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Autore: Risa_chan    26/09/2011    4 recensioni
L’occhiataccia torva che gli lanciò era sufficientemente eloquente perché Marco capisse quanto seriamente prendesse la faccenda.
«Non mi sembra così male come ti ostini a vederlo tu».
La risposta era, assolutamente e fuori da ogni discussione, sbagliata. Ace aprì la bocca un paio di volte per l’indignazione non riusciva neanche a ribattere.
[ZoLu] [MarCe]
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Marco, Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace, Roronoa Zoro | Coppie: Rufy/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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N/N

Nuova One-shot ( quindi non chiedete del prossimo capitolo perché non c’è ç_ç), e questa volta mi sono veramente impegnata nel cercare di svilupparla bene, e far sì che fosse decentemente lunga –ora ho l’atroce dubbio di aver esagerato è_é -, mi sono impegnata anche nello stile cercando di farlo complesso, ironico e magari anche piuttosto originale, in ultimo ma forse l’aspetto più importante, che fosse coretto , e detto da una distratta come me, è tutto direxD A voi sta giudicare e sapete che le vostre recensioni mi fanno sempre molto felice^_^
Altre precisazioni a random di cui poco v’importa ma ve le dico lo stesso.
Il titolo  è scelto decisamente a cavolo, però non ho saputo fare meglio:P
La storia è OOC, non che mi piaccia e che non provi tutte le volte a far sì che i personaggi coinvolti siano IC, faccio del mio meglio.
In ogni modo questa storia è anche un AU e parla di amore, e di amore fraterno, di dinamiche sociali e famigliari completamente diverse – tanto per farvelo sapere Ace e Rufy li ho immaginati consanguinei- e come sapete benissimo queste caratteristiche non vanno molto d’accordo con l’ IC.
La trama è molto semplice, quasi banale infetti, tratta della gelosia morbosa che secondo me sarebbe bello vedere in Ace.  Non è  un racconto serio, è una commedia comica, molto autoironica.
Ovviamente è  [ZoroLuffy] e [MarcoAce].
Ok, ho finito,  vi lascio alla lettura sperando che vi piaccia!
Kiss
Risa

 
 

Mio Fratello è Geloso

 

 Risa_Chan

 
 Era estate eppure tirava un vento gelido, e non perché ci fosse davvero. Dopo un lunghissimo freddo inverno, Ace sarebbe dovuto essere felice: niente più vestiti invernali così pesanti e ingombranti. E invece no, fumava di rabbia mente fissava  lo stesso punto da dieci minuti.
Marco sospirò rassegnato, fermandosi  qualche passo davanti a lui aspettando che avrebbe ripreso a camminare in mezzo alla fiumana di gente che c’era.
«Non mi piace.»decretò all’improvviso.
«Cosa non ti piace?» chiese mentendo spudoratamente.
Marco sapeva benissimo a cosa, anzi sarebbe più corretto dire a chi si riferisse il moro, era la stessa persona che fissava con odio dal primo momento in cui lo aveva visto. Ancora, non è proprio corretto dire così: Ace iniziò a fissare male Zoro dal momento in cui comprese cosa lui significasse per Rufy.
L’occhiataccia torva che gli lanciò era sufficientemente eloquente perché Marco capisse quanto seriamente prendesse la faccenda.
«Non mi sembra così male  come ti ostini a vederlo tu.»
La risposta era, assolutamente e fuori  da ogni discussione, sbagliata. Ace aprì la bocca un paio di volte per l’indignazione non riusciva neanche a ribattere.
« Sei un pesce per caso?»
Il moro ignorò la battuta del suo uomo; Non aveva voglia di scherzare quel giorno, c’erano cose ben più gravi, almeno così era convinto, su cui discutere. Puntò l’indice della mano destra con un colpo secco del braccio su Zoro in modo da richiamare l’attenzione di Marco sul giovane poco distante.
« Guardalo bene!»
 
