi guardarono tutti e due
come se fossi un reperto d’immondizia metropolitana e, per la vergogna, mi
ammutolii del tutto.
“Volio che tu sapia, Anà,
che Camilò è davero una person fantastic. Il meliore amico che ho trovato qui in
Italie. Sei una ragassà molto fortunatà.”
I suoi occhi verdi, intanto,
mi lanciavano un monito di ben altro genere: cocca, stai all’erta, dicevano,
perché sto giusto pensando di portartelo via, il tuo povero Camilò. Glielo
leggevo chiaramente nelle pupille, con tanto di accento francese e tutto il
resto. Parola mia.
Dopo,
se ne andò via, salutando con un gran sventolio di mani e tornando a baciare
Camillo sulle guance per quattro volte: ad ogni bacio sentivo schiumarmi in
bocca la bava e l’avrei probabilmente azzannata come un cane idrofobo se non
fosse saltellata via, ostentando quei maledetti capelli biondi come se fossero
*
*
*
Insomma, da quel nostro
primo incontro, un tarlo in possesso di dentini acuminati e feroci mi mastica il
fegato giorno e notte. L’ho già ammesso e lo ribadisco di nuovo: sono gelosa.
Selvaggiamente gelosa, gelosa marcia, gelosa peggio di un siciliano con antenati
argentini. Ogni giorno che passa mi abbruttisco in pensieri di morte violenta,
ogni notte sogno con gioia di vedere il cervello dell’Ochette spalmato
sull’asfalto come foie gras su di un tramezzino.
Possibile che questa sia
davvero io? Io, l’Anna tanto dolce e sempre piena di buoni propositi? Non può
essere così: non deve essere così! Ma cosa posso fare?
Ho provato a parlarne con
Mariàpi, ma Camillo è suo fratello e lei ancora non riesce a coniugare il
binomio fratello sfigato/esperienze sessuali della sua migliore amica: la cosa
migliore che sia riuscita a consigliarmi è stata riempire lo zaino della
francese di esplosivo al plastico…
Eppure, qui urge un
consiglio spassionato, adulto e responsabile: escludendo Mariàpi, che non mi
sembra sufficientemente posata per propinare consigli spassionati, adulti e
responsabili, mi toccherà arrivare alla mia ultima
spiaggia.
Insomma, chiederò aiuto alla
mamma.
NOTE DELL'AUTRICE:
Non poteva mancare il mio personale angolo della posta per dire due parole a :
ReaderNotViewer: Ma daiiii, cosa dici!! Ti avevo notata eccome tra i recensori, eri stata l'unica ad apprezzare la mia versione di mamma (detta anche Mammetor)...è solo che lì per lì non me lo sono ricordato. Come potrei non considerarti? Tu sei così brava a scrivere che mi metti quasi soggezione...in senso buono, non so se mi hai capito. Tu hai una sensibilità particolare nel cogliere quello che scrivo, come il concetto di Famiglia, per esempio. Per capire cosa vorrà mai dire OBF, dovremo aspettare Mariàpi ovviamente: e chi sennò? Sbaciuzzissimi!!
Kira83 : Ebbene sì, un sequel!! Anna, Camillo e soci non ne volevano sapere di finire nel dimenticatoio, e poi questa storia della gelosia mi ronzava in testa da tanto...sono contenta di aver potuto scaricare su carta la mie nevrosi!! Spero di risentirti presto, ciauz!
Nisi Corvonero: Ovviamente, come hai prospettato, il sogno con Johnny Depp è ampiamente biografico, ma le similitudini si fermano molto presto: Anna rinuncia a Jonny per Camillo, io rinuncio a mio marito, alla casa, al alvoro ed alla mia stessa sanità mentale per Johnny. Oltretutto, se mi si presentasse davanti con una rosa rossa in mano, manco avrei il tempo di sentire la sua voce: starei già facendo il carpiato dal comodino, eh...A parte questo!! Sai che ti adoro, vero? Bene. Non vorrei che te lo scordassi. Baci bacick, mio tessssoro!!