Il biondo sospirò di nuovo assecondando i voleri dell’altro per evitare ulteriori scenate conscio che, Ace non avrebbe  mollato per nulla al mondo. La gelosia che nutriva nei confronti del fratello era talmente forte da accecare del tutto la sua capacità di giudizio. Rufy trascinava Zoro da una bancarella all’altra e quest’ultimo, parecchio imbarazzato,  intimava  forse bruscamente al suo accompagnatore di smetterla. Nonostante tutto, però, faceva tutto quello che l’altro gli chiedeva. Borbottando un “idiota” nascondeva un sorriso più dolce di quanto si potesse aspettare da un ragazzo simile.
« Lo sto guardando ma. . .»
« E’ sospetto, è  il tipo che ha doppi fini!» interruppe Ace.
«Non capisco cosa ci sia di sospetto! »
 
Come erano arrivati a quel punto?
 Facevano sempre un salto alle fiere  attratti dalle  frittelle al miele o da altre leccornie, dal chiacchiericcio della gente, e infine, dai fuochi d’artificio che  si svolgevano la sera.
Perciò accettarono l’invito di Rufy ad accompagnare lui e Zoro, non intuendo che qualcosa  sotto c'era .   Accettarono anche per un altro motivo, in realtà. Per colpa del poco tempo a disposizione, Ace  non riusciva a stare con il fratello quanto avrebbe voluto. Così era stato entusiasta dell'idea di stare insieme sia a lui che a Rufy.  Era stato  felice anche della presenza di Zoro perché gli amici di Rufy erano sempre bene accetti  da Ace, il quale  era sempre stato quel tipo di persona che socializzava con le persone senza difficoltà e senza distinzioni. Però, gli amici erano unacosa e i fidanzati ne erano un'altra. Non comprese  fin da subito cosa c’era fra loro, era completamente ignaro del fatto che quella fosse un uscita a quattro in piena regola
 
Lo capì solo dopo che  Rufy, con l’allegria di sempre, aveva comunicato al suo fratellone,  che lui e Zoro, stavano insieme.  La felicità di Ace era scomparsa nel esatto momento in cui comprese la verità, era ciò che fece rannuvolare il cielo  di Ace, il quale impietrito non era riuscito più spiccicare parola.
Fino a quel momento , naturalmente.
Sembrava un fiume in piena per quante cose aveva contro quell’unione, quanti dubbi e perplessità che mai avevano sfiorato la sua mente prima d’allora.  Lo amerà? Lo rispetterà? Ci farà sesso?!
 
Ecco, su questo punto proprio non ragionava più. L’idea che il suo dolce, puro e ingenuo fratellino avesse rapporti sessuali era insopportabile. Peccato, però, che Rufy non era il tipo di soggetto definibile come  dolce, ingenuo e puro.
«Quello che vedo io, sono due persone innamorate. Come te e me; anche io e te facciamo l’amore e non mi pare che tu abbia qualcosa da ridire.»
«Non è la stessa cosa,  Rufy. . .»
« Rufy cosa?» chiese serio.
« E’ un ragazzo come te che ha voglia di stare insieme a qualcuno, perché non dovrebbe farlo?»
« Non  è . . .  Zoro non è adatto per Rufy!» rispose concitato.
«Ne sei sicuro?»
Marco roteò gli occhi esasperato; sembrava non voler capire cose semplicissime per il semplice fatto  di non voler ammettere di aver torto e di star sbagliando tutto.  Ammettere che si stava arrampicando sugli specchi spinto dalla gelosia e da un esasperato senso di protezione pareva una cosa impossibile per Ace.
 
Poco più in là Roronoa Zoro lanciava occhiate furtive in direzione di suo cognato (già gli pareva strano solo a pensarlo), costatando da sé che non aveva preso per niente bene che stesse con Rufy. Era stato  sempre contrario nell'informare Ace nella maniera diretta e improvvisa usata del suo ragazzo.   Secondo  il marimo dire "Stiamo insieme, ah, non te lo avevo detto?" era la peggior mossa che si potesse fare, tuttavia Rufy aveva replicato che "se non gli sta bene, si arrangi!"
Per Rufy non ci sarebbe stato nessun problema in ogni caso, era lui che era nei guai ora. Da quel momento in poi sarebbe stato un gioco al massacro, a chi cadeva per prima, una vera e propria guerra senza esclusione di colpi.  L'altro pareva non accorgersi di nulla, continuava a strattonarlo da una bancarella all'altra, con gli occhi che brillavano per ogni cosa insolita che vedeva.
«Wow! Guarda là, Zoro! che roba è?!»
Il sorriso più bello del mondo era, secondo Zoro, quello di Rufy, un idiota pieno di cose stupide forse.  Eppure non c'era persona che più ammirava in cui credeva cecamente.   Chiedeva solo di poter stargli accanto e sostenerlo come Rufy faceva per  lui. Sperava che, prima o poi, Ace lo avrebbe capito.
«Zoro.» chiamò Rufy con la frangia copriva gli occhi , la sua mano aveva preso a stringere con decisione la mano dello spadaccino. 
L'altro che era intento a controllare la situazione dietro di lui si voltò di scatto all'improvviso cambio di tono del moro.
«Che c'è?»
«Ace è un baka. ma vedrai che capirà.» rispose guardando negli occhi.
Zoro ghignò.
 
Il testa a testa  tra Marco ed Ace continuava imperterrito. Il primo deciso a far tornare l'altro a ragionare, il secondo sempre più fermo nelle sue convinzioni.
«Cos' cambiato da ieri? sei stato sempre felice che Rufy avesse un amico come Zoro che lo proteggesse al posto tuo dalle sue stesse decisioni sconsiderate.»
Era vero, lo sapeva benissimo; Zoro aveva sempre fatto una buona impressione, anche Sabo lo diceva che uno come lui avrebbe tenuto a bada quell'uragano umano. Nonostante ciò non riusciva ad accettare l'idea che fosse il suo ragazzo, quello che lo...insomma si capisce  cosa.
Marco aveva ragione, senza riuscirlo ad ammettere con se stesso, l'idea che la persona più importante per Rufy non fosse più lui, ma un altro, lo distruggeva. Era un egoista! non era Marco la sua persona più importante? questo non aveva glia aveva impedito di amare suo fratello come aveva sempre fatto.
 Si trattava di un amore diverso perché, allora, non poteva essere la stessa cosa per Rufy? «Continui a vivere nella costante paura di perdere quello che hai di più caro, sei geloso e possessivo.»
Come sempre, l’altro aveva risposto al posto suo.
 
Il biondo si avvicinò di qualunque passo e prese il mento fra due dita e lo alzò verso di sé.
«Qualunque cosa accadrà, sappi che Rufy rimarrà sempre il tuo fratellino combina guai.»
Ace, alla fine capitolò cedette, e si  lasciò abbracciare. Si chiedeva sempre cosa lo avesse fatto innamorare di quel uomo  calmo e quasi inespressivo.
Ogni volta, i gesti di Marco rispondevano sempre con lo stesso modo: la calda sensazione di sicurezza che emanava che aveva lo effetto di calmarlo e rassicurarlo su tutto. Il fatto che sapesse sempre dire ciò che aveva bisogno di sentirsi dire,  lo stupiva ogni volta.
 Marco, a ben guardare, era tutto quello che non era lui.
«Bene!  li raggiungiamo   o  volgiamo lasciarli soli soletti a fare i loro comodi?»
«Ma neanche per sogno!»
 
 

 §§§

 
Una passo verso la totale e completa accettazione  della la nuova unione era stato compiuto, Ace aveva finalmente desistito nelle sue illogiche illazioni e  si era rassegnato all’idea che Zoro frequentasse suo fratello non come un semplice amico.
Dire “ Zoro”, “Rufy” e “ fidanzati” nella stessa frase era ancora fuori discussione, prima che Ace potesse fare una cosa simile, e non sto scherzando, Zoro avrebbe dovuto  dargli prova del suo incondizionato amore.
A questo scopo, Ace evitò accuratamente di far capire al diretto interessato che già aveva digerito il, la cosa,  il tanto che bastava  per tenerlo sulle spine ancora un po’.
 «Allora…»  cominciò ce con un tono fin troppo malizioso.
 Quando Marco ed Ace  raggiunsero gli altri due, quest’ultimo artigliò la spalla di Zoro con il braccio proprio come si fa con un amico di vecchia data ma la stretta era decisamente più forte e soprattutto poco amichevole. Zoro temeva l’arrivo di quel momento ed era cosciente che non sarebbe stato affatto facile. Quello era il momento delle domande, le quali pretendevano risposte precise e dettagliate e soprattutto senza nessuna esitazione. Sarebbe stato molto imbarazzante per lui parlare di certe cose con il fratello “Iperprotettivo” del suo ragazzo, specialmente se Rufy, come a suo solito, diceva certe cose senza un minimo di tatto e senza preamboli di sorta.
« Ace!» esclamò lasciando un’ occhiata arrabbiata al  fratello, il quale senza nessun tipo di rimorso lo aveva allontanato  impedendogli di rimanere appeso al braccio di Zoro.
«Che c’è? Volevo solo parlare un po’, tutto qui!»
Rufy gonfiò le guance  ancora più indispettito perciò si voltò verso il biondo cercando un valido alleato che potesse combattere insieme quel’ ardua battaglia.
« Ace, forse Rufy-kun vorrebbe stare un po’ con Zoro, non ti pare?» notò Marco venendo i aiuto del più piccolo.
«C’è tempo per rimanere da soli! Siamo qui tutti insieme, divertiamoci!» rispose allegro.
«Perché ho l’impressione che tu abbia in mente qualcosa?»
« Perché sei un vecchio malfidato guastafeste!» rispose zelante l’altro.
Le labbra  di Marco si aprirono in un sorriso, Ace voleva giocare? Allora, avrebbero giocato. Passò un braccio intorno alla vita di Rufy in modi tenerlo più vicino a sé, e il ragazzo fece un mugugno infastidito cercando di staccarsi ma quando il biondo gli fece l’occhiolino capì che quello era soltanto uno scherzo.
Ridacchiò lasciandosi stringere dal braccio dell’uomo.
A Rufy  Marco piaceva molto, era divertente,  lo assecondava sempre nei giochi che voleva fare, e soprattutto non era noioso asfissiante come spesso lo era il suo fratellone, anzi,  sapeva essere anche  complice comprendono ogni qual  volta ne aveva bisogno. Ad esempio, quella volta del compleanno di Usopp era rientrato soltanto un oretta dopo l’ora stabilita e Marco  lo aveva aiutato  a tenerlo nascosto al fratello.
Il ragazzo di Ace era davvero forte,  e conosceva un sacco di posti divertenti, di videogame e musica davvero figa. Era uno avanti insomma.
«Capisco! non vi dispiace se Rufy ed io andiamo farci un giro? Non ci va di chiacchierare!»
«Mi Dispiace!» esclamarono in coro Zoro ed Ace.
Avevano parlato nello stesso instante dicendo le esatte parole i due ragazzi si guardarono, uno perplesso l’altro decisamente stizzito.
Nella indecisione su cosa fare, optarono per  un compromesso accettabile da tutti e quattro i componenti di quello strano gruppo: andare a marginare qualcosa i quei baracche sul mare che di solito avevano oltre buoni prezzi anche un menù assortito  e buon cibo.
Lungo il tragitto che portava al “All Blue” – il nome del piccolo bar-ristorante prescelto- Rufy riuscì a riottenerla tanto sospirata posizione al fianco di Zoro, riuscendo ad averla vinta su Ace, il quale fu costretto a retrocedere con un broccio verso la vita di Marco.
  Si aggrappò a questa con un braccio con tutta la forza continuando a guardare il suo amato fratellino chiacchierare con l’altro.
Era così difficile pensare a Rufy come un uomo e non più come quel bimbo con le guance paffute e gli occhi ridenti. Da piccolo Ace e Rufy erano inseparabili, facevano tutto insieme.
Andavano a nuoto insieme, al parco giochi, o anche solo a comprare le sigarette al babbo nella tabaccheria dietro l’angolo, andavano a scuola insieme, anche i compiti perché non c’era una volta che Rufy non volesse fare quello che il suo fratellone faceva; Si aggrappava alla sua maglietta e tirava cercando di convincere Ace a portarlo con lui.
Dal canto suo Ace accontentava Rufy in tutte le sue richiese perché lo amava come nient’altro al mondo, era il suo prezioso rompiscatole fratellino. Non che ne fosse felice, come tutti i bambini gli seccava un po’ portarsi dietro il fratello più piccolo che di solito cadeva, si sbucciava un ginocchio o era lento nel seguire lui e Sabo-kun. Più di una volta aveva cercato di fuggire alla presenza del fratellino correndo più veloce nascondendosi. Oppure, uscendo senza farsi vedere, allora era Rufy che piangeva disparato perché l’altro lo aveva lasciato a casa a giocare da solo.
La tristezza di Rufy non durava molto, dopo un po’ e soprattutto dopo qualche coccola da parte della mamma Rufy si metteva tranquillo giocando con le macchinine, o disegnano e colorando aspettava il ritorno del fratellone che preso dai sensi di colpa – odiava far piangere Rufy - gli regalava una caramella o un leccalecca.
Intorno ai quattordici anni le cose erano cambiante, Ace poteva dire quasi drasticamente: Rufy aveva iniziato a frequentare un suo gruppo d’amici, posti diversi da quelli del fratello, rimanendo comunque molto legato al suo mito dell’infanzia.
Erano cominciati i controlli su chi frequentava, quando tornava a casa e se faceva ritardo, Ace era pronto con il cellulare in mano per uno squillo di avvertimento. Cose così normali, era sì felice che suo fratello avesse tanti amici che badavano lui, che facesse esperienze, vivesse la sua vita e i suoi sogni indipendentemente da lui. Tuttavia, c’era sempre quel sottile filo d’ansia, quella paura irrazionale annidata nel suo subconscio, nello strato più profondo della sua mente e del suo essere che Rufy potesse farsi del male o venire ferito. Se avesse potuto, avrebbe portato con sé suo fratello dovunque perché potesse sorvegliarlo e proteggerlo, anche se sapeva bene di non potere. Rufy aveva la sua vita ed era giusto che avesse la possibilità di viverla a pieno come meglio credeva. Si limitava, dunque, a dare piccoli consigli e ogni tanto una piccola controllata così per essere sicuri.
Ace era un gran bravo fratello, e nessuno poteva negare ciò, sempre se non si trattasse di parlare d’amore e tanto meno di sesso.
 
Come ogni giorno All Blu era pieno di clienti rumorosi che mangiavano e chiacchieravano ascoltando buona musica.  Il locale apparteneva a Sanji e Nami due amici di Zoro e Rufy, e per questo avevano sempre a disposizione un tavolo sotto pagamento di un extra.
Sanji si occupava della cucina, mentre Nami si occupava della gestione economica e della “sala” se così si poteva dire.  Non era un vero e proprio ristornate, ma una piccola costruzione in muratura con una cucina e bar più una sala dove c’erano i tavolini, e in fine una piccola terrazza che dava sul mare anche quella pina di tavolini. Quando pioveva, i lati che rimanevano scoperti erano chiusi da quegli speciali teli che riparano dalla pioggia, dal vento e dal freddo. Era un bel locale accogliente.
«Nami è la solita tirchia! Senza prenotare di questo periodo non si potrebbe mangiare, ma a noi fauno strappo alla regola solo pagando» spiegò Rufy.
«ssssssh! Può ancora sentirti! Vuoi metterci nei guai?» borbottò Zoro che gli era seduto accanto.
Da quando si era seduto sulla sedia, aveva cercato di evitare di guardare davanti a lui troppo imbarazzato per fissare negli occhi Ace, che era certo, aveva fatto a posta a sedergli proprio davanti.
Rufy sgranò gli occhi e tappò la bocca con le mani accortosi dell’errore commesso sapendo che Nami non perdonava. Poi, rise.
Con quella tipica risata forte allegra, che intossicava le orecchie, rimbombava nella testa in quel momento l’avrebbe baciato, peccato che sarebbe morto subito dopo.
«Ordiniamo?» chiese Marco spezzando il silenzio e la tensione che predominava sul tavolo ormai da dieci minuti. Con la coda dell’occhio studiava Ace, intento a sua volta a fissare Zoro solo per il gusto di metterlo in imbarazzo.
Gli sembrava che, se non ci avesse pensato lui, quell’atmosfera sarebbe durata tutta la sera.  E Marco non andava di rovinarsi il sabato.
Così durante la cena fece il giudice super partes cercando di tenere a freno Ace e le sue domande impertinenti o qualsiasi comportamento eccessivo, proponendo temi di discussione più rilassanti.
Com’era prevedibile, Ace prese a far mille domande, o buttare in là frasi stupide piene di doppi sensi che avrebbero fatto arrossire chiunque, al solo scopo di provocare il sistema nervoso di Zoro, ma che con grande spirito resisteva a ogni attacco.
Roronoa Zoro non si lasciava certo impressionare da un fratello maggiore iperprotettivo, e se avesse voluto prove della sua serietà, gli avrebbe dimostrato chi era.
« State insieme, quindi . . . »
 «Non lo sapevo!»
 Il marimo inghiottì un boccone dal suo piatto prima di replicare alla costatazione del moro, solo per avere il tempo di capire la strategia del suo nemico per preparare al meglio la sua difesa.
«E’ strano, perché sono dieci mesi che usciamo in quel senso…» rispose senza dire “fidanzati” o “Stiamo insieme” poiché aveva notato la fatica di Ace nel pronunciarle segno che ancora non voleva neppure crederci.
Il moro davanti a lui sgranò gli occhi dalla sorpresa che era stato quell’affermazione. Dieci mesi erano moltissimi, in sostanza era un anno che loro ****, quasi un anno di silenzio.
Imperdonabile!
«Immagino, che il tuo soggiorno fuori città abbia impedito a Rufy di tenerti  informato, altrimenti lo sapresti già» notò Marco intuendo prima del tempo quello che gli ingranaggi impazziti del suo ragazzo stavano elaborando.
Ace gli lanciò un’occhiata di fuoco, per poi rivolgersi direttamente al fratellino che però era troppo intento a mangiare per dargli retta.
Sospirò.
Era spesso fuori città per lavoro, Rufy era un tipo aperto, gli raccontava quello che gli capitava però, era anche vero che tendesse a dare per scontato quell’aspetto di una relazione, che non si preoccupava delle differenze. Poteva anche soprassedere su quel piccolo particolare.
 La conversazione continuò a stento piena di domande imbarazzanti, che Zoro  non aveva nessuna voglia di rispondere.
 
 

§§§

 
 
Il peggio arrivò al dolce, ormai rimpinzi di cibo, assonnati dal processo digestivo, l’alcol che avevano bevuto, abbassare la guardia.
 
«Zoro! Quando torniamo a casa, facciamo un po’ di sesso?!» esclamò Luffy languido strusciandosi a dosso al giovane.
Fondamentale promemoria: Non fare più bere a Rufy nessun tipo di alcolico e superalcolico per il resto dei suoi giorni. Anche se, dallo sguardo allampanato di Ace, i suoi giorni (di Zoro) erano giunti al termine.
Ultima corsa, Game Over.
 
« Di cosa stai parlando, fratellino?» chiese a denti stretti rivolto al fratello minore.
Non poteva credici, non voleva crederci, non poteva essere vero, anzi era una menzogna…
«Di sesso, no?»
« Rufy, non infierire…Ace avrà capito male…»
 «Sai di cosa… non dovresti dire certe cose così dal nulla…  »
«certo che sì! Sesso! Ho detto che voglio fare sesso con Zoro dopo! Non è mica la prima volta!» esclamò.
La bocca del fratello maggiore fece un viaggio fino al pavimento  dallo stupore  per quella rivoluzione, l’ultima che si sarebbe aspettato da Rufy.
 Intendiamoci, Ace non credeva  che il suo fratellino fosse asessuato, una di quelle specie per cui tutto quello che valeva per i comuni mortali non valeva per loro –   esempio classico, anche se tutti gli esseri umani avevano rapporti sessuali, i propri genitori non  ne avevano -;Ace si era sempre sentito libero di parlare  con Rufy di questo tema  e quest’ultimo se aveva un dubbio chiedeva sempre a lui di spiegargli ciò che non aveva capito.
Eppure fare ciò era tutto in via ipotetica, parlare di qualcosa di lontano che difficilmente poteva realizzarsi nella realtà, mentre trovarvisi dalle parole hai fatti era completamente diverso. Ace  non voleva realizzare che Rufy faceva sesso con qualcuno.
 
Non era la prima volta, ciò significava che c’erano state più volte, forse anche molte e nel cervello di Ace qualcosa esplose.
 
« Tu… io ti ammazzo!» sibilò furioso  scattando in piedi, ma grazie al intervento di Marco, rimase inchiodato sulla sua sedia.
«Calmati…»
«No!» sbottò Zoro alla fine alzandosi in piedi.
«Zoro?»
« Questa storia deve fine  subito, qui e ora.»
 Che gli era preso nessuno lo sapeva ma dallo sguardo deciso qualsiasi cosa lo avesse fatto scattare indicava che avrebbe preso fi petto il problema.
« Fuori» concluse.
Marco sorrise lasciando andare Ace e alzandosi dirigendosi alla cassa, facendo segno a Rufy di seguirlo.  Il giovane lo seguì in silenzio, capendo che quella  era una questione che doveva risolvere loro due.
Non gli piaceva certo che qualcuno litigasse per lui, o che lo trattassero da oggetto conteso, eppure lasciò correre per una volta. Infondo si trattava delle due persone più importanti che aveva il mondo.
Senza contare la porzione extra che gli offrì Marco.
 
Nel frattempo, nel più assoluto silenzio Zoro ed Ace si guardavano in cagnesco, il primo voleva mettere i punti sulle ì e assolutamente un punto affermativo sul fatto che non sarebbe mai retrocesso, l’altro solo per fare a botte.
«Chi incomincia?» chiese Ace portando i pungi alti sul viso.
«Non ci siamo capiti…»
«…io parlo e Tu ascolti» chiarì l’altro con un tono che non ammetteva repliche.
 Il moro  si inferocì ancora di più, quel ragazzino -anche se in realtà era praticamente coetanei- si permetteva di azzittire lui?
« E’ di mio fratello che stiamo parlando! Come osi dire una cosa simile?!»
« Tu gli hai portato via l’innocenza…» continuando convinto.
 
Ci fu un silenzio in cui il marimo lo guardò storto per l’insensatezza delle sue parole.  Rufy era maggiorenne, frequentava il college , cosa per altro assurda ma vera , grazie alla borsa di studio  grazie al fatto che fosse un atleta  professionista  esperto soprattutto nella corsa 110 m ad ostacoli  e nel salto in alto.
E non era affatto uno sprovveduto-anche per esperiana personale e sul vivo- ed era maturo per capire cosa stesse facendo. Perciò non capiva cosa spaventasse tanto Ace.
« Rufy sarà anche  tuo fratello, ma non è una tua proprietà, accidenti!» 
 Ace si bloccò, perché il ragazzo davanti a lui aveva centrato il punto, il nodo dolente della questione.
Rufy era sempre stato in qualche modo suo, era talmente prezioso per lui  che lo proteggeva da qualsiasi cosa, e Rufy lo aveva ricompensato con l’ammirazione e molto affetto.
Però Rufy, apparteneva solo a se stesso.
«Capisco che Rufy sia un tipo che naturalmente porta le persone a preoccuparsi per lui…».
«… è uno scavezzacollo, un idiota che non pensa mai prima di agire, non sa mentire, e dice tutto quello che gli passa per la testa. E tende a fidarsi di chicchessia. Però, non ha bisogno di essere protetto perché sa difendersi da solo.» disse.
 
Ace sospirò, costatando ancora una  quanto Zoro conoscesse bene Rufy. Nelle sue parole, anche se dette con rabbia,  sentiva affetto, incondizionata fiducia e assoluto rispetto.
Tra Zoro e Rufy non era cambiato poi molto, erano gli stessi di prima continuando a fare le stesse cose, e contemporaneamente a farne qualcuna in più non più come semplici amici.
Marco aveva ragione, non era cambiato poi nulla, e sicuramente il bene tra lui e il suo fratellino sarebbe rimasto invariato; Inoltre senza parole Zoro gli stava dando la prova che  stava cercando.
«Non m’interessa avere la tua fiducia, però fidati di Rufy».
 
Ace con un sorriso si avvicinò ad Zoro   dandogli una poderosa bacca sulla spalla prima di stringergli la mano  in segno di pace.
«Mi arrendo, vi do la mia benedizione» disse e rise sguaiatamente.
Zoro sbuffò pensando che non aveva bisogno di benedizioni, ma non si rischiò di dirlo, poteva andare bene anche così, con la gentile benestare del moro, forse avrebbe vissuto un po’ più tranquillo.
« Ma se Rufy piange o soffre per colpa tua, giuro che di brucio vivo» esclamò allegro e inquietante allo stesso tempo.
 
Quando Rufy li raggiunse urlando che voleva andare a vedere i fuochi d’artificio, e dovevano smuoversi, non ci fu più tempo né per parlare né per avere altri chiarimenti.
Non ne avevano bisogno in realtà, non c’era più nulla da dire.
 
 

§§§

 
Tornarono a casa, stanche ed esausti ma felici, si erano divertiti un mondo.
Marco poggiò le  chiavi sul comodino dell’ingresso, guardò Ace stirarsi cercando di intuire come stasse.
 
« Come va?»
 
Neanche un fesso avrebbe pensato che in quel momento il biondo volesse sapere come era la sua salute, Ace sapeva che l’uomo si riferisse a Rufy.
«Bene!»
C’era voluto un po’ per accettare la cosa, e forse avrebbe continuato ad avere i capri al solo vederli farsi effusione e ad immaginarli fare voi-sapete-cosa.
Dopotutto, era il fratello maggiore di Rufy, quello che si preoccupava sempre, quello  per protettivo, affettuoso ed esageratamente possessivo.
  Sarebbe sempre stato geloso del suo amorevole fratello minore.
Ace buttò le braccia al collo del  suo uomo, sorridendo lo baciò.
Infondo, nulla era cambiato ed andava benissimo così.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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